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Autore: NPC_Stories    10/12/2020    3 recensioni
Mi hanno definita in molti modi, tutti poco lusinghieri. Predatrice succhiasangue, non morta, vampira. Be', hanno ragione, più o meno. Vampier sarebbe una definizione più corretta, o almeno, questo era il nome che aveva scelto mio padre per la cosa che sono. Qualcosa di interamente nuovo. Un vampiro modificato con l'alchimia.
Ma questa è solo la storia di com'è cominciata, e non è una storia allegra. Nascere e morire sono sempre momenti traumatici, soprattutto se avvengono insieme.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Capitolo 1: Mio padre e il vampiro


855-857 DR, campagne vicino a Silverymoon

Mio padre era un uomo gentile.
Non è una cosa che si dice spesso degli alchimisti, ma immagino che ci sia sempre qualche eccezione che conferma la regola.
Mi piace pensare che questa sia una cosa che abbiamo in comune, come gli occhi castani e il sorriso sghembo, come se la sapessimo più lunga degli altri. Dev’essere qualcosa che ho imparato da lui, visto che in tutto il resto assomiglio a mia madre, o così mi hanno detto.
Mio padre non è mai piaciuto molto al resto della famiglia.
Secondo tutti quelli che lo conoscevano poco e male, aveva un’indole tranquilla. Questo è un preconcetto che accompagna sempre gli studiosi, gli resta appiccicato come l’odore di umido dopo la pioggia, non se ne va mai via. Era uno studioso, ma non era tranquillo. C’era passione nel suo lavoro, c’era genio.
La sua famiglia non l’ha mai capito perché loro erano soldati per tradizione, il primogenito doveva imboccare la carriera militare e il secondogenito - mio padre - avrebbe dovuto studiare le arti magiche per dare supporto alle milizie.
So che può sembrare strano, ma a quell’epoca Silverymoon aveva un vero e proprio esercito, non soltanto un corpo di guardie scelte. Il mondo era più selvaggio, le campagne andavano protette, la lega delle Marche d’Argento non era ancora stata nemmeno immaginata. Gli uomini rivaleggiavano fra loro per il territorio, quasi quanto rivaleggiavano con gli orchi delle montagne. E ce n’erano, oh, ce n’erano di orchi. Dappertutto. Forse fu quello ad accendere la curiosità di mio padre: vide gli orchi e pensò ‘ehi, sembrano quasi umani, non c’è un modo per modificarli e dargli maggior coscienza?’.
Oggi sappiamo che gli orchi non sono bestie senza cervello, ma le convinzioni dell’epoca non erano del tutto sbagliate: quella razza è più ferale, più irascibile, e meno portata per l’empatia e per il ragionamento razionale. Credo che mio padre sia stato ispirato dalla possibilità di rendere più umane le creature che ne avevano la potenzialità.
Oggi non so dire se fosse una cosa giusta o sbagliata, ma mi ha resa quello che sono, quindi ne sono felice… anzi, no, perché le sue ricerche sono quello che ha attirato troppa attenzione in primo luogo. Ho sentimenti molto contrastanti in merito.

Mio padre era una persona gentile e credeva nel prossimo. Questa è stata la sua rovina, un errore che francamente non voglio commettere.
Mentre mio fratello veniva istruito nell’arte dell’alchimia, seguendo le orme del nostro genitore, io ricevetti un’educazione militare. Mio zio, il Barone e Maresciallo Trachyor Lesmiere, non aveva avuto figlie femmine; però la nostra Casata aveva il dovere di produrre non solo degli eredi maschi ma anche delle figlie da educare alle arti della guerra e della strategia, future spose per altre Casate in preminenti ruoli militari. Una mia antenata era perfino diventata Comandante delle milizie cittadine, la Guardia D'argento, anche se le milizie cittadine erano viste come la divisione più inutile dell’esercito. In città i tutori dell’ordine sono un di più, quando c’è una élite di maghi a comandare.
La mia istruzione ha quindi incluso una serie di valori e di schemi mentali che mal si accomodavano con le idee di mio padre: a me era stato insegnato a non fidarmi degli estranei. A cercare sempre una motivazione egoistica dietro le loro azioni. Nessuno faceva niente per niente - eccetto, forse, mio padre - e ogni sconosciuto era da valutare come un potenziale nemico. Forse fu questo a permettermi di subodorare la verità su Yao Taman.
È facile dirlo col senno di poi, ma giuro che è la verità: non mi è mai piaciuto.

