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Autore: _Misaki_    09/01/2021    5 recensioni
Tra i grattacieli della moderna Seoul si nasconde l'associazione segreta per cui lavorano Iris, May, Wendy e Lizzy, quattro agenti oberate di lavoro. Al rientro dall'ennesima missione viene subito assegnato loro un nuovo, urgente incarico: recuperare una micro SD che contiene preziose informazioni sulle attività estere di una nota organizzazione mafiosa. All'inizio sembra un gioco da ragazze, ma la situazione si complica quando il nemico, ex collaboratore della loro stessa agenzia, ordina ai propri sottoposti di ucciderle.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 DANGEROUS
 
- Cap. 19 -
  
 





   Mentre Iris era sull’isola, Wendy si era recata di nuovo in ospedale ad assistere Dawon. La giornata era trascorsa abbastanza tranquillamente, incursioni dell’infermiera Maria a parte, ed era già arrivata l’ora di cena. Iris non si era ancora fatta sentire e Wendy cominciava a preoccuparsi. Aveva provato più volte a chiamarla al cellulare, ma non aveva mai ricevuto risposta; scattava sempre la segreteria con il solito avviso: “numero non raggiungibile”. Il GPS collocava Iris ancora sull’isola, ma si stava facendo buio e in più era scoppiato un brutto temporale. Si era alzato il vento e la pioggia era fitta, era praticamente impossibile allontanarsi in barca in quel momento.
   «Merda!» imprecò l’agente, camminando nervosamente avanti e indietro per la stanza con in mano il cellulare, controllando per l’ennesima volta il segnale GPS.
   «Wendy, tutto ok?» le chiese Dawon, un po’ preoccupato, ma fu ignorato. «Wendy?» provò a chiamarla di nuovo.
   «Cavoli, devo uscire…» disse tra sé e sé la ragazza, prendendo la giacca e andando verso l’uscita.
   «Wendy!» la richiamò Dawon, questa volta a voce più alta. Si era alzato dal lettino dell’ospedale e l’aveva fermata per un braccio. «Che sta succedendo?»
   «Devo andare. Iris è ancora sull’isola, devo andare a prenderla!» spiegò sbrigativamente.
   «Che isola?»
   «Non lo so, è partita stamattina per un’isola vicino alla costa e ha detto che sarebbe tornata entro stasera, ma non riesco a contattarla.»
   «Non puoi andare in mezzo a questa tempesta, è pericoloso! Sicuramente domani mattina il mare sarà più calmo e potrai andare a prenderla.»
   «Ma è là fuori da sola! Se le è successo qualcosa? Devo andarci!»
   «Se è sulla terra ferma in qualche modo se la caverà, non preoccuparti. Resta qui per stanotte, andare in mare è quasi sicuramente un suicidio.»
   «Ok…» rispose Wendy. Riflettendoci meglio, uscire in mezzo alla tempesta non avrebbe di certo risolto nulla.
   «Vieni, andiamo a sederci.» Dawon, con il braccio sano, spostò due sedie davanti alla finestra e si sistemò vicino a lei, pensando a un modo per tranquillizzarla. «Provo a chiamare Taeoh e Daeju, magari sanno se Iris è rientrata.»
   «Sì, chiamali. Magari è con loro…»
   Dawon provò a chiamare Taeoh, ma anche il suo telefono era irraggiungibile, allora chiamò Daeju.
 
   «Pronto?» rispose il ragazzo dall’altro capo del telefono.
   «Daeju, sai dov’è Iris? Wendy è un po’ preoccupata visto che non è ancora tornata.»
   «Uhm, Iris?» ripeté lui, pensandoci un attimo. Probabilmente non si aspettava quella domanda. «No, non so dove sia…»
   «Uhm. E Taeoh? Non risponde al telefono, per caso è lì con te?»
   «No, stamattina ha noleggiato una barca per andare su un’isola, sarà ancora là probabilmente.»
   «Su un’isola? Anche lui?» chiese conferma Dawon, un po’ allarmato.
   «Chi altro?»
   «Iris! Saranno andati insieme?»
   «È vero, ora che ci penso mi aveva detto che sarebbe andato a cercarla prima di partire. Di sicuro con questo temporale saranno rimasti là per la notte.»
   «Umm, ho capito. Va bene, ci vediamo domani allora. Se si mettono in contatto con te fammi sapere.»
   «Ok, ciao.»
 
