Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Red Owl    16/01/2021    0 recensioni
Quando suo padre viene arrestato per furto, la cameriera Rosa rimane senza lavoro. Senza più alcun mezzo per sostentarsi, decide di accettare l'invito di uno zio e di raggiungerlo nella sua tenuta di campagna, dove l'aspetta un matrimonio con un cugino sgradevole e arrogante.
Rosa si è rassegnata a una vita infelice e il suo unico sollievo sono le passeggiate lungo le rive del lago che occupa parte della proprietà dello zio. Ma a chi appartiene la voce che di tanto in tanto le pare di udire? E chi è il giovane che incontra tra gli ulivi in una nuvolosa giornata primaverile?
Genere: Mistero, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ho detto che questa storia avrebbe avuto al massimo tre capitoli? Ah-ah, scherzavo. Sto già scrivendo il quarto e non escludo di arrivare al quinto.

***

Il giorno che segue la conversazione con Edoardo è uggioso. Il cielo è basso e grigio e lascia cadere una pioggerella talmente sottile da sembrare nebbia. È il tipo di giornata che invoglia a restare in casa, ma Rosa ha l'impressione di soffocare, rinchiusa tra le mura della villa.

Probabilmente non dovrebbe uscire vestita così; non oggi che ha indossato il vestito rosso che la zia Maria Elena le ha fatto confezionare tra mille raccomandazioni, lodando la qualità della stoffa e dei bottoni di madreperla, ma la ragazza non riesce a resistere.

Nel primo pomeriggio sgattaiola in giardino e pensa che forse nessuno si accorgerà della sua piccola evasione perché ha quasi smesso di piovere e la mantella di lana che si è gettata sulle spalle protegge la maggior parte del suo vestito. Deve solo stare attenta a non infangarne troppo l'orlo.

Rosa non si ferma a pensare a dove andare: lascia che siano i suoi piedi a guidarla e nel giro di una decina di minuti arriva al laghetto.

Tutto è quieto. Non c'è un filo di vento e gli uccelli palustri che risiedono nel piccolo specchio d'acqua sono rannicchiati a poca distanza dalla riva, le zampe posate su un qualche trespolo che affiora appena e le penne arruffate. Non si ode il ronzio di alcun insetto e il lago stesso è silenzioso.

L'atmosfera è talmente immobile, quasi sonnolenta, che quando sente dei passi alle proprie spalle Rosa sobbalza con più enfasi di quanta sia accettabile.

C'è un uomo che si aggira tra gli ulivi. È piuttosto giovane, deve avere solo pochi anni in più di lei, e i suoi capelli biondi sono raccolti in un'acconciatura antiquata, una coda bassa che non è più di moda da almeno un secolo. Rosa studia i suoi abiti semplici, ma dal taglio curioso, e si stringe istintivamente al petto un ramoscello che ha raccolto poco prima, turbata dall'inaspettata apparizione del giovanotto.

Notando il suo gesto, lo sconosciuto le rivolge un sorriso di scuse. «Vi prego di perdonarmi» le dice. «Non era mia intenzione spaventarvi.»

«Non mi avete spaventata» replica lei, abbassando le braccia lungo i fianchi, ma continuando a fissarlo con occhi attenti. «Ammetto però di essere sorpresa: negli ultimi tempi mi è capitato spesso di passeggiare lungo le rive di questo lago e prima d'ora non avevo mai incontrato nessuno.»

L'uomo sorride di nuovo. «La vostra presenza è una sorpresa anche per me, in effetti. Immagino che siate un'ospite della villa?» chiede, indicando con un cenno del capo il sentiero che conduce verso l'edificio principale.

Rosa si lascia sfuggire l'accenno di una risata. «Se così si può dire: il signor Antonio Colombo è mio zio; e io vivo sotto il suo tetto, ora.»

Il giovane annuisce con aria solenne. «Vi faccio le mie condoglianze, allora. Per vostra madre.»

La ragazza inarca le sopracciglia. «Vi ringrazio, ma sono passati ormai dieci anni dal giorno della sua morte. Devo supporre che l'abbiate conosciuta? Com'è possibile? Quando ha sposato mio padre, voi dovevate essere soltanto un bambino...»

«Non l'ho conosciuta personalmente», replica lui, «ma è risaputo che l'unica sorella del signor Colombo è morta tempo fa.»

