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Autore: MaxT    03/01/2021    8 recensioni
Antartide, anno 2047. Il trattato che vieta la militarizzazione e lo sfruttamento minerario del continente ghiacciato sta per scadere, mentre il cambiamento climatico ha iniziato a colorare i ghiacci in lento scioglimento con fioriture colorate di alghe unicellulari.
Un uomo e una donna, sopravvissuti allo schianto di un aereo, stanno cercando di salvarsi raggiungendo su una motoslitta una lontana stazione meteorologica segnata su una mappa. Entrambi si nascondono a vicenda un segreto mentre, osservati da occhi invisibili, proseguono verso il luogo misterioso. Vi troveranno la salvezza, o l'epicentro del pericolo che li minaccia?
La storia partecipa al concorso 'Manuale di Sopravvivenza Vol.1' indetto da Spettro94
Genere: Avventura, Science-fiction, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Neve rossa

 

Capitolo 4 : L'agguato

 

 

Roger riprese a parlare, guidando la motoslitta ad aggirare un primo massiccio affioramento di roccia che incombeva su di loro. “Malony, hai detto che la nostra meta è dopo quell'altro...”.

D'improvviso un movimento al margine sinistro del suo campo visivo lo fece scattare. Quello che gli era sembrato un macigno innevato d'improvviso si alzò, rivelandosi come un orso polare in agguato. Fulmineamente la belva si scagliò contro di loro.

“Aah! Attento a sinistra”, strillò Malony con un acuto di cui non l'avrebbe ritenuta capace.

Lui deviò d'istinto verso destra, facendo andare a vuoto il primo attacco dell'orso.

“Accelera , presto, ci sta alle calcagna”, gridò Malony voltandosi verso dietro.

Roger cercò di aumentare la velocità, ma c'era qualcosa che rispondeva male nei comandi della motoslitta. “Non accelera di più. Qualcosa non va”. Buttò rapidamente un'occhiata verso una scala luminosa che aveva tutta l'aria di rappresentare la carica della batteria. “Eppure non mi sembra esaurita”.

“Comunque stiamo guadagnando terreno”, constatò lei. Sentendosi un po' più sicura, sollevò il tablet per prendere qualche fotografia dell'aggressore, ma dopo un tentativo infruttuoso gemette, sconfortata: “Roger, il mio tablet non funziona più”.

“Ma ti pare il momento?” sbottò lui, “Piuttosto, sta continuando a seguirci?”.

“Si, ma abbiamo più di cento metri di vantaggio”.

“Non è che l'orso stia seguendo la scia di profumo che ti lasci dietro?”.

“Magari preferisce l'odore delle tue ascelle”, ribatté lei piccata.

Roger, irritato, decise che aveva di meglio da fare che perdersi in battibecchi.

“Bene, dimmi se si avvicina. Tento di ritornare nella direzione originale”. Cominciò a deviare verso sinistra, stando attento a non perdere il suo vantaggio sulla belva. “Sta continuando a starci dietro. Quanto a lungo è in grado di correre un orso polare?”.

“Non ho idea. Ammesso che sia davvero un orso”, rispose lei armeggiando con il suo tablet. “Strano che si sia guastato proprio adesso”.

“Guastato l'orso?”.

“Il tablet, smemorato!”.

“Addio foto ricordo”, sospirò lui.

“Addio mappa e addio bussola, pure”, aggiunse lei. E addio foto ravvicinate per gli analisti dello SVR-RF, il Servizio Informazioni Estero della Federazione Russa. Si augurò che almeno i droni e i satelliti stessero facendo il loro lavoro.

Roger sterzò dolcemente per riportarsi nella direzione corretta, tenendo d'occhio la distanza dall'orso nello specchio retrovisore. “La nostra destinazione dovrebbe essere dietro quella seconda altura là a sinistra, vero?”.

“Proprio lì”.

