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Autore: BettyLovegood    25/12/2020    2 recensioni
[Storia scritta per il Secret Santa 2020, indetto dal gruppo Naruto FanFiction Italia. Buon Natale Sara!]
«Ti sei mai fermato ad osservare le case illuminate? Mentre le guardi pensi che dentro ci saranno sicuramente persone felici, persone che hanno voglia di festeggiare, di passare insieme una o più serate perché si vogliono bene. Lo trovo interessante. E so che probabilmente ci sono anche case ben addobbate ma con all’interno persone tristi o che addirittura si odiano, ma dall’esterno questo tu non puoi saperlo. Vedi le luci e pensi che siano felici. Mantengono un’apparenza di felicità perché vogliono comunicare agli altri che infondo desiderano essere felici in qualche modo, malgrado le difficoltà ci provano. Invece quando vedi case buie, non addobbate capisci che lì ci sono persone che invece non ci stanno proprio provando, hanno già deciso che la felicità non fa per loro, non ne hanno bisogno o non se la meritano. In quelle case non ti verrà mai voglia di entrare, non ti fermi neanche ad osservarle più di tanto. Quello che voglio dirti Sasuke è che nonostante tutto bisogna sempre addobbare la propria casa, bisogna almeno provarci.»
[Sasuke/Nauto] [Modern!AU]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Sasuke si sedette stancamente su una poltrona, lo sguardo fisso su un punto vuoto del grande salone di Villa Uchiha.
Si chiese per la terza volta cosa ci faceva lì, il 24 dicembre, in quella triste e buia casa.
In casa Uchiha il Natale non si festeggiava ormai da cinque anni, ovvero da quando era venuto a mancare Itachi.
I suoi genitori però continuavano a organizzare pranzi, per mantenere la facciata del va tutto benesiamo pur sempre i forti e potenti Uchiha.
Ma lui sapeva che niente andava bene per loro da quell’orribile giorno di fine novembre. E come biasimarli? Avevano perso un figlio, il maggiore, il genio di famiglia, il solo ed unico valido erede di suo padre.
E Sasuke era stato anche d’accordo con loro per un bel po', Itachi nonostante tutto era anche tutto il suo mondo, peccato però che era anche lui figlio delle stesse persone e ai tempi era un ragazzino di 13 anni lasciato solo ad affrontare un lutto, dimenticato dai suoi stessi genitori, troppo impegnati a disperarsi e piangere.
Era riuscito in qualche modo ad andare avanti, gettandosi a capofitto nello studio, annullando il dolore. Aveva continuato a vivere per anni apaticamente in quella casa ormai scura, priva di ogni stimolo, priva d’amore, priva di riconoscimento, priva di tutto. Tutto quello che faceva non era mai abbastanza, c’era sempre un confronto implicito tra lui e suo fratello.
 
Alla tua età Itachi era già rappresentante degli studenti.
Itachi amava la matematica, prendeva sempre il massimo dei voti.
Itachi era riuscito ad entrare in quella prestigiosa università.
Itachi… Itachi… Itachi…
 
