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Autore: Red Owl    11/01/2021    0 recensioni
Quando suo padre viene arrestato per furto, la cameriera Rosa rimane senza lavoro. Senza più alcun mezzo per sostentarsi, decide di accettare l'invito di uno zio e di raggiungerlo nella sua tenuta di campagna, dove l'aspetta un matrimonio con un cugino sgradevole e arrogante.
Rosa si è rassegnata a una vita infelice e il suo unico sollievo sono le passeggiate lungo le rive del lago che occupa parte della proprietà dello zio. Ma a chi appartiene la voce che di tanto in tanto le pare di udire? E chi è il giovane che incontra tra gli ulivi in una nuvolosa giornata primaverile?
Genere: Mistero, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una piccola storia scritta di getto, tanto per ingannare il tempo. Non cercate in essa verosimiglianze storiche o geografiche, né nessun concetto profondo o filosofico. Sarà breve: due capitoli, tre al massimo.

***

«Le occorreranno degli abiti nuovi.»

Rosa si aggiusta la gonna mentre gli occhi infossati del cugino Edoardo la percorrono da capo a piedi. Sa di non vestire all'ultima moda, ma il corpetto che indossa è ben inamidato, il colletto della camicia di pizzo è immacolato e la sarta è stata capace di allungare ad arte la sottana color carta da zucchero: solo un occhio esperto saprebbe individuare il punto dove l'orlo finiva, all'incirca una decina di centimetri sopra alla caviglia coperta dagli stivaletti di cuoio consunto.

Chissà se il cugino Edoardo ce l'ha, l'occhio esperto. Di certo i suoi abiti parlano di un lusso ostentato - ma non veramente posseduto - e il suo cilindro lucido sembra scimmiottare quelli dei signori di città che mai si accosterebbero di buon grado a un campagnolo arricchito com'è il figlio dello zio.

«Ma certo, figlio mio» lo asseconda la zia Maria Elena. «Tua moglie non ti farà sfigurare.»

Seduto sulla poltroncina accanto alla finestra, lo zio Antonio esala un sospiro puzzolente di sigaro. «Ha il portamento di una cameriera» dice indicando la nipote con un cenno della mano grassoccia. «Gli anni trascorsi a servizio devono averla rovinata. È un vero peccato. Me la ricordo quand'era ragazzina: aveva la stessa grazia di sua madre, pace all'anima sua.»

La zia Maria Elena le si avvicina e le pianta una mano tra le scapole. «Riesci a tenere le spalle dritte, ragazza?» le dice, scrutandola con una piega contrariata delle labbra sottili. «Ce la fai a tenere la testa alta, senza guardarti i piedi con l'aria di una che si vergogna come un ladro?»

«Sì, zia» sospira Rosa spingendo indietro le spalle e alzando docilmente il mento. Nonostante la provocazione della donna, però, si guarda bene dall'incontrare veramente i suoi occhi. L'aria di una che si vergogna come un ladro, ha detto la zia Maria Elena, e le parole non sono state di sicuro scelte a caso.

Alla zia non è mai andato giù il fatto che Angelina, la madre di Rosa, abbia sposato uno come Sante Lombardo: un giovanotto che non aveva che pochi spiccioli in tasca e che oltretutto veniva anche da lontano. Lei e la mamma di Rosa non avevano nessun legame di sangue - Angelina era la sorella dello zio Antonio - ma la zia aveva probabilmente sognato un matrimonio ricco per la giovane cognata, un matrimonio che portasse un po' di buona società in quella casa di campagna che suo marito si era potuto permettere grazie a dei commerci tanto insperati quanto fortunati.

E invece niente. Angelina era morta anzitempo per un male improvviso, lasciando una figlia undicenne e un marito dall'ingegno fino, ma che aveva la sfortunata tendenza a fare il passo più lungo della gamba. Un anno dopo Rosa era finita a servizio da una famiglia di industriali e ora, dieci anni dopo la morte di Angelina, Sante Lombardo è finito in galera con l'accusa di aver rubato una certa quantità di denaro al suo datore di lavoro.