“Bene, torniamo ad accostarci”. Riprovò ad accelerare. Questa volta il comando rispose correttamente, e Roger portò la motoslitta alla massima velocità. “Ancora in lutto per il tuo prezioso tablet?”.

“Stranamente, ora funziona”, constatò lei. “Ora ha ripreso... Oh, no, si è fermato di nuovo!”. Torna a guardare dal finestrino. “Roger, un altro orso! Ci taglia la strada, a sinistra!”.

Anche lui vide il secondo predatore avvicinarsi. “Merda, non possiamo certo arrivare fino al mare per sfuggirgli!”. Decise di fare una sterzata nettissima sulla sinistra. “Malony, ora sposta tutto il tuo peso a sinistra”. La motoslitta, in piena velocità, si inclinò pericolosamente sulla destra.

“Perevorachivaaaaaayem!” strillò Malony, sporgendosi verso sinistra per bilanciarla fin a deformare la capottina di tessuto.

“Cosa?”

“Ci ribaltiamo!”, ripeté lei in inglese.

Dopo un lungo momento di sbilanciamento, la motoslitta completò la sterzata rimettendosi dritta, e Roger la spinse in piena velocità nel varco tra i due orsi.

I due predatori si strinsero sul mezzo che scheggiava tra di loro. L'orso sulla loro sinistra si buttò avanti, allungando una zampa artigliata verso la motoslitta che gli passava vicinissima. Gli artigli squarciarono il lato sinistro della capottina dal fronte al retro, lasciando cinque fenditure così nette che sembrano fatte con dei rasoi, i cui lembi presero a mulinare mossi dai vortici d'aria.

Il mezzo passò fortunosamente in mezzo alle due belve.

Dopo un lunghissimo attimo sospeso, Roger scrutò attraverso gli specchietti retrovisori. “Li abbiamo seminati!”, gridò trionfante, poi si concesse di aggiustarsi il passamontagna sul viso sferzato dal vento gelido.

 

Antartide, sala operativa sotterranea

 

Signore”, disse il sergente Benson senza levare gli occhi dalla sua console, “Gli intrusi sono passati proprio in mezzo ai Bear. Si stanno allontanando da Spectre 7 e stanno venendo di nuovo in questa direzione”.

Ho visto, ho visto tutto”, gemette il colonnello Taylor coprendosi gli occhi. “E per giunta quei bestioni di ferro hanno lasciato dei segni sulla motoslitta. Questo non doveva succedere!”.

Avevano ancora sei minuti prima del passaggio del prossimo Kosmos. Guardò il monitor più in alto con la mappa dello schieramento difensivo. “Ora stanno dando il fianco a Spectre 12. Forse riusciamo ad accecarli col laser. Date l'ordine”.

 

A sei chilometri di distanza, con un debole ronzio di motori elettrici, il robot si spostò rapidamente verso la posizione di tiro. I suoi cingoli di gomma, nascosti sotto la cappa biancastra che gli conferiva l'aspetto di un cumulo di neve, arrancarono per portarlo su un piccolo rilievo che gli consentisse di avere una linea di mira libera verso gli intrusi.

Appena la visuale fu sgombra, una lingua di plastica biancastra venne sollevata dall'interno, e la sommità dello specchio di puntamento del laser accecante si sporse all'esterno per alcuni centimetri. Con un soffocato rumore di circuito elettrico, l'arma lanciò la sua invisibile sciabolata di raggi infrarossi.

 

Alla guida della motoslitta, lanciata alla massima velocità, Roger chiese: “Ci stanno ancora inse...”

“Ahh!”. Un grido di Malony lo interruppe. “Non guardare a sinistra! Non guardare a sinistra!”.

“Cosa... Cosa c'è a sinistra?”. Per un attimo si voltò, poi realizzò ciò che aveva sentito e tornò a guardare davanti a sé. “Malony, cosa succede? Cosa c'è a sinistra?”.