Sasuke aveva retto il tutto fino ai sedici anni, quando la rabbia e il rancore accumulati negli anni erano esplosi improvvisamente. Aveva urlato, sputato fuori tutto quello che si era tenuto dentro e aveva abbandonato casa. Ma non aveva pianto, ed era giusto così. Le sue ultime lacrime le aveva versate al funerale di suo fratello, dopo il quale si era costruito una maschera di freddezza.
La sua vita però era completamente precipitata. Tutto quello che faceva non aveva senso, per cui smise di studiare, smise di tentare di mostrarsi forte, smise di parlare con quelle poche persone che osavano definirsi suoi amici. Smise di vivere.
Per mesi rimase chiuso in uno squallido appartamento, come unica compagnia le bottiglie d’alcool scadente che il precedente proprietario gli aveva lasciato.
Almeno fin quando una stupida testa bionda non l’aveva ripescato dal fondo e riportato in superficie.
Non importava quanto giù fosse precipitato, ne quante volte l’avesse fatto. Non importava neanche il numero di volte che aveva urlato di non voler essere aiutato. Naruto era sempre stato lì per lui, si era subito gli insulti, i pugni, le grida ed infine anche le lacrime. Si, perché – per quanto detestava ammetterlo - con lui era riuscito a piangere, gli aveva sfogato contro tutto l’odio e la tristezza che si portava dentro da anni tra le lacrime e i singhiozzi. E Naruto era stato fermo, immobile, un occhio mezzo chiuso a causa del pugno che lui gli aveva tirato e in silenzio l’aveva abbracciato. E Sasuke si era sentito un po’ meglio una volta svuotato da tutto.
Con Naruto era stato fin troppo facile far crollare la maschera, inconsciamente aveva sempre saputo che quella stupida, stupidissima testa bionda sarebbe stata la sua rovina. O meglio, la sua salvezza – ma questo non l’avrebbe mai ammesso.
Aveva raccolto tutti i pezzi uno ad uno e piano piano aveva cercato di incollarli insieme. E in qualche modo ci stava riuscendo.
Naruto non l’aveva mollato un attimo, sempre dietro di lui pronto a scattare ad ogni singolo cenno di ricaduta. E più Sasuke gli diceva che andava tutto bene, che ci sarebbe riuscito anche da solo più l’altro rafforzava la sua vicinanza. Perché la testa bionda non era solo stupida, ma anche dannatamente testarda e lui non era mai riuscito a fargli cambiare idea o a farsi lasciare solo.
Infondo era proprio per questo che l’amava – altra cosa che non avrebbe mai ammesso.
Anche perché non c’era bisogno di farlo, Naruto sapeva fin troppo bene cosa provava.
 
Sospirò leggermente, pensando a come la noia lo portava a fare pensieri strani. Spostò lo sguardo sulla figura di sua madre, che stava parlando con la domestica. Indossava un abito lungo e nero, i capelli elegantemente legati.
Si ricordò dell’ultimo vero Natale passato lì, quando la mamma indossava abiti colorati e Itachi, con il suo solito sguardo critico e calcolatore, cercava di sistemare nel miglior luogo gli addobbi natalizi.
Perché Itachi amava il Natale, Sasuke questo lo ricordava bene. Il suo fratellone silenzioso e composto durante le festività si lasciava leggermente –perché si trattava pur sempre di Itachi Uchiha- andare.
Sin da quando erano piccoli, ogni dieci dicembre, Sasuke veniva svegliato presto dal rumore delle scatole di addobbi che venivano trascinate giù dalla soffitta. Passavano i giorni ad allestire casa, come meglio credevano, poi una volta finito si dedicavano ad addobbare l’albero in salone.
Sasuke ricorda quei giorni come i più felici di tutta la sua vita. Una volta aveva perfino sentito suo fratello canticchiare una di quelle orribili canzoncine di Natale, aveva riso tantissimo.
Una volta cresciuti, entrambi presi dallo studio e dai vari impegni, avevano lasciato il compito degli addobbi ai genitori – o meglio ai domestici, ma l’albero era una cosa sacra. L’avevano sempre allestito insieme, ogni anno, fino all’ultimo Natale di Itachi, che aveva passato a casa da malato.  
Sasuke non aveva mai capito cosa ci trovava di bello Itachi nel Natale. Per lui era una festività come un’altra, in cui la gente spendeva inutilmente soldi alla ricerca di regali che poi sarebbero finiti dimenticati da qualche parte. Aveva imparato ad apprezzarlo solo perché passava del tempo con suo fratello.
Itachi aveva sorriso quando aveva espresso il suo pensiero.
 
«Hai uno pensiero troppo critico per essere solo un ragazzino di 10 anni.»
 
Poi gli aveva detto che a lui semplicemente piaceva vedere le luci di Natale.
 
«Ti sei mai fermato ad osservare le case illuminate? Mentre le guardi pensi che dentro ci saranno sicuramente persone felici, persone che hanno voglia di festeggiare, di passare insieme una o più serate perché si vogliono bene. Lo trovo interessante. E so che probabilmente ci sono anche case ben addobbate ma con all’interno persone tristi o che addirittura si odiano, ma dall’esterno questo tu non puoi saperlo. Vedi le luci e pensi che siano felici. Mantengono un’apparenza di felicità perché vogliono comunicare agli altri che infondo desiderano essere felici in qualche modo, malgrado le difficoltà ci provano. Invece quando vedi case buie, non addobbate capisci che lì ci sono persone che invece non ci stanno proprio provando, hanno già deciso che la felicità non fa per loro, non ne hanno bisogno o non se la meritano. In quelle case non ti verrà mai voglia di entrare, non ti fermi neanche ad osservarle più di tanto. Quello che voglio dirti Sasuke è che nonostante tutto bisogna sempre addobbare la propria casa, bisogna almeno provarci.»
 
