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Autore: Arlie_S    27/12/2020    4 recensioni
Sospirò, ormai era troppo tardi per tornare indietro. - Ciao - mormorò.
- Che succede? - le domandò, mentre quasi lo vedeva smettere di fare qualsiasi cosa stesse facendo e prestarle attenzione. Comprensibile, dato che l'ultima volta a Vienna quando l'aveva chiamato era stata ad un passo dal fare una fiammata.
- Diana? - insistette lui.
- Sì - rispose. - Io... credo di essermi persa - mormorò, imbarazzata.
Un secondo di silenzio. - Diana, i vampiri non si perdono - le disse l'uomo. - Azzardo a dirti che è fisicamente impossibile - aggiunse.
- Questo è quello che pensi tu - rispose, tra sé.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Demetri, Felix, Nuovo personaggio, Volturi
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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1.Hai voluto la bicicletta?

1. Hai voluto la bicicletta?

Rientrò tra le mura di Volterra che era furente. Camminò spedita fino all’ingresso, scansando la figura massiccia di Santiago — che probabilmente le voleva chiedere perché fosse tanto insolitamente scura in volto — e svicolando verso l’ingresso della dimora dei Signori di Volterra.

Raggiunse il sottosuolo, dove si dipanavano i cunicoli dell’antica sede dei Volturi senza incontrare nessuno. Era umido come sempre, ma percepiva il vago sentore di qualcuno di passaggio, qualcuno di nuovo.

La segretaria umana — Giovanna Gabelleri, volterrana — si alzò appena la vide.

«Bentornata, Diana» la salutò mettendo su un sorriso.

Percepì il suo cuore martellante per la fretta di alzarsi e la vide aggiustarsi la camicetta che doveva essersi sbottonata, le guance arrossarsi mentre il sangue affluiva sotto l'incarnato vagamente olivastro della sua pelle. 

«Buon pomeriggio, Gianna» rispose, forse un po' troppo bruscamente a giudicare dal modo in cui lei trasalì e il suo cuore sussultò.

Si ricompose in fretta, mentre le sfrecciava davanti. Non aveva ancora aperto la porta che si ritrovò davanti Felix.

«Ci stavamo giusto chiedendo se foste fuggiti» le disse, con la sua voce profonda.

S’irrigidì. «Fuggiti?» ripeté.

«Sì, fuggiti, tak» confermò.

Si fermò. «Cosa vuoi?» domandò, «Sto andando ad annunciare il mio ritorno da questa esilarante gita fuori porta. Vuoi che porti un messaggio ai nostri Signori anche da parte tua?» chiese, sbrigativa. 

«Anche se  l’unica che è fuggita sono io. Probabilmente il nostro segugio era troppo occupato a ricordare quando sia fenomenale, per accorgersi che la sua allieva se la dava a gambe» commentò.

Lui piegò le labbra. «Non ti disturbare, Gremlin

«Piuttosto, eravamo curiosi di sapere com’era andata. Difficilmente Demetri dà… come si dice in questo secolo… ripetizioni di questo genere» sghignazzò.

Lo fulminò con lo sguardò. «Oh, intendi il signor ‘ce l’ho solo io? Ed io sono io e voi non siete un cazzo, rammentatevelo!’? Intendo quel Demetrios? Lo stesso che ha detto ‘ti aiuto io, tranquilla, un passo alla volta’ e poi ha passato gli ultimi tre giorni a giocare a chi ce l’ha più lungo con una — che sarei io — che non è in grado di ritrovare nemmeno l’auto in un parcheggio con posto assegnato?» sbottò. «Quel segugio in particolare?»

Il grosso vampiro rise piano. «Proprio lui» confermò. «Pensavo peggio».

«Rimpiango di non essere rimasta a fare la bella statuina sui Monti di Verchojansk due settimane fa» rispose, laconica. 

Felix la guardò con l'aria di chi la sa lunga. «Ti sorprenderà, ma non fatico a crederlo» le disse. 

Roteò gli occhi. «Be', potevi avvertirmi» mormorò. 

«L'unica con cui puoi prendertela è te stessa, Diana. Sbaglio o c'eri anche tu quando abbiamo inseguito quel segugio per mezzo continente Africano?»

