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Autore: avoidsoma    29/12/2020    0 recensioni
Lucifero, dopo essere stato sconfitto da Gesù, dopo due millenni viene risvegliato nella notte di Natale da sette demoni, i sette vizi capitali, e scopre che la dottrina di Gesù non è stata sufficiente a scardinare fin alle radici il male del mondo.
Scritto per il calendario dell'Avvento di Natale 2020 organizzato da Fanwriter.it, ricordo soltanto che è un'opera di pura fantasia e lo sono anche le argomentazioni dei demoni e il contesto religioso.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lucifero e la notte di Natale

Circa duemila anni fa accadde un fatto disastroso. Successe negli ultimi tempi dell’epoca delle divinità della guerra e del cielo, dell’acqua e del fuoco, del sonno e dell’amore, della sapienza e delle loro altre mille sfaccettature, con gli innumerevoli nomi, interpretazioni e trasformazioni. Gli uomini, frastornati in tutte queste credenze, vivevano male nel mondo e ciò permise al Male di penetrare a fondo negli animi. Tra le tante culture e civiltà, l’unico vero Dio scelse il popolo ebraico come prediletto, lo guidò nei secoli verso la terra promessa e verso la retta via del bene e della giustizia.
    In quel periodo, Lucifero aveva il completo controllo del mondo, a parte per la minoranza ebraica che non lo disturbava per niente. Ma quando Dio portò al mondo Gesù, in modo da donare un credo talmente chiaro e accessibile che non si poteva non seguire, Lucifero ne ebbe paura e capì immediatamente che doveva fermarlo, altrimenti si sarebbe diffuso in lungo e in largo per i quattro angoli della Terra. E instillò per questo motivo odio e rancore nel popolo ebraico, insinuandosi nelle menti dei rabbini e dei dotti per tormentare e condannare Gesù e tutto il suo seguito. Egli sperava che in tal modo Gesù, osservando che nessuno lo ascoltasse, rinnegasse la propria dottrina e cadesse nell’oblio.
    La questione era da decidersi sulla croce. Gesù aveva ormai le ore contate, tuttavia resisteva nelle sue convinzioni. Lucifero lo provocò ulteriormente, beffeggiandolo destando gli animi degli spettatori intorno alla croce.
    «Ha salvato gli altri, ma non può salvare se stesso» disse un soldato.
    «Che Dio lo liberi, se lo ama. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”» proferì invece un sacerdote, circondato da scribi e altri dotti simili a lui.
    Finalmente Gesù alzò lentamente il capo verso il cielo limpido ed esclamò: «Dio mio! Dio mio! Perché mi hai abbandonato?», e Lucifero esultò. Diede subito ordini ai suoi demoni di preparare una cella speciale all’Inferno per quell’uomo, dalla quale avrebbe potuto torturarlo e schernirlo per l’eternità.
    Ma, a un tratto, il cielo si scurì eclissando il sole, un forte boato fece tremare l’aria e il terreno si sconquassò in due. E Gesù, gridò a gran voce: «Padre, nelle tue mani ripongo il mio spirito!» e spirò.
    La verità era una e una sola, chiara agli occhi di Lucifero: tutto era perduto. Era stato sconfitto, umiliato proprio all’ultimo e non solo, giacché nell’istante in cui accadde il misfatto era certo che l’intero male costituito nei millenni sarebbe destinato a estinguersi.
    Tale colpo fu per Lucifero fatale e venne risucchiato nelle profondità dell’Inferno. Si dimenò e gridò, ma ogni tentativo di resistenza risultò futile. E cadde sempre di più negli abissi, dapprima attraversando grotte calde come una fornace, poi nei geli e nelle nevi più remote, finché non ci fu solo oscurità.

Lucifero era sprofondato nelle viscere gelide della Terra, con metà corpo sotto il ghiaccio e il resto immerso nell’oscurità in un assoluto silenzio, completamente incosciente per tutto il tempo. Nulla gli passò nella sua mente diabolica, se non gli ultimi echi di odio che ribollivano nella sua anima nera ancora intatta.