Sasuke non aveva mai capito quel discorso.
Dopo tre mesi scoprì che suo fratello era malato da tempo, e che glielo avevano tenuto nascosto. Dopo due anni la malattia l’aveva completamente distrutto e un freddo pomeriggio di novembre si era spento in ospedale.
La prima cosa che Sasuke pensò fu che Itachi non era riuscito a vedere per un’ultima volta le luci di Natale. Poi quel pensiero fu sostituito dal vuoto più totale. Non riusciva a pensare, a capire, non riusciva a fare nulla. Realizzò quello che era successo solo dopo un paio d’ore, mentre suo cugino Shisui lo portava in ospedale. Lì, davanti al corpo immobile di suo fratello pianse come non aveva mai fatto prima.
 
 
Si riscosse dall’ondata di ricordi quando sua madre lo chiamò per andare a tavola. Le fece cenno di aver capito, osservò per un’ultima volta il salone spoglio e buio e dopo un lungo sospiro si alzò. Per un attimo pensò di inventarsi una scusa e andarsene, ma una vocina troppo simile a quella di Naruto gli ricordò che quel pranzo era importante, aveva da poco riallacciato i rapporti con i suoi genitori, stava cercando di risistemare tutto. Fosse stato per lui avrebbe aspettato ancora qualche mese, non si sentiva completamente pronto, e poi da anni il Natale in casa Uchiha era triste e deprimente. Niente addobbi, niente luci, niente albero. Solamente un tavolo apparecchiato per quattro ma con solo tre persone. E lui odiava vedere quel posto apparecchiato ma vuoto, non aveva senso.
Però la stupida testa bionda – sempre lui, l’aveva praticamente costretto ad andare.
 
«Sono i tuoi genitori Sasuke, sai cosa darei io per passare un Natale con i miei? E si, lo so che non è la stessa cosa e che sarà triste, ma è giusto così. Non è così facile come sembra, almeno ci provano.»
 
Per un solo attimo Sasuke aveva pensato di portare Naruto con sé, almeno avrebbe avuto una spalla e le sue chiacchiere avrebbero distratto suo padre dal chiedergli come andava l’università o la sua vita in generale.  
Poi però si era ricordato di non essere ancora pronto a rivelare alla sua famiglia che Naruto non era più solo il suo migliore amico, ma anche il tizio con cui condivideva un appartamento e il letto – a detta di Sakura si vedeva lontano chilometri che loro due erano una coppia e per quanto Sasuke pensava che tale affermazione fosse esagerata, non aveva comunque voluto provare la sua attendibilità. Inoltre Fugaku non si sarebbe mai lasciato distrarre dal ciarlare di Naruto, avrebbe sicuramente trovato il modo per sottoporlo alla sua inquisizione.
Ed infine Naruto era già impegnato, come ogni 24 dicembre passava il pranzo insieme a quei decerebrati dei suoi amici mangiando schifezze e spettegolando di roba inutile.
E Sasuke, per quanto poco sopportava gli amici del compagno, non l’avrebbe mai privato di quella giornata.
Con un altro lungo sospiro raggiunse il tavolo, dove sua madre stava sistemando un piatto vuoto al suo fianco e suo padre aveva già posto la prima di una lunga serie di domande.
 
«Allora Sasuke, hai trovato un nuovo appartamento?»
 
