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Autore: Deb    23/12/2020    3 recensioni
Akito mette qualcosa sopra il tavolo, quella sera.
«Mio padre mi ha detto di dartelo».
Inclino la testa e prendo il dono tra le mani. «Cos’è?»
«Aprilo, non chiedere».
Annuisco e quando lo vedo i miei occhi si sgranano, la bocca si apre, porto una mano alla bocca. «Oh… Oddio».

{Fa parte della serie "Always" scritta con gabryweasley}
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Fuka Matsui/Funny, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Always'
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Fanfiction 01: Evidence di gabryweasley
Fanfiction 02: Really di Deb
Fanfiction 03: Strays di gabryweasley



Endgame

Metto il lucidalabbra guardandomi allo specchio, passo le labbra l’una sopra l’altra e controllo di nuovo il mio aspetto. Prendo alla mia destra il la piccola scatola di velluto e la apro. Sorrido.
Non metto così spesso l’anello. Non posso. Non voglio, ancora. È successo tutto così in fretta, prima che qualcuno lo scopra da una foto in una rivista vorrei dirlo io a chi più conta.
Mi sposo. Guardo ancora l’anello di oro bianco con un diamante dal taglio brillante e piccole luci intorno a tutta la circonferenza.
Akito mette qualcosa sopra il tavolo, quella sera.
«Mio padre mi ha detto di dartelo».
Inclino la testa e prendo il dono tra le mani. «Cos’è?»
«Aprilo, non chiedere».
Annuisco e quando lo vedo i miei occhi si sgranano, la bocca si apre, porto una mano alla bocca. «Oh… Oddio». Sussurro. Alzo lo sguardo verso di lui, lo indico, poi il mio dito indice punta l’anello. «Mi hai regalato un anello di fidanzamento!» Esclamo, quasi urlando. Akito si tappa le orecchie in modo melodrammatico, ed io non resisto più. È più forte di me e rido. Rido come se non potessi farne a meno, rido di felicità, rido perché è Akito. Perché lo amo. Perché lo sposo. Rido perché è tutto perfetto. Noi siamo perfetti. L’anello è perfetto. La proposta è stata perfetta.
Akito mi guarda, abbassa le mani e continua ad osservarmi serio.
«È di mia madre». Afferma ed io mi blocco. Mi immobilizzo ed alzo lo sguardo verso di lui.
«Cosa?»
«L’anello». Risponde; ma la mia domanda era più retorica che effettiva. «Me lo ha dato mio padre. Per te». Deglutisce. «Mi ha detto che era l’anello che aveva dato a mia madre».
Ed adesso è ancora tutto più perfetto.
Sorrido. «È bellissimo». Dico, accarezzandolo con le dita senza toccarlo davvero. «Papà Hayama ha davvero buon gusto». Appoggio la scatola sul tavolo e la faccio scivolare verso Akito che alza lo sguardo ed inarca un sopracciglio.
«Come nei film occidentali». Ridacchio, poi, allungando la mano e stendendo le dita. «Se ti inginocchi è meglio». Sposto un attimo la mano e indico a terra, alla mia sinistra.
«Mi prendi in giro?»
Nego con la testa in modo enfatico. «Perché dovrei?»
«Non mi inginocchio».
«Dai! È una cosa carina!» Akito scuote la testa.
«Inginocchiati tu...» Poi mi guarda. «Cioè...»
«Che vorresti dire?» Incrocio le braccia al petto, lo osservo in tralice. Sto utilizzando le mie doti da attrice per riuscire a rimanere così seria perché vorrei solo ridere, e ridere ancora. Ridere per tutta la vita, insieme ad Akito. «Io lo faccio abbastanza, non credi?» Cerco di rimanere seria. Sana, ci puoi riuscire. Reggi il doppio senso.
Lui chiude gli occhi, porta una mano davanti alla fronte. «Io… Io… Ma che...» Balbetta, e mi sembra di notare le sue guance imporporarsi giusto un po’.
«Stai arrossendo?» Mi alzo in piedi, facendo strisciare la sedia sul parquet. «Oh, ma come sei carino!»