   Dawon aveva messo la chiamata in vivavoce così che anche Wendy potesse sentire.
   «Quindi potrebbe essere con Taeoh. La cosa mi consola.» disse la ragazza, tirando un sospiro di sollievo.
   «A me non molto...» si lasciò sfuggire Dawon, pensando a ciò che gli aveva detto Taeoh la sera prima. Buffy e James non stavano rispettando gli ordini, probabilmente Taeoh era andato con lei per evitare che si trovasse da sola davanti a loro e poi erano rimasti entrambi bloccati sull’isola. Nella peggiore delle ipotesi anche i novellini erano con loro. Improvvisamente si rese conto delle complicazioni a cui stava andando incontro il collega per rispettare la sua richiesta di non uccidere le agenti. Da un lato si sentiva un po’ in colpa, ma dall’altro sentiva di voler proteggere Wendy e non avrebbe permesso a nessuno di fare del male a lei o alle sue amiche per un semplice capriccio di Ray.
   «Perché?» chiese preoccupata Wendy, risvegliandolo dai suoi pensieri.
   «Oh, ehm… perché Taeoh non sa badare a se stesso, non si porta mai dietro niente!» tentò di giustificarsi lui.
   «E quindi? Almeno non sono soli.»
   Dawon si affrettò a cambiare discorso.
   «Comunque, prova a chiamare anche Lizzy.»
   Wendy, non molto convinta dell’idea del ragazzo, provò comunque a chiamare la bionda, sperando ne sapesse qualcosa.
 
   «Che vuoi?» rispose la voce squillante di Lizzy dall’altro capo del telefono.
   «Iris è per caso tornata? È con te?»
   «No, e mi stavo godendo la vostra assenza. Sai mica dov’è Taeoh per caso?»
   «No… sia lui sia Iris sono scomparsi, per questo te lo chiedevo.»
   «Accidenti! Ma dov’è finito? Quell’uomo trasuda sesso da tutti i pori. Mamma mia, pure la voce è sexy! Ieri mi è sfuggito da sotto al naso, ma se lo becco stasera gli salto addosso!»
   «Lizzy, sei in vivavoce… con il suo migliore amico.»
   «Mi stai suggerendo di chiedere a lui?»
   «No, idiota! Ti sto dicendo che hai appena fatto una figura di merda!»
   Wendy le riattaccò il telefono in faccia senza dirle nient’altro.
 