«Sì» sospirò, «sì, c'ero anche io. Secondo te è un problema di categoria? L'essere delle prime donne fatte e finite?» chiese. 

«Teoria interessante,» concordò lui, «però ancora non ho capito come hai fatto a perderti due settimane fa».

Arcuò la sopracciglia. «Ah, è questo che ti ha detto?»

 

 

 

Quindici giorni prima

Lasciò che la bufera di neve le imperversasse addosso. Quella che in condizioni diversa l’avrebbe congelata, sulla sua pelle era una carezza appena meno che tiepida. Tuttavia, il rimanere sommersa fino a sopra i capelli da quintali di neve fresca non era il suo problema maggiore.

No, il problema maggiore era che doveva trovare quel proklyatyy* fuggiasco che le aveva fatto praticamente mangiare la polvere poco sopra dei Monti di Verchojansk, dove regnava la gradevole temperatura di -40°C in quel momento.

Il vento diventò più sferzante: nemmeno gli animali di quelle zone erano a giro, l’unica creatura che era sufficientemente resistente da rimanere all’aria aperta — al di là dello stare impalata come una statua con la neve che ormai le lambiva le ginocchia — era lei.

Si passò le mani tra i capelli, sentendoli semi congelati. Persino quelli come lei, in quel clima terribile, s’irrigidivano.

Tentò malamente di annusare l’aria, ma senza sentire altro che il proprio odore e quello della neve. Ormai le tracce o la scia che poteva aver lasciato il fuggitivo erano sparite, divorate dalle intemperie e dal vento.

Rimase in mezzo all’ampia radura per diversi secondi, infagottata dalla testa ai piedi e rimuginando su cosa fare. Sapeva che alle sue spalle c’era un bosco: per cui l’unica era trovare un riparo e un punto in quelle lande desolate in cui prendesse il telefono e chiamare rinforzi. Ormai era rassegnata a quell'eventualità e alla figuraccia che avrebbe fatto. 

Sembravano tutti convinti — se non altro le guardie inferiori che come lei doveva entrare all'interno della Guardia ufficialmente — che fosse dotata di qualche sorta di capacità venatoria infusa da Demetri. Peccato che certe abilità non si trasmettessero con l'imposizione della mani, o sarebbe stata veramente un fenomeno e non si sarebbe trovata lì. 

Batté un piede in terra, sentendo il terreno sotto lo stivale da trekking imbottito creparsi.

Dannazione, dannazione, dannazione.

Due cose doveva fare: recuperare le informazioni sull’emergente Clan che era nato nei pressi di Mosca e poi seguire il creatore. Creatore che aveva ben pensato di svignarsela lungo la transiberiana, a piedi.

Peccato che dovesse essere molto più esperto di lei, considerando la facilità con cui l'aveva seminata. In quel momento poteva essere tranquillamente quasi arrivato in America a nuoto, considerando le distante, o essersi rintanato sotto un ghiacciaio o qualsiasi altra cosa, nel mentre lei faceva la bella statuina.  

Sospirò di frustrazione e tornò sui suoi passi per trovare un posto in cui cedere al lato oscuro e chiamare rinforzi. 

La bufera era talmente intensa che vedeva solo il susseguirsi delle minuscole forme dei fiocchi di neve che le cadevano addosso, imbiancandole i vestiti, i capelli e andando a confondersi con la pelle alabastrina.

Non credeva fisicamente possibile che un vampiro potesse veramente perdersi, ma pareva che lei avesse deciso di sfidare le leggi della normalità con quella missione.

Impiegò un giorno intero per trovare il primo posto in cui il telefono avesse segnale e ormai era irrimediabilmente lontana dall'obiettivo, ovunque esso si fosse rintanato. 

Il telefono squillò due volte. «Demetri» rispose la voce maschile. 

Sospirò, ormai era troppo tardi per tornare indietro. «Ciao» mormorò. 

«Che succede?» le domandò, mentre quasi lo vedeva smettere di fare qualsiasi cosa stesse facendo e prestarle attenzione. Comprensibile, dato che l'ultima volta a Vienna quando l'aveva chiamato era stata ad un passo dal fare una fiammata. 

«Diana?» insistette lui. 