    Passati circa due millenni, una larga faglia si aprì nella sommità dell’antro in cui era imprigionato. Dapprima penetrò una debole luce che illuminò l’ambiente, poi scesero sette esseri demoniaci, svolazzando con le loro larghe ali. Erano tutti demoni di carnagione rosso sangue, cosparsi di una nervatura nera, ognuno diverso dall’altro. Una volta scesi sulla base di ghiaccio intorno all’angelo caduto, uno di loro toccò il petto nudo di Lucifero, con una mano talmente rovente da fondere qualsiasi metallo. E Lucifero, per la prima volta da millenni, aprì gli occhi.
    Come prima cosa Lucifero si rese conto che aveva un limitato controllo del suo corpo, per gran parte rimasto ghiacciato. Riuscì comunque a vedere intorno i sette demoni e allora domandò loro: «Chi siete? Non vi riconosco».
    Rispose lo stesso demone: «Signore Oscuro! Io sono Superbia, il più importante dei Sette; noi siamo i sette vizi capitali, creati dopo la catastrofe che ti ha condotto qui».
    «Perché allora siete venuti qui? Cos’è successo?»
    «È venuta l’ora di tornare, i tempi sono propizi.»
    «Com’è possibile? E la dottrina di colui che non voglio nominare?» si meravigliò Lucifero.
    Prima di rispondere, Superbia sogghignò, mostrando dei denti aguzzi. Anche gli altri demoni intorno trattennero delle risate malefiche.
    «Sono i finiti i suoi tempi, mio signore. Oggi non c’è più la religione, ci sono gli agnosticismi, gli ateismi e sono rinati una moltitudine di nuovi dei, ancora più malvagi e fuorvianti di quelli di una volta.»
    «In che tempi siamo?» domandò allora Lucifero, incuriosito da ciò che aveva sentito.
    «Siamo nella notte di Natale, duemila anni dopo la catastrofe.»
    Tali parole fecero rievocare all’improvviso l’astio provato da Lucifero nei confronti di Gesù. Si sentì in grande pericolo e tentò inutilmente di muoversi. Lanciò un rauco grido di dolore. «Come osi allora venire qui da me, per svegliarmi proprio in un giorno terribile come questo?»
    «La dottrina di Lui è stata superata, non ci dà più alcun fastidio. Abbiamo ripreso il controllo dell’umanità, cambiando la dottrina sotto i loro stessi occhi. E ora siamo venuti per pregarti di riprendere in mano il controllo del mondo e di restaurare l’Inferno» enunciò con voce sommessa il demone.
    Che quella dottrina potesse essere stata indebolita e poi vinta, Lucifero riusciva a stento a crederci. Eppure intorno a lui c’erano i sette demoni, tutti con uno sguardo solenne e deciso. Alla fine ordinò: «Racconta!»

    «Io rappresento il vizio della superbia, il più importante, il più simile e anche il più vicino a te, mio signore» disse Superbia sghignazzando, sfoggiando la sua incredibile altezza rispetto ai suoi simili, con il suo frac nero ed elegante a cui doveva tenere molto.
    «Chi ti ha creato e che cosa fai?» domandò Lucifero.
    «È stata proprio la religione creata da Lui. All’inizio sono stato stigmatizzato affinché gli uomini non mi imitassero, ma con il tempo ho prevalso su di loro corrompendo la dottrina stessa. Ho prima iniziato ad agire all’interno della loro stessa organizzazione, chiamata Chiesa, provocando disprezzo verso gli inferiori e verso i propri simili. In questo modo gli uomini si sono nuovamente frammentati in più religioni, facilmente attaccabili presi singolarmente.»
    «Interessante» esclamò Lucifero, rallegrato per ciò che ascoltava, «Ma dimmi, com’è il mondo oltre questa “Chiesa” che tu nomini?»
