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Autore: NPC_Stories    15/12/2020    4 recensioni
Amber e Tek'ryn sono due giovani drow, ma fra loro c'è una differenza sostanziale: lei è cresciuta in Superficie, lui no. Amber conosce bene l'inverno, i suoi momenti di noia ma anche quelli di divertimento. Pattinare sul ghiaccio è la sua attività invernale preferita. Riuscità ad insegnare l'amata arte al suo nuovo fratellino?
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Questa storia partecipa a Prompt nevosi e natalizi indetta da Emily Milicchio nel Giardino di EFP.
Genere: Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Questa storia partecipa a Prompt nevosi e natalizi indetta da Emy Milicchio nel Giardino di Efp
Prompt utilizzato: 1) A non sa pattinare e B prova a insegnarglielo

1326 DR: Ice skipping


Primi giorni dell’anno, da qualche parte fra Secomber e le colline Forlorn

I bambini erano talmente esagitati da far oscillare la slitta. Hilda, l’unica adulta, stava avendo qualche problema a far andar dritti i due vecchi asini che trascinavano tutta la baracca, ma sembrava impossibile far stare calmi i ragazzini per più di qualche minuto. Dopo tre settimane di reclusione, erano tutti troppo felici di poter passare una giornata all’aperto.
“Oggi l’inverno è meno cattivo perché si vede il sole” stava raccontando una vocetta infantile. “Mi dispiace che il tuo primo inverno con noi sia stato così cattivo, Tek’ryn. Di solito non c’è sempre sempre vento e nuvole e neve. Di solito fa freddo ma c’è il sole in molti giorni, così ci copriamo bene e facciamo delle attività all’aperto.”
Quella spiegazione puntuale era a beneficio di un ragazzino dalle fattezze elfiche e dalla pelle scura, anzi, nera come la notte. Guardando il piccolo Tek’ryn, che era chiaramente un elfo drow, nessuno si sarebbe stupito che fosse ignorante sull’inverno, sulla neve e sul sole: quelli della sua razza di solito vivevano sottoterra. A dare le spiegazioni però era stata una bambina che gli assomigliava come un clone di sesso femminile, specialmente agli occhi degli umani per i quali, va detto, i drow si assomigliavano un po’ tutti. Il fatto che una ragazzina degli elfi scuri sapesse tante cose sulla Superficie avrebbe destato stupore, ma non in quella zona: tutti gli abitanti della regione sapevano di Krystel, la locandiera drow che viveva nelle campagne vicino a Secomber, e sapevano anche della sua numerosa famiglia. Tek’ryn era semplicemente il figlio più recente, anche se non il più giovane: era stato adottato da poco più di un anno.
“Non è il mio primo inverno con voi” le ricordò lui. “L’anno scorso faceva molto freddo quando Krystel ci ha riportati in Superficie.”
“L’anno scorso siamo tornati a casa che era già quasi la festa di Mezzinverno, e mezzo inverno non conta. Io penso che a Mezzinverno sia già quasi primavera.”
“Be’, ma faceva freddo lo stesso” insistette lui. Il fatto stesso che si permettesse di insistere, mostrandosi in disaccordo con una femmina, era un segno degli enormi progressi che aveva fatto nell’ultimo anno. Tek’ryn proveniva da una società matriarcale spietata, nei primi tempi non si sarebbe mai permesso di obiettare alle opinioni di sua sorella.
“Non abbastanza per pattinare. L’anno scorso non ci siamo andati.” La piccola drow si agitò sulla panca su cui era seduta, tutta esaltata. “Oh, non sto più nella pelle! Vedrai, è bellissimo! Mamma dava il permesso di andarci solo ai ragazzi più grandi, quelli che avevano almeno otto anni, ma io ci sono sempre voluta andare anche da piccola e gridavo finché lei non mi lasciava andare. Pattinare sul ghiaccio è la cosa più bella del mondo!”
“Ma perché dobbiamo fare tutta questa strada su questo carretto senza ruote? Non è pieno di ghiaccio anche alla locanda di Krystel?” Tek’ryn rivolse alla sorella uno sguardo molto confuso.
Amber, la giovane drow, rispose con un’espressione altrettanto perplessa.
“No, non ce n’è di ghiaccio. Dov’è che lo hai visto?”
“Per terra è tutto bianco…”
“Ma quella è neve, sciocco” Amber gli diede due pacche sulla testa, dandosi un’aria di superiorità anche se era la più giovane fra i due. “Si vede che non sai niente dell’inverno.”

