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Autore: Bloody Wolf    28/12/2020    0 recensioni
Ciao!
Questa storia è una sorta di fix-it dopo la serie TV, non mi sembrava possibile che Geralt stesse lontano dal nostro amabile ed inutile bardo ma nello stesso modo sappiamo benissimo che i guai sembrano seguire Jaskier quindi è uscita questa storia.
E' la mia storia sulla saga ed è una Geraskier, spero di non aver combinato guai e spero che voi la leggiate e che vi piaccia, grazie di cuore.
Genere: Angst, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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| 3103 Parole |

“Yennefer!”

La donna arretrò di un passo quando Geralt entrò nella stanza con il grosso lupo tra le braccia, gettando a terra le due scodelle che occupavano il tavolo per permettere allo strigo di appoggiarci l’animale.

La maga si mise subito al lavoro, girando le maniche del vestito verso i gomiti e mettendosi a dare ordini anche alla piccola Ciri che, per via della sua voce, si era svegliata.

“Ciri vai al pozzo, prendi dell’acqua e mettila a bollire. Geralt voglio che tu lo tenga quando gli applicherò le cure ma fino a quel momento mi devi aiutare con le erbe.”

Geralt schiacciava e mischiava la mistura sotto gli ordini della donna, lui non era bravo con quel genere di cose, era abituato ad usare le sue pozioni e pochi altri rimedi. Le ferite che si procurava nelle varie missioni, di solito era Jaskier che le ricuciva e se ne prendeva cura con l’unguento alla camomilla.

Le sue ferite si rimarginavano in fretta ma quei piccoli aiuti esterni lo aiutavano maggiormente e, come sempre, Ranuncolo non gli aveva mai chiesto nulla in cambio, lo lasciava tornare alla locanda per poi medicarlo, spesso contro il suo stesso volere ma lo faceva.

Lo aveva sempre fatto per lui.

“Okay, Geralt, tienilo fermo.”

L’uomo si posizionò dietro alla testa dell’animale, chiudendogli le fauci pronto a stringere all’evenienza mentre Yennefer rimuoveva gli stracci di acqua calda che aveva appoggiato sopra alle due ferite, per poi iniziare ad applicare l’unguento che fece ringhiare e contorcere il lupo che, però, non provò a mordere o a liberarsi dalla presa dello strigo.

Yennefer ripetè quell’operazione due volte prima di chiudere la ferita sul collo con un filo e un ago, avvicinando le estremità del taglio in modo da facilitarne la guarigione.

L’animale aveva cercato di sgusciare via dalla presa quando l’ago aveva perforato la carne ma, dopo il secondo punto aveva solo uggiolato, sofferente ma buono, prima di svenire o di addormentarsi distrutto.

Geralt si sedette vicino a lui, osservando il naso muoversi ritmicamente prima di rimuovere la parte superiore degli abiti e rivelare alle due donne la ferita sulla spalla che sanguinava ancora.

“Stai fermo lì che ti medico.”

La donna aveva applicato lo stesso unguento che aveva usato per il lupo per poi ripulire la ferita ed applicarci un paio di punti. Non spostò lo sguardo dall’animale che giaceva addormentato.

“Allora alla fine lo hai capito…”

Lo strigo si voltò verso la donna che se ne stava in piedi vicino a lui, gli occhi dorati freddi e i capelli bianchi sporchi di terra e di sangue.

“Cosa?”

Yennefer si spostò accarezzando il pelo morbido del lupo mentre Ciri se ne stava a guardarlo dalla distanza, meravigliata ma leggermente spaventata.

“Voi strighi non provate sentimenti, è questo quello che continuate a dirvi, no?”

Geralt sbuffò cercando di indossare la maglietta che indossava poco prima, indumento che gli fu tolto dalle mani dalla maga per essere sostituito da una maglietta pulita.

“Dormi un po’, forza.”

L’uomo si alzò dal fianco della bestia ferita e si sedette vicino al braciere, appoggiando la schiena al muro, socchiudendo gli occhi e addormentandosi subito, stremato per la battaglia e per l’uso delle pozioni.


 

Geralt spalancò gli occhi, facendoli viaggiare per la stanza trovando Ciri piegata sulla stoviglia che si era rovesciata a terra provocando il rumore che lo aveva svegliato di colpo.

“Geralt sei sveglio?”