    «Ci sono sempre degli uomini potenti che soverchiano i più deboli. Oggi più che mai l’umanità è individualista e presuntuosa, ognuno pensa di essere migliore degli altri, spesso infrangendo le leggi e le norme, contraddicendo la dottrina stessa.»
    «E gli atei e agnostici di cui parlavi prima?»
    «Loro stanno aumentando, lentamente ma in maniera costante. Il bello è che io convinco loro di essere superiori a tutti gli altri uomini, anche ai loro stessi parenti e amici che la pensano allo stesso modo. E questo mi permette di sviarli verso il male molto più facilmente.»
Per quanto Lucifero fosse diventato di buon umore, un’infinita di dubbi e curiosità lo tempestavano: «Le guerre? Non si sono fermate? Eppure Lui diceva: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”».
    «Oh» disse Superbia. «Le guerre non solo sono continuate, ma hanno inventato addirittura le guerre di religione! E negli ultimi anni esse sono diventate ancora più subdole, non si fanno più sui morti e sui feriti, bensì sui soldi, sulle risorse e sulla felicità degli uomini. Perché mai uccidere quando si possono punire con la povertà, senza sporcarsi le mani, per poi aspettare che loro stessi striscino sotto il cospetto dei privilegiati? Oggi i soprusi vengono direttamente giustificati, io non ho più bisogno di ingannare l’umanità, mi basta indirizzarli ogni tanto sulla retta via.»
    «Ottimo lavoro» concluse Lucifero, sorridendo per la prima volta. E Superbia gioì dentro di sé, per aver dato mostra delle sue capacità.

«E tu» comandò Lucifero indicando il demone accanto a Superbia. «Cosa rappresenti e cosa fai?»
    «Io sono Avarizia, rappresento la cupidigia e l’egoismo dell’uomo, mio signore» rispose egli avvicinandosi goffamente. A ogni passo le sue tasche, il suo viso e l’intero corpo tintinnavano sonoramente. Era ricoperto da pietre preziose, smeraldi, rubini e diamanti, incastonati nella lunga barba, e poi tanti orecchini fino a riempire tutte e due le orecchie; le mani erano coperte di anelli opulenti e vistosi, alcune con delle gemme tanto grosse da dubitare di come il demone riuscisse a muovere le mani. Neanche le ali erano state lasciate libere. E poi la sua vestaglia di colore porpora, composta da decine e decine di tasche, era zeppa di oro fino al colmo.
    A tanta opulenza Lucifero rimase sconcertato: «Che la povertà non sia stata abolita e che esistano ancora gli uomini ricchi che schiavizzano i più deboli?»
    «Sì! Sì! E non solo, la popolazione del mondo è molto più numerosa rispetto a prima e sono quasi tutti, in un modo o nell’altro, schiavi di altri uomini!» rispose Avarizia, impacciando le parole nella lingua nera e biforcuta. «Al giorno d’oggi ci sono molti uomini straricchi che dominano l’intero mondo, spesso fanno opere di beneficenza solo per avere un cuore rimpinguato e credendo di star seguendo la dottrina di colui che non si può nominare. E poi soprattutto in questo periodo...» si interruppe Avarizia, per raccogliere alcune monete d’oro cadute dalle sue tasche.
    «Dimmi: cosa succede in questo periodo?» chiese Lucifero, intenzionato a tutti i costi di ascoltare il continuo.
    «In questo periodo gli uomini si scambiano dei regali effimeri, che non servono a nulla, se non per compiacere sé stessi. Oppure donano somme simboliche ai più poveri, regalano cibo o vestiti, peccato che i poveri siano poveri tutto l’anno! Il Natale, mio signore, è l’apice di quello che oggi si chiama consumismo, ogni uomo sente il bisogno sfrenato di acquistare, così da far impoverire ancor di più i poveri, e arricchire i più ricchi, che vivono nell’agiatezza e nel lusso...»
    «Possibile?» lo interruppe Lucifero incredulo. «Possibile che questi uomini siano diventati egoisti, dopo quello che Lui gli aveva detto, cioè di dare via tutti i beni?»