La fanciulla annuisce, trovando quella spiegazione mediamente soddisfacente. Quello che desidera veramente sapere, però, è chi sia quell'uomo che ha invaso un angolo di mondo che fino a poco prima pensava appartenesse esclusivamente a lei. È quasi certamente un giardiniere, si dice, percorrendolo ancora una volta con un'occhiata veloce, ma è meglio accertarsene.

«E voi siete... Un impiegato di mio zio?» chiede, sperando di non risultare inopportuna.

«Esattamente» conferma lui. «Mi prendo cura del giardino.»

La ragazza sorride, ma non riesce a scacciare il vago senso di imbarazzo che sembra aleggiare su quella conversazione: è strano intrattenersi con qualcuno di cui non si conosce neanche il nome.

La fanciulla decide che è giunto il momento di porre rimedio a quella mancanza. «In questo caso, è un vero piacere incontrarvi» dice, imitando inconsciamente il tono artefatto della zia Maria Elena. «Non mi sono presentata: io sono Rosa Lombardo.»

Il giovane pare combattuto e Rosa vede un lampo di indecisione attraversare il suo volto. «Cosimo Ardenghi» dice infine, piegandosi in un piccolo inchino.

La ragazza non può fare a meno di sentirsi intrigata dall'apparente reticenza del giardiniere: ha avuto la netta impressione che non sapesse se rivelarle o meno il proprio nome.

Perché? Si chiede, osservando per un istante il suo volto dai tratti eleganti. È un giovane dall'indubbio fascino, attraente nonostante i capelli lunghi e gli abiti fuori moda. Rosa nota i suoi occhi di un azzurro intenso e le sue spalle larghe e si sente arrossire.

Ma che idee sono queste?! Si rimprovera. Per scacciare la mortificazione, si costringe a parlare di nuovo. «Siete voi che vi prendete cura degli olivi?» fa, indicando il pendio.

Il giovanotto, che aveva gli occhi fissi su di lei, si guarda attorno con espressione stupita, come se fosse sorpreso di trovarsi circondato dagli alberi. «Sì, almeno in parte» conferma poi. «Ma ho chi mi aiuta.»

La ragazza non riesce neppure a fingere di essere incuriosita dagli altri giardinieri. In quel momento l'unica cosa importante è quel ragazzo biondo che sembra essere comparso come per magia nel punto più misterioso di tutta la tenuta. L'interesse che prova nei suoi confronti è senz'altro segno della sua scarsa levatura morale, ma Rosa non può fare nulla per reprimerlo: è come se qualcosa avesse messo radici all'altezza del suo stomaco e ora l'attirasse verso quell'uomo di cui conosce a malapena il nome.

È una sensazione bizzarra e non del tutto gradevole. Non senza un certo orgoglio, Rosa si è sempre ritenuta una persona razionale; eppure lì, sulle rive di quel laghetto dall'aspetto anonimo, la sua razionalità sembra venire meno. Prima sento una voce che sembra appartenere all'acqua stessa, poi sviluppo questa strana connessione con un uomo che non ho mai visto prima, pensa la giovane con un fremito preoccupato. Che cosa mi sta succedendo?

Accorgendosi del suo silenzio, Cosimo le si avvicina. «Signorina?» le fa, percorrendole il viso con gli occhi. «State bene?»

Rosa si riscuote. «Oh, sì, certo» lo rassicura, passandosi una mano sul volto. «A volte tendo un po' a perdermi nei miei pensieri.»

Dopo aver pronunciato quelle parole, la fanciulla arrossisce senza motivo e lui le rivolge un sorriso gentile. «Capita anche a me» le confessa in tono complice.

C'è qualcosa di anomalo nel suo atteggiamento e la ragazza impiega qualche istante a capire di cosa si tratta. A differenza del resto della servitù, quel giardiniere non la tratta con deferenza o malcelata invidia: sembra invece amichevole, si rivolge a lei da pari a pari. Tanta confidenza dovrebbe forse irritarla, ma Rosa non si è ancora abituata al suo nuovo stato sociale e, dopo settimane passate a subire la fredda indifferenza degli zii e del cugino Edoardo, un poco di cordialità è bene accetta.