 
* * *
 
 
Alla fine il pranzo non era andato così male. Era riuscito ad arrivare al dolce senza provare neanche una volta l’impulso di scappare.
Gli aveva detto che condivideva un appartamento con il suo amico. Tra l’altro sua madre era stata piuttosto contenta di sapere che lui e Naruto erano ancora amici e che il piccolo Uzumaki aveva finalmente smesso di essere una peste ed era diventato un ragazzo responsabile – Sasuke per un attimo aveva voluto ribattere che no, Naruto non aveva mai smesso di essere un irresponsabile, dato che aveva 18 anni e si svegliava sempre in ritardo, dimenticava costantemente le chiavi di casa e se non fosse per lui la sua colazione era composta da ramen precotto e latte (avariato, perché l’idiota non controllava mai le scadenze), poi però aveva pensato che dicendo ciò avrebbe solo fatto preoccupare sua madre, così se ne era stato zitto.
Aveva poi aggiunto che l’università andava bene e che aveva anche trovato un lavoretto per pagarsi gli studi e l’appartamento. E quando suo padre aveva insistito nel pagargli lui il tutto, aveva rifiutato dicendo che più che per soldi – dato che aveva una borsa di studio, lo faceva per tenersi impegnato.
E Fugaku aveva capito, poi dopo un lungo silenzio aveva detto che erano orgogliosi di lui.
Sasuke aveva sentito qualcosa di caldo nel petto e gli occhi leggermente umidi. Ed aveva assodato che Naruto aveva ragione, i suoi genitori ci stavano davvero provando.
 
 
* * *
 
 
Mentre saliva le scale di casa si sentì stanco ma felice. Tutto quello che desiderava era gettarsi sul divano e non fare assolutamente nulla, voleva godersi per una volta quella strana pace interiore. Peccato che aveva dimenticato di condividere l’appartamento con una stupida testa bionda, che in quel preciso istante lo stava guardando dall’entrata di casa con un sorriso nervoso stampato in faccia.
 
«Sei tornato in anticipo! Come è andata?»
 
Ora – per quanto gli costasse ammetterlo, Sasuke conosceva bene i sorrisi di Naruto (e Naruto in generale). Aveva subito una lunghissima lezione durata dieci anni su tutte le sfumature che quelle labbra potevano assumere, per cui era assolutamente certo che quel sorriso che gli stava rivolgendo –tirato, che lasciava intravedere leggermente i denti superiori, in combinazione tra l’altro con una mano portata dietro la nuca, stava a significare che aveva combinato qualche guaio.
Ignorò la domanda, salì velocemente gli ultimi scalini e fece per entrare, ma l’altro lo fermò poggiandogli le mani sulle spalle.
 
«Cos’hai combinato dobe?»
 
«Perché credi che abbia combinato qualcosa teme?» la risposta fu accompagnata da una risatina nervosa.
Il sopracciglio leggermente alzato di Sasuke e il suo sospiro esasperato furono l’unica replica.
 
«Non ho combinato nulla! E smettila di guardarmi così, davvero. Non sono così disastroso come pensi. Sul serio Sas’ke, ti conosco, so cosa stai pensando e non è che perché l’ultima volta è esploso il frullatore ora io non sia capace di stare da solo in casa. È successo una sola ed unica volta…»
 
«Il tostapane te lo sei dimenticato? E vogliamo parlare di quella volta che hai provato a fare la lavatrice? La signora del piano di sotto ci odia ancora perché le abbiamo inondato il balcone. Non credo devo ricordarti che è successo tutto nell’unica settimana della tua vita in cui hai cercato di fare qualcosa in casa. Ah, e poi…»
 
Naruto gli diede una piccola spinta per farlo smettere.
«Non è colpa mia se gli elettrodomestici hanno un problema con me!»
 
Sasuke era già pronto a ribattere il contrario, ma l’altro lo zittì con un’occhiataccia.
 
«Sono stato lontano dagli elettrodomestici tranquillo.»
 
«È allora perché non mi fai entrare in casa? Fa un po’ freddo qui fuori.»
 
Naruto sospirò, voltò leggermente la testa verso l’ingresso poi lo guardò dritto negli occhi.
«Promettimi che mi lascerai prima spiegare e che non ti arrabbierai.»
 
«Oddio è così grave?»
 
«Dico sul serio.»
 
Sasuke lo osservò per un attimo poi annuì. Era davvero stanco e non aveva voglia di discutere.
Naruto lo lasciò entrare, e mentre lui si liberava di cappotto e scarpe all’ingresso lo vide afferrare una scatolina rossa. Poi gli si piazzò di nuovo di fronte, impedendogli di avanzare.
 