Ed è in questo momento che non riesco più a trattenermi e la risata che voleva uscire da tanto, troppo tempo, riempie la stanza.
«Sei bellissimo, Akito!» Batto le mani sul tavolo, poi mi ricordo che non voglio dargliela vinta, che deve mettermi l’anello di sua madre al dito. Allungo di nuovo il braccio, le dita tese.
Akito sospira, prende la scatola di velluto rosso e estrae l’anello. Lo guarda un attimo, si alza in piedi, alzando la sedia, senza farla strisciare a terra. «Non so se è la giusta misura». Dice, guardandomi negli occhi.
E non c’è più spazio per le risa, per i giochi, per i doppi sensi. Sento soltanto il cuore che batte forte e veloce nel mio petto, l’emozione che mi stringe lo stomaco e le lacrime di felicità che vorrei versare. È tutto vero, non è un pensiero, un qualcosa detto senza riflettere. Mi sposo. Ci sposiamo davvero.
«Quindi...» Tiene l’anello tra le mani, guarda terra. Non vorrà davvero…? Sospira.
«Che fai?» Chiedo, cercando di anticiparlo, mentre sposta la gamba per potersi abbassare.
«Cosa credi che stia facendo? Quello che vuoi, no?! Si fa sempre quello che vuoi tu, ragazzina egoista». Il ginocchio sinistro si appoggia a terra, la mano libera stringe la mia, alza lo sguardo verso di me. Nelle parole che ha appena pronunciato non c’è stato un momento nel quale ho pensato che le dicesse con cattiveria. E mi sembra di scorgere un lieve sorriso. Possibile? Stai sorridendo per me? Per noi?
«Non devi farlo per forza...» Sussurro. «Io…»
Non distoglie lo sguardo dal mio, i miei occhi si riempiono di lacrime. Lo sta facendo per me. Perché lo vorrei. Perché gliel’ho chiesto.
Deglutisce, l’anello tocca il mio dito anulare, i suoi occhi non sono più sul mio viso, tutta l’attenzione la detiene la mia mano. «Sposami». Non è una domanda, non lo è mai stata, in fondo. E la risposta è scontata. Non potrebbe esserci altra via se non quella di rimanere insieme per tutta la nostra vita.
Non attende una risposta, l’anello trova la sua giusta collocazione nel mio dito. Sorrido.
«Ma certo che ti sposo, demonio dei baci». Dico, alla fine, inginocchiandomi anche io e prendendo il suo viso tra le mie mani per guardarlo un attimo, prima di eliminare qualsiasi nostra distanza, unendo la mia bocca alla sua che, a distanza di anni ed anni, ha ancora un eco di limonata.
Il primo bacio sapeva di limone, il secondo delle sue labbra, il terzo di consapevolezza, il quarto di cioccolata, il quinto di tutto il nostro amore.

Mi ridesto sentendo il telefono suonare. Cerco di rispondere, male, visto che cade rovinosamente per terra. «Fa' che non sia rotto...» Sembra funzionare. «Fuka, arrivo!»
«Ma dove sei? È da mezz’ora che ti aspettiamo qua fuori!»
«Scusa! Ho fatto tardi!» Rispondo, inchinandomi, anche se n
on serve a nulla visto che Aya e Fuka non si trovano nella mia camera. «Dormivi? È la terza chiamata che ti faccio!»
«No! Mi stavo preparando! Due minuti e scendo! Due minuti veri!» Chiudo la chiamata senza attendere una risposta, apro l’armadio, prendo il giaccone ed apro la porta di camera mia. Mi sto dimenticando qualcosa. Esco, chiudo la porta, la riapro. Corro alla toeletta ed estraggo l’anello dalla sua custodia. Lo infilo. Ok. Adesso sono pronta. Sorrido, chiudendo la porta.
«Eccomi, ragazze!» Urlo, uscendo sul vialetto. «Mi siete mancate! Da quanto tempo! Come state? Che mi raccontate? Come vanno le cose?»