La voce della piccola lo obbligò a socchiudere gli occhi per via del mal di testa che lo colpì al solo suono. Lasciò vagare nuovamente gli occhi dorati per la casa, spalancandoli quando notò che sul tavolo non c’era assolutamente niente. Alcune macchie di sangue sotto al tavolo erano le uniche testimoni di ciò che era accaduto.

Si alzò, appoggiandosi alla parete, evitando di imprecare in presenza della piccola.

“Stai bene?”

Geralt annuì a Ciri accarezzandole la testa per poi raggiungere l’esterno della casa dove Yennefer se ne stava seduta, immobile a fissare il bosco.

“Ha aspettato che io uscissi per sgusciarmi alle spalle ed iniziare a correre, zoppicando. Non ho usato la magia perché se l’avessi fatto sarebbe morto. E’ debole ora.”

Lo strigo si ritrovò ad annuire, appoggiando la mano sulla spalla della donna per poi incamminarsi lungo il bosco, lungo il sentiero che avevano seguito il giorno prima.

Doveva aver dormito forse un paio di ore, il suo corpo non si era ancora ripreso del tutto dall’ultima battaglia, sentiva le fibre della propria carne e delle proprie ossa pizzicare per gli effetti inversi delle pozioni che aveva ingerito, aveva bisogno di riposo ma doveva trovarlo, doveva riportarlo a casa con sé.

“Le spade Geralt!”

La voce ingenua di Ciri gli colpì le orecchie portandolo a girarsi verso le due donne e a sorridere, mestamente e con una sensazione di calore al petto.

“Per questo combattimento, Ciri, non servono le armi.”

Yennefer sorrise in sua direzione, sbuffando ed indicando la stalla.

“Almeno vai a cavallo, non fare il supereroe, so in che stato ti riducono quelle pozioni.”

La donna recuperò il cavallo, sellandolo velocemente per poi camminare verso di lui con Rutilia che docilmente la seguiva.

Geralt accarezzò il muso dell’animale con dolcezza, grato di poterla accarezzare nuovamente, nonostante tutto ciò che sembrava gravitare attorno a loro e a tutte le sfortune che sembrava seguirli costantemente.

“Recupera quel noioso bardo, sono stanca di doverti sopportare ma se c’è lui ci toglie un po’ di peso dalle spalle. Almeno lui riesce a decifrare i tuoi grugniti.”

Lo strigo sorrise inarcando le sopracciglia, salendo a cavallo con destrezza ma cercando di trattenere la smorfia di dolore che gli sformò il volto.

“C’è la possibilità che io lo riporti a casa come umano?”

Yennefer annuì dopo averci pensato qualche secondo, accarezzò il collo del cavallo per poi sorridere mestamente.

“Sei l’unico che può farlo, anzi non ti arrenderai fino a quando non ce l’avrai fatta. Ora va.”

I talloni dell’uomo picchiettarono sul fianco dell’animale che, sbuffando, prese a camminare per poi trotterellare ubbidiente.


 

Raggiunse la cascata e la superò continuando fino alla casa diroccata, scendendo da cavallo solo al limitare della tenuta. Legò Rutilia ad un albero e smontò, camminando fino al cancello, spingendolo ed entrando nella tenuta con occhi attenti, incapace di smettere di guardarsi in giro e di tendere l’orecchio alla ricerca di qualche minaccia.

Era nella sua natura vigilare su tutto ciò che accadeva vicino a sé ma lì lo percepiva come vitale.

Salì i tre piccoli gradini che lo dividevano dal portone d’ingresso, sospingendo l’uscio con le dita di una mano, entrando ed aguzzando la vista.

L’odore di chiuso gli colpì le narici, insieme al delicato profumo delle lacrime e dei sorrisi rubati, mentre tutt’intorno a sé la polvere fluttuava nella luce che filtrava dai vari buchi delle imposte o dalle assi distrutte dalle intemperie del tetto. I suoi occhi passarono in rassegna  l’atrio della casa scoprendo che, lì, al centro della stanza, c’era molta paglia insieme a coperte e pelli di ogni dimensione.

Geralt camminò con passo silenzioso, trovandosi di fronte a ciò che doveva essere stato utilizzato durante tutti quei mesi come letto dalle bambine. C’erano delle bambole di pezza e un piccolo pettine. 

Lo strigo aggrottò le sopracciglia e negò con la testa, quanto doveva aver sofferto Ranuncolo per l’intera situazione?

