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Autore: Shirangel    25/12/2020    9 recensioni
Volete sapere come ci si sente a nascere con solo metà dell'anima?
Beh, non vi mentirò: è un bello schifo. Il cuore fatica il doppio, i polmoni lavorano la metà e potete aspettarvi di vivere parecchi anni in meno rispetto a chi nasce tutto intero.
Sembra una gran rottura, e spesso lo è, ma a volte le cose possono andare nel verso giusto.
Ad esempio se l'altra metà della vostra anima ce l'ha Sasuke Uchiha.
[Sasuke x Naruto][Soulmate!AU]
[Secret Santa 2020] [Buon Natale Akiho Sakurai!]
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento.

Ai pazzi per amore, ai visionari,

a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.

Ai reietti, ai respinti, agli esclusi.

Ai folli veri o presunti.

[Corrado D'Elia, Don Chisciotte]

 



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Giorno_1.mp4

La telecamera inquadra lo scorcio di una cucina piuttosto in disordine. Seduto dall'altra parte di un piccolo tavolino rotondo c'è un ragazzo intento a fare colazione. È così stanco che la sua mano sbaglia perfino a indirizzare il cucchiaio e manca due volte la ciotola di latte e cereali che ha di fronte. Non si accorge subito di essere ripreso, ma appena nota l'occhio della telecamera si affretta ad allungare il braccio per cercare di oscurarne la visuale.

«Levami quell'affare di dosso» bofonchia, con un'occhiataccia truce rivolta da qualche parte sopra l'obiettivo.

«Ma dobbiamo documentare l'esperimento!» protesta una voce fuori campo. «Dai, Sasuke, sforzati di collaborare.»

«Scordatelo. Se ci tieni tanto fallo da solo.»

Uno sferragliare metallico accompagna una serie di maldestri movimenti che culminano con l'entrata in scena di un volto nuovo. Il ragazzo che prima stava girando il video ora è al centro dell'inquadratura. Le profonde occhiaie e il colorito pallido accostano il suo aspetto a quello del ragazzo ancora intravedibile sullo sfondo.

«Mi chiamo Naruto Uzumaki» annuncia. «Il relitto umano dietro di me invece è Sasuke Uchiha. Non vuoi nemmeno fare un saluto veloce, Sasuke?»

L'audio della telecamera coglie un roco, ma chiarissimo, "fottiti".

«Il motivo per cui sto girando questo documentario» continua Naruto, come se non avesse sentito. «È che la nostra storia merita di essere raccontata. I media hanno inventato un nome per quelli come noi: ci chiamano anime infrante. Dicono che la nostra sia una maledizione, che non c'è salvezza per chi nasce spezzato a metà. Beh, noi cambieremo le cose. Noi cambieremo il mondo.»

«Scusa se non mi metto ad applaudire, ma ho passato la notte a cercare di impedirti di soffocare nel tuo stesso vomito» brontola Sasuke. Ha definitivamente abbandonato il cucchiaio sul tavolo, spargendo gocce di latte ovunque, e si regge la testa con entrambe le braccia. Sembra in procinto di cadere a pezzi. «Ora come ora faccio un po' fatica a credere a quello che dici.»

«Non è questo lo spirito giusto. Devi pensare positivo, in fondo è solo il nostro primo giorno» lo rimprovera Naruto. Ha abbassato la telecamera e l'obiettivo adesso inquadra una porzione del pavimento, occupata da una valigetta del pronto soccorso spalancata e abbandonata in un angolo. Gran parte del contenuto – pillole, bende, un flacone di antisettico – è rovesciato tutto intorno.

«Se il primo è così immagina come sarà l'ultimo» ribatte Sasuke, poi i gomiti con cui si reggeva al tavolo crollano e il ragazzo abbandona la testa sul ripiano di legno. La ciotola traballa pericolosamente, il latte oscilla al suo interno, ma quasi per miracolo non si rovescia nulla.

Naruto inizia a rispondere, però la sua voce sfuma quasi subito quando capisce che Sasuke si è addormentato. Senza lasciare la telecamera prende una coperta dal divano lì accanto e gliela getta sopra con un gesto un po' impacciato. Poi torna a inquadrare il proprio volto.

«Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha» ripete a chiunque sia in ascolto. «12 agosto 2017. Giorno 1.»



***



I dati storici parlano chiaro: è molto più probabile essere colpiti da un fulmine (due volte), sopravvivere al cancro (tre volte) o avere un quoziente intellettivo di 130 punti, piuttosto che nascere con metà dell'anima. Credo che questo la dica lunga sulla sfiga che ho avuto a beccarmi una malattia simile.

Qualsiasi medico mi direbbe di non chiamarla "malattia", perché non lo è, ma la World Health Organization non ha ancora deciso di cosa si tratti precisamente, quindi per ora la definiscono "Sindrome di MacDougall". Secondo la mia modesta opinione questa definizione non vuol dire un accidenti.

La Sindrome di MacDougal non ha niente a che fare con quello che devo affrontare io tutti i giorni, è solo una malformazione dell’epifisi. Non inficia nessuna capacità fisica o intellettiva, non arreca danni a organi o tessuti, non impedisce il corretto svolgimento delle funzioni vitali che un corpo sano è normalmente in grado di sostenere. È la semplice anomalia morfologica di una ghiandola endocrina, niente di più, niente di meno. Il vero problema è tutto ciò che si porta dietro.

Una persona con l'epifisi sana nasce con l'anima tutta intera. Una persona con l'epifisi danneggiata, invece, nasce con l'anima strappata a metà. E come se non bastasse la metà mancante viene al mondo dentro a un'altra persona, un altro sfigato con la Sindrome di MacDougall.

Fin da bambino mi hanno insegnato che se le due parti hanno la sfortuna di incontrarsi non ne viene fuori niente di buono.

E questa è precisamente la convinzione che intendo demolire.



Giorno_7.mp4

L'inquadratura oscilla per un paio di secondi prima di mettersi a fuoco. Pende leggermente a destra, come se la telecamera fosse appoggiata a una superficie irregolare – probabilmente un cuscino. Poco dopo appare un viso pallidissimo e un corpo riverso su un letto dalle lenzuola tutte aggrovigliate.

«Negli ultimi giorni non ho registrato molti video perché sto di merda» modula una voce, tremante come il focus dell'inquadratura. Sembra provenire dal ragazzo naufragato in mezzo alle coperte, anche se è difficile dirlo, perché le sue labbra si muovono appena. È evidente che ogni parola gli costi un'enorme fatica. «Svengo a tutte le ore e mi hanno attaccato a una bombola di ossigeno, ecco perché non sono bello come al solito. Se volete vedere qualcuno di carino vi inquadro Sasuke, che sta facendo palestra e ha messo su dei muscoli niente male. Saluta il nostro pubblico, Sasuke.»

Il ragazzo dai capelli scuri è appoggiato al muro lì a fianco e ha le braccia incrociate. Solleva una mano solo per mostrare il dito medio all'obiettivo, poi la rimette dove era prima. Sul suo viso si alterna una complessa sequela di emozioni: rabbia, disprezzo, paura, preoccupazione. Stringe le labbra così forte che gli diventano bianche, tanto quanto il resto del volto.

«Non vuoi dire niente ai nostri spettatori?» chiede Naruto, ora fuori campo, con una nota implorante nella voce. Sasuke alza gli occhi al cielo e brontola parolacce, ma si siede accanto a lui e gli strappa la telecamera di mano per inquadrarsi.

«Piantatela di inviarmi caterve di messaggi incoraggianti» sibila, rancoroso. «Non risponderò. Ho una vita a cui pensare, almeno per ora. E comunque le vostre melensaggini potete infilarvele su per il...»

«Va bene, va bene, basta così!» ulula Naruto, allungandosi sopra il suo grembo per riprendersi la telecamera. Ride così forte che quasi si strozza in un attacco di tosse. La mano di Sasuke vola verso di lui, ma poi si blocca a mezz'aria, come se non sapesse bene cosa fare, e il ragazzo distoglie lo sguardo. Naruto non sembra farci caso. «Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha» declama, una volta ripreso il controllo dell'inquadratura. «Giorno 7. Noi non molliamo.»

