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Autore: L_White_S    17/01/2021    0 recensioni
" Non sempre gli angeli nascono con le ali "
Quando i nazisti portano gli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz, il loro scopo non è solo quello di ucciderli…
Quando il re inglese attacca la Francia per riprendersi il trono, la guerra “dei cent’anni” diverrà il pretesto per celare le vere motivazioni del conflitto. Ma cosa hanno in comune questi avvenimenti storici?
Ice – il protagonista – è un ragazzo che si sveglia in un laboratorio ultratecnologico senza memoria. Gli esperimenti condotti lo hanno privato dei ricordi e solo dopo un accurato incidente, studiato – se vogliamo – inizia finalmente a trovare nel buio della sua mente quei flashback che faranno riaffiorare la verità, oltre che la luce.
La saga inizia con la ricerca delle origini di uno “dei dieci”, con un debutto fenomenale.
Si introdurranno domande che sorgeranno spontanee al lettore, quali la nascita del conflitto delle parti, sia di esseri
sovrannaturali che non, e di quanto possa un amore condizionare la vita…
Ice, durante il viaggio dettato dai ricordi, scoprirà una visione demoniaca che lo perseguiterà per tutto il tempo, manovrandolo come un burattino. Ma perché accade questo?
L’amore potrà riportarlo sulla retta via, perché la strada del male, è solo un bivio…
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO      2.5
 
 
 
 
 
   Stordito come gli fosse arrivato un macigno in testa, Ice si aggirò per la circonferenza del campo dondolandosi come fosse ubriaco, lui che non aveva mai bevuto.
   Improvvisamente si fermò davanti ad uno dei tronchi con quei singolari solchi.
   Vi poggiò dentro una mano e sentì il calore della corteccia: era una sensazione strana, tutto era freddo eppure in quel preciso punto c’era ancora del calore.
   Certo che rivedere Philip dopo più di due mesi lo aveva stordito non poco.
   Il biondo non lo aveva riconosciuto, coperto com’era, ma tra i due c’era stato un piccolissimo frangente in cui si erano scambiati dei gelidi sguardi.
   Qualcosa li univa, ne era certo.
   E ora che stava imparando a maneggiare la spada era ansioso di misurarsi con lui.
   Quel biondo lo stimolava inspiegabilmente a superarlo, non vi era un particolare motivo però, era così e basta.
   Abbandonati i pensieri, il ragazzo sfoderò lentamente la pesantissima arma di Alexandre e notò che ancora, dopo circa una settimana, non riusciva a tenerla saldamente stretta.
   Guardò l’innocente corteccia sfregiata in due punti.
   “Troppo pochi”, si disse.
   Indietreggiò di qualche passo e iniziò: i movimenti fluidi e sinuosi somigliavano molto alle fiamme di un imponente fuoco, il calore cresceva e consumava le sue paure, le inibizioni e altrettanti timori; era un tutt’uno con la lama, la sentiva parte del suo corpo, così come la punta aguzzina, pronta a scalfire ogni cosa.
   Volteggiava l’acciaio sotto la chioma, spostava l’aria e attirava le foglie ancora verdi a sé, aveva la forza di un ciclone, mentre la luna rifletteva nel gelido metallo.
   Il sibilo era unico, i fratelli ogni volta lo ammiravano e lo imitavano scherzando tra di loro, erano ansiosi di fronteggiarsi con lui: lo avevano visto crescere di giorno in giorno e ora che era diventato uomo, non vedevano l’ora di battagliarlo.
   Persino Alexandre lo aveva incoraggiato nel duello con gli altri ma il ragazzo si era opposto.
   Voleva controllare la velocità, la precisione e i movimenti in maniera impeccabile, convinto di raggiungere la perfezione.
   Solo allora sarebbe stato pronto.
   Silenzioso Edouard si avvicinò e lo squadrò con venerazione, poi lo interruppe.
   « Domani mattina abbiamo la caccia, lo ricordavate? È il nostro turno, andate a riposarvi », disse con tono di sottomissione ed accortezza. « Ormai siete pronto, riposatevi ».
   « Se me lo dite perché è la prima caccia non dovrete preoccuparvi – disse sferrando un paio di colpi contro il tronco – ricordo bene i vostri insegnamenti; ci vediamo domani, notte Edouard ».
   Licenziando il compagno, Ice interruppe sul nascere il discorso mandando l’amico a farsi fottere in maniera del tutto educata.
   Poi riprese a sfogarsi sull’albero.
 
