Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Gwen Chan    14/01/2021    2 recensioni
Francis sa che c'è qualcosa che non va con Arthur. E sa che starebbe meglio se solo lo ammettesse.
[A/B/O][Il racconto dell'ancella!AU][Established UsUk][Implied FrUK]
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Because Fate said so (but we never agreed)'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avvertimento: Direttamente legata a "Screaming inside". Contiene MPREG implicito, menzione di violenza e di "victim-blaming" internalizzato.

Like living on a cliffside
 

Francis è talmente immerso nelle avventure illustrate di Raperonzolo da non sentire all'inizio il lieve rumore della porta della nursery che si apre e il suono delle ciabatte sul parquet, almeno finché una mano non scende a levargli il libro dalle mani.

"Oh, Arthur" fa, girando appena la testa verso il nuovo arrivato. "Emily dorme come un angioletto, tutto risolto" aggiunge, indicando la bambina con un cenno della testa, tutta raggomitolata sotto le coperte perché, come Francis le ha rivelato, sono la protezione migliore contro i mostri. 

"Mi ha persino chiamato zio" aggiunge, con un sorriso che però scompare presto dalle sue labbra alla vista di Arthur. Non sembra contento. 

 "Non avresti dovuto" mormora, le braccia strette al petto e quello sguardo che non riesce mai a fissarsi sul suo - o su quello di chiunque altro per più di qualche secondo. Ha i capelli arruffati e i vestiti stropicciati, la camicia infilata nei pantaloni in maniera disordinata, tutti segnali che si vanno solo a sommare ai rumori che Francis ha sentito provenire dal salotto mentre raccontava a Emily la fiaba della buonanotte. Oltre all'odore di alfa che si porta sempre appresso, inconfondibile persino per un beta. 

 "Non volevo impormi" fa spallucce nel modo neutrale che ha appreso col tempo. Omega e alfa hanno un loro equilibrio e poco importa che da beta lui non riesca a capirlo. Non importa quanto possa non approvare le loro dinamiche, non spetta a lui intervenire. I dirigenti nella clinica dove fa servizio civile sono stati molto chiari, soprattutto dopo l'ultima omega che su suo apparente consiglio ha provato a scappare. Francis ha annuito e promesso di tenere a freno la lingua. Del resto sa che in carcere o peggio non potrebbe essere d'aiuto a nessuno.

 Quando Arthur apre di nuovo la bocca per parlare ha la stessa espressione di decine di omega prima di lui, tutti col medesimo desiderio di raccontare cosa si portano dentro e il terrore di essere denunciati. Che non arrivi alcuna rivelazione non sorprende più nessuno.

 "Io - si è fatto tardi. Ti preparo la camera per gli ospiti."

 

***

 

Francis ha il sonno leggero e la camera degli ospiti non è abbastanza lontana da non sentire tutti i rumori dalla stanza padronale. 

 Se esiste un premio per i codardi, lui lo ha già vinto a piene mani, seppellendo la testa sotto il cuscino e ripetendosi come non siano affari suoi. 

Sono altri i suoni che più tardi non riesce a ignorare, fino ad alzarsi per andare a controllare. Arthur è in camicia da notte, lo sguardo vitreo, raggomitolato sul pavimento del bagno, con quello che rimane della cena nella tazza del gabinetto.

 "Credi di essere utile così?" sibila quando Francis tira lo sciacquone. Lo sorprende poi, scattando in piedi, il viso a pochi centimetri dal suo, i pugni chiusi. L'aria puzza tanto dell'odore di omega arrabbiato che persino lui riesce a sentirlo.

Anche a cercare le parole per giustificarsi o difendersi, Arthur non gliene dà il tempo.

 "Ti metti a lavare i piatti. Ti offri di badare a Emily. Ogni volta" - la sua voce trema di rabbia - "Ogni volta che cerco di stare da solo" - Arthur parla così in fretta che è difficile stargli dietro "Tu devi sempre intervenire."

Glielo sputa quasi in faccia, arrivando ad alzarsi sulle punte dei piedi per sovrastarlo. 

 "Cercavo solo di non interferire con tuo marito" si trova a urlargli in risposta Francis, con l’irritazione che nasce tanto dai suoi sensi di colpa quanto dall’ingratitudine di Arthur, che ha afferrato al volo l’occasione di vomitargli addosso settimane di frustrazione e non sembra intenzionato a lasciarsela sfuggire. 