 

 

***

 

 

La quantità di produzione letteraria e cinematografica sulla Sindrome di MacDougall è incommensurabile: film, romanzi, diari, serie TV, cortometraggi, c'è davvero di tutto. È ovvio che ogni prodotto si aggira attorno a un proprio standard di accuratezza scientifica, che a seconda dei casi oscilla tra "estremamente precisa" e "oltraggiosamente sbagliata". Solo i documentari di solito cercano di mostrare tutte le sfaccettature della Sindrome nella vita reale. Ad esempio si concentrano spesso su quanto sia difficile vivere senza una parte di anima, che in effetti è come vivere a metà, perennemente privi di qualcosa, è respirare senza mai riuscire a riempirsi davvero i polmoni. Possiamo arrancare, strisciare, in qualche modo perfino andare avanti, ma non sperimenteremo mai il lusso di un'esistenza completa.

Per forza di cose, invece, il tema degli Incontri viene affrontato quasi esclusivamente dalle opere di fantasia, che poi, a seconda del genere di appartenenza, culminano in tragedia o con un messaggio colmo di speranza. Non che l'esito reale alla fine cambi un granché: dopo un Incontro si muore. Si muore e basta. Perché ciò che tutte queste rappresentazioni hanno in comune è la totale e sconvolgente mancanza di un qualsiasi riferimento a una possibile cura.

Alcuni dicono che sia perché una cura, effettivamente, non c'è. Ma secondo me non è così.

Se non c'è, è solo perché non l'hanno ancora trovata. Ed è qui che ho tutta l'intenzione di entrare in gioco io.



Giorno_10.mp4

La qualità dell'immagine è scarsa: il frame rate cala e risorge di continuo, la figura che appare sullo schermo è tutta sgranata. I suoi occhi si disperdono in una colata informe di pixel mentre schizzano da una parte all'altra dell'inquadratura.

«Sto registrando da cellulare» la sua voce è bassa, smaniosa, qualcosa gli gorgoglia in fondo alla gola. «Sasuke è in terapia intensiva. Mi hanno lasciato qui a marcire in sala d'aspetto e io... io... non so cosa è successo, a un certo punto ha smesso di respirare, così, senza motivo, non riusciva più a respirare. Sono qui ad aspettare che mi dicano qualcosa e ho così paura di essermi sbagliato che quasi non riesco a respirare nemmeno io. E se mi fossi davvero sbagliato? Se fosse stato tutto un errore, se non avessimo nemmeno uno straccio di possibilità?» si ferma all'improvviso, sembra riappropriarsi di un singulto di lucidità mentre si lascia schiacciare da quella terribile evenienza. «Non ho mai dubitato della mia idea. Mai. Nemmeno mentre vomitavo sangue. Adesso che rischio di perderlo, però, mi chiedo se... se...» Naruto si spezza insieme alla sua voce, con un gemito che ha il rumore di vetri rotti. All'improvviso si interrompe anche la registrazione e lo schermo resta buio per qualche secondo.

Quando tornano le immagini l'inquadratura si è spostata su una stanza luminosa, tutta bianca. Anche il ragazzo disposto sul letto è tutto bianco.

«Si è svegliato» sussurra una voce fuori campo. Sta piangendo, oppure è sul punto di farlo. «Ora sta bene. Vero, Sasuke? Il nostro pubblico vuole sapere.»

Il ragazzo sul letto si toglie a fatica la mascherina dell'ossigeno dal viso. La telecamera si avvicina per carpire l'unico, breve suono che gli esce dalle labbra spaccate.

«Fottiti» esala, poi lascia la presa sull'elastico, troppo esausto per continuare, e la mascherina di plastica torna a coprirgli la bocca con uno schiocco secco.

Dietro la telecamera scoppia una risata corta e umida, che però strappa un mezzo sorriso anche a Sasuke.

«Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha. Nonostante tutto, siamo ancora qua.»

 



***

 

 

In linea teorica non è illegale cercare di incontrare l'altra metà della propria anima, ma di certo non è una pratica incoraggiata dalle autorità. Da quando la Sindrome ha fatto la sua comparsa, qualche decennio fa, tutti i paesi del mondo hanno riservato una parte dei finanziamenti statali alla creazione di infrastrutture che potessero tenere al sicuro la piccola percentuale di popolazione che ne soffre. Ve le elenco qui sotto, in ordine dalla più fastidiosa a quella più sopportabile:

– badge di riconoscimento da portare al collo ventiquattro ore su ventiquattro, con dispositivo di localizzazione che inizia a suonare come un allarme antincendio se due anime infrante si avvicinano a meno di cento metri una dall'altra. È vietato aprirlo, alterarlo, cercare di arrecargli danno o apportargli modifiche di qualsiasi tipo: esiste un ente amministrativo apposito che si occupa di monitorare continuamente il corretto funzionamento dei dispositivi a livello locale.

– corsie preferenziali delimitate da strisce gialle sui marciapiedi, nei negozi e in tutti i luoghi pubblici, dove siamo costretti a muoverci in modo da poterci individuare subito tra la folla. È stato dimostrato che il Soggetto 01 e il Soggetto 02 tendono a cercarsi nello spazio oltre che nel tempo, e gli studi sulle pochissime coppie che si sono incontrate comprovano che veniamo al mondo sempre a pochi anni e chilometri di distanza l'uno dall'altro. Viene da sé che non possiamo spostarci in città alla cieca, o rischieremmo di urtare la nostra metà e riconoscerla inavvertitamente.

– corsi di formazione gratuiti e obbligatori che fin dalla tenera età ci spiegano cosa fare, cosa assolutamente non fare, come tutelarci e come accettare di morire tragicamente se i punti precedenti non sono bastati a tenerci al sicuro.

Sì, lo so, non è un granché, ma di nuovo: i dati statistici non giocano a mio favore. Se volete godere di un supporto più concreto cercate di nascere con una malattia che riguardi più del 3% della popolazione.

A volte penso a quale sia davvero il lato peggiore di tutta questa storia, ma ad oggi non sono ancora riuscito a trovare una risposta soddisfacente. Ci sono giorni, ad esempio, in cui non sopporto l'idea di dover vivere isolato rispetto al resto del mondo. La striscia gialla che separa gli Interi dagli Spezzati misura al massimo qualche centimetro di larghezza, eppure, per quanto mi riguarda, potrebbe avere le dimensioni del Grand Canyon. La distanza che sentirei dalle persone normali sarebbe la stessa.

Altri giorni, invece, ce l'ho con gli stronzi. Prendersela con qualcuno è molto più facile se sai dargli una faccia che puoi immaginare di prendere a pugni. Basta dare un'occhiata alle fermate dell'autobus dipinte di giallo pensate per quelli come noi: i seggiolini in plastica sotto le pensiline saranno quasi sicuramente stati decorati dai ragazzini del quartiere. Storpiati, Sfregiati, Mostri, Anormali, di norma c'è l'imbarazzo della scelta. Ancora peggio però sono quelli che continuano a fissarmi, ovunque vada e qualsiasi cosa stia facendo. Non ho ben capito cosa ci sia di tanto affascinante in me, ma forse ad attrarli è il pensiero di avere sotto gli occhi una bomba a mano. A volte il puzzo di morte me lo sento addosso perfino io.

Perché, non lo nego, la maggior parte dei giorni il lato peggiore è che dovrò morire.



Giorno_12.mp4

La telecamera stavolta inquadra il retro di una testa mora. In basso si intravede la parte superiore di uno schienale. È evidente che chiunque stia girando il video con l'altra mano cerchi di spingere i manici della sedia a rotelle dove è seduto il ragazzo dai capelli scuri.

«Posso farcela da solo» mugugna una voce. «A dirla tutta, credo che da solo farei anche prima.»

