Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: summers001    29/12/2020    0 recensioni
Braime | AU-moderna | Storia raccontata a ritroso
Aveva inviato le carte quando aveva smesso di sentirsi arrabbiata, per essere sicura di aver preso la decisione giusta. Erano passati diversi mesi che Brienne avrebbe potuto dividere per capitoli. C’era stato quello del pianto, quello della rabbia e poi quello dell’arresa. Era stato durante quest’ultimo che gli aveva inviato le carte da firmare. Fu allora che lui le aveva richiesto di incontrarsi con i rispettivi avvocati. Giusto, aveva pensato all’epoca.
Brienne leggeva le sue copie silenziosamente. I loro due nomi erano pesantemente stampati in cima al documento. Sansa Stark, in veste di suo avvocato, le puntava col dito i punti di suo interesse. Dall’altro lato del lungo tavolo, illuminato dalla luce bianca di metà mattino, Jaime Lannister faceva lo stesso con Sandor Clegane. Jaime si rigirava la sua fede attorno al dito con il pollice mentre ascoltava. Era distratto ed avrebbe voluto guardare sua moglie ancora un’altra volta prima di sollevare la penna e firmare.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rewind
Capitolo 1
 
 
27 settembre 2010
Aveva inviato le carte quando aveva smesso di sentirsi arrabbiata, per essere sicura di aver preso la decisione giusta. Erano passati diversi mesi che Brienne avrebbe potuto dividere per capitoli. C’era stato quello del pianto, quello della rabbia e poi quello dell’arresa. Era stato durante quest’ultimo che gli aveva inviato le carte da firmare. Fu allora che lui le aveva richiesto di incontrarsi con i rispettivi avvocati. Giusto, aveva pensato all’epoca.

Brienne leggeva le sue copie silenziosamente. I loro due nomi erano pesantemente stampati in cima al documento. Sansa Stark, in veste di suo avvocato, le puntava col dito i punti di suo interesse. Dall’altro lato del lungo tavolo, illuminato dalla luce bianca di metà mattino, Jaime Lannister faceva lo stesso con Sandor Clegane. Jaime si rigirava la sua fede attorno al dito con il pollice mentre ascoltava. Era distratto ed avrebbe voluto guardare sua moglie ancora un’altra volta prima di sollevare la penna e firmare. Clegane gli stava spiegando che fine avrebbe fatto la casa che avevano comprato insieme anni fa, quando il cellulare gli suonò, assordando tutti i presenti con i suoi toni polifonici. Sansa e Brienne alzarono gli occhi quel tanto che bastava per vedere Sandor Clegane abbandonare il suo cliente e rispondere al cellulare.

“Non mi paghi abbastanza Jaime Lannister per stare qui tutto il tempo solo per te.” Gli sbraitò l’avvocato appresso, rispondendo al telefono e prendendo la via della porta.

Brienne sospirò, come fosse un’altra di quelle trovate che avrebbe dovuto sopportare. Ancora per poco. Sansa accavallò le gambe in un gesto teatrale, picchiettando poi la punta della penna sul piano di vetro posto sul lungo tavolo di legno lucido. Aspettava cercando di guardare ovunque ma non la controparte, sbuffando, trattandoli con la sufficienza che meritavano. Brienne incrociò solo le dita e chiuse gli occhi, come se stesse raccogliendo le idee prima di dire la sua.

“Non è colpa mia, d’accordo?” sbottò Jaime, abbandonato contro due donne, davanti alla pila dei documenti che avrebbe messo fine al suo matrimonio definitivamente.

Brienne riaprì gli occhi con lentezza. “Non era questo che stavo per dire.” Spiegò solo.

“Ci prendiamo tutti una pausa.” Disse Sansa invece e si alzò per andarsene. I capelli le ricaddero da una spalla lisci e morbidi, coprendole le guance come se fossero una tenda. Poggiò la mano sulla spalla di Brienne in un gesto protettivo ed affettuoso e poi se ne andò.