Ciononostante Rosa si rende conto che la conversazione rischia di prendere una piega un po' troppo intima. È consapevole di essersi intrattenuta fin troppo a lungo con quel giovane e sa che è giunto il momento di accommiatarsi da lui - e non importa se c'è qualcosa in lei che le grida di non farlo, di fermarsi un altro po'.

Piegando le labbra in un sorriso che di naturale ha ben poco, incontra per un attimo gli occhi dell'uomo. «Ebbene, Cosimo, è stato un piacere parlare con voi. Tutta questa umidità mi sta però entrando nelle ossa e credo che sia davvero ora che io torni alla villa: sarebbe davvero un peccato se mi prendessi un malanno...»

"... poco prima del mio matrimonio" stava per dire, ma per qualche motivo le parole mutano forma prima di lasciare la sua lingua.

«... proprio ora che la primavera è alle porte» dice invece.

La voce le si spegne in un tremolio incerto, ma lui pare non badarvi. «Il piacere è mio, Rosa» ribatte; e tanta familiarità le fa sobbalzare il cuore nel petto. «La primavera è la stagione in cui il giardino dà il meglio di sé: magari ci incontreremo ancora?»

È meglio di no, pensa Rosa, perché non sta bene che una donna fidanzata si intrattenga con un uomo che non è il suo promesso sposo. Lo zio Antonio non vorrebbe che io parlassi con te; e non credo che mi convenga contrariarlo, visto che, se non fosse per lui, non avrei neanche un tetto sopra la testa. Oltretutto il cugino Edoardo è brutto e mi considera una stupida, ma resta comunque un partito migliore di un giardiniere.

Sarà meglio che ci incontriamo di nuovo, riflette ancora, visto che io sposerò il padrone della tenuta e che tu sei pagato per curare la mia proprietà.

Le parole che lasciano la sua bocca sono però ben diverse. «Magari sì» sussurra con gli occhi bassi, prima di girare sui tacchi e avviarsi lungo il sentiero che conduce alla villa.

Nell'atmosfera nebbiosa, lo scricchiolio della ghiaia sotto i suoi piedi è l'unico suono che raggiunge le sue orecchie.

***

Passano diversi giorni prima che Rosa abbia il coraggio di tornare al lago. Il tempo si è rasserenato e la fanciulla ne approfitta per esplorare le parti della tenuta che ancora non conosce bene.

Una delle sue mete preferite è la modesta serra nella quale la zia Maria Elena coltiva le orchidee. Ci entra quasi in punta di piedi, dal momento che non è sicura che la zia voglia che lei stia lì, ma una volta dentro rimane affascinata dai fiori eterei che sembrano sospesi a mezz'aria, simili a farfalle che si accalcano attorno ai rigidi steli verdi. Rosa li osserva, tende le dita verso di loro, li sfiora senza osare toccarli: teme che, se lo facesse, cadrebbero a terra come insetti senza più forza nelle ali.

Le prime due volte che visita la serra la trova deserta. L'unico suono che spezza l'umidità immobile che regna nella piccola costruzione di vetro è il ronzio di un insetto ostinato che, scoprendosi incapace di trovare la via d'uscita, percorre palmo a palmo la barriera invisibile che lo separa dal mondo esterno.

Quando vi si reca per la terza volta, però, il sole è sorto da poco e sulle prime la giovane non si accorge di avere compagnia e il suono improvviso di una voce la fa sussultare. «Buongiorno, signorina» le dice una donnina di mezza età che regge delicatamente tra le mani un vaso che contiene un'orchidea adorna di fiori bianchi.

«Oh... buongiorno!» replica lei arrossendo. Non ha davvero motivo di essere in imbarazzo, dal momento che la serra si trova su quella che presto sarà la sua terra e che, comunque, non sta facendo nulla di male, ma Rosa si scopre a strisciare nervosamente i piedi sul pavimento.

La donna le rivolge un sorriso gentile e poi si china per posare il vaso in una tinozza ai suoi piedi. Alle orecchie della fanciulla giunge un leggero suono d'acqua smossa. La curiosità ha la meglio sulla ritrosia. «Cosa state facendo?» chiede, avvicinandosi alla sconosciuta.

«Bagno le orchidee» risponde di buon grado lei. Non sembra che l'attenzione di Rosa le dia fastidio. «Non conviene innaffiarle: è meglio metterle a bagno per dieci minuti. Così prendono solo l'acqua di cui hanno bisogno.»

