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Autore: Ale_LoveBS    30/12/2020    1 recensioni
Sono passati anni, secoli; o forse è prima di tutto, nel passato; o è un altro universo, lontano da noi. Non lo sappiamo... Sappiamo solo che Tris e Tobias riusciranno ad incontrarsi e ad amarsi di nuovo; non importa il quando né il dove, basta siano loro due e che siano insieme. E sarà così per l’eternità: si rincorreranno all’infinito per continuare ad unirsi.
Questo è il loro primo incontro, in un’altra vita: in un’altra occasione.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Four/Quattro (Tobias), Tris
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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UN’ALTRA OCCASIONE

Sono passati anni o forse è prima di tutto, nel passato,  o ancora siamo trasportati in un altro universo. Non lo sappiamo... Sappiamo solo che Tris e Tobias riusciranno ad incontrarsi e ad amarsi di nuovo; non importa il quando né il dove, basta siano loro due e che stiamo insieme. Così per l’eternità, si rincorreranno all’infinito per continuare ad unirsi.
Questo è il loro primo incontro, in un’altra vita: in un’altra occasione. 

 

È notte ma le stelle non si vedono bene, sono troppo fioche rispetto ai lampioni prepotenti che illuminano la strada e il marciapiede. È notte ed è inverno: il vento gelido sibila tra i vicoli tetri, che portano alla periferia della città, e si infiltra sotto i vestiti provocando brividi e morsi di dolore. È notte eppure Tris non sta tornando a casa; vuole godersi l’aria aperta, la libertà del lasciarsi trasportare dal destino, l’estasi di essere il capo di sé stessa. 

 

Il suo vagabondare l’ha condotta fino al Ponte, quello sul fiume; ci passava spesso quando era bambina, lo attraversava insieme ai compagni di scuola per andare al parco, in quei pochi pomeriggi d’estate che la mamma la lasciava uscire. Quel posto le aveva sempre trasmesso una strana sensazione: sapeva di lacrime malinconiche e al contempo di paradisiaca pace; per lei era un luogo estatico, dove avvertiva elettrica attesa. Poi il Ponte era diventato il crocevia dell’ignoto, dicevano che era vietato avvicinarvisi, tutto perché qualche anno prima un ragazzo, Al, si era suicidato: buttandosi da esso. Ma Tris, nonostante le proteste dei genitori, ci tornava periodicamente; sentiva che sarebbe successo qualcosa di magico e meraviglioso lì e se ne fregava di sembrare la ragazza strana (come la chiamano al liceo grazie a quello stupido di Peter).

 

Guarda lo scorrere lento dell’acqua sotto di lei; guarda la luna scherzare con le invisibili onde della corrente; guarda le ombre degli alberi arrampicarsi lungo l’ansa a gomito sull’orizzonte. Sente il pungente odore dell’erba; sente l’aroma secco del caffè, che arriva dalla fabbrica dall’altra parte della città; sente un profumo di pino misto a qualcosa di conosciuto. Ode lo scricchiolio delle foglie secche cadute; ode in lontananza il ronzio dei motori delle auto in centro; ode lo scroscio perpetuo sotto i suoi piedi, che la chiama a sé: come un canto di sirena ammaliatrice. Si chiude il cappotto di lana con più forza attorno al corpo e poi si siede sul cornicione della struttura architettonica, i mattoni sono congelati ma non vi bada, troppo intenta a godere del momento di tranquillità. Si alza in piedi, barcolla sul bordo pericolante e scivoloso del ponte; alza le iridi celesti al manto blu e si perde nell’immensità dell’universo, si perde nei pensieri e nei ricordi di una vita che è sua ma che non ha mai vissuto. Se chiude gli occhi può vedere quel viso, quei lineamenti che costellano i suoi sogni da mesi; può avvertire il tocco delle sue mani callose e forti, mani che sfiorano leggere e che inviano scosse calde; può ascoltare quella voce che urla il suo nome con disperazione. Non sa il perché di queste vivide immagini, ma sono diventate la sua ossessione e il suo ossigeno, sono ciò che la fa andare avanti, che la rendono completa anche se le manca un pezzo di anima. 