Jaime aveva incrociato le braccia e stava aspettando con la testa rivolta al soffitto. Brienne approfittò di quel momento in cui non la guardava per darsela a gambe, lasciando sul tavolo abbandonate una coppia di penne e le due copie del documento di divorzio.
Raggiunse l’atrio di quel grande appartamento adibito a studio legale. Un tappeto rosso circolare ricopriva le mattonelle di marm0 bianco davanti a due divani dello stesso colore. Un tavolino di vetro occupava il centro della stanza, mentre a ridosso dei muri c’erano librerie in vetro, occupate da tomi di libri spessi e vecchi e soprammobili dalle forme astratte in ceramica.  Tutto pareva essere fragilissimo in quel posto, un contrasto tra il fragile ed il pesante, fatto per rompersi, per dare ai nervi. L’unico ambiente normale in cui potersi rifugiare, a Brienne pareva essere il balcone. Ci si rifugiò per respirare aria fresca e guardare fuori. Lo studio si affacciava su di un giardino, cominciò a guardarlo senza vederlo seriamente. L’erba era ben tagliata come un prato inglese, i fiori ben curati, le siepi regolari. Si fissò sulla chioma di un albero che aveva una forma strana, giocò per pochi secondi a trovarci una figura nei suoi contorni, come se fosse una nuvola. Ogni tanto il clacson di qualche auto infastidiva il suo silenzio. Per qualche attimo le parve addirittura di perdersi e dimenticarsi di tutto. Rimaneva solo una cupa sensazione di pesante tristezza.

Dei passi non troppo silenziosi la raggiunsero. Non aveva bisogno di voltarsi per capire chi fosse. Jaime si appoggiò alla ringhiera accanto a lei e guardò fuori sul giardino senza dire una parola. Rimasero fermi, muti per diversi momenti. Era semplice stargli accanto in silenzio. Erano attimi consolatori, quasi di normalità, che davano un vecchio assaggio del passato.

Dopo poco Jaime si voltò a guardarla. Gli occhi erano curiosi, affamati alla ricerca di qualcosa. “Hai qualcosa di diverso.” Fece alla fine. Attese che si girasse per guardarla meglio. “I tuoi capelli sono più lunghi del solito.” Le disse, fissandole gli occhi azzurri.

Brienne alzò il viso verso di lui. Erano soli, su un balcone sotto la luce del sole. Le era mancato ogni giorno. La pelle dorata rifulgeva, gli occhi avevano un’espressione triste, incorniciata da un sorriso spontaneo, ma debole. “Oh.” Esclamò sorpresa, tornando alla realtà. Si toccò i capelli, afferrando le punte che cadevano sulle spalle e coprivano il collo. “Sono solo la prova della mia recente pigrizia.”

“Non ti si addice.” Commentò solo lui. Era strano che parlasse poco. Era strano che non la riempisse di chiacchiere o provasse a farla ridere.

Jaime aveva distolto lo sguardo, mentre lei invece lo cercava curiosa.  “I capelli o la pigrizia?” chiese Brienne intenerita, sperando forse di scorgere un guizzo nei suoi occhi.

Le labbra di Jaime si piegarono, poi cercò di nascondere il sorriso che gli era arrivato alle guance mordendosi le labbra, quasi fosse imbarazzato. “La pigrizia.” Rispose alla fine “I capelli ti stanno bene.” Continuò poi.

“Grazie.” Fece lei, chiudendosi una ciocca in un pugno.

Rimasero in silenzio ancora con le dita incrociate ed i gomiti appoggiati alla ringhiera, fingendosi interessati a guardare fuori. Fu Jaime poi che coraggiosamente strinse prima gli occhi e poi la guardò fisso prima di parlare.  “Cos’è andato storto?” chiese. Fu come se gli fosse caduta una maschera: non era più l’uomo triste ed imbarazzato. Era tornato ad essere quello insistente, incalzante, che cercava spiegazioni, che non s’era ancora arreso al divorzio imminente.

Brienne sospirò. Non si riferiva ai suoi capelli. “Tante cose.” Rispose con gli occhi di nuovo al giardino. Quando si voltò pensò a tutto quello che c’era stato, quello che c’era di sbagliato, cosa le aveva fatto in passato storcere il naso. Non ricordò niente eccetto quella lite furente dell’anno prima. Cominciò per raccontargli, quando le venne in mente la rabbia di Jaime dopo l’abbandono di Clegane nell’altra stanza. “Ad esempio il tuo assurdo vizio di proiettare su di me i difetti della tua ex.”