Erano partiti prima dell’alba e il viaggio in slitta era durato circa tre ore, ed erano state tre ore di chiacchiere allegre, canzoni e giochi di battimani per stimolare la circolazione e non far congelare le piccole dita dei bambini. Lo spazio ristretto sulla slitta li costringeva a stare fermi e quindi soffrivano il freddo più del normale, ma presto avrebbero avuto modo di fare esercizio fisico.
Arrivarono al laghetto ghiacciato a metà mattina e Hilda li aiutò a smontare dalla slitta, uno dopo l’altro. C’erano in totale nove bambini, molti meno di quelli attualmente ospitati nella locanda di Krystel, ma non tutti avevano l’età per poter partecipare a quel gioco e anche fra i più grandicelli non tutti volevano farlo.
Il laghetto ghiacciato era in realtà una fonte sorgiva che riempiva una piccola infossatura del terreno e poi scivolava via in un rivolo d’acqua che dopo molte miglia si gettava in un canale d’irrigazione vicino alla locanda di Krystel. Quando la fonte ghiacciava il rivolo si seccava, ed era così che la locandiera sapeva che il laghetto si era trasformato in una lastra di ghiaccio.
Amber guardò con desiderio la loro pista di pattinaggio. Era grande abbastanza da permettere di muoversi agevolmente, ma non avrebbe potuto ospitare più di una dozzina di persone senza che si andasse a sbattere gli uni negli altri. Erano due anni che non pattinava, ma era come cavalcare un asinello: una volta imparato, non si poteva disimparare.
“Forza, ragazzi, venite a prendere i pattini!” Hilda li richiamò all’ordine. “Avete già misurato le vostre scarpe?”
Lo avevano già fatto. Fin dalla sera prima le aspettative erano alte, e tutti i ragazzini che volevano pattinare avevano scrupolosamente misurato le dimensioni delle loro scarpe e scelto dei pattini che fossero della misura giusta. I pattini erano delle lastre di legno rettangolari con gli angoli smussati in modo da sembrare la punta e il tallone di un piede, a cui erano fissati dei lacci di cuoio per poterli legare alle scarpe; sotto alle lastre di legno c’era una lama di osso di bue o di metallo che permetteva di scorrere rapidi sul ghiaccio e decidere in che direzione muoversi semplicemente spostando il peso del proprio corpo. Non era un’arte semplice da padroneggiare, ma una volta imparato a stare in piedi era divertente anche solo muoversi a tutta velocità e, se non si sapeva curvare, lanciarsi sulle sponde del lago sulla neve soffice che avrebbe attutito la caduta.
Mentre i bambini si legavano i pattini alle scarpe, Hilda recuperò dalla slitta alcune erbe e incensi e si dedicò a un compito molto più serio: tracciare un cerchio magico di protezione intorno alla zona. In quella regione il brigantaggio era del tutto assente e i mostri erano rari perché vivevano più in alto sulle colline, ma in inverno non si sa mai, e tutti quei ragazzini potevano essere una preda ghiotta. Tracciare a piedi tutto il contorno del lago, tenendosi abbastanza larga per permettere ai suoi piccoli protetti di giocare anche sulla terraferma, sarebbe stato un lavoro lungo… però qualcuno doveva farlo, un adulto doveva farlo, e quell’anno Hilda si era ‘offerta volontaria’ dopo aver pescato la pagliuzza corta.
Per questa ragione non riuscì a dedicare attenzioni ai bambini - era anche il motivo per cui prima di una certa età non potevano unirsi a quel gioco - almeno per la prima mezz’ora. Lasciò che si intrattenessero da soli, era compito dei più grandi insegnare ai più piccoli a pattinare.
Con una sola notevole eccezione: Amber era più giovane di Tek’ryn, ma volava sul ghiaccio come uno spirito del vento, mentre il fratello traballava sui pattini e continuava a cadere con faccia a terra perché si ostinava a muovere i piedi come se stesse camminando, dando quindi una spinta verso l’indietro anziché verso l’avanti.
“Non devi fare così!” Amber si diresse verso di lui con una larga virata, poi si avvicinò muovendosi a spirale e girandogli intorno tre o quattro volte prima che lui riuscisse a rimettersi in piedi. La bambina si fermò bruscamente mettendo un piede perpendicolare all’altro e alzando uno spruzzo di ghiaccio finissimo.
“E come devo fare?” Domandò lui, già stanco e scoraggiato.
“Devi… uhm… devi stare dritto. E non devi cadere. E poi basta che tieni un piede sul ghiaccio, non serve che ce li tieni tutti e due!”
“Ma se provo a stare su un piede, cado” si lamentò il ragazzino.
“Be’, cadi anche se stai su due piedi, no?” Amber arricciò il nasino, molto contrariata. “Allora tanto vale che cadi facendolo bene.”
“Non mi stai insegnando niente” mugugnò lui.
“Ma dovrebbe venirti naturale! Siamo elfi, siamo aggraziati, ci siamo nati con un equilibrio migliore degli altri!” Protestò a gran voce la bambina. “Com’è che tu non hai l’equilibrio?”
A Tek’ryn non andava proprio di rivelare che gli mancava un dito del piede sinistro, un prezzo che aveva dovuto pagare per fuggire dalla città oscura di Eryndlyn. Aveva paura che Amber lo prendesse in giro. In presenza della sorellina cercava sempre di camminare dritto, anche se quella menomazione gli conferiva un’andatura leggermente claudicante.
Amber provò a tenerlo per mano mentre pattinavano, ma lui andava lento, continuava a barcollare e una volta la fece quasi cadere sotto il suo peso. Dopo un po’, lei perse la pazienza.