«Sì» rispose, «io... credo di essermi persa» mormorò, imbarazzata. 

Un secondo di silenzio. «Diana, i vampiri non si perdono» le disse l'uomo. «Azzardo a dirti che sia fisicamente impossibile» aggiunse.

«Questo è quello che pensi tu» rispose, tra sé. «Non sfidare il mio senso dell'orientamento, Demetrios».

«Dove sei?» chiese lui. 

Disegnò un cerchio distratto con la punta congelata dello stivale, mentre qualcuno la guardava, da fuori della cabina telefonica. Ricordarsi di muoversi era una gran seccatura.

«In una cittadina a centoquindici chilometri da Jakutsk» mormorò. Dall'altra parte sentì una mezza risata soffocata. 

«D'accordo, aspettami lì e non allontanarti» le disse Demetri, paziente. «Ci vediamo tra qualche giorno» le promise. 

Tre giorni dopo dal limitare del boschetto dove aveva deciso di aspettare, vide la figura dell'uomo. Sembrava camminare come se fosse capitato lì per caso e fu lì per lì per salutarlo, prima di rammentarsi il suo potere. Si era già umiliata a sufficienza per i successivi cinquant'anni.

«Ciao» bofonchiò, quando fu abbastanza vicino. «Sei stato veloce».

Demetri la squadrò. «Cosa è successo?»

Bofonchiò la risposta, masticando le parole.

«Come? Non mugugnare, Diana» disse.

Lo fissò dal basso, soffermandosi sulla grossa sciarpa che era lì a fare figura e che gli copriva il viso fino a sotto il naso, lasciando scoperti solo i capelli corvini e gonfi per il vento e il freddo, il dorso del naso e gli occhi neri per via delle lenti a contatto scure.

«Ho perso il fuggiasco» ammise e se avesse potuto sarebbe stata viola di vergogna. «Sui monti» aggiunse.

«Perso?» ripeté lui.

«Sì, Demetrios, perso» confermò, nervosamente, quadrandolo. «Fa freddo, smettila di camminare come se stessi facendo una passeggiata in spiaggia» lo redarguì.

In quel momento il termometro segnava -22°C e lui se ne stava con quel giaccone adatto ad andare giusto a sciare e con la disinvoltura che avrebbe avuto passeggiando su una spiaggia dei Cararibi.

Lui la ignorò. «L’hai perso o ti sei persa, come mi hai detto al telefono?» le chiese, avviandosi verso la boscaglia.

Grugnì di nuovo una risposta, sperando di non dover dire niente ad alta voce.

«Se riuscissi a parlare come di consueto, sarebbe estremamente utile» sospirò lui.

«Non lo so. Li ho trovati, questo è certo. Erano a trecentottanta chilometri da Mosca, verso Nord» spiegò. «Solo che poi quell’idiota si è accorto che c’era qualcuno ed ha fatto disperdere gli altri» mormorò. «Così l'ho seguito».

Attese la ramanzina, ma invece sentì il palmo della mano guantata premerle sulla schiena e sospingerla verso il centro abitato con gentilezza. 

«Una scelta saggia» commentò alla fine. «Utile, se non altro. Altro? Hai capito se ha un talento particolare?»

«Non mi è sembrato. A meno che tu non intenda la capacità di svicolare e farmi perdere tempo» commentò. «In ogni caso è successo che abbiamo praticamente percorso tutta la transiberiana a corsa. Ha attraversato a nuoto un lago ghiacciato ed ho ritrovato le sue tracce dal lato opposto, ma poi è come sparito nel nulla» spiegò. «E mi sono ritrovata tra i Monti di Verchojansk nel bel mezzo di una bufera».

Demetri sembrò rifletterci su. «Probabilmente ha capito che sei relativamente giovane ed ha approfittato della tormenta per confonderti e scappare» ponderò. 

«Poi, permettimi» proseguì mentre camminava. «Avete mandato me a cercare qualcuno. Me, che non trovo nemmeno la strada di casa in barba al fatto di essere immortale. Se mi impegno forse riesco a perdermi persino dentro l'abitazione!».

Lui abbozzò per la prima volta un sorriso. «Non esagerare,» la confortò, «doveva succedere che fallissi una missione, prima o poi» aggiunse con leggerezza.