Un'altra voce, diversa dalla prima, borbotta qualcosa fra i denti. Il ragazzo però acconsente ad abbassare la telecamera e si concentra unicamente sulla sedia a rotelle, che ora avanza più spedita. L'inquadratura dondola avanti e indietro, catturando frammenti di ruote impolverate e corridoi tirati a lucido.

«Che c'è, oggi non dici niente?» insiste dopo un po' la prima voce, in tono evidentemente provocatorio. Altri brontolii in sottofondo, inintellegibili. Con un movimento brusco che gli strappa qualche gemito di dolore il ragazzo in sedia a rotelle si volta e afferra la telecamera. Se la punta addosso, inquadrandosi in primo piano, e sullo sfondo appare anche il ragazzo biondo. Ha la faccia tutta grigia e le labbra masticate a sangue.

«Stamattina ho avuto un'altra crisi» dice Sasuke senza troppi preamboli. «I dottori hanno detto che stavo per morire, e questo coglione qui dietro se l'è quasi fatta addosso.»

Naruto gli sottrae la telecamera dalle mani e la getta con malgarbo sul comodino della stanza d'ospedale in cui sono finalmente entrati. Ora lo schermo è quasi tutto nero, ma l'audio è ancora attivo.

«Ho avuto paura, testa di cazzo che non sei altro» sibila la voce di Naruto. «Mi hai fatto una paura del diavolo.»

Sasuke si esibisce in una risata che assomiglia più a un latrato.

«Ci tieni così tanto al tuo ridicolo esperimento?» domanda in tono di scherno. Il cigolio delle molle indica che si è appena seduto sul materasso.

Un sospiro, poi un altro cigolio.

«Stupido» mormora Naruto, seduto accanto a lui. «Tengo molto di più a te.»

Sasuke per qualche momento non risponde; pare aver perso tutte le parole. Poi recupera la telecamera, quasi con rabbia, e quando si inquadra i suoi occhi rifulgono.

«Sasuke Uchiha e Naruto Uzumaki, giorno 12» scandisce, risoluto. «Sai, così suona decisamente meglio.»

 

 

***



Quello che i dottori si rifiutano di dire riguardo alla Sindrome di MacDougall è che nemmeno loro hanno capito poi tanto bene come funziona. Da una parte li capisco; ci sono così pochi casi ed è così difficile da analizzare che di sicuro dire "state alla larga dalla vostra metà" era la scelta più ovvia e più facile. In fondo non è che si possa fare una colonscopia a un'anima per scoprire cos'ha che non va.

Il problema è che non si muore solo avvicinandosi all'altra metà della tua anima. Un'anima lacerata non può sopravvivere a lungo, perché lo strappo sta sempre lì, non si ricuce mai, sanguina finché il suo povero corpo non cede definitivamente, un po' per volta o tutto insieme. L'aspettativa di vita si aggira intorno ai quarant'anni.

A quanto sembra però le cose peggiorano se incontri la tua metà: appena le due parti di anima infranta si riconoscono cominciano ad agitarsi, come se smaniassero per la voglia di riunirsi, e accelerano il processo di consunzione del corpo. Di quanto? Dipende dal tempo che si passa a contatto con l'altra persona.

È qui che inizia il mio geniale piano per curare la Sindrome di MacDougall. Fino ad ora ci siamo concentrati sullo stare lontani per evitare che le due parti cercassero di riunirsi, uccidendo i loro corpi pur di riuscirci.

Ma se fosse proprio questo il punto? Se per curare un'anima infranta non servisse altro che ricongiungerla alla sua metà mancante?

 



Giorno_15.mp4

«Oggi andiamo dalla dottoressa!» annuncia Naruto direttamente in camera. L'inquadratura è talmente vicina da riuscire a riprendere solo la sua faccia.

«E cosa ci sarebbe di tanto entusiasmante?» sbuffa Sasuke da qualche parte accanto a lui. La telecamera si sposta per catturare un'istantanea della sua smorfia seccata.

«Potrebbe aiutarci con il nostro esperimento» replica subito Naruto. Mentre riporta l'obbiettivo su di sé, ne approfitta per una veloce panoramica dell'ambiente circostante.

«Ci ha già detto che siamo due idioti a tentare una cosa simile e che se avessimo un briciolo di cervello ce ne andremmo ai capi opposti del polo» gli fa notare Sasuke, ma i suoi tentativi di demolire l'ardore di Naruto sono privi della solita tenacia. Appare fiacco, spento.

«Però ha anche accettato di riceverci. Cerca di pensare positivo!» insiste Naruto. Uno scalpiccio di piedi accompagna la sua breve corsa per raggiungere Sasuke. Tenta di inquadrare tutti e due e schiaccia la guancia contro la sua per guadagnare spazio. «Naruto Uzumaki e Sa...»

«Non starmi così appiccicato, cretino» brontola Sasuke, ma accetta di guardare in camera per salutare il pubblico e non si allontana dall'obiettivo. Il sorriso di Naruto, se possibile, si allarga ancora di più.

La scena si chiude e poi riparte; appare un nuovo personaggio, una donna sulla mezza età, bionda e con gli occhi furenti. È girata di profilo rispetto all'obiettivo e non è dato sapere se sia o meno a conoscenza di essere ripresa.

«Non vi voglio come pazienti» asserisce, puntando Sasuke con una penna a sfera. «E anche se vi volessi non vi accetterei lo stesso. Siete una minaccia. Una sciagura.»

«La prego, signora» tuba Naruto, prendendo possesso della sedia accanto a quella di Sasuke, davanti alla scrivania in mogano dove troneggia la donna. «Lei è un'autorità nel campo medico per quanto riguarda la Sindrome di MacDougall.»

«Signorina» abbaia la donna, spostando la penna verso la sua nuova vittima. «E io seguo casi normali di MacDougall, non pazienti fuori di testa che vanno in giro a dare la caccia alla propria morte. Siete degli incoscienti. Completamente irresponsabili. Due terroristi.»

«Ma è stato un incidente!» protesta Naruto. È evidente che stia mentendo spudoratamente, ma la dottoressa non sembra farci caso.

«Ormai è troppo tardi. Al telefono mi avete detto che l'Incontro è avvenuto due settimane fa. E invece di seguire le norme di sicurezza, siete andati a vivere insieme. Mi sorprende che non siate già morti!»

«Lei non mi conosce» sbotta Sasuke, parlando per la prima volta. «Ma le assicuro che, a differenza di questo qui, non sono un completo idiota. Se ho accettato di seguirlo nel suo folle piano è perché in fondo non è così folle. Lo ha detto anche lei, dovremmo essere già morti. E invece siamo qui, nel suo studio, a chiederle di aiutarci. Non so come, non so perché, ma qualcosa sta funzionando.»

La dottoressa scartabella documenti e referti medici, alla ricerca, probabilmente, solo di una scusa per non fronteggiare quello sguardo.

«Ti hanno ricoverato due volte nel giro di pochi giorni. I vostri parametri vitali sono una barzelletta» legge, sistemandosi un paio di occhiali da vista sul naso. «Tu, ragazzino» aggiunge, rivolgendosi a Naruto. «Per avere questa frequenza cardiaca dovresti essere un cavallo. O sottoterra. Siete vivi, è vero, ma è solo fortuna sfacciata.»

«La chiami come vuole, ma non è curiosa di sapere dove ci porterà questa fortuna? Potremmo morire domani, o potremmo scoprire il modo di guarire un'anima infranta. Vuole davvero lasciarsi sfuggire questa occasione?» la provoca Sasuke, sprezzante. Naruto è ancora nell'inquadratura, le labbra semiaperte, l'espressione scioccata – probabilmente sorpreso dalla risolutezza con cui il suo compagno sta portando avanti la loro battaglia. Non riesce a guardare nient'altro che non sia Sasuke.