"Non era compito tuo!" strilla, prendendo a marciare avanti e indietro per il bagno. Si mette le mani nei capelli di tanto in tanto. “Magari volevo solo una scappatoia. Eh, ci hai mai pensato? Magari posso sfruttare l’avere ospiti a casa per avere un po’ di tempo per stare con qualcun altro!"

“Ma se non mi hai mai sopportato!”

“Sempre meglio tu di lui!” 

 

È strano quanto quelle parole e quell'espressione siano familiari, insieme allo sguardo confuso e alle mani premute in maniera quasi teatrale dalla bocca, l'espressione terrorizzata di molti omega prima di Arthur.

 Tanto rapida è arrivata, tanto velocemente quella rabbia sembra sciogliersi da lui. Si affloscia di nuovo a terra, le ginocchia strette al petto, come se volesse nascondersi dal mondo. Francis vorrebbe dire di avere imparato cosa fare in quelle situazioni, ma ogni volta è diverso.

 "Cosa vuoi dire?" si azzarda a chiedere, sedendosi vicino all'omega senza però osare toccarlo. Arthur si sta grattando la ghiandola odorifera e il marchio su di essa fino a farlo sanguinare e Francis non sa bene perché, ma un attimo dopo ha già allungato il braccio ad afferrargli il polso. 

Quando Arthur gli prende il suo e se lo preme sull’area, lo lascia fare. Non vuol dire nulla, si ripete. Alcuni omega apprezzano il contatto con i beta, perché sono neutri. 

 "A volte lo odio" Arthur parla così piano che Francis deve trattenere il respiro per sentirlo. "Ma non importa." Scuote le spalle di scatto, allontanando la mano di Francis con uno schiaffo sorprendentemente violento.

"Arthur, cos'è?"

"Nulla. Non è nulla."

 Se solo i suoi gesti non contraddicessero così tanto le sue parole forse, magari, Francis potrebbe anche crederci. O almeno fingere. Ma per quanto Arthur cerchi di negare, non si può rimangiare la propria confessione, quelle parole tra loro che Francis non sa se siano più muro o più catena.

"Arthur" riprova, allungando di nuovo la mano come se stesse cercando di accarezzare un gattino spaventato. Troppo lento. 

 "Sto bene" insiste Arthur. "Voglio farmi una doccia. Esci" continua poi, rimettendosi in piedi a fatica e Francis vorrebbe tanto non notare i rivoletti di liquido che gli colano da in mezzo alle gambe.

"Io."

Ma niente, qualunque cosa dica peggiora solo la situazione. 

"Non hai sentito?" sbotta Arthur, sul punto di ricominciare a urlare. "Ho detto esci! Fuori!" 

 

***

 

"Non è sempre così."

La frase è detta così all'improvviso mentre stanno lavando i piatti dopo colazione che non solo Francis per poco non lascia cadere per terra il bicchiere che tiene in mano ma all'inizio non riesce nemmeno tanto a capire a cosa Arthur si stia riferendo. Quando ci riesce, pensare alla notte prima è inevitabile.

 "Cosa? Non ti rinchiudi sempre a piangere in bagno dopo che avete scopato?”

È crudele, è l’ultima cosa che dovrebbe dire, ma non riesce a trattenersi. Forse perché le frecciatine sono qualcosa che riesce a capire. Illudersi di avere ancora davanti a sé l’omega arrogante e dalla lingua tagliente di un tempo, non quello che è diventato.  Persino la calma che si ostina a mostrare è diversa. 

"Questa potevi risparmiartela."

"Hai - hai ragione. Vuoi parlarne?" 

Magari questa sarà la volta buona. È già capitato di fermarsi dopo uno o anche due tentativi e scoprire che sarebbe bastata chiedere una terza volta. 

“Non c’è nulla di cui parlare.”

 O una quinta, una sesta, una ventesima. Sta pensando a come cambiare approccio quando la testa di Arthur scatta sull’attenti, e per un attimo Francis crede sia Alfred. Invece sulla soglia c’è solo Emily, già tre anni e mezzo, in pigiama e vestaglia. “Posso avere un po’ di succo?” chiede e sbadiglia, un diversivo che Arthur non esita ad afferrare al volo. Tanto più che adora la bambina e le darebbe la luna se potesse. 