«Ah» annuisce la giovane, affascinata. «È lei che si prende cura della serra?» Forse è strano che ultimamente stia incontrando tanti giardinieri, ma Rosa scrolla le spalle: è primavera, è normale che vi sia tanto da fare nelle aree verdi della villa.

La donna comunque scuote il capo. «Solo di tanto in tanto: in realtà si occupa quasi di tutto la signora Maria Elena. Io do solo da bere alle piante: bisogna farlo quando il sole è ancora basso; e la signora non è mai stata particolarmente mattiniera.» Lo dice con un sorriso quasi affettuoso e Rosa si chiede se la sua gelida zia sia capace di mostrare un volto più amichevole di quello che di solito riserva a lei. All'oscuro dei suoi pensieri, la donnina la guarda con più attenzione. «Immagino che voi siate la signorina Rosa, giusto?»

«Esatto» annuisce lei, prima di retrocedere di un passo. «Ma vi sto forse disturbando? Ero venuta per guardare da vicino le orchidee, ma non vorrei intralciare il vostro lavoro.»

L'altra donna scoppia a ridere. «Non siete di alcun disturbo, signorina, e non direi che quello che sto facendo è un lavoro: è più che altro un passatempo. Il mio vero lavoro è nell'orto: lì sì che c'è parecchio da fare, soprattutto quando mio marito è troppo occupato per aiutarmi!»

«Anche vostro marito lavora qui?» indaga Rosa.

La donna più anziana annuisce. «In questo periodo si sta occupando della potatura degli olivi: bisogna sistemarli per bene prima che inizino a fiorire.»

È una coincidenza, ma la fanciulla scopre che la bocca le si è fatta stranamente asciutta. «I-immagino...» balbetta, poi si ferma e si schiarisce la voce. «Immagino che non sia un lavoro semplice. Sono stata dalle parti del laghetto sul lato sud, l'altro giorno, e non ho potuto fare a meno di notare che mio zio possiede un gran numero di quelle piante.»

«Oh, sì», annuisce la donna, «e sono molto produttive. Fortunatamente il mio povero Nicola non ci lavora da solo: la sua schiena non è più quella di un tempo.»

Rosa si morde inconsciamente un labbro, mentre la sua mente torna a un paio di occhi chiari e a un corpo solido. «Sì, proprio l'altro giorno ho incontrato uno degli altri giardinieri: Cosimo, se non ricordo male.»

La donna aggrotta le sopracciglia e si asciuga le mani nel grembiule che le cinge la vita. «Cosimo?» chiede con aria perplessa. «Non mi sembra che ci sia nessun Cosimo che lavora da queste parti.»

Di nuovo, la ragazza avverte un rossore imporporarle le guance. «Forse... forse ho capito male il suo nome?» azzarda. O forse mi ha dato un nome sbagliato, pensa confusa. Un attimo dopo la confusione viene soppiantata dall'indignazione. Ma perché avrebbe dovuto farlo? Si diverte forse a prendersi gioco di me? Un altro pensiero le attraversa la mente: e se il ragazzo che ha incontrato in riva al lago non fosse stato affatto un giardiniere, ma qualcuno che si era infiltrato nella proprietà di suo zio con scopi meno che nobili? La prospettiva le fa girare la testa.

Decisa ad andare in fondo alla questione, Rosa cerca di richiamare alla memoria tutti i particolari che potrebbero esserle utili. «Dimostrava più o meno la mia età» dice con la fronte contratta per la concentrazione. «Forse era un poco più vecchio, ma non di molto. Piuttosto alto, con i capelli biondi e gli occhi chiari. Oh, e i suoi capelli erano più lunghi di quanto si addica a un uomo.»

Il volto della donna rimane impassibile per qualche istante, poi si illumina. «Ah, ma voi state forse parlando di Claudio? Un giovanotto per bene, anche se dall'aspetto forse un poco trasandato?»

«Forse...»

Rosa si interrompe. Possibile che abbia confuso "Cosimo" per "Claudio"? I due nomi non si assomigliano affatto. E, inoltre, non è certa che l'aspetto del giovane che ha incontrato tra gli ulivi possa definirsi trasandato: antiquato, sì, ma comunque piuttosto curato.