 
 
 
   Dopo aver passato mesi interi senza alcuna sua notizia, Alex rimase a parlare con Philip nella tenda finché il giovane non si fu addormentato: era esausto.
   Aveva spinto i suoi limiti fino a superarli, tutto per proteggere la bellissima Angeline ma ora però il problema era un altro: aveva già ottenuto abbastanza dalla fratellanza, avevano accolto Ice, e chiedere nuovamente di accettare un giovane e una fanciulla era improponibile.
   Anche se quest’ultima era sua nipote.
   Suo fratello, il re, l’aveva salvata e in punto di morte l’aveva commissionata a lui, l’amato affiliato, il combattente del regno.
   Il peso però di accudirla lo aveva schiacciato a tal punto da costringerlo ad affidarla a una parrocchia…
    Era un guerriero di stirpe reale, non una badante.
   Amava la nipotina con tutto se stesso, peccato però che in quegli anni la peste aveva iniziato a uccidere chiunque; popolani o principi che fossero.
   Alex era combattuto, voleva portarla via il più lontano possibile ma quando l’aveva sorpresa con Philip, non si era sentito di rivelarle la vera identità sulle sue origini.
   Non voleva separarli.
  A quel tempo gli immortali lo avevano scelto per combattere una battaglia che sarebbe durata in eterno, perciò si era visto costretto a insegnare qualsiasi cosa sapesse a quel giovane, con la speranza che potesse difenderla ed allontanarla dalle battaglie, vivendo il più possibile, sperando in una pace che l’avrebbe riassegnata al trono.
   Il suo amato allievo era Philip.
   Uscì senza far rumore e quando si trovò fuori al campo, sentì in lontananza un fruscio continuo e incessante, come un vento di foglie: era Ice.
   Senza avvicinarsi più di tanto rimase a guardarlo cercando di non distrarlo.
   Non lo aveva mai visto allenarsi con quella foga: la corteccia da un lato era quasi del tutto sparita e l’albero, oramai spoglio, di li a poco sarebbe caduto.
   Forse era davvero pronto per la fase successiva e poi era sicuro che quel giovane potesse benissimo competere con Philip; aveva tutte le carte in regola per farlo.
   Tenendosi saldamente alla larga tentò di raggiungere l’accampamento degli anziani ma s’imbatté in un profumo dolciastro, di vaniglia e rose.
   Poco più in là vide una fanciulla, che bagnata dalla luce della luna, sembrava uno degli angeli di Dio.
   Rimase con il cuore in gola per qualche secondo, senza nemmeno salutarla: i due si guardarono, lei era silenziosa, imbarazzata, lui… non se lo sapeva spiegare, la sua bellissima nipotina era diventata più bella di Venere!
   « Buonasera ».
   « Buonasera a lei ».
   Lasciati i convenevoli, entrò nella tenda dei saggi, l’unica illuminata, salutò e si unì al banchetto.
   Non riusciva ancora a credere di aver parlato dopo più di quindici anni con l’unica parente rimastagli: ora una vera donna.
   Quando smise di sognare ad occhi aperti notò numerosi boccali di vino sparsi qua e là; era presente anche quell’odioso Edouard: sarebbe stato difficile dissuaderli con lui presente, ma erano tutti un pò brilli; meglio, avrebbe aggirato facilmente le loro negazioni.