   «Focosa la ragazza…» commentò Dawon, divertito per la figuraccia e incredulo allo stesso tempo.
   «Già. Comunque, Iris non è nemmeno con Lizzy, come pensavamo. Accidenti, sapevo che sarei dovuta andare con lei!»
   Vedendola così agitata, Dawon le mise un braccio intorno alle spalle per rassicurarla e cercò di tirarla su di morale.
   «Immagino quanto tu possa essere preoccupata, però non sentirti in colpa, ok? Sicuramente se ha deciso di andare da sola è perché sapeva che saresti andata a cercarla in caso di bisogno.»
   «Ma non posso andarci!»
   «Sono certo che domani mattina la troverai sana e salva. C’è anche Taeoh con lei, sicuramente non la lascerà sola.»
   «Lo spero…»
   «Io vorrei accompagnarti, ma in queste condizioni non posso muovermi da qui. Però chiederò a Daeju di venire con te domani, ok?» Dawon si sentiva veramente impotente da quando era entrato in ospedale. Avrebbe tanto voluto agire in prima persona e proteggere Wendy, non lasciare che si occupassero di tutto i colleghi. Li stava facendo finire in un mare di guai e, se da un lato cercava di tranquillizzare la ragazza, dall’altro anche lui era piuttosto preoccupato e aveva paura che potesse succedere qualcosa di brutto anche a lei.
   «No grazie, posso farcela da sola.»
   «Ma se andrai da sola starò in pensiero per te…» tentò di convincerla lui. Se fosse sparita anche lei come Iris gli sarebbe di certo preso un colpo.
   «Perché?»
   «Forse è un po’ fuori luogo, però...» prima di rendersene conto aveva iniziato a parlare in modo sincero dei propri sentimenti «Il fatto che tu ti sia presa cura di me in questi giorni…»
   «Beh, ti ho fatto quasi uccidere... non era intenzionale, però è stata pur sempre colpa mia.»
   «So che ti sentivi in colpa, ma avresti anche potuto non farlo. All’inizio ti ero solo molto grato, però… ora credo di provare qualcosa per te.»
   «C-cosa?» chiese lei, sorpresa.
   «Mi piaci.»
   Wendy rimase a bocca aperta. Tutto si aspettava tranne che Dawon si sarebbe preso una bella cotta per lei solo perché l’aveva accudito per qualche giorno. Certo, anche a lei non dispiaceva la sua compagnia e forse le piaceva anche, ma solo un pochino. Non era minimamente pronta ad affrontare una dichiarazione, era troppo presto e Dawon poteva anche starsi sbagliando, preso com’era dall’agitazione del momento. Era abbastanza sicura che l’avesse solo idealizzata. Figuriamoci, la credeva la sua salvatrice! Si stava sicuramente sbagliando e lei non avrebbe mai messo a repentaglio il proprio lavoro per assecondare un’emozione fugace.
   Vedendo che Wendy non accennava a rispondere, il ragazzo cominciò a sentirsi in imbarazzo per aver frainteso tutto. Era convinto di piacerle anche lui, ma evidentemente si era sbagliato.
   «Se non ti piaccio non sei costretta a ricambiare ovviamente.»
   A quel punto Wendy si fece coraggio e prese la parola.
   «Io no. Non ho mai, minimamente, pensato a te in quel modo.» Lo stava detestando per aver tirato fuori l’argomento. Non riusciva a sopportare la situazione di imbarazzo che si era creata tra loro. Avrebbe dovuto restare tutto com’era per poi dissolversi nel nulla al momento opportuno, invece così Dawon aveva messo i suoi sentimenti in parole e a lei era toccato prendere una posizione. L’unica cosa che era riuscita a fare era stata trattarlo duramente, era convinta che fosse l’unica soluzione possibile. Gli avrebbe fatto capire che si sbagliava sul suo conto, si era solo infatuato perché si era presa cura di lui.
   «Immaginavo, non fa nulla...» il rifiuto lo colpì più dolorosamente del previsto. «Credo andrò a letto ora, sono un po’ stanco.» Dawon pensò che sarebbe stato meglio per entrambi se avesse fatto finta di dormire, avrebbe evitato il disagio di sostenere forzatamente una conversazione.
   «D’accordo.» rispose freddamente lei. «Buona notte.»
   «Buonanotte.»
   Wendy rimase seduta davanti alla finestra, aspettando che il temporale cessasse. Immersa nei propri pensieri non poté fare a meno di chiedersi se avesse fatto bene a rispondere in modo così perentorio.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Tokyo, 6:42 PM.
 