«Non posso escluderlo» dice, ma la sua voce ha un suono ben poco convinto e la sua interlocutrice pare accorgersene. Rosa si sforza di sostenere il suo sguardo indagatore e si affretta a cambiare discorso: non può permettersi che quella donna, che sembra avere un buon rapporto con la zia Maria Elena, pensi che lei dimostri troppo interesse per un uomo che non è Edoardo. «Comunque non ha importanza» dice, cercando di assumere un tono noncurante. «La mia era semplice curiosità.»

«Avrete tempo per imparare i nomi della servitù» la rassicura la donna. «Non siete qui da molto e avete avuto molte cose a cui pensare.»

La ragazza fa un cenno d'assenso. «Certamente, signora...?»

«Adele» viene in suo soccorso la donnina. «Mi chiamo così.»

Quando poco dopo si separa da lei, Rosa pensa che dovrebbe tornare a casa nel caso in cui la zia abbia qualcosa in da farle fare. Dopo una vita passata a servire, non si è ancora abituata all'ozio che ora abbonda nelle sue giornate. Quasi senza rendersene conto, però, si incammina invece verso il lago: per vedere se Cosimo si aggira tra gli olivi - e per chiedergli il suo vero nome - per scoprire se l'acqua ha qualcosa da dirle.

Le sponde del laghetto sono deserte, l'unico movimento che si scorge tra gli alberi è quello di un merlo che raspa e saltella alla ricerca di vermi. Rosa è delusa.

«Cosimo?» prova comunque a chiamare. Non che si aspetti una risposta. La speranza che le formicola nel petto è sciocca: se anche il giovane è davvero un giardiniere - e Rosa inizia a nutrire qualche dubbio in proposito - non passerà certo le sue giornate in quella porzione di parco.

«C'è nessuno?» chiede ancora.

Le risponde un mormorio. Cosimo? È il suo primo pensiero, ma no, ovviamente non è il giardiniere. La voce che ha parlato è femminile.

La ragazza si avvicina al lago. Non ha mai provato a rispondere alla voce, ma cosa succederebbe se lo facesse?

Rosa deglutisce. «Chi siete?» sussurra mentre i suoi occhi corrono sul pelo dell'acqua, immobile nella luce del mattino.

Vieni, sussurra la voce. Nella mente della giovane risuonano echi sbiaditi, racconti di marinai e di ingannevoli canti di sirene. Nonostante ciò, la fanciulla si accuccia sulla riva, le scarpe ben piantate nel terreno leggermente fangoso e le dita della mano destra che si stringono sull'erba umida. La mano sinistra, invece, si tende verso l'acqua.

«Cosa volete da me?» chiede Rosa. La voce le trema e si sente sciocca a conversare con il lago, ma come potrebbe smettere di farlo?

Sei sola, è la risposta che giunge dall'acqua. Sei tanto sola.

Accovacciata accanto a un cespuglio di ortensie, Rosa aggrotta la fronte. È vero, è sola, ma la solitudine non è mai stata un problema. In quell'istante capisce che ciò che le pesa è la prospettiva di rimanere intrappolata in un mondo che non le appartiene, in un matrimonio che non la renderà mai felice. E che non renderà felice nemmeno suo marito, se ciò che crede di aver visto nella biblioteca non è stato un abbaglio. Ma cosa deve saperne un lago delle ambasce dei mortali?

Probabilmente sono pazza, pensa la giovane mentre le sue dita sfiorano il pelo dell'acqua. «La solitudine non mi spaventa» risponde allora, spingendo lo sguardo fino al centro del laghetto. «Temo piuttosto l'infelicità: tra poco più di un mese dovrò sposare il cugino Edoardo e so già che lui non mi vuole, né potrà mai volermi. E nemmeno io gli voglio bene, del resto. Preferirei rimanere sola per sempre, piuttosto che diventare sua moglie.»

Delle onde sottili increspano la superficie del lago. Io posso aiutarti, sussurra la voce, che a Rosa non è mai sembrata così suadente. Posso renderti libera e anche meno sola.

La fanciulla si morde le labbra. È una prospettiva allettante, ma lei non è certo tanto folle da prestare orecchio alle proposte fatte da una fata che vive nelle profondità lacustri o, forse, solo negli abissi della sua mente.  

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Red Owl