Arcuò le sopracciglia chiare. «Ve lo aspettavate?» domandò cercando il suo viso.

«Era piuttosto prevedibile» rispose, saggiamente. «Hai appena un ventennio come immortale. Nessuno è infallibile».

Abbassò il viso, guardandosi gli scarponi semicongelati. «Entriamo» suggerì senza commentare l’ultima frase e stringendogli le dita intorno all'avambraccio sinistro per tirarlo dentro. 

Lui la seguì. Era insolito che due persone stessero fuori ad una temperatura del genere; infatti il proprietario del posto li intercettò quasi subito e li raggiunse.

Lo ignorò, lasciando parlare Demetri e seguendolo poco dopo sino ad un tavolino appartato. Finsero di scaldarsi le mani e gli si accostò per dare l’impressione di essere alla ricerca di calore e i gnorò i commenti sul suo aspetto sibilando tra i denti per la frustrazione. Erano giorni che non si nutriva e quella locanda piena di umani le stava facendo ardere la gola, oltre che aumentare un insolito nervosismo. Generalmente era brava a gestire quel tipo di situazioni.   

«Hai sete?» le domandò Demetri, quasi dovesse ordinare un litro di sangue alla spinta al proprietario che li occhieggiava in attesa di un'ordinazione.

Prego, porga la carotide destra.

Strinse le spalle. «Voglio solo tornare a casa» ribatté. «E farmi un bagno di quindici ore, sono in delle condizioni rivoltati».

«Allora sarà meglio spostarci» rispose, vicino al suo orecchio. Rabbrividì solo per un secondo, sentendo il suo respiro solleticarle la pelle della guancia e del collo.

Lo seguì all’esterno poco dopo, salutando bruscamente il proprietario e rimanendo alle sue spalle, si addentrarono dentro il bosco.

Da lì aveva solo la vaga impressione su dove dovesse andare.

«Se mi stai per chiedere da dove sono passata…» iniziò, guardando gli alberi. «Arrangiati».

Lui, ancora, non commentò ma la superò e le porse una mano. «Vieni, forse è meglio che faccia strada io».

Ignorò il commentò e gli strinse la mano guantata, confusa da quell'insolita ricerca di contatto.

Schizzarono nella vegetazione a colpo sicuro e lei si lasciò trainare da Demetri che si muoveva tanto in fretta da farle apparire quasi sfocati i contorni della vegetazione. Raggiunsero la pianura in metà del tempo che ci aveva impiegato lei e lui le lasciò le dita. Lo guardò osservare l'ambiente e poi tornare a guardare lei. 

«Facciamo il giro, se credi, ma non penso sia passato nessun altro da qui» disse, facendole cenno di seguirlo.

Aggirarono il perimetro della radura, ritrovandosi dall'altra parte. Stava guardando i cumuli di neve, quando avvertì lo spostamento delle sue mani e le sentì sul viso. Sul momento pensò che volesse baciarla, ma si riscosse in fretta: non si scambiavano effusioni se c'era altro da fare, come concludere quello strazio. Nonostante ciò, sentì una parte di lei — quella a cui avrebbe fatto anche piacere ricevere un po' di conforto e, perché no, anche un altro genere di attenzioni — rimase in attesa speranzosa mentre lui si chinava sul suo collo, infilava il naso tra i suoi ricciolini biondi e poi lo sfregava contro il suo collo. Lo sentì inspirare più di una volta così alzò le mani per stringergli i polsi e in quel momento lui si raddrizzò. 

«Non credo sia rimasto granché addosso a me» mormorò, stringendo la stoffa del suo giaccone sotto le dita.

Il fuggiasco, rimuginò, tutto sommato poteva anche aspettare.

Non sarebbe di certo morto, dato che lo era già, se avesse perso un'altra ora, no? 

Demetri dovette scambiare la sua occhiata come un momento di pensierosità rivolto al loro obiettivo e le carezzò una guancia. «Non temere, so dove andare»  assicurò. 

Certo, naturale. Lei si perdeva in un bicchier d'acqua e lui arrivava con la disinvoltura di uno che si trovava lì per caso, il tempo di dare un'annusatina in giro e il gioco era fatto. 

