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Autore: wolfymozart    09/01/2021    1 recensioni
La rivoluzione incombe su Parigi, restituendo dignità agli oppressi e presentando un conto amaro agli oppressori. Ma nei suoi giudizi perentori e tranchant, di condanna e assoluzione, non tiene conto delle sfumature, mai nette, tra innocenti e colpevoli, non tiene conto di sentimenti, paure, speranze di quanti, pur nella schiera degli oppressori, sono stati anch'essi vittime del sistema.
Un rivoluzionario integerrimo ma tormentato, una nobildonna infelice ma determinata, un amore impossibile, una condanna eterna.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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L’aria era frizzante quella mattina di fine maggio, il cielo terso preannunciava una giornata soleggiata e calda, quasi estiva, sul selciato risuonava il rumore delle ruote dei carretti e il vociare festoso dei fruttivendoli che riprendevano il lavoro. Sembrava l’alba di una qualsiasi giornata primaverile per le vie di Parigi, come se i venti di rivolta che soffiavano dalla Vandea, le nubi minacciosi che si addensavano sulla Convenzione, i fulmini e le saette minacciati dai sanculotti fossero lontani anni luce da quello scampolo di strada. Il dottor Clermont serrò l’uscio e inspirò con soddisfazione l’aria fresca del mattino e si avviò, con in mano la borsa dei ferri, verso il caffè, abituale ritrovo degli amici del quartiere di Saint-André. Alto e smilzo, dai capelli bruni e  dall’andatura elegante, il medico riceva al suo passaggio il saluto riverente degli ambulanti ai lati della strada, delle massaie affacciate alle finestre, dei giovani studenti che si avvicendavano con passo rapido lungo il suo percorso: era molto noto nel quartiere e molto stimato, un uomo di scienza, un cittadino esemplare, un deputato della Convenzione a cui andava il rispetto e l’ammirazione di tanti figli del popolo che spesso vedevano in lui un salvatore in grado di strapparli alla malattia senza chiedere nulla in cambio, in nome del giuramento che aveva prestato. L’uomo procedeva con passo tranquillo e rispondeva col sorriso ai saluti e ai numerosi “State bene, cittadino?” che riceveva ad ogni crocicchio. Quei popolani erano pronti a farsi in quattro per fargli sentire la loro riconoscenza: chi poteva gli faceva recapitare primizie dalla campagna, ortaggi, frutta, latte, pane fresco, addirittura selvaggina; altri gli si offrivano per commissioni o servizi; altri ancora, privi di mezzi, si limitavano ad ossequiarlo e riverirlo, gesti che, generalmente, lo infastidivano per il malcelato servilismo che nascondevano. Aveva sempre creduto nel principio di uguaglianza, il dottor Clermont, e ancor di più in quello di fratellanza: aveva divorato i testi degli illuministi, bevendone avidamente gli ideali, le teorie, le idee. Voltaire, Montesquieu, ma ancor più il ginevrino Rousseau, costituivano il suo personale Pantheon laico, a cui aveva consacrato la vita, oltre che la professione. Da un paio d’anni a quella parte si era dato alla politica, traducendo in azione quegli stessi ideali che avevano ispirato la sua missione di medico e avevano infiammato la sua giovinezza.
-Ehi, mio buon Jacques, che si dice stamane? – un uomo piuttosto in carne dall’aspetto gioviale e dai modi affabili si alzò dal tavolino del caffè e gli si fece incontro sorridente. Clermont gli rispose con una calorosa pacca sulla spalla.
- Marchand, amico mio. Come stai? –
- Oh, io sto benone, ma il popolo non pare, anzi pare che abbia il diavolo in corpo ultimamente.- constatò con un rimprovero bonario Marchand, invitando con un gesto l’amico a sedersi insieme a lui.
- Già. Questi tempi non lasciano presagire nulla di buono, temo nuove ribellioni, gesti inconsulti. – convenne Clermont, accomodandosi e appoggiando la borsa a terra.
-Amici miei! Fate posto anche a noi. – esclamò un giovane fulvo dai tratti signorili e dallo sguardo pungente che si avvicinava accompagnato da un uomo taciturno, tarchiato, dall’aria malinconica.
- Laroux, Bonnet, prego, sedetevi con noi. – rispose prontamente Marchand scostando le sedie per far posto ai nuovi arrivati.
Dopo i convenevoli, i discorsi ricaddero inevitabilmente sui fatti di quei giorni: il calmiere sui prezzi richiesto dai sanculotti, la Vandea, le decisioni della Convenzione. Clermont disse la sua, mentre gli amici ascoltavano con attenzione e deferenza il deputato della Convenzione. Ad un certo punto un giovanissimo strillone si avvicinò offrendo loro un foglio di notizie che subito Marchand acquistò. La discussione riprese più accesa di prima, vennero deplorati quei bigotti vandeani che tramavano contro la rivoluzione, si inasprirono le critiche verso Marat, che pure era stato assolto dal Tribunale un mese prima, si vociferava a voce bassa delle intransigenze del Comitato di salute pubblica. Clermont assentiva, ma senza sbilanciarsi o dare giudizi recisi. Da qualche tempo la sua fede rivoluzionaria vacillava, avvertiva foschi presagi addensarsi sulla Convenzione di cui faceva parte, temeva i numerosi nemici dentro e fuori la Francia, temeva più di tutto il fanatismo dei montagnardi.