«Cosa volete esattamente da me?» domanda allora la dottoressa. Si sforza di mostrarsi esasperata, ma qualcosa nei suoi occhi è cambiato. È apparso uno scintillio di interesse. Il suo sguardo torna a posarsi sulle cartelle cliniche dei ragazzi, addirittura scribacchia un appunto ai margini, subito dopo lascia cadere la penna, come turbata da quel piccolo gesto che non può più nascondere la decisione già presa.

«Niente di trascendentale. Assistenza medica. Monitoraggio costante. Check-up giornalieri per tenere sotto controllo i sintomi più gravi» elenca in fretta Sasuke, alzando le dita mano a mano che avanza le sue richieste. Sa di avere già vinto. «Noi siamo i primi a tentare una cosa simile, lo sappiamo. Ma l'alternativa è tra morire lentamente e morire molto più in fretta. Cosa abbiamo da perdere?»

La dottoressa apre la bocca per ribattere, poi la richiude. Sembra effettivamente pensarci su. Per un momento lunghissimo nessuno dice niente.

«Firmerete un bel po' di scartoffie» brontola poi. «Oh, sì, vi aspetta un bel mucchio di moduli da compilare. Vi assumerete voi le responsabilità di questa pazzia. E dichiarerete anche che io ho proposto di seguire le normative vigenti e vi siete rifiutati di farlo. Che io sia dannata se finisco in galera per colpa di due ragazzini con tendenze suicide.»

«Vuol dire che ci aiuterà, signora?» riprende la parola Naruto, con un gran sorriso. Senza farsi vedere cerca di indirizzare un pollice in su verso l'obiettivo della telecamera.

«Da ora sono il tuo medico, e come tale mi chiamerai dottoressa Tsunade» bercia la donna, sul viso uno sguardo di quelli che uccidono. Si alza e li fissa entrambi un'ultima volta, con le braccia incrociate e un cipiglio torvo. Assomiglia molto a Sasuke in questo momento. «Fuori di qui, ora. Lasciate i vostri dati alla mia segretaria e fino a domani non azzardatevi a farvi sentire.»

Naruto ringrazia più volte e si ferma accanto a uno scaffale per recuperare la telecamera alla chetichella. Sasuke esce senza salutare.

L'inquadratura riprende il fondo di una borsa di tela. L'audio è disturbato, ma comunque udibile.

«Sai, se non fosse stata mia l'idea originaria, con quel discorso avresti convinto anche me» sussurra Naruto. In risposta, un grugnito inintellegibile. Il lieve rumore di passi in sottofondo si interrompe di colpo. «Sono così felice che avrei quasi voglia di baciarti. È tanto strano?»

Un piccolo silenzio.

«Io invece avrei voglia di tirarti un cazzotto in bocca» sospira alla fine Sasuke. «Senza il quasi.»

Naruto ride e riprende la telecamera.

«Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha, oggi con la partecipazione straordinaria della dottoressa Tsunade» dichiara. «Un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per le anime infrante.»

 

 

***



Quella sera era estate inoltrata e io indossavo scarpe di tela. La suola di gomma era sottilissima e si piegava come carta velina a contatto con le sbarre dei binari. Dopo pochi minuti sopra le rotaie già mi facevano male le piante dei piedi, ma non mi spostai. Il dolore pungente del metallo che sembrava quasi penetrarmi nella carne non faceva altro che sobillare la scarica di adrenalina che mi attraversava il corpo.

Sentii il treno arrivare ancora prima di vederlo, uno sferragliare ritmico e costante che in un altro momento mi sarebbe apparso perfino rilassante nella sua monotonia; quella sera, però, mi mandò il sangue al cervello. Mi tremavano le gambe e le mani erano così sudate che fui costretto ad asciugarmele sui jeans almeno un paio di volte. Per non sentire più quel rumore assordante alzai al massimo il volume dell'iPod e mi conficcai gli auricolari in profondità nelle orecchie. Quando apparvero le prime luci chiusi gli occhi e alzai le braccia perpendicolari al corpo. Era tutto pronto.

Non so quanto di preciso mancasse all'impatto quando una mano artigliò il cappuccio della mia felpa e mi trascinò lontano dalle rotaie, ma l'onda d'urto che si generò non appena il treno ci passò accanto catapultò entrambi in avanti, facendoci rotolare giù per un leggero pendio erboso fin sull'asfalto sottostante. La superficie su cui mi trovavo disteso era stranamente morbida; questo perché, come avrei scoperto poco dopo, ero atterrato sopra un corpo umano.

Mi bruciavano le mani e le ginocchia là dove l'impatto aveva aperto ferite superficiali sulla mia pelle. Gli auricolari si erano staccati dall'iPod, che mi era caduto dalle tasche e ora suonava una canzone rock dal cespuglio lì accanto.

«Che idiota» stava dicendo qualcuno. «Che grande, enorme, gigantesco, stupido idiota.»

Fu allora che mi ricordai di aprire gli occhi. Sotto di me, con le braccia aperte e il viso rivolto al cielo, c'era un ragazzo. Respirava normalmente, come se non fosse successo nulla, e aveva un graffio sul viso che sembrava recente. Probabilmente se lo era procurato nella caduta.

Non appena abbassò lo sguardo e incrociò il mio, seppi che era la fine di tutto, oppure l'inizio di qualcosa, che forse sarei morto, ma Dio, di sicuro sarei morto contento.

Chissà cosa pensò Sasuke, invece, quando mi vide aggrappato al suo petto come se ne andasse della mia stessa vita, ancora tremante per lo shock. Chissà se vide nel mio viso tutto quello che trovai io nel suo: il senso e la ragione della mia intera esistenza.

«Mi chiamo Naruto Uzumaki» boccheggiai, perché non mi veniva in mente niente di intelligente da dire.

«Sasuke Uchiha» sospirò lui. Non accennò nemmeno ad alzarsi, ma rimase lì, steso sotto di me, a contemplare il cielo. Sentivo il battito tranquillo e regolare del suo cuore a pochi centimetri di distanza dal mio, che invece sembrava impazzito. «Siamo fottuti, Naruto Uzumaki. Lo sai, vero? Siamo completamente fottuti.»

Annuii senza rispondere. Cominciavo a prendere coscienza del capannello di curiosi che si stava pian piano avvicinando, attirati forse dal baccano infernale che proveniva dai nostri localizzatori GPS. Curiosamente, fino a quel momento non ci avevo nemmeno fatto caso, ma quando me ne accorsi iniziai presto a trovarlo insopportabile. Sasuke si strappò il suo dal collo e lo lanciò lontano. Ne seguii la traiettoria con gli occhi fino a che non scomparve nel buio. Lo scampanellio assordante si smorzò di colpo, riducendosi a un flebile tintinnio.

«Credo che ormai quello non mi serva più» rispose sgarbato al mio sguardo ottuso. «Ora pensi di riuscire ad alzarti? Comincio a non sentirmi più le gambe.»

In qualche modo mi tirai su in piedi e gli porsi la mano per aiutarlo a fare lo stesso. Ebbi la netta sensazione che le sue dita si incidessero in profondità sulla mia pelle, e quello strano legame non si spezzò nemmeno quando lasciai la presa di scatto, travolto dalle mie stesse emozioni.

«Stai bene?» domandai sottovoce. Lui si prese il tempo di spazzolarsi via la polvere dai vestiti ed esaminare lo strappo apertosi sui suoi jeans prima di voltarsi e rispondere.

«No» disse. «Non sto bene. Non staremo bene mai più.»






Giorno_17.mp4

«Oggi rispondiamo alle domande che ci avete inviato nei messaggi privati!» esclama Naruto, allegro, rivolto alla telecamera. Stavolta l'inquadratura è stabile, probabilmente si è procurato un treppiede. «Sasuke, sei pronto?»

Sasuke è steso su un fianco, faccia contro il muro, di lui si vedono solo i pantaloni della tuta e la t-shirt scolorita. La testa è sepolta sotto un cuscino.

«Non mi interessa» risponde la sua voce, lontana come se provenisse dall'Oltretomba.