Rosa non ci crede. Sa che il suo papà non è un cittadino modello, ma di sicuro non è nemmeno un ladro. Poco importa, comunque: l'hanno arrestato lo stesso e, a causa del suo arresto, i signori Fiocchi hanno licenziato Rosa. Perché non possiamo permetterci di tenere in casa una domestica che viene da una famiglia di ladri, hanno detto. Non vorremmo mai che un giorno o l'altro anche le tue mani si allungassero un po' troppo.

Il che l'ha condotta nella situazione in cui si trova in quel momento. Scrivere una lettera allo zio Antonio l'era sembrata un'eccellente idea, almeno sulle prime: non avrebbe mai immaginato che lo zio avrebbe accettato di ospitarla solo se lei si fosse impegnata a sposare Edoardo, che era il più vecchio dei suoi tre figli e che era ancora scapolo.

«Non parla tanto» osserva il cugino Edoardo aggrottando le sopracciglia sulla fronte spaziosa. «Non che sia un male, dal momento che non sopporterei mai una moglie pettegola, ma non è che è ritardata?»

Lo zio Antonio grugnisce. «Non dire corbellerie, Edoardo. Rosa è riservata, ma non ha alcun difetto mentale.»

La ragazza si sente in dovere di dire qualcosa. «È così, cugino» lo rassicura con un piccolo sorriso. «La posizione che ho ricoperto negli ultimi anni mi ha insegnato a tenere a freno la lingua, ma sono in grado di fare conversazione, se necessario.»

Il cugino Edoardo sventola una mano. «Non sarà necessario. Ciò che conta è che tu sia una moglie assennata, che non crei scandali e che impari in fretta a mandare avanti la casa.»

Rosa serra le labbra e si sforza di non mostrare il proprio scontento. Il cugino Edoardo e la zia Maria Elena sono scortesi e maleducati, ma lei non deve dimenticare di essere ospite, in quella casa. Fino a quando non si celebrerà il matrimonio, se lo zio Antonio la terrà sotto il suo tetto sarà solo per il suo buon cuore e lei non può permettersi di fargli rimpiangere quella decisione. Il rischio di finire in mezzo a una strada è concreto: non le restano altri parenti ancora in vita e trovare un nuovo impiego senza referenze è pressoché impossibile.

«Molto bene» dice la zia, prendendo a girare attorno a Rosa come un lupo che studia la sua preda. «Vatti a sistemare i capelli, ragazza. Mio figlio ha ragione, e infatti ho chiamato la sarta perché venga a prenderti le misure: non puoi farti trovare spettinata come una contadinotta appena emersa dal fienile.»

***

«Voglio che tu sappia che il furto non sarà tollerato.»

Rosa si volta verso il cugino Edoardo. «Perché dovrei rubare in casa mia, cugino?»

La fronte dell'uomo si increspa e la fanciulla pensa per l'ennesima volta che la sua testa assomiglia a un uovo sodo: un brutto uovo sodo con un ciuffo di capelli scuri sulla sommità del guscio e un'espressione perennemente accigliata.

«Questa non è ancora casa tua, cugina, e ti ho sorpresa un po' troppe volte a girovagare per la biblioteca: cosa ci vieni a fare?»

La fanciulla si sente arrossire. In biblioteca non ci va di certo per leggere, e il cugino Edoardo lo sa. Ha frequentato la scuola per un paio di anni soltanto, troppo pochi per acquisire dimestichezza con la parola scritta: i caratteri neri che ingombrano le pagine dei libri le fanno venire il mal di testa e le si confondono davanti agli occhi. Rosa sa leggere giusto la lista della spesa e poco di più. Però le piace respirare l'odore della carta e delle copertine di pelle, dell'inchiostro e del legno massiccio di cui sono composti i mobili. Le piace il silenzio della biblioteca, un luogo poco frequentato anche dai padroni di casa.

«Dunque, cugina?» la incalza il cugino Edoardo.

«Ci vengo per passeggiare» replica Rosa, cercando di assumere un tono altezzoso.

Edoardo scoppia a ridere: un suono quasi grottesco, quando a emetterlo è quell'uomo troppo serio e con un accenno di doppio mento. «Pensavo che per le passeggiate ti fosse sufficiente il parco. Hai davvero bisogno di percorrere avanti e indietro questi quattro corridoi? Qui si viene per istruirsi, non per fare esercizio fisico.»

