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Autore: MusicAddicted    03/01/2021    13 recensioni
Perché la Marvel non mi può lanciare certi easter eggs palesi senza che io poi non ci crei qualcosa a riguardo.
Preparatevi al crack puro, perché la mia mente può raggiungere abissi di follia sconfinati.
Un consiglio: se vi piace Rose Tyler, fermatevi solo al primo capitolo... o non iniziatela affatto!
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jessica Jones, Kilgrave, Sorpresa
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Nulla di tutto ciò mi appartiene, solo le idee folli che partorisce la mia mente insana ^^'

La fanfic parte dall’episodio 1x8 di ‘Jessica Jones’ ‘AKA WWJD?’ … in effetti era un po’ strano che non mi fossi ancora approcciata al mio episodio preferito e poi degenera, degenera senza alcun ritegno e, conoscendomi, no, questo non è affatto strano XD

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I: Not sweet at all
 

Quel ‘Ti Amo’ le rimbombava ancora nella testa con la forza di un’esplosione.

Tutti quei mesi a pensare che lui la odiasse per averlo abbandonato, che volesse soltanto ucciderla e poi…

Ricordava ogni sua parola, quello che le aveva detto, il modo in cui glielo aveva detto.

Ricordava la sua dolcezza.

Un momento. Killgrave dolce? Era forse impazzita? Doveva aver assunto troppo alcool o forse troppo poco.
Killgrave... dolce!

La camera da letto del suo appartamento puzzava ancora di morte… la morte di un innocente, al quale Killgrave aveva ordinato di uccidersi e per cosa poi? Perché lo aveva disturbato mentre nascondeva il suo regalo.


Quanto le aveva fatto male ascoltare Robyn mentre le spiegava che suo fratello Ruben era molto sensibile sul collo, quello stesso collo che senza alcun rimorso Killgrave gli aveva fatto tagliare, godendosi lo spettacolo mentre mangiava il dolce che Ruben aveva preparato per far colpo su di lei.
Lei si era sentita morire, così come quando l'inquilina del piano di sopra aveva rifiutato il suo tentativo di conforto.

‘Questa è tutta colpa tua. Stavamo bene prima che arrivassi tu.’

Parole al vetriolo che facevano male più di un proiettile, perché erano vere.

 

Erano questi i pensieri di Jessica,  su quel taxi che la stava portando là, per ‘cominciare dall’inizio’, come recitava il post-it azzurro che Killgrave le aveva lasciato sul diario, il suo di quando era ragazzina, quello che non era riuscita a recuperare prima che Dorothy la portasse a casa Walker, solo perché non ricordava l’asse del pavimento sotto il quale lo aveva nascosto.
Lui quell’asse doveva averlo trovato.

E non si era fermato davanti a nulla per raggiungere il suo scopo.


No. Killgrave non era affatto dolce.
Non c’era nulla di lontanamente umano nella sua crudeltà sconfinata.
Forse passare del tempo con lui l’avrebbe aiutata a trovare un qualche suo punto debole per colpirlo, oppure capire se c’era un modo per resettarlo, formattarlo, come si fa coi computer quando hanno un virus.
Del resto lui un virus lo aveva, eccome.

Erano questi i propositi coi quali, una volta a destinazione, Jessica si era addentrata nella tana del lupo.
Un lupo piuttosto sorridente, vestito in modo così insolitamente casual, con quel maglione nero con lo scollo a V che gli toglieva tutta quella sua solita pomposità e lo faceva sembrare più alla mano .

 

Un lupo piuttosto mansueto che le stava pazientemente mostrando ogni angolo di quella che era stata la sua casa d’infanzia, perfettamente ricreata in ogni dettaglio.
 

Un lavoro non indifferente, che farebbe qualcuno mosso da un sentimento potente.

Jessica aveva finto disinteresse, ma la verità era che era rimasta colpita quando lui le aveva dimostrato che ricordasse di averle chiesto dove fossero i suoi ricordi più felici, ma soprattutto che si ricordasse la risposta.
Pensava che quella, ai tempi, fosse stata giusto una carineria per portarsela a letto, non che Killgrave avesse bisogno di quei mezzucci, a letto con lui lei ci andava a comando.
Tuttavia, che si fosse ricordato di quel posto voleva dire che l’aveva davvero ascoltata, era una cosa do…

 

No, Killgrave non poteva essere affatto dolce, era fuori discussione.