«Sana! Calmati! Non dobbiamo fare serata qui davanti a casa tua, abbiamo tutto il tempo per parlare». Fuka si sposta la sciarpa, sospirando. «Non crescerai mai». Continua scuotendo la testa. «Magari è perché deve sempre stare su di giri per via dei fan, chissà...»
«Ciao Sana». Aya mi abbraccia ed io la stringo a me. Con lei mi vedo un po’ più spesso, soprattutto perché ci ritroviamo insieme ad Akito e Tsuyoshi, il ragazzo di Fuka invece mi sembra non veda di buon occhio Akito da quando l’ha conosciuto, e quindi evita sempre di stare con noi. Peccato, visto che si è trasferito qui da Osaka per frequentare insieme a Fuka l’università qui a Tokyo, potrebbe fare meno l’asociale.
«Come sta Takaishi?» Chiedo, raggiungendola all’auto.
«Sta bene, dopo l’estate comincia il master...» Accende l’auto. C’è qualcosa che la turba.
«Fuka, sicuro vada tutto bene?»
Sospira. Non abbiamo fatto nemmeno un chilometro che arriva la prima bomba. «Vado via, ragazze». Afferma. «Takaishi farà un master ad Osaka ed io andrò con lui, mi hanno offerto un lavoro in una società di Osaka, quindi…»
Sgrano gli occhi. Fuka non rimarrà più a Tokyo, con me. Torna a quella che una volta considerava casa, dove aveva degli amici, prima di noi. «Be’... è bellissimo! Almeno starete insieme!» Esclamo, dandole una pacca sulla spalla.
«Ehy, mi fai male!»
«Oh, Fuka… sono contenta per te». Aya sorride, sfregandosi le mani. «Ora andiamo? Avrei un po’ fame».
Ridiamo un attimo poi, finalmente, partiamo alla volta del ristorante. Mi appoggio al sedile, alzo lo sguardo. Fuka parte, io mi sposo, Aya sarà forse incinta?
«Aya, non è che sei incinta?» Domando ad alta voce, senza rendermene conto. Lei si gira di scatto e mi guarda scioccata. Per caso ci ho beccato?
Scuote la testa. «Ma che domande fai! No che non sono incinta, Sana! Ancora devo finire l’univesità!» Continua a scuotere la testa, rassegnata dalle mie uscite.
«Era così… per dire». Mi mordo il labbro inferiore. Quando glielo dico? Al ristorante. Non posso dirlo qui, andremmo fuori strada con Fuka alla guida.
Continuiamo a parlare del più e del meno, del lavoro, dei film, dell’università di economia di Fuka, di quella di scienze dell’educazione di Aya e mi prendono in giro perché non sono riuscita mai a superare l’esame di ammissione, anche se ci ho provato ben tre volte, ma le ripetizioni di Akito erano illuminanti da un verso e molto povere dal lato dell’istruzione.
«Eppure Akito è bravissimo anche se studia pochissimo! Non posso crederci che anche lui non è riuscito a farti entrare qualche nozione nel cervello!» Fuka continua a non avere peli sulla lingua.
«Be’, il divano era più interessante...» Borbotto, ripensando a come le matite volavano via, come gli abiti venivano spesso tolti da qualsiasi tipo di equazione e, quasi tutte le volte, ero io ad iniziare tutto. O meglio, ero io a cercare qualche distrazione dallo studio. «Non sono una brava studentessa, ecco...» Continuo, spostando lo sguardo fuori dal finestrino. «Siamo arrivate».
Mi tolgo la giacca, appoggiandola nel retro della sedia. «E quello, Sana?» Fuka indica il mio anello. Subito. Non mi dà nemmeno il tempo di sedermi. Mi prende in contropiede. Aya spalanca la bocca e sorride, Fuka poi mi guarda, probabilmente nella sua testa ha fatto due calcoli ed è arrivata ad un risultato. «Non mi dirai che Akito ti ha fatto la proposta!» Arrossisco. «No, sì, be’...» Balbetto. Sono stata troppo tempo con Akito, anche io adesso ho perso l’uso della parola.