«Deve interessarti per forza, invece, perché la maggior parte delle domande sono per te.» Naruto lo afferra per una spalla e lo costringe a voltarsi, riportando alla luce il suo viso. Gli occhi scuri sono iniettati di sangue, sembra esausto, ma in qualche modo trova le energie per mormorare una lunga sequela di insulti. Naruto decide saggiamente di ignorarlo.

«Allora, cominciamo: Alida ci chiede se seguiamo una dieta bilanciata, perché siamo magri da fare schifo.»

Lo sguardo rancoroso di Sasuke si sposta da Naruto alla telecamera. «Beh, Alida, fatti i cazzi tuoi» risponde, truce. «Provaci tu a mantenere il peso forma vomitando quattro volte al giorno.»

Naruto gli schiaccia di nuovo il cuscino sul viso, riducendo le sue ultime parole a mugugni soffocati. «Prossima domanda!» bercia, scorrendo velocemente la casella di posta sul telefono. «Blackscream29 scrive: mia sorella è morta di MacDougall tre anni fa, senza nemmeno aver conosciuto la sua metà. Resistete, ragazzi.»

«Questa non è una domanda» precisa Sasuke da sotto il cuscino. «E comunque, se la metà di tua sorella era fastidiosa almeno quanto la mia, è stata una fortuna che sia morta prima di incontrarla.»

«Stronzo» sibila Naruto, liberandolo dal cuscino per mostrargli tutto il suo sdegno. Ma Sasuke ne approfitta per bloccargli le braccia sotto al proprio corpo e rubargli il cellulare per spiare i messaggi.

«Quante ne mancano? Mi sono già rotto le palle» indaga, annoiato.

«Se rispondi in modo decente alla prossima ti lascio andare a dormire» contratta Naruto, ancora intrappolato sotto di lui.

«BLover chiede» inizia Sasuke. «Vi siete mai...» poi si interrompe, evidentemente confuso. Naruto si libera con un colpo di reni per poggiargli il viso sulla spalla e leggere insieme a lui.

«Vi siete mai cosa?» domanda, curioso. Sasuke scrolla la testa e si dimena per sciogliersi dall'intreccio di braccia e gambe in cui si sono incastrati, poi gli restituisce il telefono.

«Vi siete mai baciati?» finisce di leggere il ragazzo. Per un attimo sembra genuinamente sorpreso, poi gli spunta un sorriso enorme. «Non ancora. Prima deve come minimo offrirmi una cena.»

Sasuke scompare dell'inquadratura e riappare pochi secondi dopo, mentre traffica con i pulsanti sul retro della telecamera.

«Sasuke Uchiha e Naruto Uzumaki» sbotta. «Siamo ancora vivi, ma riuscite ogni giorno a farmelo rimpiangere.»

Lo schermo diventa nero.

 

 

***



Il mio geniale piano per innescare l'Incontro, e di conseguenza testare quella che pensavo essere la cura per la Sindrome di MacDougall, si basava su pochi, seppur fondamentali, punti cardine. Chi non è uno Spezzato magari potrebbe considerarle variabili impazzite, ma per quelli come me non sono altro che trascurabili dettagli.

Per prima cosa la mia metà doveva essere davvero chi pensavo che fosse. Il suo profilo mi era capitato per caso sulla home di Instagram, e mi era bastato dare una rapida occhiata alle sue foto per capire che avevo fatto centro. Non avevo mai sentito di due Spezzati che riuscivano a riconoscersi senza incontrarsi nella vita reale, era un'evenienza di cui non parlavano nemmeno ai corsi di formazione. Eppure i suoi occhi non mi lasciarono alcun dubbio: potevo specchiarmici dentro e trovare il negativo di me stesso. Riuscivano a contenere tutto il mio mondo in appena una manciata di pixel.

Secondariamente, dovevo fare in modo di programmare l'Incontro per una data e un luogo precisi. Questa è stata la parte più semplice, visto che dal suo profilo Facebook avevo scoperto che il sabato sera lavorava come cameriere alla tavola calda vicino alla stazione.

Il terzo punto era il più importante, e so già che chi non soffre di MacDougall non potrà mai capire come facevo a essere tanto sicuro che tutto sarebbe andato come previsto. In teoria, non conoscendo Sasuke, non potevo sapere come avrebbe reagito vedendomi piantato in mezzo a quei binari. In pratica, però, lui è parte di me, e io di lui, fin dalla nascita. Condividiamo la stessa anima.

E le due parti di una stessa anima riescono a percepire quando l'altra è in pericolo di vita. Uno Spezzato con un briciolo di intelligenza ovviamente fuggirebbe nella direzione opposta per evitare di innescare un Incontro.

Per mia fortuna Sasuke Uchiha è un idiota e corse a salvarmi la vita.

 

 

Giorno_20.mp4

La telecamera riprende una stanza quasi buia, illuminata appena dagli ultimi raggi di sole che filtrano tra le tende azzurre tirate davanti alla finestra. Accanto a essa un ragazzo è seduto tutto scomposto su una poltroncina malconcia. Dal braccio sinistro spunta l'ago di una flebo, e una pesante coperta di lana gli nasconde le gambe.

«Sto bene» annuncia stoicamente. «Questa qui è solo per precauzione» sventola il braccio e il tubicino che sporge dalla piega del gomito segue il suo movimento ondulatorio. Nell'inquadratura appare subito un ragazzo che gli prende il polso e lo tiene fermo sul bracciolo.

«Piantala di agitarti» lo redarguisce. «O giuro che ti lego mani e piedi a questa dannata poltrona.»

«Non dirmi che sei preoccupato per me» lo prende in giro lui. Scarta un leccalecca e se lo mette in bocca, la pallina di zucchero rispunta subito tra le sue labbra quando si aprono in un sorriso.

«Me ne frego di te» ribatte Sasuke, perché tanto sa che Naruto non ci crederebbe mai. Lo conosce meglio di quanto conosce se stesso. «Fammi spazio. Se devo controllarti a vista per costringerti a fare quella dannata flebo, almeno voglio stare comodo.»

Naruto accetta di buon grado e si piega verso il bracciolo per permettergli di sedersi. Sono pigiati uno contro l'altro, ma le loro gambe trovano da sole il modo di incastrarsi per approfittare di tutto il poco spazio disponibile.

«Stavo giusto per spiegare ai nostri spettatori la terapia che Tsunade ci ha...»

«'Fanculo te, Tsunade e la terapia» lo interrompe Sasuke. «Voglio parlare di quel cazzo di treno.»

Naruto corruga la fronte, evidentemente confuso. Si toglie il leccalecca dalla bocca e fa roteare il bastoncino di plastica tra le dita. «Ma ci abbiamo fatto già due video.»

«Non voglio farci un video, idiota. Devo chiederti una cosa.»

Naruto lancia un'occhiata alla telecamera, poi sospira e scrolla le spalle. «D'accordo» cede. Si sistema meglio sulla poltrona per voltarsi verso di lui e guardarlo dritto negli occhi. «Che mi devi chiedere?»

Sasuke dondola la gamba che non è riuscito a incastrare tra i cuscini e incrocia le braccia al petto. «Tra tutti i modi che potevi inventarti per incontrarmi» comincia, senza nascondere il tono di accusa. «Come cazzo ti è venuto in mente di piazzarti davanti a un treno in corsa?»

«Te l'ho già detto, non c'era nessun pericolo. Sapevo già che mi avresti salvato. Dovevo solo provarlo» risponde Naruto. Da come rotea gli occhi sembra che glielo abbia spiegato almeno un milione di volte.

Sasuke emette un verso frustrato. «Se già lo sapevi, mi spieghi che bisogno c'era di provarlo?»

«Come fai a non arrivarci? La prova era per te, scemo» ribatte Naruto, puntandogli contro il leccalecca. «Dovevi capire che per me avresti fatto qualsiasi cosa. Che vivere lontano da me sarebbe stato mille volte peggio che morirmi accanto. Non bastava innescare l'Incontro, dovevo anche convincerti a tentare l'esperimento con me.»