Rosa pensa che al cugino Edoardo non debba interessare dove lei vada a passeggiare, ma cosa può dire in sua difesa? È evidente che lui non la vuole lì e allo stato attuale delle cose ha ancora il diritto di allontanarla da qualsiasi stanza in cui la sua presenza non sia gradita.

«Hai ragione» concede allora. «I giardini sono molto più indicati per pratiche di questo tipo, soprattutto con la bella stagione che è ormai alle porte.»

Il cugino Edoardo fa un cenno d'assenso che gli fa tremolare la carne in eccesso sotto al mento. «Vai, allora. Pare che l'aria fresca faccia bene alle signore

Lo dice in un tono che lascia chiaramente intendere che non la ritiene parte di suddetta categoria, ma Rosa non se la prende più di tanto: ha passato poco meno della metà della sua vita a fare la cameriera ed è consapevole della propria posizione sociale. Gli anni trascorsi con i Fiocchi, poi, le hanno fatto conoscere un certo numero di signore e Rosa ha avuto modo di osservare che quelle donne eleganti non sembravano tanto più felici di quelle che erano parte della servitù.

La giovane si inchina appena in cenno di saluto e poi lascia la biblioteca. I suoi piedi la portano oltre le modeste scale di granito che conducono al piano inferiore e oltre il pavimento di cotto della sala da pranzo. Prima di raggiungere la porta che dà sul giardino, Rosa si imbatte in Maddalena, una delle ragazze che lavorano in cucina, e arrossisce quando questa le fa la riverenza. Anche se è passato ormai un mese da quando ha messo piede per la prima volta nella casa dello zio Antonio, non si è ancora abituata a essere trattata con tanta deferenza da persone che fino a poco tempo prima erano sue pari.

Con un sorriso imbarazzato, Rosa si affretta a raggiungere il giardino. Quando i suoi piedi si posano sulla ghiaia che ricopre lo spiazzo antistante all'ingresso principale, la fanciulla si concede un sospiro di sollievo, respirando a pieni polmoni l'aria frizzante di inizio marzo.

Da quando è iniziato il suo fidanzamento con il cugino Edoardo ha spesso l'impressione che le manchi il fiato. Le sembra quasi di essere in procinto di entrare in una gabbia dalla quale le sarà poi impossibile uscire. Sa che è una sciocchezza: per quanto poco desiderato, quel matrimonio migliorerà la sua condizione. Sa anche che ci sono uomini peggiori di Edoardo: suo cugino ha quindici anni in più di lei ed è tutt'altro che avvenente, ma saprà garantirle una vita agiata. È chiaramente disinteressato a lei e non ha mostrato il benché minimo cenno di affetto nei suoi confronti, ma nelle settimane che ha trascorso nella casa di suo zio Rosa l'ha studiato bene e ha visto che non è un uomo violento: al più è supponente e costantemente annoiato.

E anch'io sarò presto terribilmente annoiata, se diverrò la moglie di un uomo del genere, pensa la ragazza, sistemando un boccolo scuro che è scivolato via dalla posizione nella quale era stato appuntato.

Ci sono destini certamente peggiori, riflette Rosa. Ce ne sono anche di migliori, ma essi non sono alla sua portata, considerato il suo stato sociale.

Talvolta le viene il dubbio che parte dell'inquietudine che prova sia legata all'improvviso cambiamento del suo stile di vita. Non è mai stata abituata a starsene con le mani in mano e il fatto che il lavoro manuale le sia stato proibito da un giorno all'altro le riempie le membra di un formicolio nervoso.

Camminare le farà bene.

Rosa si avvia lungo il viottolo curato che parte dall'edificio principale e si dirige in leggera pendenza verso i prati e gli orti di cui è ricca la proprietà dello zio Antonio. La giovane passa accanto alle stalle nelle quali sono ricoverati alcuni cavalli che le sono stati presentati come purosangue di ottimo lignaggio: Rosa ci capisce poco, di cavalli, ma il signor Fiocchi ne era un grande appassionato e negli anni le ha trasmesso alcune nozioni a proposito di quelle bestie. Quelli dello zio Antonio le sembrano più ronzini, che campioni, ma la giovane si guarda bene dall'infrangere le illusioni dell'uomo. Del resto, quegli animali non porteranno nelle sue tasche i proventi delle vittorie in pista, ma tengono occupato lo zio e migliorano il suo umore.