    «Eh eh eh! È stato facile incanalare l’egoismo già presente in loro, è bastato fargli scoprire la scienza, la tecnologia e il benessere. Una volta fatto l’uomo è diventato geloso e fino alla morte difende i suoi averi, ottenuti con il sangue e la fatica altrui!»
    «È semplice, e mi piace. Approvo» proferì Lucifero galvanizzato dal discorso. Percepì un fuoco caldo che riscaldò l’anima e tirò fuori dal ghiaccio il possente braccio destro. I demoni rimasero sorpresi e Lucifero stesso sgranò gli occhi. Alzò in alto il braccio e mosse un pugno micidiale su Avarizia, che si spappolò sparpagliando dappertutto i gingilli preziosi. Gli altri demoni sghignazzarono e digrignarono i denti producendo uno stridore assordante, ma vennero sovrastati dagli echi gutturali dell’angelo delle tenebre.

Le membra dilaniate, sparse ovunque nell’antro, si ricomposero per riformare il corpo di Avarizia. Appena egli prese coscienza, subito corse a recuperare gli oggetti perduti.
    Ignorando Avarizia, Lucifero passò oltre posando gli occhi su un demone nudo dall’aspetto singolare: dalla vita in giù era a tutti gli effetti un demone normale, cioè assai simili agli umani, con la sola differenza della carnagione, mentre dalla vita in su aveva due busti, uno femminile e uno maschile, perfettamente sviluppati, con due teste indipendenti ma legate dalla stessa volontà.
    «Cosa saresti tu, se non un abominio?» domandò con aria severa Lucifero.
    «Io? Mio maestro, chi posso non essere se non Lussuria? Soprattutto in questo periodo natalizio, io sono più che mai presente nella vita delle donne e degli uomini» rispose il demone utilizzando il busto femminile.
    «Spiegati meglio e subito.»
    «Io», continuò Lussuria con la voce femminile, «non ho avuto bisogno di lavorare duramente come gli altri demoni, no... ho meramente lasciato gli uomini stimolare loro stessi la libidine e l’eccitazione, io ho solo indicato loro come proseguire. Sai, mio signore, in questo periodo la quotidianità viene rotta dalle festività e gli uomini credono di essere nel periodo dell’amore, provocando un aumento del desiderio, tuttavia nella realtà non si rendono conto di essere più deboli e di seguire i miei sviamenti».
    Cadde un silenzio inatteso, perché Lucifero non si aspettava che Lussuria terminasse subito di parlare. «Tutto qui? Non hai davvero altro da aggiungere?»
    E Lussuria allora proseguì, questa volta con la voce maschile: «No, mio signore, ho tanto altro da dire ma non saprei da dove cominciare. Vuoi che ti parli dell’uso più smodato della pornografia? Il dilagare della masturbazione per tutte le età? L’aumento dei divorzi e delle pratiche di adulterio, sia da parte dell’uomo che della donna? Oppure delle nuove tendenze poligame, le libere unioni, gli omosessuali, transessuali, pansessuali, asessuali...»
    «Basta!» urlò Lucifero infervorato.
    «Il mondo è cambiato e noi ve lo stiamo dimostrando» disse imperterrita la voce maschile. «Non solo i crimini del passato, come gli stupri, gli adulteri e le fornicazioni sono rimasti, ma si sono aggiunti a tante altre libertà che l’umanità ha deciso di accettare, abbandonando la dottrina originaria. E il periodo natalizio non fa altro che rendere più visibili le loro contraddizioni, tuttavia essi perseverano nel peccato per nostra fortuna. Le luci colorate, i ricordi della nostalgia del passato, la musica e i film scatenano una sorta di euforia godereccia e proprio non riescono più a ragionare.»
    Durante il discorso Lussuria si era lasciato trasportare, aveva terminato con una tale enfasi che i due busti emisero dei gemiti di piacere, si baciarono con passione per poi avvinghiarsi e sollecitandosi vicendevolmente.
