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Autore: Anonimadelirante    20/12/2020    2 recensioni
01. Non sembra così eccitante, l’idea di viaggiare, da questo lato del racconto: certo, riflessa negli occhi del Dottore, correndo a zig zag per le strade di Londra, l’una con un vestito senza tasche e l’altro con una giacca con tasche più grandi all’interno, Donna aveva pensato-- ma ovviamente si era sbagliata. (Donna&Doctor)
02. Il Dottore non le ha mai regalato nulla (tranne un’intera esistenza passata a rincorrersi per il verso sbagliato del tempo, la certezza che anche un’assassina può innamorarsi ed ogni stella del firmamento), fino a quando non le regala un diario. (River/Doc)
03. Se c’è una cosa che imparato, dall’Anno Che Non C’È Mai Stato, è ad essere un soldato. A raccontare storie. A travestire da religioni amori non corrisposti. (oneside!Martha/Doc) [TBW @BellaLuna]
Frammenti di un’unica storia: quella del Dottore e della sua cabina blu, di come si sono rubati a vicenda e di come da allora viaggiano insieme, sbatacchiando di qua e di là senza alcuna meta, ma con molti amici sparsi nell’universo e nel tempo.
[Partecipa alla challenge “I like that quote, said the month” @MariLace]
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Doctor - 1, Doctor - 11, Doctor - 12, Donna Noble, TARDIS
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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#Gennaio — C. S. Lewis, Il viaggio del Veliero. Edumund Pevensie

Non c'è nulla di particolarmente eccitante a vivere in un mondo rotondo, soprattutto se è il tuo.

 



 

I. 
A piedi nudi nel deserto



 

Camminerò nella sabbia, gli ha assicurato. E l’ha fatto. A piedi nudi nel deserto del Marocco ha alzato gli occhi al cielo e ha contato le stelle fino a non poterne più. Poi, è tornata a casa. Non sembra così eccitante, l’idea di viaggiare, da questo lato del racconto: certo, riflessa negli occhi del Dottore, correndo a zig zag per le strade di Londra, l’una con un vestito senza tasche e l’altro con una giacca con tasche più grandi all’interno, Donna aveva pensato-- ma ovviamente si era sbagliata. Si è sbagliata su così tante cose, quel giorno.
Si era anche detta che forse non era davvero innamorata di Lance, perché dopotutto, dopo averlo perso, dopo esserne stata tradita, dopo averlo visto cadere cadere cadere (dopo averlo sentito urlare, dilaniato da giganteschi insett-alieni) era ancora riuscita a ridere – anzi: non era riuscita a trattenersi di ridere. Abbracciata ad un uomo buffo, troppo magro e troppo triste, aveva fissato il letto del Tamigi senza più una sola goccia d’acqua, i pochi peschi, le carcasse d’auto, un paio di cadaveri ed aveva pensato Non è giusto, eppure non aveva smesso di ridere un istante. Si era detta, quindi, che se poteva ancora ridere, non l’aveva amato poi tanto. Per dire l’idiozia. I giorni dopo il Dottore erano stati una lunga agonia senza colore. Non per via del Dottore, ovviamente. Non soffriva la sua mancanza. Sarebbe stato assurdo, lo conosceva appena. (Un po’, però, in fondo, forse era così.) Ma per via di Lance. E il fatto che i giorni dopo Lance coincidessero con i giorni dopo il Dottore era solo questo, per l’appunto – una coincidenza. Si era messa a letto ed aveva pianto a lungo, senza prendere fiato, senza singhiozzare, ma soffocando comunque il dolore del tradimento e della perdita in morsi umidi contro il cuscino. A sua madre aveva detto Mi tradiva. Non tornerà più, ne sono certa. Sto bene, smettila di assillarmi. A suo padre aveva detto Sì, sono sicura. Sì, sono sicura che mi-- oddio, papà, l’ho visto, va bene? Basta. Abbiamo rotto, se ne è andato. Ma a suo nonno-- a suo nonno non era riuscita a mentire. Non era riuscita a dirgli la verità. Andato aveva pigolato soltanto, contro il suo petto, sere dopo, seduta su una collina in periferia, mentre lui abbandonava le levette del telescopio per stringerla a sé. Oh, bambina mia, le aveva sussurrato. Per un po’, erano rimasti così, abbracciati, senza dir nulla, come se lei fosse stata davvero ancora una bambina. Poi, Donna si era districata dalle sue braccia, si era ripulita la gola dal pianto con un colpo di tosse ed aveva sospirato: «Quale evento straordinario stiamo aspettando, adesso?»
Suo nonno aveva scrollato le spalle, fissandola con un sorrisetto furbo, affettuosissimo, solo per lei: «Nessuno» le aveva confidato con un occhiolino. «Ma non saresti venuta quassù a sfogarti col tuo povero vecchio, se non avessi creduto che Venere fosse sul punto di caderci addosso.»
Donna aveva alzato gli occhi al cielo, ed aveva riso col cuore più leggero che nelle ultime due settimane, ma non gli aveva detto che non era vero e che di Venere le importava assai poco. Si era seduta vicino a lui, invece, ed aveva sorseggiato il suo termos di tè.
«E quell’altro, invece? Quell’uomo di cui mi parlava tua mamma, quello che ti ha riaccompagnato alla festa, quando te ne sei andata dal matrimonio?»
Donna aveva scosso la testa, ma non l’aveva contraddetto neanche quella volta. Non gli aveva svelato: Non sono scappata, è che Lance mi aveva drogato di queste particelle antichissime--. Chissà perché. Forse avrebbe dovuto. Aveva sospirato soltanto, invece, ed aveva scosso la testa: «Andato anche lui» aveva bisbigliato dopo un po’. «È colpa mia.»
«Oh, no, no, Donna, non dire così, non è--»
«È vero, però» l’aveva interrotto lei. «Se n’è andato per colpa mia, gliel’ho detto io. Lance non--Lance, no. È stata una sua scelta, ha fatto tutto lui. Ma quell’altro-- quell’altro mi ha chiesto se volevo andare via con lui. E io gli ho detto no.»
Suo nonno aveva annuito, gli occhi fissi al cielo. Non le aveva chiesto E te ne penti?, perché era un uomo intelligente e la conosceva meglio delle proprie tasche rammendate senza talento (tanto per rimanere in tema di tasche), come aveva imparato a fare in guerra.
«Tornerà» le aveva promesso, dopo un po’. Aveva abbassato lo sguardo su di lei e le aveva sorriso di nuovo. «Se ha visto la metà di quanto sei straordinaria, allora tornerà.»
Donna non ci aveva creduto neanche per un istante, ma. Aveva chiuso gli occhi, si era appoggiata a lui, ed aveva finto, soltanto finto, per un lungo momento.
«Sai» gli aveva detto dopo molto. Si era dovuta schiarire di nuovo la voce. «Sai, non è davvero importante, che torni o meno. Non starò qui ad aspettare, comunque.»
E si era immaginata di partire, zaino in spalla e urla di sua madre nelle orecchie, solo la mattina dopo.