Jaime si voltò di scatto “Cosa?” chiese confuso, la voce un po’ acuta e sembrava che avesse dimenticato tutto, dove fossero o perché “Questa è la prima volta che lo sento.”

Brienne credeva di aver parlato troppo, di cose di cui non avrebbe dovuto parlare che nella sua mente e che, come scoprì tempo prima anche in quella di lui, erano bandite. “E questa era un’altra ragione: non comunichiamo.” Cercò di dire per cambiare argomento.

“No, io ora voglio sapere cosa intendi.” Le disse lui, come faceva una volta: e no, signorina, riecheggiò nella mente di Brienne, non puoi cavartela così.

D’accordo. Prese un respiro profondo e si disse: perché no? “Beh, prima ad esempio.” Cominciò a spiegare “Credevi che ti avrei ritenuto responsabile per quel coglione del tuo avvocato.”

Jaime la guardò sotto il sole. Già, forse era vero: una vita a sentirsi dire di essere uno stupido ed immediatamente al primo cenno, leggi infondati e duri giudizi sopra ad una maschera di stanchezza. Prima o poi le avrebbe ripetuto che lei era addirittura migliore di quel ricordava. “Io invece gliene sono grato.” rispose “Mi ha dato l’occasione di parlare di nuovo con te.” E sorrise, questa volta per davvero, anche gli occhi raggiunsero la piega della bocca.

Eppure, Jaime era triste e stanco. Brienne si chiese quanto quell’ultimo anno avesse fatto male anche lui. Avrebbe voluto che ci fosse un modo per recuperare. Lo guardò e gli sembrava ancora il vecchio Jaime, quello che aveva cominciato a scoprire sotto la maschera da farfallone che portava i primi tempi.

Una donna li raggiunse. Si fermò dietro di loro e lo chiamò. La segretaria dello studio. “Signor Lannister?” fece quella. Jaime si voltò con fare disinvolto.  Quella teneva due tazze ferme in mano. “Il caffè.” Le allungò lei uno dei due mentre si teneva l’altro ben stretto.

“E per mia moglie?” chiese lui, fingendo di non capire che quella volesse bere un caffè da sola con lui.

La segretaria gli allungò l’altro caffè, che poi lui passò a Brienne.

Era sempre stato così con lui.
“Ed eccone un altro.” Sbuffò Brienne continuando il discorso “Era difficilissimo starti dietro. Sempre circondato da donne, ovunque andassi. Dovevo controllare che fossero tutte meno interessanti di me. Avevo solo questo per controbattere.” Fece in uno sfogo di insicurezza, indicandosi la testa con un dito, poi prese un sorso di caffè per impegnarsi la bocca, mentre si ricordava di tutte quelle volte che aveva cercato di introdurre un argomento difficile, poco alla mano, subito dopo aver visto scherzare con lui una ragazza in minigonna, come se le proprietà intellettive avessero potuto compensare la mancanza di quelle fisiche.

“E lo chiami poco?” fece lui scherzando. Era lo stesso sguardo che aveva quando la consolava: perché dovrei cercarmene un’altra? Avrebbe voluto dirle. In realtà presto avrebbe potuto. Si chiese se avrebbe mai guardato un’altra come ancora guardava lei, se avrebbe mai avuto la forza di innamorarsi ancora. Se si sarebbe mai arreso. “Hai fatto il mio stesso errore.” Cominciò a parlare tamburellando il dito con la fede nunziale sulla tazza, mentre il ticchettio nervoso si perse tra i rumori della mattina. “Hai proiettato tutti gli uomini che hai conosciuto su di me. Non faccio così schifo, sai?”

“Lo so.” Le rimase solo da dire.

“Non ho mai voluto nessuna oltre te.” Rimbeccò lui.

“Lo so.”

“E’ una cosa che non ho mai nemmeno pensato, cavolo.”

Brienne sospirò. “Siamo un casino.”

“Credevo fosse un punto di forza.” Sospirò anche Jaime, guardò fuori il paesaggio e poi di nuovo lei. C’erano tante cose che avrebbe voluto dirle, eppure non sapeva quale fosse la più opportuna o da dove avrebbe dovuto cominciare. “Sono stato da uno strizzacervelli.” Scelse alla fine. Mossa astuta perché ottenne la sua completa attenzione. Brienne si girò completamente, abbandonando definitivamente i giardini fuori. Un punto interrogativo sembrava essersi stampato sulla sua fronte. “Mi ci ha portato Tyrion.”