    Uno sguardo soddisfatto comparve sul volto di Lucifero. Gradualmente stava credendo che non tutto fosse stato perduto duemila anni fa. E con un fare elegante e pretenzioso, riportò dietro i ricci biondi che gli erano cascati sulla fronte.

Poco distante, un demone stava scrutando Lussuria con uno sguardo fisso e attento.
    «E tu, cosa stai a guardare? Non mi hai sentito?» berciò Lucifero.
    Il demone si voltò immediatamente verso il padrone e si scusò: «Quei corpi, mio signore, quei corpi! Sono talmente belli e giovani che non sai quanto ne vorrei uno anch’io».
    La voce era di un’anziana e in effetti il corpo era di una vecchia rachitica e totalmente nuda, con un rimasuglio di capelli bianchi in testa. Aveva due gambe scheletriche, si reggeva in piedi solo grazie al fatto di essere un demone. Quando alzò lo sguardo verso Lucifero, due occhi completamente neri, serrati in un viso rugoso e stanco, fissavano l’angelo. Era uno sguardo malvagio e perfido, che le conferiva un’aura di malevolenza ancora più pressante rispetto agli altri demoni.
    «Io sono Invidia», continuò, «se vuoi, chiedi direttamente a Caino che si trova in qualche piano più in alto... Posso comunque assicurarti che è tutto vero, e cioè che la dottrina di Lui non è stata più seguita: gli uomini si sono lasciati all’invidia e loro stessi hanno costruito una società basata su di essa».
    «Bé, è una bella cosa» disse Lucifero, «Quindi anche tu lavori come Lussuria, senza interferire troppo?»
    «Io», rispose freddamente Invidia, «ho ancora bisogno di agire. Ci sono però periodi dell’anno come questi, come la notte di Natale, in cui gli uomini sono più invidiosi del normale. I regali! Già i regali sono spesso origine di quest’invidia sfrenata, insieme con le cene sfarzose, le case addobbate, il calduccio del camino e le vacanze prenotate sulla neve. Tutti vogliono tutto. Oggi il benessere è aumentato, ma in mano di pochi; ci sono tanti che sono alla ricerca di questo benessere e scavalcano ogni ostacolo, distruggendo se stessi e gli altri. Per poi non parlare dei canoni di bellezza e ricchezza impensabili, diffusi tramite i social network...»
    «Dimmi cosa sono questi “social network”!» interruppe Lucifero, ammaliato da questa parola a lui sconosciuta.
    «Oh... È un modo ingegnato dai pochi per istigare l’invidia, per ricordare a tutti che c’è sempre qualcosa di meglio da ottenere, e tramite questi strumenti riescono a tenere in saldo l’umanità. E a me basta farli distrarre e sviare la consapevolezza dalle cose che già hanno. Ecco tutto.»
    Finito il discorso, che aveva particolarmente infatuato Lucifero, Invidia tornò a osservare Lussuria, che a quanto pare reputava più interessante.
    «Che bella cosa sono i social network» sibilò Lucifero, dopo aver riflettuto sulle parole ascoltate. «Chissà il perché non ci ho mai pensato a crearli prima.»
    Egli contrasse tutti i muscoli, sia del braccio libero che del busto nerboruto. In quel momento si sentiva invincibile e rinato, con questa forza strattonò l’ultimo braccio rimasto ancora congelato e lo fece uscire fuori. E divenne ancora più malignamente compiaciuto.

«Vedo che c’è ancora fame nel mondo» commentò Lucifero, osservando il demone accanto a Invidia. Era un essere talmente grasso che, per motivi opposti rispetto al precedente, non si riusciva a comprendere come riuscisse a rimanere in piedi, dal momento che aveva una pancia enorme e che arrivava fino a terra.
    «È il secolo migliore per me, mio signore! Quanto cibo...» tentò di dire il demone, ma non fece in tempo di finire che tirò fuori dalle tasche, che non sembravano avere un fondo, diverse ciambelle zuccherate, le quali furono subito inghiottite senza essere masticate.