Poteva immaginarselo lì, seduto tra le bambine con il suo liuto prima che la donna glielo togliesse dalle mani. Il suo volto tondo e gli occhi buoni e sinceri mentre strimpellava cantando le sue geste a delle innocenti e terrorizzate bambine, distraendole da tutto lo schifo che la vita aveva posto sul loro sentiero.

Sorrise leggermente abbassando la testa, notando una giubba che, anche se era rotta ed era sporca, l’avrebbe riconosciuta ovunque. Era del bardo, era la giacca rossa che indossava il giorno che lo aveva cacciato, annientandolo crudelmente solo per la propria rabbia, perché Geralt non era capace di comprendere come, qualcuno di semplice e puro, come Ranuncolo lo accettasse senza se e senza ma.

Si inginocchiò, afferrando il tessuto per poi raddrizzarsi e portare l’indumento al naso. Socchiuse le palpebre mentre aspirava il suo odore, aggrottando le sopracciglia carico di dolore e di insopportazione personale.

“Jaskier…”

La sua voce uscì flebile ma potente dalle sue labbra, rimbalzò su ogni singola parete formando un leggero eco prima che un rumore lo obbligasse a voltarsi lentamente.

Un profondo ringhio si levò nell’aria.

Geralt si girò tenendo tra le mani la giubba del suo bardo, voltandosi per trovarsi a pochi metri dall’animale che, seduto sulla soglia di casa, ringhiava mostrando i denti minaccioso e poco incline all’avere uno sconosciuto in ciò che lo strigo pesò come una tana.

“Jaskier devi darmi degli indizi, aiutami a riportarti indietro. Non so come fare.”

Lo strigo rilasciò un lungo e profondo sospiro prima di fare un passo in avanti verso la bestia che, d’istinto, arruffò il pelo chiudendo e aprendo le fauci per alcune volte, segnalando il suo livello di rabbia all’uomo.

Geralt si fermò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi fissando l’animale negli occhi per poi ritrovarsi a sorridere.

L’intera situazione sembrava essere un’enorme presa in giro da parte del destino, l’ennesimo intrigo dettato da un fato crudele e spietato.

Solitamente era Jaskier quello che parlava e che si scontrava con lui che restava in silenzio, magari rispondendo a suon di ringhi o di mugolii d’assenso o dissenso, ma lì Jaskier non poteva parlare e colmare il caos che Geralt aveva nella testa, doveva essere lui per una volta a parlare nonostante il silenzio, nonostante i ringhi e la furia che leggeva negli occhi del lupo.

Doveva farlo.

“So che ti ho trattato male.”

Si fermò, ingoiando una saliva che non c’era nemmeno nella sua bocca, come faceva il bardo a non stare mai zitto quando a lui sembrava impossibile mettere insieme poche parole?

“Ho sbagliato. In tutto. Dal trattarti male e in maniera fredda e distaccata pensando di poterti allontanare. Ho sbagliato a cacciarti via e ad usarti per sfogare la rabbia che in verità andava riversata verso un’altra persona…”

Geralt si ritrovò a puntare gli occhi sull’indumento che stringeva tra le dita, sorridendo malinconico, decidendo di lasciarsi cadere sulle ginocchia con i glutei appoggiati sui talloni e le braccia aperte, totalmente indifeso.

“Mi manchi, stupido bardo da quattro soldi. Mi dispiace per aver detto che la tua voce è brutta, non è assolutamente vero...”

Chiuse definitivamente gli occhi, sentendo il senso di colpa farsi strada nelle sue vene. Se lui non avesse trattato male Ranuncolo lui non se ne sarebbe mai andato, avrebbero continuato a camminare l’uno di fianco dell’altro, tenendosi compagnia ed ora Jaskier non sarebbe rimasto bloccato nel corpo di un lupo, in balia ad istinti e a streghe malvagie.

Doveva proteggere gli innocenti e invece sembrava che chiunque entrasse in contatto con lui dovesse soffrire, non importava quanto si impegnasse, moriva sempre qualcuno.

Il mondo stava cambiando e i mostri si stavano ambientando agli umani, mentre i servigi degli strighi erano sempre meno richiesti, la sua intera confraternita stava morendo, il suo unico modo di vivere stava sparendo.

Il bello di avere vicino Jaskier era proprio il fattore che a lui non importava nulla di ciò che la gente pensava o diceva, nemmeno la paura era in grado di fermarlo dall’avvicinarsi ad uno Witcher, nulla lo aveva fermato dal dargli fastidio ed importunarlo.