«Te l’ha proprio chiesto, oppure ha mimato qualcosa? Si è zittito mentre cercava di dichiararsi?» Alla fine tra una domanda e l’altra riusciamo a sederci.
Cerco di prendere fiato. «Quindi vi sposate?» Chiede Aya, appoggiando i gomiti al tavolo e continuando a sorridere. «È così emozionante... Praticamente è dalla sesta elementare che io e Tsuyoshi dicevamo che vi sareste sposati. Come si dice adesso? Nelle serie? Uhm… endgame, ecco». Mi stringe una mano sopra il tavolo. «Siete sempre stati endgame».
Sento il cuore battere veloce, nemmeno avessi Akito davanti a farmi la proposta. Aya ha questo modo di fare così dolce, così calma, non riesco a capire come faccia, riesce sempre a dire la parola giusta, a calmare gli animi. Quando sarà, sarà una madre fantastica.
«È così strano...» Ammetto, abbassando lo sguardo.
«Strano?» Mi fa eco, Fuka, alzando gli occhi al cielo. «Hai ventuno anni e ti sembra strano? Quando praticamente state insieme da quando siete nati… non proprio, ma poco ci manca. Come fa ad essere strano?»
La guardo e mi porto una mano al mento. «Non lo so. È… È che mi sembra poco. Poco tempo, ma anche tanto tempo». Scuoto la testa con energia. «Non so come spiegare! È tanto e poco allo stesso momento. Lo conosco come le mie tasche, ma è sempre come lo vedessi per la prima volta e... Mi sembra solo ieri che ci siamo conosciuti, eppure mi sembra già una vita». Parlo, cercando di mettere in fila un discorso sensato, senza riuscirci del tutto, almeno così mi sembra. «Ha senso?» Le guardo entrambe, sedute davanti a me.
Aya annuisce, Fuka alza un sopracciglio, pensierosa.
«Assolutamente». Risponde Aya, prendendo un menù tra le mani. «Un po’ come con me e Tsu. Stiamo insieme da sempre, non ci siamo mai lasciati, ma non mi ha mai stancata, siamo cresciuti insieme e ci siamo sempre supportati». Si volta verso Fuka. «Anche per te è lo stesso, Fuka. Stai con Takaishi da una vita ormai...»
«Un po’ di tira e molla, ma sì. Però a volte ho pensato che mi avesse stancato. Soprattutto quando fa il primo uomo e non vuole uscire con i miei amici...» Alza le spalle. «Io ordino una zuppa di ramen».
Non so se si sia accorta del mio sguardo, ma è come allora, quando le avevo chiesto se stesse con Akito - al mio ritorno dal set della “Villa dell’acqua” - aveva glissato il discorso con molta nonchalance. Mi sembra quasi di rivivere quel momento, lei non ama parlare delle sue questioni amorose, non lo ha mai fatto, ma soltanto quando non era sicura del rapporto. Fuka, c’è qualcosa che non ci dici?
«Sana, hai deciso o preferisci mangiare con gli occhi me? Sono il tuo tipo?» Mi fa l’occhiolino e si porta i capelli dietro le spalle, scherzosa. «Ho già il mio tipo, grazie! Prendo quello che prendete voi!»
«Quindi? Questa proposta, Sana?» Non demorde. Ed io che pensavo di averla scampata.
Prendo un respiro profondo.
«Vi ricordate il tipo che mi ha baciata alla presentazione?» Annuiscono, tutte e due.
«Non mi dirai che te l’ha fatta attraverso quel tipo!»
«Fuka!» Esclamo, facendo uscire il l’acqua dalla mia bocca, quella che non avevo ancora deglutito. «Ma ti pare? Non è una cosa ammissibile!»
«Effettivamente non sarebbe molto da Akito, te ne do atto». Appoggia il mento sul palmo della sua mano. «Continua...» Mi esorta.
«Be’, ecco… Era molto arrabbiato per quella cosa che è successa...» Abbasso lo sguardo, gioco con la tovaglia. Forse dovrei glissare e dire direttamente di quando si è inginocchiato.