“Ma certo tesoro, vieni qua” sorride, prendendola in braccio e sistemandosela su un fianco mentre recupera una tazza salvagoccia e del succo d’arancia dal frigo. La bambina arriccia il naso. Il suo olfatto può aver perso l’iper sensibilità dei neonati, ma è comunque molto più percettivo e attento di quello degli adulti. Si smorzerà verso i sette anni se dovesse diventare un’alfa o un’omega o scomparirà quasi del tutto se dovesse svilupparsi come beta. 

“Papà, va tutto bene?” pigola, con la voce seria e gli occhioni spalancati. Il viso di Arthur ha un attimo di esitazione. “Certo amore. Cosa vuoi per colazione?”

 

*** 

“Non è bello mentire ai bambini” torna alla carica Francis una volta che Emily è stata nutrita con le sue due fette di pane tostato e marmellata di fragole e spedita in salotto a giocare. Arthur fa spallucce.

 “Si mente sempre ai bambini."

“Solo per non dirgli che i regali di Natale in realtà è andato il papà a comprarli al supermercato e che i loro denti da latte non sono la base dell'economia delle fate" replica Francis. "Questo è diverso. Lo so che è più facile girarsi dall’altra parte, ma pensa a tua figlia."

Non ha ancora usato quella carta. Un po' è un colpo basso, ma è disposto a provarle tutte. 

“Credi che non ci pensi?"

 “No. Credo che ci pensi così tanto che fingeresti fino alla morte per lei. Ma non puoi continuare."

“E se anche lo dicessi? Cosa cambierebbe?"

 “Forse non ti mangerebbe più dentro. So che?"

 

 “Sai cosa? Cosa sai? Sai cosa vuol dire avere sempre una parte di te che quando il tuo compagno ti sfiora vorrebbe solo morire, non importa quanto tempo passi, quanto possa essere gentile."

Dire che Francis conosca Arthur sarebbe un’esagerazione. Hanno sempre frequentato compagnie diverse e non ha di certo aiutato quell’antipatia reciproca che è sembrata nascere nell’istante in cui si sono incrociati, anni prima, quando erano ancora tutti insieme, in un mondo libero, tra Berlino, Parigi e Londra; però sa che è il tipo a cui le cose vanno tirate fuori con le tenaglie. Sa che serve più pazienza di quanta un solo uomo possa avere. Ci vuole almeno provare. 

“Hai ragione. Non lo so. Spiegami" ripete. "Per Emily" insiste. "Per te."

Questa volta Arthur non sbotta, rimane in silenzio, come se stesse valutando davvero quella possibilità. È un silenzio lungo, così lungo che quando infine Arthur si decide a parlare, Francis è certo sia per dirgli di non immischiarsi. 

"Ho iniziato io."

 È un bene che Francis sia un beta perché più Arthur racconta, in quel suo modo a spizzichi e bocconi, più Francis deve conficcarsi le unghie nei palmi per impedirsi di rompere il naso ad Alfred. Fortuna allora che è uscito per il suo giro di commissioni mattutino.

Si deve anche ricordare che Arthur non è il suo compagno e, soprattutto, non ha bisogno di qualcuno che lo difenda.

 Deve anche trattenersi dal prenderlo per le spalle per fargli smettere di giustificare Alfred. Come se non fosse già abbastanza l’aver assistito a quanto effettivamente l’alfa si impegni, a quanto non sia violento o prepotente, solo un po' esagerato. Non giustifica però quello che ha fatto ad Arthur.

 

"Per l’amor del Cielo, Arthur, ti ha violentato."

 Francis è sempre stato bravo con le parole, un tempo, quando bastava scegliere la frase giusta per avere chiunque desiderasse ai suoi piedi; con Arthur invece sembra che qualunque cosa dica sia quella sbagliata e più cerca di rimediare, più si scava la fossa da solo. Gli sembra di fare due passi in avanti e cinque all’indietro.

 

"Non è vero.”

"Sì invece. Gli hai chiesto di fermarsi e non lo ha fatto."

"No. Te l'ho detto. L'ho voluto io!" 

"Gli hai detto che volevi che ti prendesse con la forza?"

"No, però, te l'ho detto. L'ho sedotto io. E non gli ho detto di fermarsi."

“Non a parole, però -”

“Ha solo esagerato un po’, d’accordo. È un alfa. È normale”

 

È un alfa, è nella loro natura. È un alfa, tendono a essere un po' più aggressivi, ma non lo fanno apposta. Francis davvero è stanco di sentirselo ripetere.  “Siamo uomini per amore del cielo. Non animali” ruggisce.