“Non ci vedo più. Dev'essere stato un laser accecante. Non guardare!”.

“Oh, merda, chi mai potrebbe...”.

 

Antartide, nove mesi prima

 

Resti immobile solo un attimo, signor Wilson. Trattenga il respiro”. Il tecnico controllò che il mento fosse ben centrato sul supporto, poi pronunciò: “Hal, scansione 3D”. Un breve ronzio elettrico fece seguito alle sue parole. “Bene, questa è fatta, prenda pure fiato. Ora passiamo alla scansione delle retine”.

Roger guardò con interesse i macchinari del laboratorio tutt'attorno. “Mi tolga una curiosità: capisco la scansione della retina per poter aprire le porte, ma a cosa serve la scansione 3D del volto? Non ho visto nessun sensore che sfrutti questo metodo, nella base”.

Qui dentro no, ma se mai le dovesse capitare di uscire all'esterno, da questo riconoscimento potrebbe dipendere la sua vita”.

Perché? Che cosa c'è all'esterno di così pericoloso?”.

Il tecnico fece una smorfia, come per serrarsi le labbra con i denti. “Si auguri di non doverlo scoprire mai”.

 

Lentamente, Roger realizzò che un nuovo odore metallico stava avendo la meglio sul passamontagna davanti al viso e sui vortici di aria gelida che turbinavano attraverso la capottina lacerata. “Malony, sei ferita?”.

“Solo un graffio”, rispose lei a denti stretti. “Anzi, cinque graffi”.

“Oh merda! Perdi molto sangue?”. Avrebbe voluto voltarsi, ma con la motoslitta lanciata alla piena velocità non era proprio il caso.

“Solo un poco. Fai presto, Roger, raggiungi quel sito più velocemente che puoi. Forse ora abbiamo qualche minuto in cui qualcuno veglia su di noi”.

“Resisti, Malony!”. Mantenne la direzione verso il contorno dell'altura in distanza, stando attento a non guardare sulla sinistra, da dove era partito il raggio accecante. Sapeva che così non avevano molte possibilità di sfuggire a un altro agguato, ma non aveva scelta.

Quella montagna dove erano diretti sembrava pian piano più vicina. Era davvero un luogo di salvezza, o piuttosto l'epicentro della minaccia?

 

Antartide, nove mesi prima

 

Superata la pesante porta insonorizzata, cominciarono a percepire il rumore dei macchinari proveniente dal fondo del lungo tunnel. Andando avanti, sempre più si percepivano le vibrazioni propagate nel pavimento e nelle pareti di roccia grossolana, finché sboccarono in uno slargo illuminato a giorno dai fari a led. Alla loro destra, tre veicoli cingolati carichi di materiali di escavo attendevano davanti a un portone metallico chiuso. Dal tunnel di fronte, un altro cingolato carico emerse da una nebbia di polvere che sfumava le luci dal fondo, mettendosi in coda ordinatamente dietro agli altri.

Un uomo di mezz'età dall'aria autorevole, con cuffie e un microfono che si intravedevano sotto il casco da cantiere, stava scandendo: “A tutti i conducenti: mancano sei minuti alla luce verde. Tempo a disposizione per lo scaricamento: quattordici minuti. Squadra innevamento: meno venti minuti. Avete quattro minuti per la copertura nevosa. Tra venticinque minuti, tutti dovranno essere di nuovo al coperto”. Poi l'uomo si voltò verso il gruppetto e sorrise.

Oh, ecco i nuovi arrivati. Ben venuti, ragazzi”. Si tolse il casco e le cuffie, rivelando la testa calva e il viso quadrato incorniciato da una barbetta sale e pepe.

Alcune voci dal gruppo risposero al benvenuto.“Grazie” “Buongiorno”, “Piacere” “Ciao John”.