    Rimasto a digiuno per millenni, a Lucifero venne voglia di annichilire il demone di fronte a se, ma si trattenne soltanto perché era curioso di ascoltare cosa avesse da dire. «Smettila di mangiare e raccontami come la fame dilaga nel mondo» ordinò.
    «Io sono Gola, mio signore, e in realtà la fame oggi è diminuita, sono sempre meno i denutriti» e sputacchiò dappertutto frammenti di ciambella. «Oggi il cibo è sovrabbondante, gli umani non resistono e si abbuffano tutti i giorni dell’anno. Ma a Natale! Eh eh! A Natale, tra il cenone della vigilia e il pranzo del giorno dopo, è diventato naturale ingozzarsi fino a vomitare. C’è voglia di cibi ricercati e raffinati, che oggi sono diventati accessibili a tutti... E poi l’ingrediente principe in questo periodo: lo zucchero. Viene messo ovunque, anche nei posti più impensabili. Lo zucchero è diventato l’oppio dei popoli, altro che la dottrina di colui che non si può nominare...»
    Fiotti di saliva stavano calando dalla nera bocca del demone, l’unico che al posto dei denti aguzzi aveva dei grumi marci e putrefacenti. Prese immediatamente del cibo da un’altra tasca, questa volta uscirono delle fette intere di pandoro, con sopra dello zucchero a velo appena sparso, e li mangiò con pochi bocconi. Dopo aver mangiato, stava per riprendere a parlare, quando uno strano pallore arancione cominciò a manifestarsi sul viso: «Signore... Ho bisogno di bere...»
    Tuttavia Lucifero rimase impassibile e continuò a fissarlo in silenzio.
    «Il mondo... Il mondo...» ansimò Gola, «Il mondo nuota nel cibo, gli umani ingrassano a più non posso e muoiono prematuramente. E poi si lamentano che muoiono... muoiono...»
    Il demone mosse le mani intorno al suo collo lardoso, cercò di piegarsi per sputare fuori qualcosa che gli occludeva la gola, emettendo nel frattempo dei gemiti di dolore strazianti. Tremò d’un tratto e cadde gravemente a terra, posandosi sul suo stesso corpo ormai inerme.

Come successo ad Avarizia, poco dopo il viso di Gola tornò normale e si rialzò, come se nulla fosse successo. Riprese a mangiare, non prima di aver bevuto almeno due litri da una voluminosa bottiglia di plastica, il cui liquido era nero e pieno di bollicine.
    Intanto l’attenzione di Lucifero si era spostata sugli ultimi due demoni. Li esaminò entrambi, erano affiancati uno accanto all’altro, tuttavia uno di questi sbottò all’improvviso: «Cosa hai da guardare? Ti pare che io sia come Lussuria o Avarizia, due baracconi da spettacolo?»
    L’atteggiamento minaccioso del demone stizzì molto Lucifero e pertanto lo rimproverò: «Sono io qui che comando! Dimmi chi sei e cosa fai».
    «Io sono Ira» borbottò svogliatamente il demone. «Rispetto agli altri vizi non ho molto da dire... l’uomo è sempre stato aggressivo e debole agli attacchi di rabbia. Natale o non Natale, non cambia assolutamente nulla, magari in questo periodo tutti si fingono più buoni, ma nella realtà le vene ribollono d’ira. Ah! L’unica cosa che oggi è cambiata è che l’uomo non uccide più il suo simile per rabbia, bensì attua delle tecniche più subdole che agiscono sul piano emotivo, sfogandosi per esempio sui social network, coinvolgendo una massa di sconosciuti sulla stessa persona. Si autodistruggono a vicenda, umiliandosi e rovinando le loro vite, diventano ciechi dalla rabbia.»
    «E tu cosa fai?»
    «Io mi limito a tenere lontani gli uomini dalla dottrina, che funzionava dannatamente bene, ma essi si sono scordati e sono preoccupati di altro, così sono incessantemente in preda alla bile. Vuoi una dimostrazione?»