“Ma uffa!” Sbottò, mettendosi di fronte a lui con un aggraziato mezzo giro e piantando i pugni contro i fianchi. “Volevo pattinare con te tenendoci per mano perché siamo fratelli. Ma come facciamo se non sei capace? Sei senza speranza!”
Tek’ryn era mortificato, ma anche un po’ seccato: una parte di lui aveva la sensazione che Amber fosse molto immatura. Lui sicuramente non era così a nove anni. La sorellina però era cresciuta in un ambiente protetto, le era stato consentito vivere la sua età. In effetti non era più immatura della maggior parte dei bambini umani che stavano passando l’inverno con loro.
A volte Tek’ryn si sentiva un po’ solo.
“Nessuno è senza speranza” s’intromise una voce pacata. Hilda aveva indossato i pattini e si era avvicinata a loro. “Vai a giocare, Amber. Rimango io con Tek.”
Hilda gli offrì il braccio e Tek’ryn, grato, vi si aggrappò. Solo in quel momento si accorse che lui e Amber erano arrivati quasi in centro al laghetto, e le sponde innevate sembravano così lontane da gettarlo nello sconforto.
“Va bene non pattinare proprio attaccato alle sponde, lì il ghiaccio rischia di essere irregolare e increspato a causa dei sassi e della vegetazione. Però non è saggio allontanarsi così tanto dalla riva. Tieniti saldo a me.”
Tek’ryn alzò il volto e le rivolse uno sguardo di pura gratitudine. Hilda rispose con un sorriso luminoso. Non era da molto che il ragazzino aveva iniziato a guardarla negli occhi, prima non osava farlo, e ogni volta la sorella lo ricompensava con un sorriso.
Nei primi tempi Tek’ryn aveva avuto molta paura di Hilda. La donna era mezza drow e mezza umana, era figlia di un barbaro delle colline e quindi era alta e robusta come un’umana. Non aveva preso molto della grazia elfica, e agli occhi di un bambino abituato a vedere solo elfi drow quella donna era gigantesca e grottesca. Quando aveva iniziato a vedere anche degli umani, perché quella era una regione prevalentemente umana, aveva rivalutato le proporzioni di sua sorella; era nella norma, non doveva apparire troppo strana o troppo grossa a quella gente.
Forse per questo era così gentile. Una drow di quelle dimensioni e così poco aggraziata avrebbe provato odio e invidia verso le sacerdotesse più belle, e avrebbe sfogato quella frustrazione su chi le era inferiore di rango. Hilda non aveva di questi problemi, non era insoddisfatta del suo aspetto fisico, anzi sembrava una persona in pace con se stessa.
Per il momento era la sua sorella maggiore preferita. Amber era la sua preferita in assoluto, ma a volte era così estenuante. Era piccola. Era una sorella minore, in tutti i sensi. Non era mai stata una minaccia, non contava davvero come sorella. Tek’ryn era ancora fortemente influenzato dalla cultura in cui era cresciuto, e per lui una sorella non poteva chiamarsi tale se non era di rango più alto. Nella famiglia di Krystel il concetto di rango era assente, quindi lui per istinto aveva convertito quel concetto in età. Una sorella era tale solo se era più vecchia di lui.
“Stai muovendo i piedi nel modo sbagliato” Hilda indicò i suoi piedi con la mano libera. “Non stai camminando sulla terra. Il piede dietro deve dare la spinta, non il piede davanti.”
Con molta pazienza gli insegnò a muoversi sui pattini, e man mano che il ragazzino migliorava le cadute cominciarono a diventare più rare. Dopo un’oretta Tek’ryn non era più abbarbicato al braccio della sorella e lei si era portata davanti a lui, pattinando all’indietro mentre teneva entrambe le sue mani.
Era un po’ come se stessero danzando, anche se visti da fuori erano tutt’altro che aggraziati. Tek’ryn però era meravigliato dei progressi che aveva fatto in così poco tempo, e gli sembrava di volare. Male, poco stabilmente, ma comunque volare.
“Hilda, a che cosa mi serve saper pattinare?” Le chiese dopo un po’, perché era una domanda che gli frullava nella mente fin dall'inizio.
La mezzumana si aspettava questa domanda, prima o poi. Il fratellino veniva da una cultura spietata ma molto pragmatica, in cui nessuna abilità veniva appresa senza scopo. I drow hanno vite molto lunghe, eppure non amano sprecare tempo.
“I popoli del nord usano i pattini per spostarsi sui fiumi e sui laghi ghiacciati, ma qui ghiacciano solo le pozze e i laghetti. I fiumi scorrono troppo veloci e non fa abbastanza freddo per fermare la loro corsa.” Spiegò Hilda. Tek’ryn, prevedibilmente, aveva un’espressione confusa. “Quindi, per rispondere alla tua domanda: non serve a niente, a meno che tu non decida di viaggiare molto a nord. È un passatempo. Un gioco. In realtà serve a fornire un momento di sfogo a questi ragazzini che sono stati chiusi in casa per tutto l’inverno, serve a dare sollievo allo spirito e alla mente. Questo è molto importante.”
Tek’ryn non capiva in che modo potesse essere importante, ma non era abituato a mettere in discussione le parole di un’adulta.
“Anche i miei simili giocano, per divertirsi, ma nei loro giochi c’è sempre qualcuno che muore.” Ragionò, facendo un confronto fra i rispettivi concetti di svago.
“Questa volta faremo in modo che non muoia nessuno” Hilda gli fece l’occhiolino. “Siete tutti affidati alla mia responsabilità, se vi succedesse qualcosa di male sarei davvero nei guai!”

