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Autore: _FallingToPieces_    08/12/2020    1 recensioni
La storia di due ragazze ossessionate dalla vendetta e dal potere, i cui destini si intrecceranno con quelli del folle Sirius Black e del tormentato professor Lupin.
La fuga da Azkaban di Black riporta alla luce tutto ciò che è accaduto nella vita di Olivia e Gwen a partire dal primo giorno del novembre 1981.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Fenrir Greyback, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 4

Siamo pari, streghetta



 

Gwen si svegliò e sospirò pesantemente, di nuovo a contatto con la realtà. Scosse la testa, inorridita dalla reazione che la scena appena vissuta tra le braccia di Morfeo le aveva provocato.

Era stato solo un sogno. Sbagliato ma inesistente, astratto, effimero.

Strofinò il viso sul cuscino sottile, pensando avventatamente che purtroppo era stato solo un sogno. Per qualche istante, fissando assonnata le assi del soffitto, aveva sperato che così non fosse. L’orrore nella sua espressione si fece ancora più marcato, di fronte a questa contraddizione.

Così si alzò, gettò via la coperta infeltrita e si schermò la vista con le dita, infastidita dai raggi solari che penetravano dalla finestra sporca.

Il baldacchino era vuoto. Gli lanciò un’occhiata corrucciata e scese al piano inferiore, posando con delicatezza le pantofole sugli scalini. Affacciandosi sulla sala principale, l’unica che conservasse davvero la parvenza di un ambiente abitato e funzionale, si accorse che Black non c’era.

Era uscito? Le strade di Hogsmeade erano affollate anche a quell’ora, lo avrebbero notato subito, con il suo aspetto da vagabondo, i vestiti logori e sformati e il volto scavato. Era ricercato, e se l’avessero trovato… La mente di Gwen scelse di non proseguire su quella linea, non resse l’incertezza di cui quell’interrogativo era pregno.

Camminò fino al centro della stanza, sollevò dal tavolo una tazza sbeccata e il bicchiere appoggiato lì accanto e trattenne un’imprecazione. Per cinquanta e più giorni l’aveva avuto solo per sé ma non si era mai arrischiata ad avvicinarlo, limitandosi a sorvegliarlo da lontano; come poteva essere scappato senza che se ne avvedesse?

Scagliò la tazza contro la parete, e questa si frantumò in mille pezzi che, cadendo, innalzarono la coltre di polvere del pavimento.

«Bel lancio! Ora ce ne rimane soltanto una. È davvero un peccato.»

La ragazza spalancò gli occhi e la bocca, da cui scaturirono una serie di respiri affannati, e non osò voltarsi. «Dov’eri?» sussurrò.

«Nel delizioso bagno al piano di sopra, in piacevole compagnia.»

In bagno, sullo stesso corridoio sudicio su cui dava la camera da letto. Gwen non aveva neppure pensato di controllare. Era saltata subito alla conclusione sbagliata.

«La piacevole compagnia ovvero i ragni giganti» precisò lui, e attese una risata.

Lei non rise né sorrise. Immobile, inspirò aria dal naso e restò a contemplare le assi di legno sotto le proprie scarpe consumate. Era stata impulsiva. Quasi due mesi di fredda e tranquilla convivenza rovinata da una scenata senza senso.

«Di’ un po’, pensavi fossi uscito?»

Gwen annuì e, per calmarsi, bevve il succo d’arancia residuo nel bicchiere. Non si calmò affatto, perché subito dopo si rese conto degli aloni opachi che correvano sul bordo. Black ci aveva bevuto per primo, la sua saliva aveva intaccato il vetro.

«Be’, devi ritenermi piuttosto stupido, oltre che pazzo» concluse l’uomo, superandola per raccogliere i cocci di porcellana. Sogghignava. Gwen poteva vederne il profilo teso, i denti scoperti intramezzati da lunghe ciocche di capelli unti. Si volse all’improvviso, con la velocità di un felino, e la inchiodò con iridi che brillavano di una luce strana. «Hai detto il mio nome, questa notte. Sembravi agitata. Spavento i tuoi sogni?»

Lei deglutì sotto il suo sguardo fisso. Qualcosa in lui dava l’impressione di un animale che stesse per spiccare un balzo, bramoso di sbranare la preda. Non seppe rispondergli, nemmeno con un cenno di diniego. Ciò che aveva sognato malauguratamente non recava spavento.

«Bene, lo prendo come un sì» sorrise, ma fu un sorriso inerte, differente da quelli intrisi di sarcasmo che le riservava dall’inizio. C’era della delusione, come poche mattine prima a colazione? «Siamo pari, streghetta» esclamò, puntandola con un frammento di tazza.

«Pari?»

«Tu spaventi me.»

Gwen si domandò in che modo potesse sortire quell’effetto su un uomo adulto con la sua reputazione. Si discostò di qualche passo. «Perché dovrei spaventarti?» chiese, sospettosa. Non riusciva mai a interpretare la sua mimica né immaginare i pensieri che gli passavano per la testa.

«Guardati» la esortò Black, rialzandosi. Avanzò e lei, seppur tesa, stette ferma senza battere ciglio. «Rimani sempre sulla difensiva, fredda come il ghiaccio, e dici che non ti piace parlare con gli assassini. Ma non hai mai pensato di scappare, no» le sorrise di nuovo, con occhi statici. I lineamenti erano distesi eppure inespressivi. «O di consegnarmi ai Dissennatori. La tua calma è stata quanto di più spaventoso ci fosse in questo posto, fino alla sfogo di poco fa. Finalmente, Gwen

La ragazza smise per un attimo di essere fredda com’era stata dipinta. Sapeva il suo nome. Non glielo aveva mai detto ma lui lo sapeva.

Se avesse sfoderato ora la bacchetta, minacciando di ucciderlo per averla punta sul vivo? Lui sapeva anche che quella bacchetta era ormai inutilizzabile?

«Ho conosciuto qualcuno più crudele di te» disse lentamente. «E mi sono abituata ad averci a che fare. La paura passa in secondo piano, ma a volte il disgusto per la feccia come voi prevale ancora.»

Sirius Black non ribatté. Qualcosa, di quel discorso, l’aveva colpito. Restò a fissarla.

Giunta di sopra, lei sollevò subito il braccio per strofinarsi ferocemente le labbra che, bevendo da quel bicchiere, erano entrate a contatto con la sua saliva.

Gwen.

Il suo nome pronunciato da lui assumeva una sfumatura diversa. Le trasmetteva una sensazione che non aveva mai sperimentato, calore che si irradiava nel petto e cuore in tumulto.

Con le nocche piantate sull’angolo della bocca, esitò e deglutì. Infine, si leccò le labbra e arrossì.



Angolo Autrice
Buongiorno! ^^
Ecco il nuovo capitolo, anche se a distanza di qualche giorno. Non avevo grande ispirazione né motivazione, ma spero ne sia uscito qualcosa di piacevole.
Sarei davvero felice di sapere che ne pensate di questa storia!
Grazie per aver letto.

Alla prossima!
_FallingToPieces_

  
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