Lui apre la bocca per controbattere, ma Naruto ne approfitta per infilarci il leccalecca. Sasuke quasi soffoca per la sorpresa.

«Che schifo, lo hai tenuto in bocca tu fino a un attimo fa!»

«Condividiamo cose molto peggiori della saliva» ghigna Naruto. «Quindi di che ti lamenti?»

Sasuke gli lancia un'occhiataccia, poi ci pensa su e sembra ricordarsi che in fondo hanno la stessa anima.

«Oh, al diavolo» bofonchia, e si tiene il leccalecca.

«Te lo meriti» sottolinea Naruto. «Ora per colpa tua devo ricominciare il video da capo.»

«Come se avessi altro di meglio da fare. Tanto devi stare qui per un'altra ora e mezzo» gli ricorda Sasuke. Si alza in piedi e raggiunge il treppiede dove è posata la telecamera. Sull'inquadratura compare un primo piano del suo viso assorto, dall'angolo della bocca spunta il bastoncino di plastica un po' mangiucchiato. «Come si cancella la registrazione? Anzi, lascia perdere, non me ne frega niente. Ne faccio partire una nuova e basta.»

«Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha!» strilla Naruto dalla poltrona. Sasuke gli ingiunge di abbassare la voce, se non vuole beccarsi un calcio nel didietro, poi lo schermo diventa nero.

 

 

***



Quando cercai di spiegare a Sasuke il mio piano geniale non ottenni la reazione che speravo. A dirla tutta non sembrava nemmeno interessato ad ascoltarmi, però forse era colpa del sangue che continuava a colargli dal naso da almeno dieci minuti.

«È lo shock post-Incontro» tentai di consolarlo, mentre la mia cucina si riempiva velocemente di fazzoletti sporchi. «Passerà presto, vedrai.»

«Grazie tante, effettivamente non so ancora come funziona questa cazzo di malattia, visto che ce l'ho solo da quando sono nato» ribatté lui. Devo dire che il sarcasmo gli riusciva benissimo, nonostante il colletto della camicia completamente inzuppato di sangue.

«Sì, beh» mormorai. Le mie doti oratorie non ebbero molta occasione di rifulgere, lo ammetto. «Allora, che ne pensi della mia idea?»

«Penso che già avevo qualche sospetto sulla tua totale stupidita, dato che ti ho visto aspettare il treno sulle rotaie. Ora però ne ho finalmente la conferma.»

La conversazione non stava andando nella direzione che avevo sperato, ma non per questo potevo arrendermi.

«Quindi non vuoi nemmeno provarci?»

«Quindi avrei dovuto lasciarti su quelle rotaie del cazzo.»

«E perché non lo hai fatto?»

«Perché» cominciò, ma non disse altro. Abbassò le spalle, sconfitto, e continuò a tamponarsi il naso.

«Sapevi che saresti morto, ma mi hai salvato. Perché morire ti sembrava un'alternativa migliore di perdermi. Perché noi non ci conosciamo, ma già non possiamo vivere uno senza l'altro» risposi al posto suo, intuendo quello che non voleva dirmi senza che aprisse bocca, perché era quello che sentivo anche io. «La procedura consiglia di allontanarsi immediatamente a seguito di un Incontro accidentale, per cercare di contenere i danni. Quando ti ho chiesto di venire a casa mia però hai accettato subito. Avresti potuto rifiutare. Avresti potuto andartene appena ti ho spiegato la mia idea. Però non lo hai fatto.»

La mano di Sasuke gli ricadde pesantemente lungo il fianco e il fazzoletto pieno di macchie rossastre gli scivolò via dalle dita. Il flusso di sangue si era arrestato.

«Non ci riesco» disse. «Non posso e basta. Non so nemmeno io il perché, ma sento di dover restare con te.»

Fu a quel punto che seppi di aver vinto. Senza pensare a quello che facevo gli presi le mani e le strinsi forte.

«Io e te ce la faremo» promisi. «Alcuni legami sono più forti degli altri. Il nostro resisterà, ne sono convinto.»

Lui si sottrasse dalla mia presa e mi spinse via, spedendomi a gambe all'aria sul divano. Mi rivolse alcune parole poco gentili, ma non mi importava: in quel momento ne ebbi la assoluta certezza.

Non era finito proprio niente, era solo l'inizio di tutto.

 

 

Giorno_23.mp4

La telecamera è puntata su un ragazzo girato di tre quarti; ha i capelli biondi, un cellulare incastrato tra la spalla e l'orecchio e un taccuino in mano. L'inquadratura retrocede, un passo dopo l'altro, poi si sente un tonfo e l'obiettivo finisce per registrare una panoramica del soffitto. Ci sono un paio di ragnatele e una macchia d'umidità seminascosta tra le travi di legno. Suoni ovattati del cameraman che cerca inutilmente di rimettersi in piedi dopo essere inciampato sul divano e poi il ragazzo biondo torna sullo schermo.

«Stiamo osservando il comportamento tipico di un imbecille ripreso nel suo habitat naturale» mormora una voce vicinissima al microfono. «I segni distintivi sono la totale incapacità di indossare una camicia senza sembrare un idiota e l'inconfondibile espressione ottusa di quando non capisce qualcosa. Cioè quasi sempre.»

Naruto si gira verso di lui e nota subito la telecamera, però non dà segni di aver sentito ciò che ha detto.

«Ma ti pare il momento di girare un video?» lo riprende, nervoso. Lo afferra per la mano che non sta reggendo la Nikon e lo aiuta a rimettersi in piedi. «Torna a letto, scemo.»

«Giammai. Sto registrando un documentario sui parenti più stretti dei primati» si ribella Sasuke, puntandogli l'obiettivo a pochi centimetri dal viso. «Sorridi.»

Naruto alza un braccio e pochi secondi dopo l'inquadratura si capovolge. Ora in primo piano appare Sasuke, la pelle lucida di sudore, gli occhi velati. «Ecco a voi Sasuke Uchiha in preda ai deliri febbrili» annuncia senza allegria. «Sto chiamando Tsunade da almeno mezz'ora, ma non riesco a prendere la linea.»

Le gambe di Sasuke scelgono proprio quel momento per cedere e il suo volto scompare all'improvviso. Pochi istanti dopo la telecamera rotola sotto il divano; Naruto l'ha lasciata cadere. Ora sullo schermo predominano i batuffoli di polvere e il bordo sudicio del tappeto.

«Te l'avevo detto di restare a letto, Cristo Santo» impreca sottovoce, una nota di isteria che lega una parola all'altra. «Dai, ti aiuto a tornare di là.»

«Solo se vieni anche tu.»

Sullo sfondo le ginocchia di Naruto, che si è accasciato a terra per sostenere Sasuke, si muovono debolmente.

«Certo che vengo anche io. Dove vuoi che vada?»

«Per sempre, dico.»

Naruto sospira.

«Nel bene o nel male, è questo quello che ci aspetta» borbotta. Si rialza, portandolo con sé, poi recupera la telecamera. Non dice nulla mentre termina la registrazione. L'ultima immagine ad apparire sullo schermo è il corpo esanime di Sasuke abbandonato contro il suo.

 

 

***



Le luci sono accecanti e mi costringono a tenere le palpebre socchiuse finché non riesco ad abituarmi a quella luminosità abbagliante. Siamo circondati da una schiera di telecamere, i loro occhietti rossi mi fissano come se volessero divorarmi. All'improvviso sento una fitta di nostalgia lancinante per la mia vecchia Nikon.

La presentatrice è giovane e carina, è perfino venuta a trovarmi in camerino prima di entrare in studio. La crew ha insistito per truccarmi e ora mi sento la faccia unta e pesante; trattengo a malapena l'impulso di grattare via tutto.

La trasmissione inizia e la presentatrice racconta al pubblico chi sono e perché sono qui, ma non riesco proprio ad ascoltare.

Tutto ciò a cui penso è che vorrei avere Sasuke accanto a me.