Non l’aveva fatto, ovviamente. Era una donna adulta, con delle responsabilità, delle pretese di comodità e nessuna esperienza in fatto di viaggi. Si era affidata ad un’agenzia, quindi. Voglio, sa, vedere tutto, aveva detto alla giovane seduta dietro il banco. Lei le aveva lanciato un’occhiata disinteressata, Certo, aveva masticato attorno alla sua gomma. Sicuro, signora Noble, che ne dice di partire dalla Francia?
Signorina, l’aveva corretta lei. E, non so, preferirei qualcosa di più esotico..?
Il Marocco, allora.


Così. Aveva camminato a piedi nudi nel deserto, coi capelli coperti da un turbante dai colori sgargianti. Aveva chiuso gli occhi, la testa rovesciata all’indietro, mentre il cammello su cui l’avevano issata caracollava nel tramonto, e si era ricordata del Dottore, del suo sguardo triste, della sua eccitazione per cose incomprensibili e prive di senso. Camminerò nella polvere, sai, cose così, gli aveva detto. Era scesa, quindi, aveva scalciato via le proprie scarpe. Aveva scorrazzato un po’ nelle vicinanze della carovana, ignorando gli sguardi e i mormorii degli altri.
Sarà divertente, aveva pensato, divertente.
Ma nessun marziano aveva riso di lei, nessuno stupido senzatetto vagabondo le era corso incontro con una spiegazione raffazzonata e completamente senza filo logico: era stato un po’ deludente, dopotutto.

 

 


Ma poi, contro ogni previsione, contro ogni logica, contraddicendo ogni possibilità, il Dottore era tornato – non era tornato per lei, ma erano andati a sbattere l’uno contro l’altra in maniera non del tutto casuale (lei, ah, lei lo aveva cercato, perché magari non soffriva esattamente la mancanza del suo esasperante entusiasmo, ma-- e ad ogni stella cadente aveva supplicato di poterlo ritrovare, perché viaggiare da sola non era divertente, ma viaggiare col Dottore, oh, viaggiare col Dottore sarebbe stato fantastico, ne era sicura). E che importava chi dei due stesse cercando l’altro, alla fine? Suo nonno aveva ragione, lui l’aveva aspettata, dopotutto.