   Nel frattempo, a Tokyo, Jiho aveva indetto una riunione nella sua camera di hotel. La missione dei due agenti si era già conclusa e c’era la possibilità che sarebbero presto rientrati a Seoul. Se fosse successo, ciò avrebbe comportato il fallimento del compito assegnato loro da Ray. May e Shion dovevano morire a Tokyo in circostanze misteriose.
Mentre Jiho spiegava il suo piano, Minki se ne stava seduto all’estremità del letto, ascoltando attentamente, mentre Minho aveva optato per una delle due sedie della stanza e sembrava piuttosto teso.
   «Quindi, visto che non vogliamo fallire» diceva Jiho stando in piedi davanti agli altri due «dobbiamo per forza inventarci qualcosa. Potremmo sfruttare il signor Iwata e costringerlo a fingere di aver ricevuto delle nuove minacce. In questo modo May e Shion non potranno fare altro che tornare all’esposizione per proteggerlo e noi avremo il campo libero per agire.»
   «Credo sia troppo dispendioso.» si oppose Minho. Da un lato non la riteneva davvero una buona strategia, ma dall’altro si sarebbe comunque opposto a qualsiasi proposta pur di non mettere in pericolo i suoi colleghi. In due giorni sarebbero rientrati in Corea, al sicuro, e la propria copertura non sarebbe saltata.
   «E perché sarebbe troppo dispendioso?» chiese Jiho, indispettito.
   «Beh, ovviamente per minacciare Iwata dovremmo introdurci nella sua villa piena di sorveglianza e sarebbe uno spreco di tempo. In più non è detto che lui riesca a recitare la sua parte come si deve e rischierebbe di farci scoprire. E poi, comunque vada, alla fine dovremmo farlo fuori. Lui, probabilmente la moglie e chiunque altro possa avere sospetti. Per non parlare di possibili testimoni della sua morte, eccetera, eccetera… due giorni non basterebbero e sembrerebbe tutto estremamente sospetto.»
   «Non la stai facendo un po’ troppo complicata, Minho?»
   «Non credo, bisogna tenere tutto in considerazione se si vuole fare un buon lavoro.»
   «Jiho!» interruppe Minki «Io avrei un’idea migliore!»
   «Sentiamo…» rispose il baffuto, con fare scettico. Era raro che Minki avesse buone idee. Certo lo riteneva un alleato fedele, ma spesso si era chiesto perché Ray avesse voluto una persona del genere nella sua squadra. Non era particolarmente acuto ed era anche un po’ sbadato. Tuttavia, cercò di non essere prevenuto come al suo solito e di ascoltare cosa avesse da dire.
   «Allora, io faccio finta di non riuscire a dimenticare May anche se ora sta con il suo collega Shion. Vado a cercarla in hotel e mi faccio vedere tristissimo. La convinco a parlarmi in privato e la bacio quando Shion può vedermi, così litigheranno e si separeranno. In quel momento, noi andremo prima da uno e poi dall’altro. Essendo in tre contro uno sarà una passeggiata eliminarli!»
   Jiho rimase così colpito dall’idea di Minki che cominciò ad applaudire in segno di approvazione.
   «Incredibile! Davvero incredibile! Non avrei mai pensato che sarei arrivato a dirlo ma è un’idea geniale.»
   «Grazie, grazie, modestamente sono un genio!» si vantò Minki in modo ingenuo.
   «Non credo sia una buona idea.» li contraddisse di nuovo Minho. Se il piano di Minki fosse andato in porto, lui si sarebbe trovato di fronte a una scelta estrema: uccidere May e Shion o far saltare la propria copertura.
   «Cos’hai da obiettare stavolta, Minho?» chiese Jiho in tono acido.
   Minho si rese conto di essere stato un po’ troppo impulsivo. Forse avrebbe dovuto rispondere più pacatamente o giustificare meglio la propria affermazione. Magari L gli avrebbe permesso di far saltare la copertura se le avesse detto che era una scelta finalizzata a catturare due scagnozzi di Ray. Però poi sarebbero mancati ancora gli altri tre: Taeoh, Dawon e Daeju. Come se non bastasse, Ray stava allenando altri ragazzi tra cui due, James e Buffy, sembravano particolarmente promettenti. Come avrebbero fatto a creare un’altra copertura per seguire le loro mosse?
   Il ruolo di Minho fino a quel momento si era rivelato essenziale per avvicinarsi alla loro cattura, senza di lui preziosissime informazioni non sarebbero mai venute alla luce. Anche ammesso che in seguito al suo fallimento provassero a sostituirlo, L non aveva alleati in quell’ambiente. Se una persona estranea compare dal nulla per lavorare per Ray può essere una coincidenza, ma se dopo aver scoperto che questa persona è un traditore ne arriva un’altra, nessuno cadrà più nel tranello. Tutto ciò faceva pensare a Minho che fosse il caso di dare la priorità alla copertura. Doveva solo sviare Jiho e Minki per altri due giorni, poi sarebbe stato quasi impossibile per loro avvicinare di nuovo gli agenti.
   «Allora? Illuminaci…» continuò Jiho, vedendo che Minho indugiava.
   «Dubito che May concederà a Minki di parlarle in privato.» disse in modo convincente. Probabilmente aveva anche ragione.
   «Ah sì, e come fai a dirlo, la conosci per caso?» il tono di Jiho era diventato ancora più aggressivo. Minho non gli era mai andato a genio. Fin da quando si era presentato a Ray, sei mesi prima, lo aveva subito insospettito. Era così abile nelle arti marziali e a maneggiare armi che lo avevano accorpato alla sua squadra, quella principale. Loro cinque da soli erano sempre bastati per portare a termine qualsiasi missione, non serviva un sesto componente. In più da quel momento i fallimenti erano aumentati esponenzialmente. C’erano state fughe di notizie sui loro spostamenti e persino le agenti di L erano riuscite a introdursi in casa loro. Jiho era sempre più convinto che c’entrasse Minho in tutto questo e aveva il sospetto che anche Ray lo sapesse. Anche il fatto che stesse allenando un’altra squadra di ragazzi per raggiungere il loro livello era ambiguo. Gli era venuto il dubbio che Ray volesse far commettere loro degli errori di proposito, così avrebbe potuto incolparli e toglierli di mezzo. E tutto questo perché stavano diventando troppo potenti e mettevano a rischio la sua autorità. Forse però era troppo presuntuoso a pensarla in questo modo. Soltanto grazie a questa considerazione Jiho aveva dato a Ray e a Minho il beneficio del dubbio. Ora però si era stancato. Voleva dimostrare a Ray di essere mille volte più efficiente di quel branco di ragazzini che stava allenando e per farlo avrebbe smascherato Minho. Era giunto il momento di metterlo alla prova per vedere se davvero era dalla loro parte come sosteneva di essere.