 

 

Incontro_#spezzati_#macdougall.mp4

Il video è amatoriale e la risoluzione così bassa che sul maxi schermo appaiono due bande nere ai lati delle immagini. La sorgente è probabilmente un qualche telefono di vecchia generazione.

«Che sta succedendo?» indaga una voce fuori campo. Deve quasi urlare per sovrastare il rumore metallico, distorto dalla bassa qualità del microfono, che fischia ininterrottamente dall'inizio della registrazione.

«Due Storpiati» risponde qualcuno. Un ragazzino. La donna di prima trattiene il fiato, indignata dal dispregiativo. «Due Spezzati» si corregge, annoiato. «Si sono... sembra che ci sia stato un Incontro.»

Il regista si fa avanti tra la folla per avere una visuale migliore. Inquadra spalle, borse, mani strette, un'infinità di piedi, e alla fine non c'è più nessuno a oscurare l'obbiettivo. Il chiacchiericcio di sottofondo non si interrompe mai. I due ragazzi stesi a terra non sembrano farci caso.

Nessuno dei due sembra fare caso a nulla, a dire il vero, al di fuori degli occhi dell'altro.




***



Il video si interrompe; so per certo che non è durato più di quaranta secondi, ma sono bastati a strizzarmi lo stomaco in una morsa feroce. Rivedere il nostro Incontro dal punto di vista di uno sconosciuto mi fa sempre un certo effetto.

La presentatrice si volta verso di me con un sorriso raggiante che vacilla non appena intravede la mia espressione. Di certo non si aspettava di incontrare lo sguardo di un uomo distrutto.

«Mi scusi» provo a recuperare, impacciato, curvo le labbra all'insù per cercare di mitigare il terrore che ho negli occhi. A giudicare dal volto della donna di fronte a me, non credo di avere molto successo. «È che... è sempre difficile rivedere queste immagini.»

«Lo capisco» mi incoraggia lei. «Prenditi tutto il tempo che ti serve, Naruto.»

No, non capisce e non capirà mai, ma va bene cosi. Forse è la sua più grande fortuna.

Torno a fissare lo schermo, dove il video è finito ma rimane in sovraimpressione un fermo immagine della scena. Io e Sasuke riversi a terra, ansimanti, che non riusciamo nemmeno ad alzarci in piedi dalla fame che abbiamo di guardarci. C’era tanta elettricità nei nostri occhi che non mi sono mai stupito di come tutti avessero capito subito che si trattava di un Incontro.

«Sono immagini forti, certo» continua la presentatrice «ma proprio per questo sono riuscite a catturare l'attenzione di migliaia di persone. Questo video è stato caricato su Youtube da un ragazzo che era lì quella sera e ad oggi conta più di dieci milioni di visualizzazioni. Vi aspettavate un simile riscontro di interesse?»

«No, assolutamente» rispondo, felice di cambiare argomento. «Già la mattina dopo erano arrivati centinaia di commenti – non tutti gentilissimi, certo, ma il solo fatto che così tante persone avessero qualcosa da dire sulla MacDougall mi ha fatto venire l'idea di aprire un canale per documentare il nostro percorso.»

La presentatrice ne approfitta per lanciarsi in una selva di domande di routine, a cui mi sembra di aver risposto migliaia di volte tra video e post su Facebook. Però mi permette di rilassarmi, e improvvisamente mi sento molto più a mio agio. Rido, tiro addirittura fuori qualche battuta mentre racconto i miei primi, impacciati tentativi con la telecamera.

Nel frattempo sullo schermo davanti a noi vengono mandati, in ordine sparso, alcuni dei video caricati sul mio canale Youtube. Cerco di non lasciarmi distrarre, però il richiamo di Sasuke è fortissimo, anche se proviene da poche immagini mute in movimento, e a volte mi blocco a metà di una frase solo per girarmi a guardarlo meglio. La presentatrice se ne accorge, ma non dice niente. Aspetta che finisca di parlare, paziente, negli occhi le si legge una dolcezza infinita.

«Fino a un anno fa la Sindrome di MacDougall era solo carne da macello per film e romanzi melodrammatici» dice poi. «Oggi invece è al centro dell'attenzione dell'intera comunità medica. Era questo il vostro obiettivo?»

«Beh, ad essere sinceri, il nostro obiettivo principale era quello di restare vivi» ammetto, un po' imbarazzato. Il pubblico in sala ride, e anche le mie labbra si muovono sotto la maschera di cerone che mi ricopre la faccia. «Però sì, volevamo dimostrare che ci poteva essere un'alternativa alle regole che erano state fissate fin dall'inizio per gli Spezzati. Non solo per noi due, ma per tutti quanti.»

«Avete ricevuto anche molte critiche, però» osserva la donna. Le nostre immagini spariscono dallo schermo, sostitute da commenti al vetriolo pescati a caso sotto i miei video. I nickname degli autori sono stati censurati. «Molti vi accusano di aver fatto passare un messaggio sbagliato, di aver incitato altri Spezzati a correre un rischio simile senza avere alcuna prova che la vostra idea avrebbe funzionato.»

«Abbiamo specificato fin da subito che era un esperimento. Mi sono chiesto, in effetti, se non sarebbe stato meglio pubblicare i video solo dopo aver visto come sarebbe andata a finire... ma in questo modo non avrei raggiunto il mio scopo» rispondo, e non trattengo un singulto di impazienza. Quante volte mi sono dovuto discolpare da queste accuse? Ormai ho perso il conto. «Volevo costruire un rapporto con il nostro pubblico, mostrare i successi, e anche i fallimenti, giorno dopo giorno. E poi, se fossimo davvero morti tutti e due, chi sarebbe rimasto a mostrare la nostra storia al mondo? Speravo che anche in questo caso saremmo riusciti a cambiare qualcosa. A ricordare a tutti che esistiamo anche noi. Magari avremmo spinto qualcuno a cercare finalmente una cura, chi lo sa.»

«Beh, qualcosa lo avete cambiato di certo» sorride la presentatrice. A un suo gesto le immagini sullo schermo cambiano di nuovo: scorrono carrellate di panoramiche dei nuovi reparti per degenti Spezzati negli ospedali di tutto il mondo.

Dal pubblico si alza una donna sulla mezza età e le viene portato un microfono da un membro dello staff.

«Mia figlia ha la MacDougall. Il giorno in cui è nata ci hanno spiegato che non l'avremmo mai vista invecchiare» racconta, con la voce rotta dall'emozione. «Ma per me la cosa peggiore è che non l'ho mai vista davvero felice. Poi sei mesi fa è entrata nel nuovo programma istituito dal nostro ospedale e ha incontrato la sua metà. Il ricovero è stato duro, certo, ma da quando ha conosciuto Rosalie non ha mai smesso di sorridere. Mai, nemmeno una volta. Si sposano in primavera» vorrebbe aggiungere qualcosa, però scoppia a piangere. Accetto i suoi ringraziamenti acquosi con un po' di imbarazzo.

«In effetti questo ci porta a una riflessione importante» considera la presentatrice, dopo aver ringraziato la donna del pubblico per il suo intervento. «Chi ha criticato il vostro progetto ha insistito molto su questo punto: anche se l'aspettativa di vita è bassa, vivere lontani dalla propria metà è comunque meglio di non vivere affatto. Cosa risponderesti a queste persone?»

«Che sicuramente la MacDougall loro non ce l'hanno. Vivere lontani dalla propria metà non è vivere» replico, alzando le spalle. «Quando ho visto Sasuke per la prima volta... non riesco nemmeno a spiegarlo» scuoto la testa, cercando le parole per esprimere l'emozione fortissima che mi ha incendiato il corpo in quel momento. «Niente è stato più lo stesso, dopo. È come se fossi rinato, però con tutti i pezzi al posto giusto. Mi sono sentito finalmente una persona completa, una persona vera, e non solo un essere umano difettoso. Noi abbiamo rischiato tutto, è vero, ma ora è un procedimento molto più sicuro. Se il riconoscimento e i mesi subito successivi sono monitorati costantemente da una equipe ospedaliera, le probabilità di sopravvivenza sono quasi del 90%.»