 

Se Arthur stringesse ancora di più la sua tazza di tè ormai freddo, potrebbe anche romperla. "Non è vero." China il viso fino a specchiarsi nel liquido. "Non insistere, te lo chiedo per favore."

 

Francis ha visto talmente tanti omega comportarsi allo stesso modo che gli è difficile capire se sia nella loro natura o se questa volta sia solo Arthur e quel suo continuo nascondersi dietro a una maschera di compostezza. Non dire nulla perché se crollasse quella finzione a cui si aggrappa annegherebbe senza nulla di abbastanza solido per continuare a galleggiare. 

 

 

"A volte è piacevole” sussurra Arthur dopo un po’, quasi a voler colmare il silenzio imbarazzato che si è creato tra loro - o, peggio, come se volesse giustificarsi. Se con se stesso o con Francis non è chiaro.

 

"Mi piace quando mi abbraccia e mi stringe appena un po' troppo forte, come a dire che è lì e mi proteggerà qualunque cosa accada.”

Incrocia le braccia al petto, sfregando le dita sugli avambracci. 

"E a volte il solo vederlo mi dà la nausea."

 

Arthur è così vicino che per un attimo Francis vorrebbe solo prendere il suo viso tra le mani e baciarlo con tutta la delicatezza di cui è capace; infilargli una mano nel petto, fino al cuore, e tirare fuori tutto il marcio e lo schifo che si porta dentro. Vorrebbe quasi stringerlo, e mostrargli quanto dolce l'amore possa essere, ma sa che Arthur non accetterebbe mai e l'ultima cosa di cui ha bisogno è avere qualcun altro che si imponga su quel minimo di libertà che gli è rimasta.

 

Poi vorrebbe prenderlo e portarlo via da lì. Se almeno fosse un alfa ci si potrebbe pensare, ma è un beta, uno stupido e inutile beta, che può solo guardare e offrire inutili parole di conforto e sperare di innamorarsi un giorno di un altro beta.

 

“Ne hai parlato con lui?" È una domanda stupida, ma la deve porre. 

"Certo che no. Non servirebbe. Si è scusato, sai? Non so quante volte. E cerca sempre di essere gentile. Ma il bonding ha sballato i nostri feromoni. Ci, ci eccitiamo a vicenda e i soppressori che girano ancora sono troppo blandi."

 

Sanno entrambi che non è vero, che la storia del bonding non è mai stata davvero dimostrata scientificamente, ma, di nuovo, a volte è meglio credere a una bugia; e Francis decide di lasciar correre. Come decide di non insistere oltre sulla quesitone di Alfred. 

 Lo spiraglio che Arthur gli ha dato si sta chiudendo, ma c’è ancora abbastanza spazio perché Francis possa infilarci dentro una mano fino a far chiudere le dita sul polso dell’omega.

 

“Aspetta" lo ferma, sulla porta della cucina. “D’accordo. Non sono affari miei e ammettiamo pure che sia colpa degli ormoni o che Alfred non"- come beta fatica persino a pronunciare quella frase - "riesca a controllarsi" sputa fuori.  "Ma quando vorrai, sappi che basta chiamare e ti porterò via da qui."

“Cos’è? Una delle frasi del tuo repertorio?”

“No, una promessa. Come. .. " Esita sulla frase. Una parte di lui prova ancora qualcosa per Arthur, una parte di lui è ancora convinta che avrebbero potuto far funzionare una vita insieme.  "Come amico.”

"Sai che non è possibile" gli ricorda Arthur, mentre si sente il rumore di una macchina nel vialetto. Però poi abbassa lo sguardo e parlando piano, quasi solo labiale, aggiunge: "Grazie."

Note: Niente io ogni tanto devo mettere roba anche su EFP, qundi altro lavoro dello scorso anno. Questa volta scritto già in italiano, quindi vai di copia-incolla. 
Giuro che non ho nulla contro Alfred o la UsUK e anzi sono una multishipper felice, ma ho una certa vena per l'A/B/O classico e un po' dubcon e ogni tanto mi piace riprendere le dinamiche che avevo impostato nel 2016. Casomai la colpa è del mio io passato. 

Il titolo è preso dalla canzone "You don't know" dal musical "Next to normal".

 


 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Gwen Chan