«Ah, non lo so» dice adesso, agitando i piedi nel vuoto. «Voglio dire, capisco il tuo punto di vista, ma io ci sono nata, su un mondo rotondo, e ti posso assicurare che non è poi così divertente
«Quello che Donna vuole dire» la riprende il Dottore, fissando senza vergogna il Triangolo bidimensionale che si sta lamentando della piattezza della sua vita con loro. «È che è la compagnia che rende un mondo interessante. E su un mondo rotondo il Signor Quadrato non potrebbe proprio accompagnarti, sai com’è. Be’--» esclama un instate dopo, spingendo la punta della lingua contro il palato. «Sferico, ma comunque
«Non è affatto quello che cercavo di dire» gli sussurra stizzita, tirandogli una gomitata.
Il Dottore le fa una smorfia, ma la ignora caparbiamente, mentre cerca di convincere il Triangolo a non invadere altri pianeti nel tentativo di sopperire alla mancanza di profondità del suo.


(Quando riescono finalmente a tornare sulla TARDIS, però, un po’ acciaccati, ma tutto sommato salvi – e con tutte le dimensioni al posto giusto, per fortuna – prepara il tè per entrambi, ignorando le sue proteste – cosa-- Donna! Fai bollire l’acqua nel cuore del TARDIS? Ma stai scherzando? Non sai che potrebbe offendersi? – e mentre lo condividono in silenzio in due tazze spaiate con incise lettere tondeggianti d’un linguaggio ormai perduto guarda il Dottore ridisegnare quelle parole illeggibili con le dita, la testa completamente persa in un tempo che lei non può raggiungere, e pensa che forse, forse, era precisamente quello che intendeva, in realtà.)

 

 

 

 

 

Questa storia partecipa alla challenge “I like that quote, said the month” indetta da Mari Lace sul forum di EFP.


N/A: Donna è IN ASSOLUTO il mio personaggio preferito di DW. Più del Dottore, lo so, sembra assurdo. Ma è così. Così, quando ho cominciato a scribacchiare sui prompt di Mari Lace, non ho potuto non pensare a lei, leggendo quello di gennaio 2020. E-- niente, in realtà. Ah, sono così arrugginita: è più di un anno che non pubblico, sono, ugh, così disorientata. Da quando sono iscritta su EFP non credo sia mai passato tanto tempo. È anche un sacco che non scrivo niente di senso compiuto (più di un anno, forse due? Ultimamente crosspostavo vecchie sciocchezze e basta) – con un inizio, una fine, ed uno svolgimento, vale a dire, e credo si veda. È tutto un po’ sintatticamente incasinato e con frasi eccessivamente lunghe, shame on me. A mia discolpa, ho letto molto più in lingua che in italiano ultimamente e questa quarantena intermittente mi sta disabituando a parlare come un essere umano :P
Sì, è Natale e questo vuol dire solo una cosa: eNnEsImO ReWaTCh Di DoTtOr WhO. Quindi, presumibilmente, mi rivedrete presto con altre mini-robe semi-sensate. Enjoy!
(Con presumibilmente intendo che questa sarà una raccolta, sì, di cui ho già plottato la maggior parte degli altri capitoli, sì, e qualche settimana fa anche scritto un’altra flash che non c’entra niente con la challenge, ma è sempre su Dottor Who, sì) (SOS) (No, scherzo, non salvatemi, mi piace tanto sobbollire nei feels)
PS: le tazze dell’ultimo paragrafo sono ovviamente tazze di Gallifrey, perché se il Dottore scrive post-it in Gallifreyano, mi sono detta, perché no? Sul loro pianeta non ci sarà stato Tiger, ma non è che i Signori del Tempo fossero esseri superiori a TAL PUNTO da non avere tazze come Al miglior papà dell’universo o con pessimi giochi di parole tipo A great coffè for my grandad (sparatemi) (oppure createmi una tazza con queste scritte in gallifreyano, delle due l’una, ma fate presto) (perché non fa mai male che il Dottore ha avuto figli&nipoti che sono morti male, anche se spesso sembra un régazzino).

Titolo della raccolta rubacchiato senza grazia ad Eleven, mi pare ovvio > I'll be a story in your head. But that's OK: we're all storiesin the end. Just make it a good one, eh? *piagnucola* ma in realtà ho sempre come l'impressione che quella quote fosse a sua volta un rimaneggiamamento di altre battute precedenti del Dottore (una su tutte, “You too, who are you?” “Oh! Stuff of legend” – o anche l'intero concetto su cui girano le ultime puntate della terza stagione, quando Martha vaga raccontando la storia del Dottore eccetera eccetera)

  
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