L'uomo li studiò con uno sguardo penetrante. Disse qualcosa che non fu compreso bene, coperto dal frastuono di qualche trivella proveniente dal tunnel nebbioso. Resosi conto che non veniva sentito, l'uomo si rinfilò il casco col microfono e gli auricolari e fece cenno a tutti di accendere la trasmissione.

Mi sentite ora? Ben venuti, ragazzi. Vedo alcune nuove reclute tra voi. Mi presento, il mio nome è Ben Sailor, ingegnere minerario, e sono il direttore di quella che tra qualche anno diventerà la più ricca miniera al mondo di terre rare. Scandio, olmio, neodimio sono presenti in queste rocce con una concentrazione tale da far impallidire la maggior parte delle poche, strategiche miniere sparse per il nostro pianeta. Tutte le prospezioni eseguite finora indicano che in pochi chilometri, in questi rilievi, è concentrata una quantità di questi elementi tale da poter far diventare l'Australia la prima produttrice al mondo di questi metalli indispensabili per molte tecnologie moderne”.

Le parole del direttore furono seguite da sommesse esclamazioni di meraviglia.

Molti sanno che questa risorsa ha avuto un'importanza strategica nelle contese geopolitiche, e qualcuno sospetta che sia la vera causa che ha mosso diverse guerre, invasioni e colpi di stato nell'ultimo mezzo secolo, anche se nascosta dietro pretesti ideologici, religiosi o di odio interetnico.

Inoltre questo luogo deserto, lontano da ogni ecosistema significativo, è l'ideale per stabilirvi i processi di purificazione dei materiali, altamente inquinanti ed energivori”. Dopo una breve pausa a effetto, il direttore continuò: “Per ora vale ancora il trattato internazionale antartico che vieta le rivendicazioni territoriali e lo sfruttamento minerario dell'Antartide, per cui non abbiamo iniziato l'estrazione massiva del minerale né il suo trattamento, in quanto sarebbe impossibile farlo con la dovuta riservatezza, ma mancano solo due anni alla scadenza di quel trattato obsoleto. Qui stiamo preparando le infrastrutture, le gallerie, le prospezioni per poter iniziare l'estrazione e il trattamento dei minerali in tempi brevi, e per poter rivendicare la precedenza del nostro paese nel possesso e nello sfruttamento di questo territorio ancora vergine”.

Il discorso del direttore fu accolto da un caldo applauso, smorzato dal frastuono della trivella.

L'uomo continuò: “Questo giacimento è all'interno dell'area antartica storicamente rivendicata dal nostro paese, a soli quattromila chilometri dalle nostre coste, mentre tutti i paesi che potrebbero contestarcene il possesso si trovano quasi dall'altra parte del pianeta. Nonostante ciò, i nostri militari si stanno preparando a difendere questo giacimento dalle eventuali pretese straniere, ma su questo non vi posso dire molto. Anzi, è meglio che non cerchiate di scoprire niente di più”.

 

Malony stava reclinata sullo schienale, tentando di comprimersi la ferita sul braccio sinistro. Su quel lato non riusciva a vedere niente, mentre con l'occhio destro le restava ancora qualche visione periferica, anche se scurita. La fovea della retina doveva essere stata lesa: quando cercava di fissare un dettaglio, questo veniva inghiottito da una nebbia scura e lampeggiante.

“Vai avanti veloce, Roger, la nostra unica speranza è raggiungere quel sito”.

 

Mosca, due mesi prima

 

Malina Nikolayevna, le nostre squadre di soccorso saranno allertate nel momento dell'incidente aereo, ma vi daranno il tempo di allontanarvi dal luogo dello schianto e seguire il vostro percorso fino all'obiettivo. Saranno tempestive ad arrivare nel momento esatto in cui giungerete in vista della base. Sarà un intervento di soccorso massiccio e corale in diretta TV, proprio sulle porte di quel luogo. Naturalmente i nostri elicotteri di soccorso celeranno ogni sorta di sensori e macchine fotografiche per poter documentare quel sito da vicino, ma senza presentarsi come intrusi, piuttosto come salvatori. Né a loro, né a voi potrà succedere qualcosa di male senza essere documentato e mostrato al mondo in tempo reale”.

