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Autore: Nina Ninetta    09/12/2020    6 recensioni
Allo scoccare della Dodicesima Luna la malvagia dea Sekhimet dovrà uccidere il Prescelto prima che i poteri di suo fratello Mithra si risveglino in lui. E' una pratica questa che va avanti dalla notte dei tempi, fin quando re Leandro decide di opporsi e affida la vita di suo figlio Sirio - il Prescelto - nelle mani dell'Esorcista Eleanor e in quelle dello Stregone loro nemico.
Terza classificata al contest "Darkest fantasy II edizione" e vincitrice del premio “Miglior personaggio".
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Dodicesima Luna

Capitolo 1



 
 
«Maestà, i demons hanno varcato il cancello principale e si sono riversati nella città».
Re Leandro non si mosse, continuò a guardare oltre l’enorme vetrata della Cattedrale le sue genti perire sotto i colpi dei nemici, il volto impassibile.
E così il giorno tanto temuto era giunto. Sekhimet aveva mantenuto la parola e inviato schiere di demons per rivendicare ciò che le apparteneva di diritto.
«Maestà, attendiamo ordini».
Leandro si voltò a osservare sua moglie e suo figlio, entrambi in ginocchio dinnanzi l’imponente altare a pregare un dio che non si sarebbe neanche scomodato di ascoltarli.
Teresa teneva gli occhi chiusi e le dita intrecciate con tanta veemenza da sbiancarne le nocche. Sirio era al suo fianco, ma al contrario della madre un occhio era aperto e rivolto verso il padre, in attesa di apprendere la sua decisione.
Tutti sapevano perché i mostri avevano attaccato il Regno dei Re: la profezia della Dodicesima Luna si sarebbe compiuta, ancora e ancora. Fino alla fine dei tempi.
Leandro ricambiò lo sguardo furtivo del figlio, sfiorando mentalmente l’idea di non cedere, di non ubbidire alla legge di Sekhimet.
«Padre», Sirio gli andò incontro come se avesse inteso i suoi pensieri e forse era proprio così. Lo abbracciò forte e il re fece altrettanto. «Padre, non temere. Mi consegnerò ai demons, così la gente smetterà di morire per colpa mia».
L’uomo lo studiò con commozione, chiedendosi quanto coraggio dovesse avere un bambino per pronunciare quelle parole. Più di lui sicuramente, il quale non riusciva a decidersi sebbene fosse suo dovere in qualità di sire. Anche Teresa li raggiunse, mentre un boato fece tremare le pareti della maestosa Chiesa: uno squarcio si era aperto nel cielo scuro, simile a una ferita.
«Arrivano le Arpie», sussurrò Sirio. Oltre le finestre videro svolazzare uccelli con le ali nere, il corpo di donna e la voce gracchiante.
La regina si avvinghiò alle gambe del marito, supplicandolo di non permettere a nessuno di far del male a Sirio.
«È solo un bambino» implorò.
Sua moglie aveva dato alla luce il piccolo Sirio durante la notte della Dodicesima Luna. Fin da subito avevano temuto che lui fosse il Prescelto, la reincarnazione di Mithra - Signore della Luce Eterea -, fratello della divina Sekhimet e morto ammazzato proprio per mano di quest’ultima. Ma un dio non muore mai veramente, così Mithra continuava a reincarnarsi in un corpo mortale, con la speranza di sfuggire alla continua follia omicida di sua sorella. Prima che i poteri del Signore del Sole si risvegliassero completamente, la dea della distruzione e della morte uccideva personalmente il Prescelto. Si narrava che ne bevesse il sangue fresco ed essiccasse la carne per cibarsene ogni qual volta lo desiderava, nei seguenti dodici anni. Fin quando non sarebbe toccato a un nuovo Prescelto perire per mano sua. La profezia della Dodicesima Luna – quando cioè nel cielo oscuro compariva la luna, piena e luminosa, a donare luce e speranza – era difatti un ciclo infinito che durava dalla notte dei tempi.