Non era stato dolce mentre le aveva dimostrato che stavolta la guardia del corpo e lo staff di cui si era dotato erano pagati e le aveva impartito una lezione su quanto fosse importante dare una seconda possibilità.

 

Jessica a lui una seconda possibilità non l’avrebbe mai data.
 

Non era stato dolce quando alla fine non aveva aperto la camera di Phillip quando lei si era opposta, perché era una cosa che le avrebbe fatto troppo male.


“Non sei così dura, Jessica Jones.” le aveva detto.

 

Oh, se solo lui avesse saputo che gli occhiali da sole scuri che lei aveva indossato sul taxi nel tragitto per quella casa le avevano concesso il lusso di lasciarsi andare a un breve e silenzioso pianto liberatorio, niente che un po’ di trucco e correttore ben applicato non avessero nascosto, prima di scendere dalla macchina.

 

Jessica Jones non era affatto così dura come voleva far credere.

 

Quel lupo era furbo e l’aveva intuito, ma lei non si fidava di tutte quelle moine.
Sapeva che lui non vedeva l’ora di sbranarla.

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“Mi importa di te. Gli altri muoiano pure.”

Niente affatto dolce.

Questo le aveva detto Killgrave quando lei gli aveva rivelato che c’era una bomba in cantina.
Un piano ‘geniale’ di quell’idiota di Simpson che stava per rovinare tutto.

No, questo Jessica a Killgrave non lo aveva detto, ma lui lo aveva già intuito.

Quel lupo era furbo.

In qualche modo anche generoso, quando, intenti in quella che sembrava la parodia scimmiottata di una colazione fra novelli sposi, lui aveva dato il benservito a quella spaccona menzognera della vecchia vicina di Jessica, umiliandola nel profondo, vendicando le offese che lei aveva inferto alla famiglia della sua amata.

Era bastato mostrargli anche solo l’ombra di una parvenza di riconoscenza perché quel lupo si prendesse più libertà, con una zampa... cioè una mano sulla sua.

Lei era stata ben chiara a riguardo: non avrebbe dovuto toccarla. Mai più.

Ne era  scaturita una lite dai toni piuttosto accesi, finché lui, come aveva già fatto durante la colazione, si era messo a parlare dei suoi genitori, fino a prendere una decisione e insieme a quella la sua chiavetta.

Quella stessa chiavetta che le aveva fatto recuperare, a costo di spaccarsi le dita a scavare nell’asfalto.

Quella chiavetta che le era costata la morte di Reva.

E Jessica era rimasta sconvolta quando aveva visto il contenuto di quella chiavetta, gli esperimenti a cui Killgrave, no, Kevin, ai tempi di quando era successo, era stato sottoposto, in tenera, tenerissima età.

Kevin. Un nome così poco adatto a un lupo.

Ed era in quel momento che Jessica aveva optato per il piano B, quello di formattarlo.

Poteva ancora esserci qualcosa di Kevin dentro Killgrave?

“Quindi nessuno sa che esisti, a parte i tuoi. Se sono ancora vivi.” era astutamente tornata sull’argomento lei, mentre lui, con fare un po’ annoiato, si era abbandonato sul divano, accendendo la tv.

No. Annoiato non era la parola giusta.

Killgrave si era offeso.

Offeso che dopo averle confessato quella verità che aveva sepolto per anni, proprio come era stata sepolta quella chiavetta che la conteneva, lei non lo avesse capito.

Lei, che in fondo non aveva avuto un destino così dissimile dal suo.

Convivere con dei poteri speciali perché ti sono stati imposti con la forza.

La differenza è che Kevin li aveva accolti come un dono, una liberazione, mentre per Jessica erano una maledizione, una condanna.

Forse era proprio  questo che le impediva di capirlo come si aspettava lui.

“Forse. Erano giovani. Hanno rinunciato a una bella carriera. E al figlio di dieci anni.” aveva sospirato lui, senza nemmeno guardarla in faccia, fingendo di prestare attenzione allo schermo.