 

“Roger...”. Lo chiamò a mezza voce lei. Aveva iniziato a provare nausea, mentre il respiro e il battito del cuore stavano pian piano accelerando. L'effetto della perdita di sangue dal braccio cominciava a farsi sentire.

“Come ti senti, Malony?” rispose lui premuroso, ma senza distogliere gli occhi dalla guida.

“Abbastanza bene”, rantolò col tono più gioioso che riuscì a fare, ma non le riuscì molto convincente. “Volevo dirti... quando sarà il momento, prova a toglierti il passamontagna, gli occhialoni e il cappuccio”.

“Che cosa? Perché?”.

“Per farti riconoscere”.

 

Mosca, due mesi prima

 

Ancora non ho capito una cosa, signor colonnello: se non sappiamo perché la precedente squadra di esploratori è scomparsa, in che modo la presenza di quel tipo dovrebbe risparmiarmi la stessa fine?”.

Il colonnello Matarov le rispose senza guardarla negli occhi: “Abbiamo motivo di pensare che, qualunque sia il modo esatto in cui è accaduto, non si ripeterà se riconosceranno una persona autorizzata ad accedere a quel sito”.

 

Roger restò incredulo. “Farmi riconoscere? E chi dovrebbe riconoscermi? Gli orsi?”.

“A te sembravano davvero degli orsi?”.

“Non ti capisco. Malony, sei sicura di sentirti bene?”.

“Non preoccuparti per me, corri. Arriva su quel sito, abbiamo i minuti contati. Falli correre. Tirala per le lunghe, fatti vedere da tutto il mondo mentre girerai attorno a quelle quattro casupole. E ricorda questo: come ultima cosa, quando non potrai fare altro, scopriti il viso e fatti riconoscere da loro”.

“Sì, Malony”, rispose lui con tono premuroso. Poveretta, è in pieno delirio.

 

Antartide, sala operativa sotterranea

 

Il sergente Keith, alla console sinistra, si voltò verso il colonnello Taylor. “Signore, anche il Kosmos 3938 è passato. Abbiamo sette minuti fino al prossimo satellite da ricognizione cinese, undici al prossimo giapponese e ventidue fino al prossimo Kosmos”.

Non mi interessano i musi gialli, sergente Keith. Al momento attuale sono i russi che ci tengono gli occhi addosso”. Il colonnello guardò le iconcine sulla mappa. “Mandate avanti Bear 12 e 14. Alzate i disturbi elettronici al massimo. In ventidue minuti possiamo farla finita e coprire quanto resta sotto una spanna di neve”.

D'improvviso si sentirono voci concitate fuori dalla porta della centrale operativa. Un militare di guardia stava opponendo un incerto rifiuto a qualcuno che insisteva. Poi la porta si spalancò. L'ingegner Ben Sailor entrò e li guardò con occhi lampeggianti. “Colonnello Jim Taylor! Posso sapere cosa state combinando a pochi chilometri dal mio impianto?”, tuonò la sua voce autorevole.

Il colonnello si voltò gelido verso l'intruso. “Ingegner Sailor, quest'area è interdetta ai civili, e io sono il solo responsabile della sicurezza di questo sito”.

Lo so già cosa state combinando! I vostri robot sono nuovamente pronti a fare a pezzi due persone, proprio sulla nostra porta di casa”.

Il colonnello, rigido, si voltò verso gli operatori. Da chi poteva essere stata divulgata quest'informazione? “Benson, prosegua seguendo le istruzioni originarie, tra un attimo tornerò a supervisionare il lavoro”. Poi, gelidamente, si rivolse all'ingegnere. “Io rispondo del mio operato solo ai miei superiori, e sto portando a termine l'incarico che mi è stato assegnato da loro. Ora vuole uscire, o devo farla accompagnare via dai soldati?”.

