Indicibile
«Non vorrai scegliere
le amicizie sbagliate, Potter».
«Ti avevo avvertito,
ti avevo detto che ti eri schierato dalla parte sbagliata! I tuoi amici saranno
i primi a pagare, adesso».
Lancia un’ultima occhiata
risentita alla foto in prima pagina, prima di stracciare con un colpo di
bacchetta la Gazzetta di quel giorno. Potter, sempre Potter; ha l’impressione
che monopolizzi le copertine da mesi, san Potter salvatore del mondo magico.
San Potter che ha salvato lui.
Draco cerca di ragionare con
sé stesso in sua difesa: Potter l’ha anche quasi ucciso, una volta, al sesto
anno – è sopravvissuto per miracolo, un miracolo chiamato Severus Piton. Se si
concentra può ancora richiamare, fin troppo vivido, l’orribile effetto del Sectumsempra:
di quegli istanti ciò che gli è più rimasto non è il dolore ma la certezza di
star per morire.
Sono pari, allora, no?
Potter l’ha quasi ucciso, Potter l’ha salvato. Anzi, quando a Natale gli è
stato chiesto di riconoscerlo Draco ha mentito per salvargli la vita: se non
l’avesse fatto, l’idiota-che-è-sopravvissuto non sarebbe mai riuscito a fuggire
prima del ritorno del Signore Oscuro. È in debito, allora.
Scuote bruscamente la testa,
levitando i resti del giornale direttamente nel fuoco scoppiettante del camino.
Gli piacerebbe credere a quelle fantasie, ma in fondo sa che sono solo bugie
che si racconta per illudersi.
Durante il sesto anno Potter
ha quasi ucciso un Mangiamorte che con sciocchi attentati ha messo a rischio la
vita di due persone.
Quella notte di Natale del
settimo, sì, Draco ha osato non riconoscerlo – una menzogna che non sarebbe
servita a nulla, se Potter non fosse riuscito a fuggire nel mentre, ma che gli
si può contare come merito. Peccato che nel giro di pochi mesi si sia subito redento
da quell’unico atto di coraggio seguendo il Prescelto nella battaglia decisiva
al solo fine di ostacolarlo.
Merlino, è stato così
dannatamente stupido.
E nonostante ciò, nonostante
a scatenare l’Ardemonio sia stato Tiger e nessuno avrebbe considerato Potter e
i suoi amici colpevoli per le loro morti, l’eroe ha comunque rischiato la
sua vita per salvare lui e Goyle (e il diadema, maledetto, sono quasi morti
per recuperare quel dannato oggetto!).
Per quanto gli piaccia
fingere di negarselo, Draco lo sa benissimo: è in debito con Potter, lo sarà
sempre. Anche se l’ha quasi ucciso.
Lo odia.
Lo odia e non è per nessuno
di quegli eventi.
La Gazzetta è ormai
bruciata, ma non ha bisogno di sforzarsi per visualizzare mentalmente la foto
sorridente del Prescelto, eroe del mondo magico.
Sorride, Potter – ha vinto
la guerra e possiede tutto.
Stringe i pugni, Draco – la
guerra l’ha persa e non gli rimane nulla.
Suo padre è ad Azkaban – sa
che lo merita –, sua madre non c’è quasi mai. È stata scagionata da ogni
accusa grazie alla testimonianza di Potter – ennesimo debito – e da
allora ha sacrificato ogni forza allo scopo di riabilitare il nome Malfoy.
Coltiva amicizie importanti, in giro per l’Inghilterra, mentre lui rimane al
Manor ad annegare nella frustrazione. Gli ha proposto di unirsi a lei,
naturalmente, ma Draco è intenzionato a evitare il mondo per un po’.
Anche così, non è invidioso
di Potter. È arrabbiato, semplicemente.
È arrabbiato, perché se una
gran parte della sua vita sembra dipendere proprio da lui, al contrario è certo
di non esistere per il ragazzo-venerato-dal-mondo-magico.
Non l’ha mai riconosciuto.
Non al primo anno, quando
sul treno gli ha offerto la sua preziosa amicizia.
Non quando, a fine quarto,
gli ha rinfacciato d’aver scelto il partito sbagliato.
Se ci ripensa, l’unico anno
in cui ha realmente avuto le attenzioni di Potter tutte per lui è stato il
sesto, il suo punto più basso – il periodo in cui meno le avrebbe volute.
Gli viene quasi da ridere.
Ha fatto di tutto per farsi
notare, di tutto, e parzialmente c’è anche riuscito. Poi è arrivata la
guerra, sono cresciuti e il tempo delle prese in giro è finito. Potter è
diventato l’eroe che il mondo ha sempre preteso che fosse, l’eroe che va in
giro a sorridere e rilasciare interviste; Malfoy l’invisibile che ne spia il
successo in disparte. Dimenticato.
Lo odia.
Non lo vede da mesi e
improvvisamente eccolo lì, a pochi metri da lui; sale al banco dei testimoni e
parla, dichiarando che senza il contributo di Narcissa Malfoy non sarebbe
riuscito a sconfiggere Voldemort una volta per tutte.
Il processo è vinto,
Draco l’intuisce con un’occhiata ai volti dei giurati; mentre le formalità
procedono, non stacca un istante lo sguardo da Potter.
Al termine si
affretta fuori dall’aula, sperando di incrociarlo prima che sparisca: non è
certo di cosa vuole dirgli, grazie o ti odio o qualsiasi altra
sciocchezza, ma sa che vuole parlargli. È una decisione non ragionata, presa
d’istinto, qualcosa che avverte come necessario. Non ha avuto il tempo
di pensarci troppo.
È fortunato:
individua Potter nel corridoio e gli va incontro, in preda a una strana
emozione. Non ha deciso cosa dirgli, le varie possibilità sono ancora in lotta
nella sua mente, quando ne incrocia lo sguardo. Dura un solo attimo: Potter lo
distoglie prontamente, girando la testa, e lo sorpassa senza una parola o
un’esitazione, lasciandolo a chiedersi se l’abbia visto davvero o se non sia
stato frutto della sua immaginazione.
Dalla fine della guerra
sono in molti a evitarlo a vista, ma non ha importanza, nessuno di quegli
sconosciuti ne ha. Potter sì, invece.
Draco lo odia, perché
nessuno l’ha mai fatto sentire tanto insignificante quanto lui.
Sono passati sette anni e
ancora non ha trovato una spiegazione logica all’interesse irrazionale provato
per il Prescelto prima ancora di conoscerlo veramente. Certo, ne aveva sentito
parlare; suo padre affermava che sarebbe potuto diventare un grande mago
oscuro, ma c’era di più – un altro motivo per cui l’aveva avvicinato e si era
proposto di scegliere al posto suo, di aiutarlo. Potter aveva rifiutato, ovviamente.
Aveva dichiarato di saper scegliere per sé, e così aveva fatto; aveva scelto.
Weasley, Granger – non lui.
Non desiderava altro che venire
riconosciuto dal coetaneo che, d’istinto, ha considerato suo pari; si
sbagliava, ma l’ha scoperto tardi: Potter, il Prescelto, era destinato a stare
ben più in alto. Per questo l’ha odiato,
senza capirlo – l’ha sempre lasciato indietro.
Draco lo odia – lo odia,
perché lo ama.
Scaglia il pugno, ancora
stretto, contro il muro più vicino. Dev’essere impazzito, da dov’è uscito quel
pensiero?
Si lascia ricadere su una
sedia, stanco, e ride; sfogo amaro e privo d’allegria che lo lascia svuotato.
Se l’è
finalmente confessata, quella verità scottante e indicibile.