“Gentile da parte sua.” Ironizzò lei. Jaime abbozzò un sorriso di circostanza “Ed ora come stai?”

“Come uno che sta divorziando.”

Brienne sospirò ancora. Sul suo volto c’era la preoccupazione della donna abituata a prendersi cura di lui. Jaime la vide titubante, avrebbe voluto dirgli altro, le lesse negli occhi, forse persino consolarlo, ma aveva paura di allungare la mano ed allora stringeva la tazza. Per la prima volta in quella giornata le guardò le dita: non indossava più la sua fede. La riga chiara sotto la pelle abbronzata dell’anulare gli pugnalò il petto come se fosse uno spillo. Avrebbe voluto chiederle dove fosse, se l’avesse buttata, cosa stesse facendo in quei giorni, dove vivesse, con chi trascorreva le sue giornate, se ci fosse di nuovo un uomo nella sua vita, se controllava ancora il fornello del gas prima di andare a dormire. Di riprovarci.
“Oh, a proposito. A casa ci sono ancora tutti i regali e l’album di foto. Li vuoi?”

Jaime ci pensò. Quanto gli avrebbe fatto male guardare uno solo di quegli oggetti? “No.” Rispose triste. Ripensò alla foto incorniciata in salotto, quella a fine serata, con le sue dita sporche di panna ed il naso di Brienne pieno di torta e ridevano.  “Come sta tuo padre?” chiese poi per cambiare argomento e distogliere i ricordi. L’aveva scattata lui quella foto.

“Bene.” Rispose subito lei “Si è messo a lavorare a maglia.”

“Che cosa?” fece lui sorpreso.

“Sì, ha iniziato a comprare questi giornali.” Spiegò facendo un gesto con le mani come a minare il movimento dei ferri da lana. “Legge e copia i modelli.”
Jaime sorrise, sia davanti al suo modo pratico di esprimersi, sia pensando al vecchio Selwyn Tarth, seduto su una sedia a dondolo con un gomitolo di lana che si muoveva insieme alle sue dita.

“Hai visto la sciarpa con cui sono venuta?” chiese lei, presa come dall’irresistibile voglia di raccontargli di suo padre, delle sue creazioni o più semplicemente di una parte innocente in cui si era trasformata la sua vita. Jaime si convinse che fosse un buon segno che lei non smettesse di parlare, di raccontare.

“Ah, confeziona sciarpe.” Disse per incoraggiarla ancora e partecipare.

“Beh, per ora.” S’affrettò a rispondere lei, quasi stesse giustificando il padre “Paiono essere più semplici.” Poi parve come ricordarsi di qualcosa e si ammutolì di nuovo.

“Me l’ero dimenticato.” Fece lui senza smettere di guardarla.

“Cosa?”

“È semplice ridere con te.”

Brienne sorrise. “anche per me.”

“E perché lo stiamo facendo allora?”

Tornò l’aria pesante, la stessa che c’era in quella stanza chiusa. Brienne dovette prendere un respiro profondo per ricordarsi di essere capace di respirare. “Jaime.” Cominciò lei come se volesse rimproverarlo.

“Jaime cosa?” fece lui, voltando i palmi al cielo e battendosi le mani poi teatralmente lungo i fianchi. “Non ho trovato una singola ragione per firmare quelle carte,” e fece segno con un dito “a parte che me lo chiedessi tu.”

“Te lo sto chiedendo io.” Rispose lei supplicante.

Jaime la guardò. Non era più la stessa di prima, qualcosa si era rotto di nuovo. Notò allora tanti piccoli dettagli che prima il suo cervello aveva come ignorato: gli spessi contorni neri attorno agli occhi, le rughe meglio disegnate sulla fronte, il colorito pallido mascherato da un velo di trucco mal spalmato, le unghie rovinate prese a morsi, i vestiti che le andavano larghi, le clavicole che spuntavano fuori dal collo della camicetta. “Ok, ok.” Si arrese, di nuovo per la terza volta da quando qualcosa era andato storto.

“Brienne!” chiamò il suo avvocato.

“Arriviamo.” Fece lei voltandosi, abbandonando per sempre la vista di quel giardino.