Abbandonato dai suoi stessi genitori, a soli dieci anni? Costretto ad arrangiarsi da solo, contando solo sul suo potere, senza nessuno che lo aiutasse a capire cosa fosse giusto e cosa no?

Questo gli era successo? Questo lo aveva portato a diventare Killgrave?

Jessica era così sconvolta da quella notizia da incespicare sulle parole.

“Non sei più dieci.. voglio dire, non hai più dieci anni.”

Killgrave si era girato di scatto a guardarla.

“Cosa… cosa hai detto?” le aveva chiesto, con gli occhi sgranati, se possibile, ancora più grandi del solito.

“Che non hai più dieci anni.” aveva ribadito Jessica, confusa.

Killgrave si era alzato di scatto dal divano, correndo verso di lei.

“No, quello che hai detto prima, ripetilo,” le aveva chiesto, no, l’aveva più che altro implorata, con un’ansia e una disperazione che non gli appartenevano.

“‘Ho detto che non sei più dieci, ma è perchè ho sbagliato a parlare,” aveva puntualizzato lei, questo prima di giungere a una conclusione non indifferente.

“Hey un momento, te l’ho ripetuto perché volevo io, non perchè mi sentissi obbligata… eppure tu mi hai dato un ordine... perché?”

Killgrave però ormai aveva altri problemi, mentre  la testa aveva cominciato a fargli un male tremendo.

“Oh, per favore, non ti posso più controllare dal giorno dell’incidente con il bus,” le aveva risposto frettolosamente, senza dar importanza alla cosa, mentre si stringeva le tempie, “Ma non è questo il punt..ooohhhh!”

Non era chiaro se lui si fosse messo a urlare per il dolore o per la strana e inquietante  luce dorata che gli stava fuoriuscendo dal petto.

“Che significa che non mi puoi più controllare? E che messinscena stai allestendo adesso? Ti hanno aiutato Alva e Laurent vero? O qualche tecnico delle luci che hai schiavizzato come il tuo solito?” lo aveva assalito di domande Jessica.

Era una detective, Cristo Santo! Lei aveva bisogno di capire.

“Nooo… la schiavitù è la peggior condizione in cui un essere umano dovrebbe vivere e libererò anche Alva e Laurent, se prima mi fanno una torta al cioccolato, noooo meglio ancora, alla banana, non c’è niente di meglio di una banana, dovresti sempre girare con appresso una banana! Beneficiare di tutta quella goduria con un apporto di sole ottantanove calorie, un’inezia se pensi che il fabbisogno di un uomo medio si aggira intorno alle duemila-duemilacento, perché sono ancora un po’ arrugginito, altrimenti ti farei al volo un calcolo percentuale.” aveva sproloquiato Killgrave, mentre la sua mente cominciava a lavorare in modo vorticoso, in concomitanza con la luce che aveva smesso di uscirgli dal petto.

Aveva cominciato a camminare instancabilmente per il salotto, lui che solitamente era così calmo, quasi flemmatico nei suoi movimenti.
E, cosa non meno allarmante, aveva anche cambiato modo di parlare e Jessica non aveva mancato di notarlo.

“Il tuo accento… come cazzo parli adesso? E perché così veloce? Cristo, sembra che tu abbia bevuto una caraffa di caffè. E che cosa stai blaterando? Fottuto bastardo! Se è un altro dei tuoi cazzo di trucchi ti giuro che io…”

Con un altro dei suoi inconsueti movimenti rapidi, Killgrave era saltellato verso di lei, guardandola come se la vedesse per la prima volta.

“Woah! Linguaggio, Signorina, se avessi il mio cacciavite sonico te lo caccerei in bocca per cercare di moderartelo!”

“Cosa cazzo vuoi cacciare in bocca a chi, lurido maiale?” aveva sfuriato lei, allontanandosi, nell’oblio più totale riguardo a cosa stesse succedendo.

“Oh sì.. mi servirebbe davvero, peccato non averlo…” aveva borbottato lui tra sé e sé, frugando fra le tasche del panciotto, come se magicamente ne potesse trovare uno. “Ooooh, indosso un panciotto, mi piacciono i panciotti, mai come gli impermeabili lunghi però…”

“Killgrave! Smettila!” aveva sbraitato Jessica, ora dietro il divano.

Per tutta risposta, lui si era precipitato verso di lei.