Ranuncolo vedeva in lui qualcosa che Geralt non era in grado di vedere e la cosa inizialmente gli aveva fatto paura, dipendere da qualcuno lo spaventava ma con il passare dei giorni ritrovarsi sotto la luna, seduti intorno ad un fuoco con il bardo che suonava e cantava, lo aveva fatto sentire parte del mondo, in pace con tutto.

“Ti prego…”

Era un sibilo, un leggero sussurro inascoltabile ai più.

Poco dopo il naso umido dell’animale gli sfiorò la guancia, portandolo ad aprire gli occhi dorati per scontrarsi in quelli azzurri del lupo.

Era di fronte a lui, era vicinissimo e se solo avesse avuto una spada avrebbe potuto ucciderlo ma il pensiero non balenò nemmeno nella sua mente, non avrebbe mai ucciso il bardo, non poteva e non voleva farlo.

L’animale appoggiò la testa sul suo petto uggiolando leggermente e Geralt non riuscì a trattenersi dal portare lentamente le braccia tra il pelo morbido e caldo della bestia, abbracciandolo ed accarezzandolo con calma.

Il semplice rumore che la sua mano produceva a contatto con la pelliccia era ipnotizzante, era caos e pace nelle sue orecchie, lo stava rilassando in modo unico ed incomprensibile.

Chiuse gli occhi affondando il naso nel profumo di sottobosco e di muschio che sembrava aver avvolto l’animale, parlando con tono calmo e sempre più basso.

“Torna da me, Ranuncolo.”

Strinse la testa dell’animale contro il petto, sentendo il suo battito leggermente accellerato, al contrario del proprio che andava due battiti più lento del normale.

Erano perfettamente differenti loro due ma si attraevano, quasi quanto i problemi attratti dal bardo.

Erano calamite l’uno per l’altro e lo strigo senza il suo bardo non poteva più stare.

Il sonno e la stanchezza della nottata, che era appena passata, si fece sentire come un macigno sulle sue spalle e nella sua testa portandolo ad addormentarsi, scivolando di lato al lupo, cadendo in un sonno scuro e appagante.


 

Dona un soldo al tuo witcher, oh valle abbondante, oh valle abbondante ohh...”

Geralt si era messo a sedere sul letto mentre Jaskier strimpellava il suo liuto mentre la luna restava alta nel cielo. Un cielo diviso in due tra sole e luna, tra stelle e nuvole bianche.

Dove…”

Jaskier si ritrovò a sorridere, mestamente mentre abbassava lo sguardo al pavimento con le lacrime tra le ciglia.

Penso che sia un sogno, Geralt. Non lo so, ogni volta che chiudo gli occhi, che la mia forma animale chiude gli occhi, mi risveglio qui, intrappolato. Rispondi solo a questa cosa, poi ti giuro che non mi vedrai mai più nella tua infinita vita da strigo solitario…”

Il bardo era sceso dalla finestra sulla quale era seduto, aveva appoggiato il liuto ed aveva spalancato le braccia fissandolo con tutto il coraggio che lo contraddistingueva.

Le parole che hai detto, che spero vivamente di non essermi immaginato, erano la verità?”

Il bardo si ritrovò a fissare negli occhi lo strigo, carico di una forza che sembrava quasi non sua. Occhi del colore dell’acqua persi in quelli dorati dell’altro uomo. 

Il cielo che si colorava dell’oro del sole.

Non voglio che tu sparisca dalla mia vita, stupido bardo da quattro soldi. Non devi osare allontanarti da me, mai più, maledizione.”

Jaskier si ritrovò a piangere, le calde lacrime cadevano dai suoi occhi senza alcun ritegno, incapace di controllarle, muovendo un piede dopo l'altro per andare da Geralt ed abbracciarlo di slancio.

Un contatto il loro che Jaskier non avvertì mai nel sogno.


 

Il sole era già alto nel cielo quando un raggio colpì il volto addormentato dello strigo che, si mosse leggermente indolenzito. Un profumo conosciuto gli inondò il naso mentre le sue mani stavano toccando qualcosa di morbido e di umano, aprì gli occhi lentamente trovandosi di fronte al volto addormentato di Jaskier.

Le sue mani erano sulle schiena, sulla sua pelle sporca e nuda. Spalancò gli occhi aprendo la bocca incapace di proferire parola, rifiutandosi di spostarsi da lì, lasciandosi cullare dal profumo e dalla sensazione della pelle nuda del bardo contro le proprie mani.