Proprio in quel momento un ragazzino si mise a piangere perché era caduto e si era fatto male a un polso. Hilda sospirò.
“Ecco, appunto. Ti spiace se ti lascio un attimo? Ce la fai a stare in piedi da solo?”
Tek’ryn annuì, anche se non ne era del tutto sicuro. Hilda con cautela lasciò andare le sue mani e pattinò fino al ragazzino contuso.
Il piccolo drow continuò a scivolare in avanti per inerzia, saldo sulle due gambe (anche se Amber l’avrebbe guardato con disapprovazione). Solo quando si accorse che si stava avvicinando sempre di più alla riva si ricordò che non aveva imparato a curvare o a frenare.
Ormai non si muoveva più molto veloce, ma non sapeva come fermare il suo moto. Vagliò mentalmente le sue possibilità: agitare le braccia, sbilanciarsi indietro e cadere sul sedere? Già visto, già fatto, non era utile. Avrebbe fatto fatica a rialzarsi. Oppure, lasciarsi spingere in avanti dal fato e lanciarsi sulla neve della riva? Ecco, molto meglio.
Tek’ryn attese con pazienza di arrivare ai confini del laghetto e quando i pattini inciamparono sui sassi della sponda si lasciò cadere in avanti. Affondò a faccia in giù nella soffice coltre nevosa, lasciandosi alle spalle il laghetto ghiacciato e le sue malìe. Il freddo sulle guance era pungente, ma non spiacevole. Il ragazzino si girò sulla schiena e sospirò. Non si era accorto di essere così stanco, di essere stato in tensione fino a un momento prima. Si trovò a prendere in esame la sua vita, mentre fissava quel cielo azzurro così splendido e accecante. Era sicuramente fortunato ad essere stato adottato in quella famiglia, anche se quella vita era strana e piena di attività futili e obblighi sociali che non capiva ancora. Per esempio… sarebbe stato troppo maleducato, la prossima volta, rifiutarsi di andare a pattinare? Amber si sarebbe offesa?
Tek’ryn sperava proprio di no. Sperava che gli sarebbe stata lasciata possibilità di scelta perché, potendo evitarlo, avrebbe voluto davvero non toccare mai più un paio di pattini.

   
 
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