Re Leandro studiò Sirio: il Prescelto aveva la peculiarità di avere biondi capelli lucenti e una pelle argentea. Lui e sua moglie avevano cresciuto il proprio figlio con la paura costante di quel momento, proteggerlo sarebbe stato impossibile. Eppure non intendeva mollare. Suo figlio, il principe, avrebbe potuto fermare quel folle ciclo infanticida, se solo…
«Leandro, ti prego…». Teresa lo scrutò dal basso verso l’alto, la disperazione le aveva deformato il bel volto nobile. «C’è ancora una possibilità, me lo hai confessato tu. Ti prego…».
«Sire!». Una giovane donna irruppe nella sala, il viso era nascosto sotto un elmo dorato, la sua armatura era macchiata di una materia vischiosa, densa, scura: sangue di demons. Alle sue spalle spiccava la punta di una lancia, anch’essa sporca. «Sire, i demons hanno invaso l’intera città. I sopravvissuti sono barricati nel castello, ma non resisteremo a lungo».
Era una follia!
Cercare di respingere quell’orda mostruosa era pura pazzia e alla fine sarebbero comunque arrivati al loro obiettivo. A cosa serviva versare ancora tutto quel sangue? Tuttavia, anche l’altra idea che stava ormai soppesando da un po’ era sinonimo di dissennatezza, eppure non c’era via d’uscita.
«Portatelo da me!». Leandro si rivolse alla prima guardia entrata lì dentro, quest’ultima sembrò confusa. «VAI!».
All’esclamazione del suo re corse veloce oltre una piccola porticina sulla destra e poi giù, nelle segrete.
«Sire, non credo sia una buona soluzione liberare lo Stregone». La donna in armatura tirò via l’elmo, mostrando due trecce castane ai lati del viso e la fronte coperta da una frangia. Aveva gli occhi verdi e un viso molto giovane, dai lineamenti delicati.
«Cosa dovrei fare, Eleanor? Lasciare che prendano Sirio?». Il re si sedette stancamente sopra una panca, il volto nascosto nelle mani, le spalle scosse da gemiti. La regina lo abbracciò e il principe con lei.
«Padre, madre, lasciate che affronti il mio destino».
A Eleanor si strinse il cuore. Per la prima volta la famiglia reale le parve tremendamente normale. Ciò nonostante era contraria all’ordine appena imposto dal re: chiedere aiuto allo Stregone non doveva neanche essere tra le opzioni. Il primo compito di un imperatore doveva essere innanzitutto pensare al bene comune, perfino lei stessa, quando aveva intrapreso la Sacra Via dell’Esorcista, aveva giurato di anteporre il bene degli altri a quello proprio.
«Maestà. Maestà, ascoltatemi vi prego. Liberare lo Stregone può essere pericoloso, creerebbe maggior subbuglio e non è detto che accetti di combattere al nostro fianco». Eleanor parlò velocemente.
«Padre, Ely ha ragione. I demons arresteranno la loro furia solo quando mi avranno catturato. Lascia che vada».
L’Esorcista osservò quello scricciolo d’uomo, la pelle chiara come la luna, i capelli che parevano luccicare come il sole e ripensò a quando si era arruolata. Lei era solo un’adolescente al tempo, lui un bambino di sei - sette anni che non esitava a sedersi al suo canto vedendola piangere di solitudine o di dolore mentre si fasciava l’ultima ferita, ora al braccio, ora alla coscia. Davvero adesso avrebbe permesso che andasse incontro al suo destino senza neanche provare a difenderlo?
No, piuttosto sarebbe morta per il suo principe.
“Combattere le tenebre” era il Primo Obbligo al quale aveva prestato giuramento durante la Cerimonia di Esorcismo e non ne sarebbe mai venuta meno.