Tutt’un tratto dalla strada apparve una donna dalla sagoma piuttosto appesantita, una domestica da quanto si poteva intuire dalla divisa, che, scarmigliata e trafelata, si avvicinò con foga al tavolo dove i quattro stavano serenamente conversando. Marchand per primo si girò di scatto verso di lei e, dopo averla squadrata con sguardo incuriosito, si rivolse agli amici: - Una domestica di uno degli ultimi rimasti in città. Chissà che vuole. – insinuò con un sorriso ironico, sottintendo il suo disprezzo per la famiglia nobile presso cui sembrava prestare servizio quella donna.
-Chi tra di voi è il dottor Clermont? Mi hanno detto che l’avrei trovato qui. – chiese a gran voce, senza preamboli.
Clermont si alzò di scatto: - Chi vi manda? – domandò a bruciapelo, lo sguardo severo e indagatore fisso su di lei.
-Siete voi il dottor Jacques Clermont? – chiese per tutta risposta la donna, con un lieve tremore di impazienza nella voce.
- Per servirvi, cittadina. – le fece eco lui. – Ora vogliate rivelarvi chi vi manda a chiamarmi e per quale motivo. -aggiunse sospettoso. Gli amici si guardarono tra loro perplessi, temendo qualche manovra, qualche insidia.
- Si tratta di un’urgenza. Una bambina, la figlia della mia padrona, sta molto male. Non sapeva a chi rivolgersi, poi io mi sono ricordata di una mia parente di Saint-André e così…-
- Sta bene. – la interruppe il medico. – Se è così, non c’è tempo da perdere. – soggiunse afferrando la borsa di lavoro. – Cari amici, mi duole interrompere la nostra chiacchierata, ma il dovere mi chiama. – si congedò con un goliardico inchino.
- Buon lavoro, Clermont. Non v’è dubbio che tu sia uno dei migliori medici di Parigi, prima ancora che un deputato della Convenzione ligio alla Repubblica. – lo canzonò Bertrand Laroux, sottolineando ironicamente la sua celere risposta alla chiamata di una famiglia nobiliare. Il giovane, che aspirava da tempo ad un incarico pubblico, non poté nascondere la punta di invida che covava nei confronti del deputato, evidenziandone in modo spietato la contraddizione nell’agire. Clermont gli rivolse uno sguardo interrogativo, un poco indispettito.
- Non ascoltarlo, Jacques, Bertrand ama gli scherzi! – tentò di rimediare Marchand, con la sua solita bonomia. – Sono sicuro che quella bambina è in ottime mani, in fede mia! – concluse salutandolo con la mano.
Mentre gli altri restavano seduti a sorseggiare la loro tazza di caffè, Bonnet si alzò e raggiunse silenziosamente l’amico che si stava incamminando accompagnato dalla domestica.
-Jacques! – lo richiamò. – Hai bisogno d’aiuto? Se vuoi ti accompagno. – si offrì Bonnet, temendo che quella chiamata nascondesse un’insidia per l’amico.
- Non ti preoccupare, David. – gli rispose Clermont, accennando alla domestica. – Non c’è motivo di mettere in dubbio il reale motivo di questa chiamata. Non è vero, cittadina? –
La donna, colta di sorpresa da questa domanda che il medico le porgeva con uno sguardo interrogativo che non ammetteva repliche, prese a balbettare a mo’ di scusa. – Vi pare, dottore, vi pare che le possa mentire in un tale frangente? – disse tradendo tutta la sua agitazione e la sua preoccupazione per la padroncina.
David Bonnet restava immobile, guardingo, con le braccia conserte: evidentemente non si fidava della donna, era a conoscenza dei tumulti sul punto di scoppiare e temeva per l’amico, deputato della Convenzione, esposto agli odi della nobiltà e del popolo incarognito.
-Chi vi ha fatto il mio nome? – le domandò nuovamente Clermont.
- Leah, mia cugina, la fornaia di Saint-André. Mi ha detto che vi conosce bene e che siete il miglior medico di Parigi. Sapete, il medico della famiglia, il barone Thoreau, ha lasciato Parigi ormai da tempo, – rispose prontamente la domestica, senza nascondere nulla.
- Leah? Oh sì, troppo benevola nei miei confronti. – ribatté Clermont, con un sorriso di modestia. – Vedi, David? Non c’è motivo di temere. Ti ringrazio, ad ogni modo. –
David si congedò dall’amico e, poco convinto, fece ritorno sui suoi passi.
-Ebbene, dove dimora la vostra padrona?- domandò Clermont, con una certa fretta, mentre si disponeva, con il braccio teso, a fermare un calesse.
- Quartiere Feydeau.- si affrettò a rispondere lei.
Clermont non poté trattenere un’esclamazione di sorpresa: uno dei quartieri nobiliari, uno dei più abbienti. Se lo sarebbe dovuto aspettare.
   
 
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