    Ira agguantò senza motivo il demone di fianco, stringendolo per il collo per soffocarlo, aspettando solo la conferma di Lucifero per sfogare la sua violenza. Eppure, contro ogni sua aspettativa, Lucifero negò l’esecuzione, e Ira lasciò riluttante il demone. I capelli gli si tramutarono allora in lingue di fuoco, mentre il viso diventò corrucciato e assunse un’espressione maligna e collerica.
    «Fermo!» esclamò Lucifero, e poi si rivolse solennemente all’altro demone: «E tu, ultimo dei Sette, dimmi se il mondo è davvero destinato al mio potere».
    Tale demone si massaggiò prima il collo, poi si sedette per terra e attese come se non avesse capito cosa dovesse fare. Era un essere completamente nudo, con un corpo flaccido e smorzato, annerito dallo sporco. Continuò a non dire nulla, rimase impassibile e addirittura socchiuse gli occhi. Lucifero emise un grugnito che ridestò il demone.
    «Sì mio signore» rispose seccamente. «Io sono Accidia. Posso garantirti che oggi è il momento migliore affinché tu riprenda il potere. Gli uomini non sanno distinguere più le ingiustizie con la legalità, i pochi che ne sono capaci rimangono in silenzio. E poi ci sono i tanti che oggi lavorano e quelli che vivono sulle spalle dei primi: se in passato erano in pochi, oggi sono sempre di più e cresceranno ulteriormente. Questi sono annoiati dalla vita, sono indifferenti a tutto, pure al loro miserabile futuro.»
    A udire tali parole, era ormai del tutto convinto della rinascita del suo potere e dell’Inferno, dopo che l’ultima volta gli era andata male. Comparve un luccichio negli occhi di Lucifero: era più che felice, era diventato sereno e lieto, come se non vedesse l’ora di mettere in opera le idee e le malizie che gli erano venute in mente quella notte.

«Molto bene. Avete agito magnificamente» pronunciò Lucifero, e il suo volto raggiò. «Voi meritate una ricompensa, e io vi ricompenserò degnamente.»
    Come risposta i demoni urlarono e schiamazzarono, alcuni saltavano dalla trepidazione. Solo Superbia, dopo aver esultato, si fece avanti e chiese: «Hai quindi deciso, mio signore? Ti ho convinto?»
    «Possibile che pensiate che sia stato tanto vecchio e stupido da non capire che una dottrina del genere non avrebbe funzionato? Oggi avete solamente confermato ciò che già presupponevo, attendevo questo momento da molto tempo ormai» si mise a gridare Lucifero, adirato e allo stesso tempo perfido più che mai. «Basta così. Il mio regno non è mai stato distrutto e, anche se fosse, è tempo della sua restaurazione. Seguitemi e gioite con me!»
    Egli posò le mani sul ghiaccio, il quale ancora bloccava il resto del corpo, e spinse con tutta la forza facendo perno su di esse. I demoni nel mentre danzarono intorno a lui, sempre più rapidamente, fischiando, ridendo e agitando le code a punta per tutte le direzioni, riscaldando volutamente il ghiaccio sotto i loro piedi. Lucifero sprigionò completamente le sue energie e finalmente un rumore secco riecheggiò per l’antro; il corpo insieme alle ali vennero sbloccate ed egli uscì fuori in tutta la sua stazza, lasciando sotto di sé il ghiaccio misto ad acqua fumante. L’angelo era tre volte grande i demoni. Spalancò le immense ali, irrigidite per tutto quel tempo, quindi le agitò e danzò nel mezzo, slanciando in alto le gambe.
    Quando fu pronto, si lanciò in alto verso l’apertura da cui erano entrati i sette demoni; quest’ultimi si alzarono in volo uno dietro l’altro per seguirlo. Intanto dall’alto Lucifero ridacchiò sonoramente, a sentire le grida, i pianti, i gemiti provenienti dall’Inferno. E nella notte di Natale il mondo di Cristo si eclissò, il mondo di Lucifero si ristabilì. 
   
 
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