   Minho, d’altro canto, non si aspettava lo avrebbero sul serio messo alle strette, perciò cominciò a vacillare a inventare scuse poco plausibili.
   «Beh, è semplice… Ray ci ha chiesto di uccidere solo May per vendetta, visto che sono state le agenti di L a sottrargli l’SD. Non ci ha detto di uccidere anche Shion.»
   «Oh, ma certo, quindi tu pensi che se uccidiamo May poi Shion non verrà a cercarci, vero?»
   «Non dico questo, probabilmente ci cercherà, ma non riuscirà a trovarci una volta tornati in Corea.»
   «E perché non dovrebbe? Da quando sei arrivato tu L intercetta un po’ troppo spesso i nostri spostamenti, non ti pare?»
   «Cosa c’entro io adesso?!» disse Minho in tono evidentemente preoccupato. Cercava di mantenere la calma ma si vedeva che era agitato. Aveva cominciato a sudare e le vene del collo si erano gonfiate per la tensione.
   «Se non c’entrassi niente non ti scalderesti tanto, non ti pare?»
   «Non mi sto scaldando…»
   «Ah no? A me sembri piuttosto agitato invece.»
   «T-ti sbagli.» Minho si maledisse mentalmente. Perché non riusciva più a mantenere la calma?
   Jiho, al contrario, sentiva che quella era la sua occasione e decise di giocarsi il tutto per tutto.
   «Lo so cosa stai cercando di fare, l’ho capito molto tempo fa. Tu li vuoi proteggere! Tu sei agli ordini di L!»
   Minho si sentì mancare. Jiho aveva colto nel segno e lo sguardo stravolto del rivale gli bastò per confermare la propria tesi.
   «Ci ho preso!»
   «Che... stai dicendo?» provò a discolparsi Minho, ma ormai era troppo tardi.
   «Minho!» disse Minki «Ti stai comportando in modo sospetto!»
   Se anche Minki l’aveva capito, la copertura era ufficialmente saltata. Minho scattò in piedi, lasciando che la sedia si ribaltasse per terra con un tofo e con uno slancio raggiunse la porta. Prima che potessero fermarlo scappò fuori correndo il più velocemente possibile verso l’hotel di May e Shion.
   «Perché è scappato?» chiese Minki nel modo più ingenuo possibile «L’ho capito che si comporta così perché gli piace May, non c’era bisogno di vergognarsene tanto!»
   «Idiota!» Jiho tirò un pugno sulla testa di Minki. Ancora una volta si riconfermava tutto tranne che acuto. «Scappa perché è un infiltrato! Muoviti, dobbiamo fermarlo!»
   I due si lanciarono all’inseguimento. Minho era già lontano ma, per loro fortuna, si era addentrato in una via secondaria che a quell’ora era completamente deserta. Senza farsi scrupoli, Jiho sfoderò la sua pistola e sparò tre colpi, l’ultimo dei quali raggiunse Minho alla gamba sinistra, facendolo cadere rovinosamente a terra. L’agente provò a rialzarsi, ma fu del tutto inutile. Il sangue sgorgava dalla ferita e i due gli stavano alle calcagna. In un attimo Jiho gli fu addosso. Lo immobilizzò sedendoglisi sopra con tutto il proprio peso e gli sferrò dei colpi in pieno volto tenendolo per il colletto della maglietta. Mentre Jiho si occupava di lui, Minki andò a recuperare la macchina. I due lo buttarono sui sedili posteriori e partirono velocemente in cerca di un posto isolato dove nessuno sarebbe riuscito a trovarli.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Pochi isolati più in là, May e Shion erano appena tornati da una nuotata in piscina. L’hotel in cui alloggiavano aveva una terrazza al coperto all’ultimo piano, occupata quasi interamente da una vasca da cui si poteva osservare il panorama, così, quel pomeriggio, avevano scelto di godersi un po’ la compagnia l’uno dell’altra. Erano sicuri che appena rimesso piede a Seoul L li avrebbe sommersi di nuovo di incarichi. Recentemente alcuni validi agenti si erano ritirati dal servizio e ben due squadre erano impegnate in missioni che avrebbero richiesto mesi, perciò L era decisamente a corto di personale.
   May si trovava in piedi davanti allo specchio della camera e stava asciugando i lunghi capelli castani. Shion, che invece era seduto sul letto, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
   «Che c’è?» chiese la ragazza dopo aver spento il phon, sentendosi osservata.
   «Niente, niente…» dissimulò lui.
   «Mi guardavi.»
   «No, niente affatto.»  Shion arrossì leggermente.
   May aveva finito di sistemare la piega, perciò ripose il phon dell’hotel in un cassetto del bagno e andò a sdraiarsi accanto a Shion.
   «Comunque sì, ti stavo guardando.»
   «Lo so.»
   «Ma ho le mie buone ragioni.»
   «Cioè?»
   «Cioè che sei bella!»
   May scoppiò a ridere. Shion non era proprio capace di dire questo genere di cose senza sembrare al contempo imbarazzato e imbarazzante.
   «Non ridere!» per vendicarsi, il ragazzo cominciò a farle il solletico alla pancia.
   «Smettila! Smettila! Non vale!» continuava a ripetere lei, divincolandosi senza riuscire a smettere di ridere.
   «Ti arrendi?»
   «No!»
   «Guarda che continuo!»
   «Ok, ok basta mi arrendo!»
   Shion mise fine alla scherzosa tortura e si fermò. Il suo viso era a pochi centimetri da quello di May. Le accarezzò i capelli, poi il volto, guardandola negli occhi. Non riuscì a resistere e annullò la distanza che li separava, unendo le labbra alle sue in un dolce bacio. May ne fu piacevolmente sorpresa e ricambiò il bacio, stringendo Shion più vicino a sé. Proprio in quel momento, squillò il cellulare. Entrambi ebbero come una brutta sensazione e si bloccarono immediatamente. La ragazza si alzò dal letto e lesse il numero sul display. Non le era familiare. Provò a rispondere, ma si trattava solo di pubblicità. I due si scambiarono uno sguardo preoccupato.
   «Minho non si è più fatto sentire…» osservò Shion.
   «È molto strano. Jiho e Minki sono qui per ucciderci, è sospetto che non ci abbia ancora fatto sapere nulla sui loro piani. Comincio davvero a credere che gli sia successo qualcosa.»
   «Già, anche io sono preoccupato. Proviamo a chiamare L, magari sa qualcosa di più.»
   May annuì e compose il numero. Rispose la segretaria, che la lasciò in attesa qualche minuto prima di riuscire a passarle L.
 