«Vi siete scontrati, per caso?» chiese improvvisamente.

Lo guardò. «Sì» rispose. «ad un certo punto lo aveva quasi messo spalle al muro e lui mi è balzato addosso» raccontò, rievocando quel momento, «ed io ci ho provato, ma credo di essere stata battuta dall'esperienza» commentò, arricciando il naso e sfiorandosi il braccio destro. 

Quando si era ritrovata a terra aveva stupidamente alzato l'avambraccio per difendersi e ovviamente aveva ricevuto un bel morso. Aveva pizzicato per un po', prima di passare. 

Demetri comunque non parve molto contento dell'accaduto. «Allora dovremmo evitare che vada troppo lontano» suggerì. 

Annuì non potendo essere più d'accordo. «Okay,» rispose. «Dove dobbiamo andare?»

«Più a Sud» rispose lui, «ma vedrai che arriveremo assolutamente in tempo» assicurò.

Si guardò intorno: se dovevano andare a Sud significava che Demetri intendeva seguire la sua scia mentale a ritroso e poi intercettare nuovamente quella del fuggiasco. E significava anche che era andata esageramene a Nord, rispetto a dove si era diretto lui: praticamente dalla parte opposta.

«Mi sono proprio persa, vero?» domandò alla fine. 

«Non lo credevo possibile, ma sì Diana. Ti sei persa».

 

 

 

 

 

Nota autrice.

Ciao a tutti e, intanto, buone feste!

Sono (quasi) nuova del fandom di Twilight. Iniziai una fanfiction che considero però più un errore di gioventù che altro. Il mio problema principale è che io, con i personaggi ispirati dai film 'non funziono'. Ho bisogno sempre di lavorare su quelli dei libri, è più forte di me. 

In ogni caso ho da poco ripreso in mano il mio profilo (cambiando il nome da Kaithlyn24 ad Arlie_S) e le storie incompiute, tra cui ce n’è anche una che riguarda l’OC che viene presentato qui.

Nell’attesa di avere l’ispirazione per decidere da che punto partire per raccontare la vicenda, ho pensato di rompere il ghiaccio con questa… cosa, qualsiasi cosa sia dato che non so nemmeno dargli proprio un nome. 

Credo che alla fine farà una raccolta di scorci, dato che quando scrivo una storia finisco sempre per avere carrellate di capitolini decontestualizzati tipo questo: per inserirli tutti dovrei fare una fanfiction che finirei a 116 anni, quindi mi se è sembrava una soluzione papabile. 

Precisazioni: ‘tak’ dovrebbe voler dire ‘sì’ in ucraino, in quando è il posto d’origine della nostra protagonista. Proklyatyy, invece significa ‘maledetto’. Quindi ‘maledetto fuggiasco…’ be’, avete capito, la signorina non è troppo raffinata per gli standard dei Volturi.

L’incresciosa vicenda di Vienna, si svolge grosso modo qualche anno prima degli eventi di Twilight, quindi siamo circa nell'inverno del 2001.

NB: ho fatto qualche ricerca sui nomi dei personaggi e ho deciso che per me 'Demetri', che ricordo è un uomo nato nel 1000 D.C in Grecia (per me è originario di Creta, ma non voglio rovinare tutta la storia della fanfiction dato che tengo molto al background che ho ideato per questo personaggio), è un diminutivo di 'Demetrios' che letteralmente significa 'sacro a Demetra'. 

NB2: il nome della segretaria nei libri è Gianna che rappresenta un abbreviativo di Giovanna. Il cognome l'ho scelto tra quelli più diffusi a Volterra ed è uscito 'Giovanna Gabelleri'.

NB3: il rating per ora è verde, ma molto probabilmente nei prossimi capitoli potrebbe salire.  

Detto questo, spero di avervi incuriosito e fatto passare qualche minuto con questo scorcio brevissimo. Probabilmente il prossimo capitolo riporterò la lezione che ha fatto 'sbroccare' la protagonista. 

Fatemi sapere che ne pensate, se ne avete tempo e voglia e grazie, comunque, di aver letto fino a qui!

Mi auguro che stiate tutti passando delle buone feste, nonostante il periodo.

A presto!

 

  
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