Lord Yao arrivò nelle Marche d’Argento quando ero bambina. Era così esotico, veniva dal lontano continente di Kara-Tur. Girava il mondo in cerca di conoscenze alchemiche, e prima di arrivare nei pressi di Silverymoon era già stato in diversi regni del continente, cercando un sodalizio con altri maghi e ricercatori.
Non sempre era stato ben accolto, nonostante il suo fascino. Non sono molti i viventi che si mostrano benevoli verso i vampiri.
Questa era una cosa che mi colpì subito molto: non fece mai nulla per nascondere la sua natura. Certo, non si presentò alle porte della città annunciando ‘Sono un vampiro’, anzi non si avvicinò alla città punto. Però quando arrivò alla tenuta del Ventesimo Miglio della famiglia Lesmiere, dove vivevano mio padre e mio fratello, non cercò in alcun modo di celarsi.
Non so con esattezza come cominciò la collaborazione fra quella creatura della notte e l’ottimista fratello minore del barone. Non so quali panzane rifilò a mio padre, ma doveva essere qualcosa sulla linea di Vorrei tornare umano, o più probabilmente, Vorrei ritrovare la mia indole umana pur mantenendo una natura sovrumana. Ecco, questa sì che sarebbe stata una sfida, per mio padre. Gli ingredienti c’erano tutti: una creatura bestiale ma con un intelletto superiore, un’indole aggressiva e assassina ma una morale più alta e tesa al bene. Questa, sicuramente, è la storia che mio padre voleva farsi raccontare, e che forse suggerì a lord Yao con i suoi atteggiamenti e le sue ipotesi.
Era davvero un uomo facile da ingannare, il mio vecchio, e talvolta mi chiedo se non ho ereditato questo difetto da lui. Nonostante tutto.

Avevo dieci anni quando, di ritorno alla tenuta del Ventesimo Miglio per le vacanze estive, ebbi il dubbio piacere di fare la conoscenza del vampiro. Non fu mai scortese o viscido con me, non a quei tempi, ma c’era qualcosa in lui che non mi convinceva.
Tornando alla mia affermazione iniziale, non mi è mai piaciuto, sospettai di lui fin dall’inizio.
E continuai a sospettare quando due anni dopo mio fratello ebbe un brutto incidente di laboratorio e morì mentre cercava di sintetizzare un acido. Secondo mio padre aveva sbagliato le dosi e questo aveva portato a una rapida evaporazione del composto, che aveva - non c’è un modo carino per dirlo - sciolto la faccia di mio fratello.
Molto comodo, dovrei dire, con il senno di poi. Molto comodo perché quando una persona viene messa sotto dominazione mentale, una scintilla di magia si può ancora cogliere nei suoi occhi, anche dopo la morte.
In quel momento non avevo i mezzi né le parole per accusare lord Yao di qualcosa, ma il mio istinto mi diceva che la morte di mio fratello non poteva essere accidentale. Mio padre non mi avrebbe ascoltata; ero solo una sciocca ragazzina sopraffatta dal lutto, e lord Yao gli rimase vicino nel cordoglio, come un perfetto amico e gentiluomo.
Solo anni dopo ebbi la conferma dalle labbra di Yao Taman che non mi ero sbagliata sulla morte di Malcer, ma me lo confessò solo perché era sicuro che a quel punto non avrei potuto fare più nulla contro di lui - aveva ragione, non potevo - e che avrei sofferto ancora di più conoscendo la verità. Ancora una volta, aveva ragione. Ne soffrii di più. Lui, invece, per i miei gusti non ha mai sofferto abbastanza.
   
 
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