   «Ciao May. Avete fatto un ottimo lavoro lì in Giappone. A cosa devo questa chiamata?»
   «Salve. Ci chiedevamo se avesse ricevuto qualche notizia da parte di Minho. Da qualche giorno non abbiamo più sue notizie e, come già saprà, è anche lui qui a Tokyo insieme a due scagnozzi di Ray.»
   «Minho? Non ricevo più suoi report da almeno tre giorni.» Esclamò L. La notizia sembrò allarmarla. «È un grosso rischio, ma provate immediatamente a contattarlo e accertatevi delle sue condizioni. Non dovesse rispondere a breve vi autorizzo a mettervi immediatamente sulle sue tracce, anche a costo di far saltare la copertura. Non possiamo rischiare di perdere un agente di quel calibro.»
   «Ricevuto. La terremo aggiornata.»
   Così si concluse la chiamata di L. Evidentemente i timori di May e Shion erano giustificati. Era arrivato il momento di verificare che fine avesse fatto l’agente Minho. 



Fine cap. 19
_________________________________________




   Zan zan zan zan! L'integerrimo agente Minho è nei guai! Che vorranno farne di lui Jiho e Minki? Riusciranno May e Shion a mettersi sulle sue tracce prima che sia troppo trardi?
   Nel frattempo, Dawon, disperato e innamorato, ha parlato un po' troppo e Wendy sembra non aver preso troppo bene la cosa... ma la precedenza va alla missione. Riuscirà a recuperare Iris? E Taeoh si salverà dall'attacco focoso di Lizzy se mai tornerà sano e salvo dall'isola? Ah no, questo forse non era in programma... 

   In onore della dichiarazione di Dawon, anche questa volta vi mostro un disegno di @Zipcy. È incredibile che ogni volta tra le sue opere d'arte ne trovi una azzeccata! Questa volta la protagonista somiglia poroprio a come mi immaigno il personaggio di Wendy!


 


   Grazie di cuore a chiunque stia seguendo questo racconto! <3
   A presto!

   Misa
  
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