«Penso che sia assolutamente plausibile. E credo sia stato meglio che non ci fosse, altrimenti forse non saremmo qua a parlare della sua proposta». Aya ridacchia, alla fine, ma non ha tutti i torti. Per come se la prendeva con il muro, avrebbe potuto prendersela tranquillamente con quell’uomo.
«Non ci ho potuto fare nulla, avrei volentieri evitato quell’episodio». Sospiro. «Comunque, era molto, molto arrabbiato. Aveva persino smesso di parlare, non riuscivo a fargli dire una parola, quasi...»
Fuka annuisce mentre parlo. «Sì, è da lui». Dice. «E come hai fatto a fargli fare la proposta in un momento del genere? Telepaticamente? Ha tirato fuori l’anello da un cassetto e te l’ha messo al dito?» Sembra molto presa dal mio racconto. Non faccio fatica a crederci, mi sa che economia è davvero noiosa.
«No. L’ho baciato. Gli ho chiesto di baciarmi». Arrossisco.
«Come lo chiamavi, una volta? Quando dopo ogni suo bacio preparavi l’anti-Hayama?» Ride, Aya, portandosi una mano davanti alla bocca, come se dovesse nascondersi dal mondo, come se il suo sorriso non fosse per tutti.
«Già...» Scosto lo sguardo verso un punto imprecisato del muro. Demonio dei baci. Akito Hayama è un demonio dei baci. Non lo perdonerò mai. Rido anche io, ripensando ai miei pensieri di un tempo, quando l’unico amore che volevo era quello di mammina. Non mi serviva altro. Be’, anche quello di Rei, in un certo senso.
«Che razza di recidivo… si divertiva proprio a rubare i baci, quello lì». Fuka sospira, stiracchiandosi le braccia. Eppure poi volevi la sua compagnia anche tu. Magari è una mossa vincente rubare a tradimento baci. «E sei riuscita a sbloccare il registratore vocale di Akito, baciandolo?»
«Mh...» Ci penso un attimo. «Non subito. Dopo… più o meno. Abbiamo fatto l’amore». Vedo le guance di Aya colorarsi, come le mie. L’unica che sembra non reagire è Fuka.
«Strano… pensavo avresti aspettato il matrimonio». Dice, guardandomi finta annoiata, ma un sorriso divertito fa capolino dalle sue labbra.
«Divertente, Fuka… Praticamente l’unica cosa che ha detto è stata...» Sposto la sedia, mi alzo, metto un braccio sul fianco, cerco la mia espressione più simile a quella apatica di Akito. «Sposami». Continuo, cercando di abbassare la voce, per renderla più profonda.
«Così? Dal nulla?»
Annuisco. «Pensavo che stesse scherzando, mi sono messa a ridere. Era serio, invece».
«Povero Hayama… lui ti chiede… be’, ti dice di sposarlo, e tu ridi?» Aya è un po’ scioccata, sgrana gli occhi, scuote la testa. Forse si sente davvero in pena per Akito, per il fatto di non averlo preso sul serio. Ed effettivamente, pensandoci ora, Akito non è una persona che scherza spesso e sicuramente non scherzerebbe su queste cose, quindi avrei potuto credergli sin da subito. Ormai è andata come è andata. Sventolo una mano nell’aria.
«Mettiti nei miei panni! Non ha parlato per non so quanto tempo e poi spari una… una bomba così?»
«E tu?» Fuka si porta in avanti, ora più interessata.
«Sono andata a prendere il piko e gliel’ho dato in testa».
Dalle loro facce penso che, se fossimo stati in un manga, sarebbero cadute a terra, sconfitte. Sento sussurri dal nome di Hayama, qualche povero, qualche “Buona fortuna, Akito, ne avrai bisogno”.
«Però poi gli ho chiesto di fare l’amore con la futura signora Hayama...» Sussurro, a mo di scusa.