Aveva fatto uno strano sogno che pareva una sorta di realtà alternativa e lo aveva incontrato, ci aveva parlato ma non era riuscito a toccarlo.

La ferita sul collo era rimarginata parzialmente così come quella sulla coscia che Geralt si ritrovò ad accarezzare con gli occhi, desideroso di sentire l’altro vivo.

Il battito del suo cuore c’era, pulsava nelle sue orecchie ma ciò che bramava lo strigo era la voce del bardo.

“Jaskier.”

La sua voce uscì in un sussurro ma ciò bastò per portare l’uomo a spalancare gli occhi azzurri nei suoi, mente le sue mani annaspavano artigliandosi sulla sua camicia con forza.

“G...Geralt.”

Lo strigo sorrise di fronte al proprio nome dettato dalla voce distorta dal sonno dell’uomo. Aveva uno sguardo spaesato ed incredulo, si era portato le mani davanti agli occhi girandole con cura.

“Geralt cosa… la mia voce… le mie amate mani sono tornate, maledizione il mio liuto. Oh avanti!”

Geralt negò con la testa prima di tirarsi seduto seguendo la posizione che il bardo aveva preso con un scatto del bacino, iniziando a straparlare fuori controllo.

“Sono nudo e sporco! Sembra che io mi sia rotolato su chissà quale cosa che forse è meglio non sapere! Non che tu sia messo meglio, dovrò passare le prossime ore a lavarti i capelli…”

Le parole del bardo si bloccarono mentre gli occhi del bardo si fermarono abbassandosi, feriti improvvisamente, forse memori delle parole che lo strigo gli aveva urlato in cima alla montagna. Geralt sospirò rumorosamente dal naso decidendo che quello era il momento adatto per parlare.

“Jaskier, quello che ho detto mentre eri un lupo e mentre eravamo nel sogno, era tutto vero. Io...”

Lo strigo non era bravo con le parole, preferiva agire piuttosto che usare la voce, quel potere oratore lo lasciava volentieri al bardo.

Afferrò il polso dell’uomo e lo attirò a sé, facendo collidere le loro labbra in un bacio possessivo e selvaggio. Un bacio che dopo i primi secondi di smarrimento fu ricambiato con ardore ed incoscienza. Un contatto il loro che durò minuti interi, le lingue si esploravano imparando docilmente a conoscersi e a studiarsi lentamente mente le mani di Geralt si appoggiarono sul collo di Ranuncolo in modo da impedirgli di fuggire da lui.

Dividendosi solo per via della mancanza di ossigeno.

“Sei consapevole che non ti libererai mai più di me? Te lo dico a titolo informativo ovviamente…”

Lo strigo scosse il capo in un segno negativo per poi alzarsi con un leggero ghigno in volto, recuperando qualcosa che potesse coprire il bardo per poi lanciarli sulla sua testa.

“Geralt! Aspettami!”

L’uomo iniziò a camminare, fermandosi sulla soglia della porta per guardare con la coda dell’occhio Jaskier che, in modo goffo, cercava di rivestirsi velocemente per potergli correre dietro, saltellando su un piede e poi sull'altro in modo da riuscire ad indossare quei pantaloni per la stanza.

“Geralt! Dobbiamo parlare di ciò che è appena successo! G-Geralt!”

Gli era mancato sentire quella voce in sottofondo ovunque andasse, gli era mancato avere la presenza solare e smaliziata dell’altro costantemente con sé.

“Jaskier sta zitto.”

Jaskier scoppiò a ridere passandogli di fianco per poi voltarsi a fissarlo, schiacciandogli l'occhiolino in maniera ammiccante.

“Dopo tutte le belle parole che mi hai dedicato? Zittiscimi, strigo.”


 

Fine.

Io spero che siate arrivati qui senza conati di vomito o con altre patologie da me causate per via si questa storia ma vi ringrazio, chiunque legga, aggiunga da qualche parte e recensisca questa storia è per me molto importante.
Grazie infinite.
Io spero che vi sia piaciuta, come avevo accennato all'inizio, Geralt in questo ultimo capitolo si fa più dolce e chiacchierone con Jaskier ma se vi capita di leggere il libro vedrete che parla tantissimo rispetto alla serie, soprattutto con Jaskier <3
Grazie per aver letto questo mio delirio e alla prossima storia, se ci sarà!
Ciao!

"Toss a coin to your witcher
o' valley of plenty
o' valley of plenty"

 

   
 
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