Il direttore scandì, deciso: “Colonnello, la sua ostinazione è stupida. L'esistenza della nostra base è già stata scoperta, e siamo sorvolati di continuo dai satelliti stranieri. Non possiamo...”.

Appunto per questo, non mi faccia perdere i pochi minuti preziosi che abbiamo prima del prossimo!”. Fece un cenno ai soldati di guardia. “Accompagnate questo civile fuori dalla sala operativa”.

I due soldati si fecero avanti, esitanti, e presero con poca convinzione le braccia dell'ingegnere, che si divincolò. “Non possiamo farci trovare con i cadaveri sulla porta di casa e gli orsi con gli artigli grondanti di sangue! Questi non sono degli spetsnaz in missione segreta in un deserto dimenticato da Dio, sono due sopravvissuti a un incidente aereo...”.

Un incidente fasullo, una montatura! Portatelo via, soldati! E' un ordine!”.

E li stanno cercando proprio qui!”, finì Sailor mentre i due soldati iniziavano a trascinarlo verso la porta.

Il colonnello gli voltò le spalle. “Sergente Benson, procedete, dunque!”.

Sì, signore. Bear 12 e 14 gli stanno andando incontro. Il 14 lo attaccherà da sinistra. Il guidatore sembra sfuggito a tutti gli impulsi laser accecanti, il che fa pensare che non guardi mai da quella parte per sua scelta. Nel momento dell'attacco di Bear 14, Spectre 12 lancerà altri impulsi laser da lontano, e se quell'uomo si volterà a guardare sarà finito”.

Ci conto. Quanto manca?”

Cento secondi all'attacco, signore”.

Di lato, il sergente Jacobs intervenne con tono allarmato: “Signore, i sensori segnalano due elicotteri provenienti da nordovest”.

Maledizione, a che distanza?”.

Solo ventidue chilometri, in avvicinamento rapido. Sono diretti proprio qui. Sei minuti all'arrivo”.

A suo fianco, il sergente Keith aggiunse: “Ce li segnalano anche dalla stazione Ross 2. Sono del soccorso navale russo. Ci segnalano inoltre un altro elicottero di soccorso neozelandese in avvicinamento da est e uno francese da nordovest”.

Il colonnello strinse i denti a queste notizie. “Lo avete capito? I russi ci vogliono fregare, ci hanno mandato addosso un sacco di testimoni con la scusa della missione di soccorso!”.

Colonnello, venti secondi all'attacco”, interruppe il sergente Benson. “Mi confermate l'ordine?”.

Confermo. Fateli sparire e seppelliteli sotto la neve. Disturbate le emissioni di tutti gli eventuali segnalatori di posizione. Quattro minuti, sergente, o ne risponderemo tutti di persona!”.

 

Roger scorse il movimento da sinistra con la coda dell'occhio, e istintivamente scartò. Vide la sagoma dell'orso vicinissima incombere sul loro mezzo. “Attenta!”.

Malony strillò buttandosi sul lato destro, e gli artigli penetrarono nuovamente nella capottina, squarciandola ancora e facendo presa sul mezzo. Con un rumore metallico, qualcosa si staccò dalla fiancata della motoslitta.

“Non guardare a sinistra”, gridò lei con quanta voce aveva in corpo.

“Tranquilla, non ho guardato”, rispose lui socchiudendo gli occhi. “Malony, sei ferita?”.

“Non più di prima. Ha preso solo la motoslitta, credo che abbiamo perso un bel pezzo di fiancata”.

 

Antartide, sala operativa sotterranea

 

Signore, Bear 14 non l'ha fermato. Inoltre non so se il laser di Spectre 12 ha avuto effetto, forse l'orso era in mezzo proprio in quel momento”.