Fuka sorride, allunga una mano e stringe la mia, quella con l’anello. «Non cambierete mai, voi due». A orecchie sconosciute potrebbe quasi sembrare un rimprovero, ma lei lo dice con un accento positivo, come se dovesse essere così che, se fossimo cambiati, se fossimo diversi, non saremmo più noi: Sana e Akito, la ragazza S. ed il ragazzo A.
Contraccambio la sua stretta e mi rilasso, sorrido. «L’anello me l’ha dato dopo qualche giorno, era della madre e penso sia l’anello più bello del mondo». Mi risiedo, allungando le dita per osservarlo. «Non lo metto quasi mai… per il lavoro… Ancora non abbiamo ufficializzato nulla, ma voi dovevate saperlo da me». Spiego, stringendo le braccia di tutte e due. «Siete le mie migliori amiche e non avrei sopportato che lo veniste a sapere da qualche programma o da qualche rivista». Continuo, spostandomi soltanto quando il cameriere porta nella nostra stanza il menù ordinato. «Ma cos’è tutta questa roba?» Domando.
«Hai ordinato quello che abbiamo ordinato noi, Sana». Mi spiega Aya, ridendo.
«Ma… Non ci ho fatto caso. Devo mangiare tutto?»
«Mangia quello che ti va. Avete scelto una data?» Fuka prende le bacchette e comincia a portarsi il ramen alla bocca, succhiando forte.
Nego. «È ancora presto. Non sappiamo. Non ne abbiamo più parlato poi».
«Vorrà dire che gli chiederai di fare l’amore con te, magari nel mentre sceglie la data...» Succhia ancora. Non sarebbe poi così inverosimile, come quando mi ha dato appuntamento per la vigilia di Natale mentre mi abbracciava, in maniera così precisa che non riuscivo a capire cosa stesse dicendo.
«Voi verrete, vero?» Chiedo, come se avessi paura della paura della risposta.
Mi guardano, adesso, tutte e due. Appoggiano le bacchette sul tavolo ed Aya sorride. «Ma certo, Sana. Non ci perderemmo mai, per nulla al mondo, il matrimonio più atteso di sempre».




Buonsalveh!
Eccoci qui con una nuova shot di questa “serie” ancora senza titoloh! Perché alla fine ne è nata una nuova serieh! Noi abbiamo cominciato a scrivere… e all’improvviso ci siamo accorte che tutte le fic avevano un filo conduttore, senza volerlo erano tutte collegate. Come ha detto Gabry nelle scorse NDA, non riusciamo a non farle diventare headcanon e alla fine le colleghiamo tutte. Eh vabbè... Abbiamo pensato - Gabry ha pensato perché è lei la maga dei titolih - di chiamarla “Always” :)
In questa shot vediamo la nostra Sana che dà la lieta novellah alle sue care amiche di infanziah ♥ Mi sono divertita molto a scriverla e spero che i personaggi siano tutti IC! ♥
Fuka parte e se ne vah. Nel manga Deep Clear, Sana durante il parto dichiara che i suoi amici sono tutti lontanih, quindi ho supposto che si spostassero dopo l’università. Per il momento, quindi Fuka dà la notizia di andare via, una volta finiti gli studi perché ha trovato lavoro ad Osaka, la sua vecchia città.
Ma vediamo anche come, ALLA FINE, Akito si sia inginocchiato. xD Ovviamente non l’ha fatto perché voleva, ma perché lei - scherzando - gli dice di inginocchiarsi come film americani e alla fine Akito lo fa perché sì sa, si fa sempre quello che dice Sanah! xD
Però l’ho trovato carino perché lui è tanto innamoratoh e - ovviamente - già da adesso vuole farla felice, e lei gli ha chiesto di inginocchiarsi e quindi cerca di farla felice anche se non è una cosa da lui. Ma infatti lo dice “Si fa sempre quello che vuoi tu, ragazzina egoistah!” Bwahaha!
Quanto li amoh *0*
Be’, ovviamente non è finita qui! ♥ Per la prossima shot si ripassa la passa alla mia cara, carissima Gabry! ♥
Baci
Deb




   
 
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