Jaime osservò persino i suoi movimenti. Erano stanchi, non aveva quella decisione con cui faceva tutte le cose, che aveva ammirato sin dall’inizio. Voleva dirle qualcosa. Forse che sperava solo di non averla rovinata. Fece un gesto brusco, improvviso. Allungò la mano, cercò di parlarle davanti, di fermarla in qualunque modo e finì per sfiorarle il polso, ritraendosi prima ancora di riuscire ad afferrarlo. La sua precipitosità non andava d’accordo con quello che stava provando. “Brienne?” la costrinse a voltarsi. Scoprì che non sapeva cosa dirle. Come si fa a sintetizzare tutti i sentimenti di una persona in poche parole? “Sei stata la donna più importante della mia vita.” Le disse, scegliendo alla fine la cosa più semplice che riuscisse a dire a parole. Vide la gola di lei tremare e gli occhi inumidirsi, sciogliere le spalle ed allontanare lo sguardo. “Volevo solo che tu lo sapessi.”

Se fosse rimasta ancora un altro po’ in quel momento, se non avesse sentito il suono dei tacchi di Sandor Clegane camminare nervosamente nell’altra stanza, gli avrebbe confidato che anche per lei era la stessa cosa, che lo amava ancora da pazzi ma che non riusciva a superarlo. Invece chiuse gli occhi, si lasciò andare alle lacrime, incapace di andare avanti ed indietro.

Sentì la sua figura muoversi e superarla. Lo sentì aprire la porta a vetri dell’altra stanza, quella con lungo tavolo dove la stavano aspettando tutti. Perché lo stava facendo? E se avesse potuto recuperare tutto, o meglio ricominciare d’accapo? Sentì qualcuno allineare i fogli sbattendoli sul tavolo verticalmente, un gesto che aveva fatto anche lei chissà quante volte per amore dell’ordine. Si chiese per un istante quante firme avrebbe dovuto mettere ed allora si riscosse. Asciugò le lacrime col polsino della camicia e poi raggiunse gli altri.

“Tutto bene?” le chiese Sansa, quando si fu seduta al tavolo accanto a lei, come all’inizio della mattinata.

“H-hm.” Fece solo Brienne.

Clegane e Sansa pararono davanti ai rispettivi clienti i contratti ordinati. Punto per punto riguardarono i termini: la casa, il conto corrente, l’assicurazione, la macchina.
Brienne rimase attenta fino a quando non le fu messa una penna in mano ed indicata una riga vuota su cui avrebbe dovuto metterci la firma. Fece scattare la penna due volte prima di rendersi conto che era ancora chiusa. Guardò le carte e si sentì come smarrita. Notò lo sguardo di Jaime su di lei. Seppure arreso, sperava con tutto sé stesso che non lo facesse, che lo perdonasse e tornasse nella loro casa con lui. Il petto le si gonfiò d’aria e la mano destra cominciò a tremolare. La abbassò e la nascose tra le ginocchia. Ingoiò saliva, cercò Sansa con la coda dell’occhio e poi sentì un rumore. Le dita di Jaime si stavano elegantemente muovendo sulla carta. Aveva firmato. Le allungò la sua copia e recuperò quella di lei, ci piazzò sotto un’altra firma e gliela lasciò per poi andare via, facendole l’occhiolino.

Brienne guardò le due copie dei documenti firmate solo da lui e, come riscossa dall’incanto da cui poco prima sul balcone gli aveva supplicato di salvarla, autografò i documenti e chiuse gli occhi. Un brivido le passò lungo le braccia, dietro la schiena, dietro alle palpebre. Com’era facile chiudere un matrimonio? Rimase su quella sedia a piangere con la mano di Sansa che le accarezzava i capelli, fino a quando un’irreale calma le nacque dal petto e le fece muovere i primi passi verso una vita da ricostruire.


 



Angolo dell'autrice
Ehilà. Pensavate di esservi liberati di me, dite la verità!
Mi dispiaccio per l'assenza e torno di botto così con una nuova storia (senza aggiornare la vecchia...). Questa è una storia di 8 capitoli, non molti quindi, però mi è molto cara. La storia va a ritroso, parte dalla fine (il divorzio) per arrivare all'inizio. Volevo un lieto fine anche in una ff più drammatica. 
E quindi ecco qua, fatemi sapere che ne pensate. A presto
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: summers001