“Ooohh, donna meravigliosa! Tu mi hai salvato, grazie!”  

L’aveva abbracciata, ritrovandosi due secondi più tardi, catapultato sopra il divano, con il polso che non gli si era rotto per miracolo.

“Ti ho già detto che non mi devi toccare!” aveva ruggito quella fiera leonessa.

“Ma io sono il Dottore.. o almeno una parte di lui… io abbraccio sempre umani brillanti come voi.” si era giustificato lui, alzandosi dal divano con un agile scatto di reni.

“Dottore? Che Dottore?” si era accigliata lei.

“Più Dottore Chi!” aveva ridacchiato lui, mentre lei se ne chiedeva il motivo.

Che il Sufentanil che gli aveva sparato giorni addietro avesse come effetti causati ritardati la pazzia?

“Smettila! Smettila di essere questo lunatico, insopportabilmente allegro, strambo individuo! Io preferivo il mio lunatico psico-sociopatico individuo.”

A Jessica tutto sommato mancava quel lupo.

Killgrave aveva sorriso a quelle parole.

“Sono ben lieto di sapere che ti manco già, Jessie.”

Le aveva parlato col suo solito accento fortemente Inglese, in modo più lento e anche il suo modo di guardarla era tornato quello che lo caratterizzava.

“Ma allora… era tutta una recita!” aveva borbottato confusa lei.

In qualche modo era inconsapevolmente sollevata che lui fosse tornato… chiunque fosse stato l’altro.

“Oh no, mia cara, nessuna finzione,” l’aveva rassicurata Killgrave con uno dei suoi sorrisi così tipici.  “Posso anche essermi ricordato chi sono davvero , ma questo non annulla chi sono stato per questi anni … e quello che provo per te.” aveva mormorato, tentato di accarezzare il suo volto, se non fosse per quel divieto che aveva così gelidamente imposto lei.

“Porca puttana! Che significa che hai ricordato chi sei? Chi cazzo sei?”

“Con questo linguaggio non otterrai certo delle risposte,” l’aveva messa in guardia lui, la lingua contro i denti con un atteggiamento dispettoso e divertito, il tono di nuovo allegro, l’accento British di nuovo sparito.

“Okay, riproviamo. Gentilmente… tizio con l’aspetto di Killgrave e a quanto pare anche i suoi ricordi… me lo vuoi dire chi sei in realtà, qual è la tua storia?” lo aveva esortato lei, con una gentilezza che non rientrava certo nei suoi canoni.

A quanto pare però aveva convinto chiunque le stesse davanti.

“Oh sì, ora va molto meglio.” le aveva sfoderato un sorrisone, correndo a sedersi sul divano e invitandola a fare altrettanto.

Jessica con una certa diffidenza, aveva accettato, pur mantenendo le dovute distanze.

“E se ti dicessi che i video che ti ho mostrato prima non sono mai esistiti? Che io bambino non lo sono mai stato? Semmai sono stato un po’ più giovane di così,” le aveva rivelato lui, indicandosi. “Ma mai in tenera età.  È stata tutta una menzogna, un’infanzia che non ho mai vissuto e tu me lo hai ricordato nell’esatto momento in cui hai pronunciato quella frase.”

“Non sei più Dieci?” aveva ripetuto lei, sempre più confusa a riguardo.

“Non sono più Dieci, è vero, ma sono parte di lui, lo sarò sempre. Sono la sua Metacrisi e questa è la mia incredibile storia. Ce l’hai qualche minuto o qualche ora o qualche giorno per ascoltarla? Il tempo è sempre così imprevedibile e…”

“Tu comincia a raccontare e basta!” lo aveva spronato lei.

TBC
 

Su coraggio, prendete bene la mira e lanciatemi tutti i frutti e le verdure andate a male che volete.

Però a questa cosa folle e malata dovevo proprio far prendere vita XD

Nel prossimo capitolo ci sarà tutto un flashback sul passato di Metacrisi… e capirete che cos’è effettivamente successo, qualche idea? ;P

A presto e buon anno!! <3 

Io volevo cominciarlo in modo decisamente non convenzionale, LOL

Buonanotte, è tardino certe abitudini degli anni precedenti me le porto appresso ahah

   
 
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