   « Buonasera signori », si presentò Alex unendosi a loro e sorseggiando un pò di vino.
   « Finalmente ci degnate della vostra presenza! È arrivato quel ragazzo con la bellissima fanciulla, lo sapevate? Perché ci degnate della vostra presenza solo ora? », disse il più anziano seguito dalle risate di tutti gli altri.
   Solo Alex restò serio non mostrando alcun risentimento.
   Le prese per i fondelli erano sciocche.
   « Ho parlato con il giovane, Philip è il suo nome, ha seguito le nostre tracce da Parigi, era a conoscenza della fratellanza ed è venuto in cerca di aiuto. Parigi è nel caos… Non possiamo abbandonarli ».
   Il discorso corto ed esaustivo era buona cosa, non piaceva agli anziani dialogare con giri di parole, loro volevano andare subito al sodo, cosa che fece, accontentandoli.
   Rimuginando per qualche minuto, sotto l’occhio vigile di Leroy, i dieci uomini si accordarono sul da farsi, pur continuando a bere come spugne.
   « Siamo giunti ad una conclusione ».
   Alex annuì in senso di rispetto.
   « Acconsentiamo al ragazzo di soggiornare qui con noi, un uomo in più in armi è sempre un’ottima cosa di questi tempi, voi lo sapete, poi è anche giovane e possente, meglio ancora! Per quanto riguarda la ragazza – tutti scoppiarono in una risata generale – la metteremo su un carro e la spediremo dalle dominazioni, forse la lasceranno vivere; mi è stato riferito che è di una bellezza divina… Magari i nostri avversari, ammaliati, perderanno la ragione permettendoci di vincere! Ahahah ».
   La tenda divenne improvvisamente una bolgia mentre tutti scoppiarono a ridere ubriacandosi.
   Alex strinse i pugni fin tanto da farsi uscire il sangue…
   « NO! » disse ribattendo e alzandosi. Non aveva la minima intenzione di lasciare la sua nipotina al fato e lei non meritava nemmeno gli insulti di quei vecchi bastardi.
   « Allora resterà con noi, d’altronde siamo uomini, abbiamo anche noi le nostre esigenze! ».
   Le risa divennero così assordanti che Alex, per non venire alle mani, uscì furioso.
   Si voltò per vedere se la bellissima mora stesse lì, nel punto dove l’aveva lasciata, ma notò che era sparita.
   Forse si era riaddormentata nel carro, almeno si era risparmiata di sentire gli sciocchi commenti dei fratelli.
   Decise di mettersi anch’egli a riposare, magari il sonno lo avrebbe aiutato a freddare i bollenti spiriti prima di uccidere qualcuno.
   Sapeva che era peccato e col veleno in corpo non era mai buona cosa combattere.
   A pochi passi dal proprio alloggio notò una figura d’innanzi a sé: era Edouard, non lo aveva visto alzarsi.
   « Calmatevi », disse.
   « Non ditemi cosa debbo o non debbo fare! Ora scusatemi, ho da fare », rispose a bocca asciutta spingendo da un lato il compagno.
   Edouard lo lasciò passare per poi bloccarlo con delle parole così taglienti da poterlo uccidere.
   « So che è vostra nipote e Philip il vostro allievo, non fatemi rimpiangere di mantenere il segreto », disse scomparendo nella notte.
 