Maledizione, Benson, lo fermi, o le giuro... Sergente Jacobs, quanto manca all'arrivo degli elicotteri?”.

Quattro minuti, signore”.

Con la fronte imperlata, il sergente Benson disse: “Bear 12 è quasi in posizione. Mi conferma l'ordine, signore?”.

Confermato. Morti e sepolti, in tre minuti! Esegua!”.

 

Sul primo elicottero

 

Tre minuti all'arrivo, colonnello Matarov”, comunicò il pilota dell'elicottero . “Si comincia a vedere l'obiettivo all'orizzonte”.

Molto bene”, rispose il colonnello seduto al suo fianco, irriconoscibile sotto il casco con la visiera. L'elegante completo civile che gli era abituale aveva lasciato il posto alla tuta arancione dei soccorritori.

Da dietro, un altro aviere armeggiò alla sua console. “Colonnello, ho perso l'audio dell'obiettivo. Il segnalatore lo dà fermo sulla neve a otto chilometri da qui, sedici gradi sulla sinistra”.

Allora siamo nel momento clou. Pilota, dirigiamoci sulle tracce del segnalatore. Trasmettere in codice all'elicottero due di continuare sull'obiettivo originale e abbassarsi con tutte le camere in funzione per documentarlo da vicino”.

Mentre l'elicottero virava a tribordo, il colonnello gongolò. “Malina Nikolayevna Petrova, da pecora nera della SVR-RF sarai promossa a martire innocente di un grande crimine internazionale. Tra poche ore, il tuo nome e la tua immagine da principessa delle favole saranno noti e rimpianti in tutto il mondo”.

 

 

“Come ti senti, Malony?” insistette Roger.

“Non preoccuparti. Arriva in quel posto, ad ogni costo! Quanto manca?”.

“Stiamo per girare attorno alla montagna”.

“Allora è subito dietro”.

Una vibrazione e un rumore di gomma che striscia cominciarono a levarsi da sotto il mezzo. “Non tradirci adesso, slitta slittina”, pregò lui. “Ancora poche centinaia di metri...”.

Il mezzo cominciò a rallentare. “Manca pochissimo, come può finire così?”, disse fra sé.

“Abbiamo passato la montagna?” chiese lei da dietro.

“Quasi. Si comincia a vedere dietro... Un edificio, là in fondo. Due. Li vedo! Tre edifici!”.

Con un bruttissimo rumore e un sussulto, la slitta rallentò fino a fermarsi. “Il cingolo! Maledizione!”. Roger si voltò verso dietro, e allora lo vide. Un altro orso, o forse lo stesso, si stava avvicinando di corsa da sinistra. La belva rallentò, e sembrò scrutarlo. Inutile tentare una fuga. Roger si alzò in piedi e uscì lentamente dal mezzo, guardandosi in giro. Ormai l'animale era a pochi metri, mentre si cominciava a sentire il battito di pale di un elicottero in lontananza. “Ormai finisce qui”, si disse, osservando la belva che si avvicinava. Nei suoi occhi vide un riflesso violetto, simile a quello delle ottiche di una telecamera, e in quel momento fu sicuro che quello che stava per porre fine alla sua vita non era un animale.

Dalla motoslitta, Malony gemette: “Roger, mostragli il viso! Togliti il passamontagna”.

Ormai la belva meccanica era a pochi metri, come indecisa. Un secondo orso stava arrivando di corsa, seguendo la traccia della motoslitta immobilizzata.

Roger si tolse gli occhiali, e si sfilò il passamontagna arancione. Abbassò il cappuccio, e lasciò che la luce del sole calante illuminasse a pieno il suo viso sferzato dal vento. Il suono ritmico dei rotori degli elicotteri rimbombava sempre più forte sul ghiacciaio e sul fianco delle montagne.

Ormai il suo destino non apparteneva più a lui.

 

 

  
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