Di nuovo le immagini del nostro Incontro sullo schermo, stavolta senza audio. Di nuovo il cuore torna a ballarmi nel petto.

«È ancora difficile stargli lontano, vero?» domanda la donna, comprensiva.

«Da morire» mi sforzo di calmarmi, ma non posso nasconderlo: senza Sasuke mi manca metà dell'anima. «Però non sono riuscito a convincerlo a venire oggi. Non gli piacciono queste cose.»

Un sorriso furbo sul viso della presentatrice. «Non preoccuparti: ci siamo riusciti noi.»

Non capisco subito ciò che intende, perché sono troppo occupato a guardare per l'ennesima volta gli occhi di Sasuke sullo schermo, nel momento esatto in cui ha capito chi era il ragazzo sotto di lui. Poi il cuscino del divano su cui sono seduto si abbassa e una mano si infila di prepotenza nella mia.

Sasuke esibisce una smorfia di insofferenza e una giacca di pelle che detesto fin dal momento in cui l'ha comprata, però è qui. Fissa corrucciato le telecamere e quasi mi aspetto che quelle si voltino dall'altra parte, intimorite dal suo sguardo ostile.

«Che ci fai qui?» riesco solo a chiedergli.

Lui alza le spalle. «So che per te era importante» mi sussurra all'orecchio, sperando forse di eludere il microfono che gli hanno appuntato sul bavero.

Non so proprio come farò a continuare l'intervista in queste condizioni, ma l'interruzione pubblicitaria interviene provvidenzialmente a togliermi dai guai; almeno avrò qualche minuto per riprendermi dalla sorpresa. Accompagno Sasuke a fumare fuori dalla porta antincendio e approfitto dell'assenza di testimoni per appiccicarmi al suo fianco. Ora che sono con lui ricomincio finalmente a respirare.

«Non ti azzardare mai più a chiedermi un favore. Hai esaurito la tua scorta di qui fino all'eternità» brontola mentre accende la sigaretta, poi ci sediamo per terra, uno accanto all'altro.

«Beh, è solo la seconda volta che fai qualcosa di gentile per me» sospiro contro la sua spalla. «La prima è stata quando hai convinto Tsunade a prenderci in cura, ti ricordi?»

«Certo che mi ricordo» mugugna. Si sfrega ripetutamente la mano sul viso, forse le make-up artist hanno avuto la meglio anche su di lui. Non capisco se il rossore sulle sue guance sia dato dall'imbarazzo o dalla foga con cui si strofina la pelle. All'improvviso mi ricordo le prime parole che gli avevo detto una volta usciti dallo studio di Tsunade.

«In effetti, avrei voglia di baciarti anche stavolta» mormoro.

«Allora è il tuo giorno fortunato» dice, e spegne la sigaretta su una pozzanghera accanto alla mia scarpa destra. «Oggi ho voglia di baciarti anche io.»

E mi bacia, mi bacia davvero. Ci baciamo finché un'assistente non viene ad avvertirci che stiamo per tornare in onda. Quando torniamo sul divanetto deve rispondere lui alle domande della presentatrice, perché io ho perso tutte le parole.



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Naruto è seduto a gambe incrociate sul divano. Il suo viso è leggermente abbronzato, privo di quel colorito malsano che lo contraddistingueva fino a pochissimi mesi fa. La stanza in cui si trova è inondata di luce e sembra essere stata tirata a lucido di recente. È difficile riconoscere in questo salotto impeccabile il caotico set dei suoi primi video.

«Un anno» esordisce, contenendo a malapena l'emozione. «È passato esattamente un anno da quando tutto è iniziato. E, come potete vedere, niente è come prima.»

Racconta tutte le novità che lo hanno tenuto lontano da Youtube negli ultimi tempi. La MacDougall ormai è circondata da una nuova consapevolezza. Sono partite decine di campagne per sensibilizzare le masse, lui stesso è stato chiamato come ospite a diverse conferenze e il riscontro che ne è seguito lo ha colto totalmente alla sprovvista. Il mondo sta cambiando; non accadrà in una notte, e nemmeno in un mese, gli anni a seguire saranno cruciali per accompagnare la gente in questo nuovo percorso. Ma lui è fiducioso.

Arriva il momento di parlare di lui, della sua salute, di Sasuke e del loro rapporto. Mostra le ultime cartelle cliniche e i valori finalmente nella media. Ringrazia per l'ennesima volta Tsunade e il suo staff medico, spiega come ora anche lei si ritrovi al centro di un vero e proprio uragano mediatico. Li chiama tutte le settimane per ricoprirli di insulti, visto che per colpa loro il suo studio è diventato meta di pellegrinaggio per tutti gli Spezzati del paese. Però si ricorda sempre di chiedere come stanno.

«Io e Sasuke stiamo bene» annuncia, deciso. «Bene come non avremmo mai potuto immaginare, fino a pochi mesi fa. Ormai siamo...»

Ma si interrompe. Ora si sente solo il rumore di qualcuno che armeggia con la serratura della porta d'ingresso.

«Hey» sorride Naruto, ed è un sorriso che gli illumina tutta la faccia. La telecamera è puntata nella direzione opposta, ma non è difficile immaginare chi sia entrato da quella porta.

Sasuke si muove verso di lui ed entra nel raggio dell'inquadratura. Si affloscia sul divano, e il modo in cui si abbandona tra i cuscini potrebbe sembrare casuale, ma è tutto calcolato per incastrare il corpo di Naruto sotto il suo e costringerlo a stendersi insieme a lui. Naruto non sembra opporre resistenza.

«Sto girando un video!» protesta, eppure si lascia baciare di buon grado. Abbassa la mano che regge la Nikon e Sasuke ne approfitta per sottrargliela.

«Puoi farlo dopo» bofonchia contro le sue labbra. «Ho partecipato a quello stupido convegno come mi hai chiesto. Sei ore della mia preziosa vita che non mi verranno restituite mai più. Sei ore che sono rimasto lontano da te. Mi devi almeno un milione di favori.»

Lascia la presa sulla telecamera, che finisce incastrata tra due cuscini del divano. Lo schermo è diventato nero, ma i rumori che si sentono in sottofondo sembrano quelli di vestiti gettati sul pavimento.

«Davvero?» ride Naruto. «Sarà meglio che cominci a ripagare il mio debito, allora.»

Un bacio che sembra non finire mai, poi la registrazione si interrompe.





Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha, 12 agosto 2018.

Abbiamo vinto noi.











Note al testo: l'epifisi, o ghiandola pineale, è una ghiandola endocrina che il filosofo Cartesio definì la sede dell'anima (se siete interessati, ulteriori informazioni potete trovarle a questo indirizzo).

La Sindrome di MacDougall è ovviamente fittizia, ma prende il nome dal medico americano Duncan MacDougall, che cercò di misurare il peso dell'anima nel famoso esperimento dei 21 grammi.

 



Note dell'autrice: buon Natale a tutti, e in special modo ad Akiho87! <3 Spero che questo mio regalino ti possa piacere, e sopratutto che tu mi possa perdonare per la lunghezza catastrofica di tutto ciò, ma mi sono lasciata prendere un po' la mano.

È la mia prima SoulMate!AU, ma sono una fan sfegatata del genere e ho sempre voluto scriverne una. Ovviamente ho dovuto inserire qualche tragedia deliberatamente studiata perché le normali SoulMate sono un po' troppo allegre per i miei gusti. Per fortuna è Natale quindi non ho potuto uccidere nessuno, ma un giorno mi rifarò per questa terribile mancanza.

Rinnovo gli auguri di buon Natale a tutti e vi mando tanti baci al torrone <3 Se la fic vi è piaciuta (o anche no!) spero che mi lascerete un commentino (o anche una bella fetta di pandoro).

A domani con il nuovo aggiornamento di Caraphernelia!



shirangel

   
 
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