Oltre le stalle il terreno degrada in maniera più decisa. L'assolato pendio meridionale è costellato da olivi: una vista insolita, a quelle latitudini. L'olio prodotto dai frutti di quelle piante è sorprendentemente buono e Rosa pensa che lo zio Antonio ha ben ragione di esserne fiero.

La calma della giornata di inizio primavera è spezzata da un'improvvisa bava di vento e le mani della fanciulla volano ad afferrare la sottana. Non che vi sia davvero il pericolo che essa si sollevi in maniera sconveniente - la stoffa dell'abito verde che indossa, all'ultima moda, è troppo pesante perché quel venticello possa smuoverla - ma le buone maniere hanno il sopravvento sul buonsenso.

Ferma sul piccolo promontorio che sovrasta quella porzione della proprietà dello zio, Rosa lascia che i suoi occhi accarezzino il paesaggio: i tronchi contorti degli olivi che ricoprono parte del declivio, il laghetto argenteo che si trova in fondo a esso, i cespugli che crescono nei pressi delle rive e che già recano traccia dei boccioli che si apriranno nel giro di poche settimane, le siepi che, laggiù in fondo, segnano il limite estremo della tenuta che un giorno sarà sua. L'aria è tersa e frizzante e Rosa ha l'impressione che il suo respiro si faccia più lieve, più facile.

Un piccolo sprazzo giallo accanto ai suoi piedi attira la sua attenzione e Rosa si china per cogliere un fiore di tarassaco. Se lo rigira lentamente in mano e il lattice amaro e biancastro le impiastriccia le dita. Sentendosi più leggera di quanto non si sentisse quando era in casa, la ragazza inizia la discesa verso il modesto specchio d'acqua la cui superficie è parzialmente occupata da canne verdeggianti e da ampie foglie di ninfea.

È un angolo grazioso, quello in cui si trova in quel momento, e la giovane pensa che non le dispiacerebbe trovare una panchina su cui sostare per qualche minuto. È un vero peccato che non ce ne sia nemmeno una. Forse, quando saranno sposati, potrebbe chiedere al cugino Edoardo di realizzare quel suo piccolo desiderio.

Le sue orecchie colgono il suono di una voce sommessa e Rosa si volta per fronteggiare il lago. I suoi occhi perlustrano le rive, i cespugli e il canneto, poi scorrono verso il sentiero che l'ha condotta lì.

Non c'è nessuno. Forse ha udito una voce portata dal vento? Dov'è la donna che ha parlato con voce chiara, ancorché troppo flebile perché lei potesse distinguere le parole? C'è forse qualche serva nascosta tra la vegetazione che circonda il lago? Forse è in compagnia? Si chiede Rosa arrossendo, ricordando quella singola volta in cui anche lei si è appartata con un garzone.

Un po' in imbarazzo, la ragazza si chiede se non sia il caso di proseguire la passeggiata, concedendo un po' di intimità all'ipotetica coppia che si cela alla sua vista, quando un nuovo sussurro si leva da un punto davanti a lei.

Rosa sente che il suo cuore accelera i battiti. Le vaghe parole che le giungono alle orecchie non sono pronunciate nel tono eccitato di due giovani che si scambiano effusioni, ma in quello quieto e solenne di una madre che tranquillizza il proprio bambino. La cosa che più la turba, però, è il fatto che la voce sembra provenire proprio dal centro del lago, dal punto in cui - immagina - l'acqua è più profonda.

Com'è possibile? Si chiede. I suoi occhi sfiorano per un istante la coppia di cigni che pascola poco lontano. Che siano stati loro a parlare? O forse i pesci di questo lago hanno una voce?

Dopo un istante di silenzio, nuove parole risuonano sulla superficie dell'acqua. Pace, crede di sentire la ragazza. Pace, figlia mia.

Quando Rosa si dirige di nuovo verso la casa dello zio, lo fa correndo.




   
 
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