«Allora, sai che oggi sono stato a casa di Hinata per passare la vigilia insieme a tutti? Si, certo che lo sai.» Sorrise appena difronte alla sua aria scocciata, «beh, allora stavamo addobbando il salone come ogni anno, e poi Kiba ha detto di essersi dimenticato di comprare lo scotch, e Hinata aveva finito il suo per incartare i regali e così non potevamo appendere le decorazioni che…»
 
«Dacci un taglio ti prego, non mi interessa sapere cosa tu e i tuoi stupidi amici appendete in giro.»
Si passò una mano sul viso stanco.
 
«Antipatico» alzò gli occhi al cielo prima di continuare. «Comunque, dato che casa nostra era la più vicina mi sono offerto di venirlo a prendere. Mente rovistavo in giro mi sono ricordato che tu avevi quei rotoli interi comprati quando abbiamo fatto il trasloco, così ho cercato tra la tua roba e…»
Naruto alzò una mano per interromperlo, perché sapeva cosa stava per dire.
«Lo so Sas’ke, non ho il permesso di rovistare nella tua roba ma era un’emergenza e comunque non è questo il punto. Il punto è che ho trovato questa.»
 
Gli mise tra le mani la scatolina rossa. Sasuke l’aprì e vi trovò dentro varie polaroid. Erano tutte foto di lui e Itachi intenti ad addobbare il grosso albero di Natale al centro del salone di Villa Uchiha. Sotto ogni foto vi era una didascalia con una data.
Era stata sua madre a scattarle, Sasuke ricordava quando Itachi le aveva regalato la vecchia macchina fotografica.
Non riuscì a dire niente per un bel po'. Sentiva gli occhi lucidi e una stretta al cuore mente continuava ad osservare il volto sorridente di suo fratello che ad otto anni lo reggeva in braccio per aiutarlo a sistemare una pallina.
 
«Mi hai sempre detto che per te il Natale non rappresenta nulla, e che le decorazioni, gli addobbi e tutto il resto erano solo stronzate fatte per spendere soldi. E lo capisco, dopo quello che ti è successo.
Però quando ho trovato queste… eri così felice. Eravate così felici che…»
 
La voce di Naruto si spense con leggero sospiro e nell’appartamento cadde il silenzio.
Sasuke ancora per un po’ rimase ad osservare le foto, poi spostò lo sguardo sul ragazzo che dalle occhiate che gli rivolgeva voleva aggiungere altro. Con un cenno lo invitò a continuare.
 
«So che probabilmente è una stupidaggine, però io non ho mai davvero festeggiato il Natale, e non ho mai addobbato un albero. Certo, il 24 lo faccio con gli amici, ma quello è diverso… il 25 sono tutti impegnati in famiglia e io… non che mi stia lamentando dei natali passati con te eh! Io amo passare il Natale con te a mangiare ramen e guardare la tv. È solo che…»
 
Aveva iniziato a camminare nervosamente avanti e indietro. Sasuke lo osservò per un attimo confuso, poi realizzò una cosa.
Naruto non aveva mai avuto una famiglia con cui addobbare casa. Sasuke gli aveva sempre detto che il Natale per lui era un giorno come un altro, e una volta, complice un bicchiere di sakè di troppo, gli aveva perfino confessato che quel periodo lo rendeva triste per via di Itachi.
Però Naruto amava il Natale, lo sapeva non solo perché lo ribadiva in continuazione dal primo dicembre fino al primo gennaio, ma anche perché nel suo vecchio appartamento c’erano sempre decorazioni di tutti i tipi, e quando uscivano si illuminava nel guardare luci e addobbi appesi in giro.
Il 24 lo trascorreva con gli amici, la sua seconda famiglia, però poi tornava in un appartamento spento, il loro appartamento spento in cui il Natale non veniva festeggiato a causa sua.
Gli vennero in mente le parole di Itachi sulle case e sulle luci e realizzò che mentre Naruto era uno di quelli che nonostante la tristezza e il dolore provava ad essere felice, lui invece si era arreso, era uno di quelli che non ci provava nemmeno, esattamente come i suoi genitori.
Tutto ad un tratto si sentì estremamente stupido, gli venne però da sorridere.
Dopo un’ultima occhiata mise da parte la scatolina e fermò la camminata nervosa del compagno poggiandogli le mani sulle spalle.
 
«Mi stai chiedendo di addobbare casa?»
 
Naruto sospirò. «Si?»
 
«Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda, dobe.»
Lo disse solo per prenderlo in giro, vedeva quanto era agitato, aveva lo sguardo puntato sulla sua spalla sinistra, e non aveva ricominciato ad andare avanti ed indietro solo perché lui lo stava tenendo fermo.
 
Naruto sospirò ancora, poi finalmente spostò gli occhi sul suo viso.
«Okay, si. Era questa la richiesta, so che tu odi solo il pensiero di fare una cosa del genere, pensavo che le foto ti facessero cambiare idea, c’è ne è perfino una in cui hai un cappello da babbo natale in testa, eri davvero carino Sas’ke, eri troppo piccolo per ribellarti, scommetto che era stato Itachi a ficcartelo in testa…»
 
«Va bene.»
 
«…e comunque non so cosa mi sia saltato in mente. L’idea è venuta così a caso… non ci ho davvero pensato su neanche cinque minuti. Infondo ho già fatto tanto oggi, poi adesso è tardi e tu sarai anche stanco, e domani è già Natale. Quindi adesso prendo…»
 
Sasuke rilasciò un sospiro esasperato – il secondo della serata, poi gli diede un colpetto in fronte per farlo smettere di blaterare.
«Perché non mi ascolti mai quando parlo? Ho detto che va bene, facciamolo.»
 
«Oh…» fu l’unica risposta che diede Naruto mentre si massaggiava il punto in cui l’aveva colpito. Poi, lentamente – perché era pur sempre una stupida testa bionda, realizzò quello che gli era stato detto.
 
«Hai detto che va bene!» disse sgranando gli occhi. Poi tirò le braccia del compagno, che aveva ancora le mani poggiate sulle sue spalle, e lo abbracciò. «Sapevo che avresti cambiato idea! Lo sapevo!»
 
Sasuke si liberò dall’abbraccio e fece una smorfia. «Si certo, ne eri così sicuro che mi hai riempito la testa per ore di chiacchiere inutili», gli disse mentre, finalmente, si incamminava dentro casa.
 
Naruto rise leggermente mentre lo seguiva in salotto.
«Oh Sas’ke io ti conosco bene, talmente bene che avevo già previsto tutto», gli passò un braccio sulle spalle, mentre con la mano libera indicava un mucchio di scatole polverose che ingombravano il piccolo salone. Al centro di queste c’era un abete basso e spelacchiato.
 
«Che diamine…»
 
«Sono tutte le mie vecchie decorazioni le ho trascinate fin qui da casa di Hinata, da solo e a piedi. Apprezza lo sforzo. E quello è l’unico albero che sono riuscito a trovare in giro, è pur sempre il 24 dicembre.»
Lo disse con un’aria fiera, come se avesse appena salvato l’intero mondo dalla distruzione del Natale.
 
Sasuke rilasciò il terzo sospiro esasperato della serata – ed era tornato a casa da appena mezz’ora, ma in compagnia della stupida testa bionda quei respiri non erano mai abbastanza.
Si rese conto che stava diventando troppo prevedibile e si sentì leggermente ferito nell’orgoglio – infondo era pur sempre un Uchiha.
Per un attimo pensò di cambiare idea, abbandonare il compagno in mezzo a tutto quel disordine e tornarsene nel buio salone di Villa Uchiha a rimuginare sul passato.
Poi però vide Naruto aprire con gioia uno scatolone, tirarne fuori addobbi rossi mentre blaterava qualcosa sul ritrovato spirito natalizio e gli scappò un sorriso.
Subito dopo maledisse bonariamente Itachi e i suoi discorsi sulla felicità – perché aveva finalmente capito che quello che gli aveva fatto era un discorso che centrava poco e nulla con le luci e con il Natale, e raggiunse Naruto.
Non prima di aver detto:
 
«In cambio della mia bontà di oggi ti toccherà lavare i piatti almeno per una settimana.»
 
Perché era pur sempre un Uchiha, e il suo orgoglio in qualche modo doveva pur sanarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note di B.
Buon Natale a tutti!
Premetto che probabilmente ci sarà una piccolissima seconda parte riguardante i bellissimi addobbi di Naruto. Non sono riuscita a pubblicarla qui perché altrimenti non avrei pubblicato entro oggi, sicuramente la aggiungerò domani (spero!).
 
Comunque… ho scritto la mia prima Sasuke/Naruto, sono ipercontentissima! Spero di non aver scritto stronzate! 
   
 
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