È una raffica più violenta di vento che la riporta alla realtà, che la getta d’improvviso nel terrore puro: che la trascina verso la morte buia. Il respiro le si incastra in gola, come l’urlo muto che vorrebbe lanciare.  Ricorda tutte le volte che le avevano detto di essere più accorta; che le avevano detto di essere meno spericolata, meno audace; che le avevano detto di essere meno diversa, meno sé stessa. Lei aveva sempre ignorato tutti, perché c’era una forza magnetica che la spingeva ad agire e sentiva che era sbagliato non seguirla, non voleva ucciderla: non voleva abbandonarsi alla normalità e uccidersi. Eppure, ora, sta cadendo nel vuoto e purtroppo questa volta non c’è una rete ad accoglierla. 

 

Qualcuno le afferra il polso: le impedisce di annegare nell’acqua torbida di cui ha paura, che melliflua trasporta via, in una danza armoniosa, la sciarpa rossa prima racchiusa al suo collo. Vede l’ombra tenderle una seconda mano e lei la stringe, con tutte le sue energie, mentre il fuoco dell’adrenalina le ustiona ogni centimetro del corpo. È una sensazione bellissima, che ha già provato.

 

Quando ha i piedi ben piazzati sui ciottoli grigi e solidi della strada, l’aria torna nei polmoni e la vista si fa più nitida. Vorrebbe ringraziare la persona che l’ha salvata, ancora immobile davanti a lei, ma le parole sono incastrate e non è abbastanza coraggiosa, nemmeno per alzare gli occhi. Le calzature del ragazzo, perché solo un uomo può portare quel numero di scarpa, sono logore: deve aver camminato davvero tanto pensa Tris; anche i pantaloni sono nelle stesse condizioni, un simbolo del tempo passato: è un viaggiatore

 

L’uomo non si è ancora mosso, ma lei sa che lo sta per fare. Lo sa dal lieve sbuffo che gli esce dal naso e che umido le solletica la fronte; lo sa dalla pressione che ha fatto con il piede sinistro, pronto a fare perno per girarsi; lo sa dal tendersi del suo corpo, che sprigiona possenza da ogni fibra. È allora che sente quel profumo, di pino silvestre, che ha un che di famigliare e di rassicurante; che le rievoca i sogni. Finalmente lo guarda ed è esattamente come nelle sue visioni: pelle rosea ma abbronzata, mascella impossibilmente squadrata, naso perfettamente dritto, occhi verde prato da far paura per quanto profondi e, infine, corti capelli cioccolato. 

È lui; l’ha trovata. L’ha salvata.  

E le sue labbra si aprono in un timido sorriso, specchio di quello di lui; le scende una lacrima solitaria lungo lo zigomo, traccia un sentiero trasparente fino al suolo, dove si conclude in un muto schianto liberando tutte le emozioni. 

E finalmente può dire il suo nome, che fino a quel momento non era riuscita ad acchiappare perché sfuggente scappava da lei; saggia sulla lingua ogni singola lettera che compone quell’uomo e non può essere più perfetto di così l’attimo in cui lo esala, ancora timorosa sia tutto un sogno: Tobias…”

Lui non risponde, semplicemente si china su di lei e la bacia. Quel bacio ha il sapore dell’eterno, ha la forza del loro amore: che batte il tempo e lo spazio; e non serve altro: sono Tris e Quattro, in qualsiasi vita. Per sempre. 
 


 

Ciao a tutti, sono Ale
Spero che questo piccolo nuovo inizio ti piaccia caro lettore e ti ringrazio di cuore per essere arrivato alla sua fine. <3

Sai, non potevo sopportare di vedere Tris e Tobias divisi, loro devono stare insieme: sono troppo belli!!
Così eccomi qui, a scrivere della loro vita e a cercare un modo per riunirli (in un futuro o in un passato non ha importanza); ora sono di nuovo insieme e spero che questa volta riusciranno a vedere le rughe del tempo l'uno dell'altra. E se così non fosse, sono sicura che si incontreranno di nuovo, infinite volte per l'eternità, così da poter vivere il loro amore. 

Un bacio a tutti e a presto. 

PS: Se vuoi lasciare un commentino, ne sarei tanto tanto felice. <3

Zaoooo!!!
   
 
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