 
 
 
   Angeline, confusa, ebbe l’impressione di conoscere l’uomo che l’aveva salutata appena scesa dal carro, ne era più che sicura, ma magari era solo un’impressione, si disse.
   Nel silenzio più completo, aggirandosi nel campo mentre i pochi svegli erano a guardia, fu attratta da un fruscio continuo, sembrava il rumore prodotto da una frusta contro qualcosa… qualcosa di duro.
   Le ombre erano tenebrose, le chiome degli alberi le stringevano la gola, come se si trovasse dentro a un pozzo, e solo la luna, in alto, riusciva a darle la forza per andare avanti.
   Temeva di esser attaccata da quella figura scura che aveva visto a Parigi, ma poi ripensò a Phjlip e a Ice…
   No, era al sicuro. Che sciocca che era.
   Lentamente seguì la fonte di quel rumore e vide un uomo, scuro in volto, manovrare una lama di un metro e mezzo buono come fosse un ramoscello, intento a colpire rapidamente, con percosse continue e lampanti, la corteccia di un albero.
   “O mio Dio”.
   Il tronco era per metà stroncato mentre nei solchi prodotti dall’arma, quelli più profondi, sembrava ci fosse del carbone ardente.
   Era qualcosa che mai avrebbe immaginato di vedere nella sua vita.
   L’uomo era alto, slanciato e non molto muscoloso, ma agile e con una forza sovrumana.
   Attenta a non disturbarlo si avvicinò raggiungendo un tronchetto tagliato poco lontano, vi si poggiò sopra e vi restò per tutta la durata dell’allenamento.
   Non riuscì a vedere chi fosse, ma con il cuore quasi impazzito sperò con tutta se stessa che quell’uomo fosse lui: Ice!
   Non pensava che a lui.
   Dopo forse un’ora o poco meno, l’allenamento ebbe fine.
   Il ragazzo, sbracciato e splendente sotto la luna, aveva uno strato di sudore quasi ghiacciato: faceva freddo quella notte eppure, appena i colpi inferti all’albero cessarono, la temperatura del bosco sembrò salire di circa sei o sette gradi.
   Strano.
   Faceva comunque un gelo della malora per girare a braccia scoperte, ciononostante il giovane sembrò non sentirne gli effetti.
   Angeline si era coperta per bene invece, questo fino a quando non vide il volto del ragazzo…
   Lasciò cadere la morbida e calda coperta prestatagli da uno dei fratelli e rimase senza fiato.
   Lo stesso accadde a Ice.
   Ricevere un pugno con tutta la violenza possibile alla bocca dello stomaco era come una carezza a confronto di ciò che stavano provando, un dolore interno così profondo, così forte…
   Angeline si alzò fulminea cercando di riagguantare la coperta mentre Ice assisteva imbarazzato e sorridente.
   I fratelli all’unisono si voltarono incuriositi.
   Infastidito dalla loro presenza, il giovane conficcò con violenza la spada nel suolo.
   Un modo usato per rammentare ai fratelli la loro scortesia.
   Si praticava a quei tempi.
   Così tutti sloggiarono, lasciandoli soli.
  “ Siete voi…”.
   Attenti a non rovinare quel momento magico entrambi rimasero in silenzio…
   Sembrava si capissero al volo, o forse non riuscivano a trovare le parole giuste per salutarsi dopo tanto?
   Avevano in mente ancora il loro primo incontro. Fantastico.
   Ed erano ancora attratti l’uno dall’altro come mesi prima.
   Poi Ice subentrò, non voleva ripetere gli errori fatti nella casina.
   « Angy...», la sua voce calda e dolce risuonò nei timpani della ragazza così a fondo che sembrò le parlasse attraverso il pensiero, « Avete freddo, cosa state facendo qui fuori, se avessi saputo, avrei smesso ore fa…».
   « Non dovreste preoccuparvi, sono adulta e poi un vostro compagno mi ha dato questa, è stato molto gentile ».
   “Ah, non ne dubito…”.
   Angeline si massaggiò comunque le braccia prima di alzarsi e abbandonare il tronchetto. I glutei erano congelati e le gambe addormentate.
   La bella, visibilmente infreddolita, cercò in tutti i modi di nascondere il suo status ma le labbra, viola e in completo contrasto con la pelle bianca, non lasciarono dubbi: aveva combattuto il gelo solo per stargli accanto.
   Ice si sentì prepotentemente in colpa, era una serata calma ma troppo fredda per lei, da quando aveva osato spingersi oltre aveva scoperto di riuscire a manipolare la temperatura dell’ambiente che lo circondava.
   Perciò in un certo senso il malessere di Angy era colpa sua.
   Comunque ora che aveva smesso la temperatura era ugualmente rigida, dieci gradi erano troppo pochi per la pelle delicata della bella.
   « Sembrate intento a trovare una soluzione », disse con il solito tono di sfida « Ah, come avevate detto? Avreste fatto l’impossibile? Non credo che riuscireste a manipolare il tempo, ma non vi preoccupate », si avvicinò al giovane per posargli una mano sullo zigomo ma Ice spostò velocemente il capo, facendo persino un passo indietro, allontanandosi.
   I loro volti, specchiati nei rispettivi sguardi, erano più belli che mai e saldamente immobili.
   Angeline fece finta di nulla, nonostante il ragazzo l’avesse visibilmente rifiutata, «  Vado a dormire… buona notte Ice ».
   Il moro non poté permettersi di toccarla, non poteva rischiare.
   Nemmeno se a farne le spese sarebbe stato il loro rapporto.
   
 
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