Proprio in quel momento dalla porta che conduceva alle segrete sbucò la guardia di pocanzi. Teneva per le catene una figura vestita di nero, mascherata da un lungo mantello grigio e usurato, il cappuccio calato sul capo. Dietro di lui altre due guardie con le armi sfoderate, pronte a intervenire a ogni minima minaccia da parte dell’individuo.
Il silenzio calò tra i presenti, intanto un’Arpia sbatteva contro la vetrata centrale della Cattedrale, scheggiandola. Nessuno parve farci caso, ognuno rapito letteralmente dalla figura misteriosa apparsa dalle segrete del castello: lo Stregone.
Re Leandro si mosse nella sua direzione, con un cenno della mano ordinò che il cappuccio fosse tirato via, mostrando un uomo di mezza età. La barba incolta ricopriva gran parte del viso; i capelli erano lunghi e scompigliati, tendenti al grigio; più di tutto però erano gli occhi a essere magnetici, spaventosi, disumani. Le iridi bianche tenevano al centro pupille scure e allungate, come quelle di un felino; dannatamente simili a quelle della divina Sekhimet, la madre.
L’Arpia si lanciò di nuovo contro la finestra, una freccia la colpì in pieno petto e questa gracchiò cadendo al suolo. Lo Stregone fece schioccare la lingua al palato:
«Bang!» la voce irridente.
«Stregone, ho un patto da proporti». Leandro sapeva che non c’era più tempo, i demons presto avrebbero sbaragliato le ultime protezioni e sarebbero entrati nella sala. Meglio andare al dunque.
«È tardi anche per uno come me ribaltare la sorti della gara, maestà» l’uomo mimò un inchino.
«Non voglio che tu combatta per noi».
Lo Stregone alzò lo sguardo vitreo verso il re, la fronte corrugata. Non capiva. «Voglio che porti mio figlio in salvo».
«Padre, no!». Sirio corse verso di lui e subito attirò l’attenzione dello Stregone.
«Il Prescelto», sussurrò.
«Esatto Stregone». Leandro lo guardò dritto negli occhi: «Scortalo nel Regno dei Saggi e avrai libera la vita».
«Maestà, non credo che sia-» Eleanor fece un passo avanti, ma il re la fermò con un solo cenno del braccio, senza neanche voltarsi a guardarla.
Oltre l’imponente portone d’ingresso la battaglia imperversava e si faceva più vicina. Urla umane si mischiavano a quelle mostruose, fino a rendere difficoltoso distinguerle. Qualche bambino piangeva, forse inginocchiato accanto al corpo straziato della madre.
«Accetta Stregone e sarai sempre il benvenuto nel nostro Regno» adesso anche la regina Teresa gli si era accostata. «Donne, cibo, soldi. Tutto ciò che desideri sarà tuo».
L’uomo abbozzò un sorriso cinico:
«Regno? Quale regno, mia regina? Voi non ne avete più uno».
La donna pareva aver appreso l’orribile verità solo in quel momento.
«Allora accetti?», lo incalzò il re, non c’era più tempo. Qualcosa di enorme andò a sbattere contro il portone che tuttavia resistette all’urto.
«Ricapitoliamo: io accompagno il moccioso dai super Saggi e poi sono libero?».
«Esatto».
«Affare fatto. Vi stringerei la mano sire, ma sono un po’ impedito al momento». Lo Stregone mostrò i polsi incatenati, il re ordinò che fosse liberato e la guardia eseguì. L’uomo chiuse gli occhi, sentì la magia riprendere a scorrere nel suo corpo, l’avvertì come un’ondata di energia pura, di vitalità. Risollevò le palpebre, le iridi si erano colorate di rosso, segno che il potere era ripreso a scorrere nelle sue vene. Non era più disarmato ed Eleanor rabbrividì. Sentiva che quell’essere era pericoloso quanto i demons che avevano attaccato il Regno, anche di più.
Lo Stregone però parve contrariato dai rigidi bracciali d’oro che ancora teneva ai polsi e che limitavano il suo potere.
«E questi?». Chiese stizzito.
«Ti saranno tolti dopo aver portato a termine l’incarico», spiegò Leandro.
«Ed io dovrei sperare che quattro vecchi mutilati mi liberino? Mi hai preso per un rincoglionito?».
«Eleanor verrà con voi. È un’Esorcista, potrà liberarti personalmente quando riterrà la tua missione compiuta».
«Come? Maestà, io servo qui, il mio compito è proteggervi».
«Adesso il tuo compito è vegliare sul principe».
«Con tutto il rispetto sire, non penso che-».
«Ufficiale Primo Esorcista Eleanor!», tuonò il re. «È un ordine!».
La giovane scattò sull’attenti e a denti stretti esclamò:
«Ai vostri ordini, maestà!».
«Wow! Un moccioso e un soldatino…», lo Stregone scosse il capo, prima che la vetrata centrale andasse in frantumi, lasciando entrare un’Arpia che con gli artigli sguainati scese in picchiata verso Sirio. Lo Stregone mosse appena una mano e una palla di fuoco colpì in pieno la bestia, carbonizzandola.
Eleanor osservò l’uomo terrorizzata: era davvero così temibile come dicevano?
Sirio, al contrario, ne parve ammirato.
«G-grazie» balbettò.
«Sono un po’ fuori allenamento moccioso, vedrai che spettacolo quando avrò ripreso la mano» rispose lui con falsa modestia.
Alla fine anche il portone cedette e cadde sul pavimento simile a una vecchia quercia divelta. Oltre a esso un’orda spaventosa di demons sbavava sui corpi delle vittime: fauci sanguinolente; corpi trucidati. Un essere dalle sembianze di un cane rabbioso rincorse una giovane ragazza, atterrandola con un balzo. Eleanor d’istinto indossò l’elmo e afferrò la lancia sulla schiena, pronta a correre in soccorso della povera malcapitata.
«Eleanor!» la voce del re l’arrestò di colpo. «Ricorda qual è il tuo compito ora».
L’Esorcista rimase impassibile di fronte alla bestia che ormai aveva azzannato la fanciulla, divorandone le membra.
«Oltre le prigioni seguite le fognature, vi porteranno al di fuori del regno; seguite lo sciabordio del fiume Kaos e non vi perderete». Leandro si stava rivolgendo allo Stregone.
«Padre, madre…» Sirio si gettò fra le braccia di Teresa. Quest’ultima lo strinse a sé come non aveva mai fatto, perché sapeva essere l’ultima occasione che aveva. Comunque sarebbe andata, seppur lui si fosse salvato, lei e Leandro non avevano più speranze. Calde lacrime le rigarono il volto, poi l’urlo di Eleanor attirò l’attenzione.
Infine i demons si erano riversati contro di loro, la giovane ne aveva già abbattuti due e si stava accingendo a farne fuori un terzo oltrepassandolo da parte a parte con la punta della sua arma. Re Leandro l’affiancò, la spada sguainata, chiedendole di proteggere Sirio.
«Sapendolo con te sono più tranquillo».
Eleanor abbatté il terzo demons e indietreggiò.
«Buona fortuna, sire».
Lo Stregone era lì in piedi, l’espressione canzonatoria di chi si sta divertendo. Lei gli passò accanto dicendogli di seguirla, ma lui afferrò Sirio per la vita e si buttò oltre la vetrata, alle spalle dell’altare, da dove era entrata la prima Arpia.
«Dannazione!». Eleanor lo seguì.




 
  
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