Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Nymeria87    18/01/2021    3 recensioni
dal testo:
“Ti sta bene tutto questo?” le chiese d’un tratto in un sussurro indicando con la mano le tavolate difronte a loro.
Sansa lo guardò curiosa soppesando per un momento la sua espressione costernata mentre cercava di comprendere il significato delle parole di Jon.
[...] “sei un uomo di valore Jon, ti meriti tutto questo, lo hai dimostrato sul campo di battaglia!”,
“Sono quasi morto sul campo di battaglia, e lo sarei se non fosse stato per te!”.
“Hai rischiato tutto per il Nord, è questo quello che loro vedono, un uomo che darebbe la vita per la sua terra e la sua gente...”
Per il Nord, certo, ma avrei dato la vita anche solo per te Sansa, sei stata il mio ultimo pensiero prima dell’impatto con le armate Bolton.
----
Ripartiamo dalla settima stagione ripercorrendo gli eventi visti nella serie ma andando a scavare un pò piu’ a fondo, attraverso i gesti e le espressioni che hanno fatto galoppare la mia mente molto lontano, a coltivare congetture e ad immaginare ciò che (ahimè) non abbiamo potuto vedere.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jon Snow, Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bentornati, so che l'attesa è stata interminabile e chiedo infinitamente scusa.
Eccomi qui con un nuovo capitolo, tutto incentrato su Winterfell e sui fratelli Stark, non vi trattengo oltre!
Buona Lettura!!





Erano passati pochi giorni e Sansa riusciva a percepire ben poco dei suo fratello Bran, in quella figura ombrosa e meditabonda che era tornata a casa e che in quel momento sedeva con lei al tavolo della colazione. Meera arrivò poco dopo, con occhi sempre sfuggenti e silenziosa al pari di una pantera ombra.
Sansa si ritrovò a scambiarsi sguardi d’intesa con lady Brienne, mentre cercava di intavolare l’ennesima conversazione, che sapeva benissimo, destinata a scemare nel nulla subito dopo.
Bran fu il primo ad allontanarsi dal tavolo, scortato da due uomini verso le stanze del Maestro.
Dopo che ebbe lasciato la sala, Meera inaspettatamente prese parola, annunciando a Lady Stark la sua imminente partenza quello stesso giorno.
“Meera, ma sei appena arrivata” provò a contrattare Sansa.
“Non voglio offendere la tua premurosa accoglienza Lady Stark...”
“chiamami Sansa, ti prego: sei stata una sorella per Bran quando io non ho potuto, non hai bisogno di titoli con me” le sorrise grata Sansa, riuscendo a far rilassare il viso della ragazza, seppur per un brevissimo istante.
“Sansa...non dimenticherò la tua gentilezza e l’amore che provi per questa terra e per la tua famiglia, ma proprio per questo, capirai perche devo tornare dalla mia: sai cosa sta arrivando e proprio per questo comprenderai perchè non posso attardarmi oltre”.
Sansa sospirò frustrata e consapevole, guardandola sempre negli occhi, prima di chiudere le labbra e farle un sofferente cenno di assenso. Meera ricambiò il gesto prima di alzarsi da tavola, pronta per tornare alle sue stanze e recuperare le ultime cose.
“Meera” la richiamò Sansa prima che questa potesse voltarle le spalle, “di qualunque cosa tu o Lord Reed abbiate bisogno, te ne prego fammi sapere: saremmo sempre in debito con la tua famiglia”.
Meera abbozzò un discreto sorriso, prima di inchinarsi appena con deferenza e lasciare la sala.
 
 
Lo scintillio di una lama nel buio, un’arma che aveva avuto uno scopo ben preciso rispetto alla sua vita e di cui Bran non avrebbe mai dovuto sapere niente, eppure eccola li, davanti ai suoi occhi, l’acciaio di Valyria che guizzava dei riflessi del fuoco che illuminava la penombra della stanza.
“Questo è per te” affermò Baelish, mostrandogli il pugnale, “l’ultimo uomo che lo impugnò voleva tagliarti la gola, ma tua madre glie lo impedì” disse prima di offrirglielo in un gesto rispettoso.
Bran ne brandì l’elsa rigirandosi la daga sotto gli occhi vacui, mentre continuava a sentire le parole di Baelish risuonare lontane nella stanza, filtrandone le bugie dalle verità.
“Tu sai a chi apparteneva” chiese, o forse no.
La risposta fu prevedibile, come prevedibile lo sproloquio seppur veritiero, di quanto quella semplice daga avesse dato inizio a quell’incessante serie di eventi che avevano portato alla guerra dei cinque Re, alla sua fuga da Grande Inverno, al suo peregrinaggio nelle più remote terre del Nord fin oltre alla Barriera, ad incontrare e vedere con i propri occhi, ciò che infestava le più terribili storie della vecchia Naan.
Ditocorto, leggermente provato dal non riuscire a cavar fuori una singola emozione che potesse tradire il suo interlocutore, si apprestò ad allungargli il fodero della daga, affinchè Bran potesse riporvelo dentro.
Azzardò qualche altra parola, sempre seguendo il suo filo strategico: “vivere tutto questo, e riuscire a tornare qui, solo per trovare un grande....caos, nel mondo; posso solo immaginare...”
“il caos è una scala” lo inchiodò ad un tratto al suo sguardo il giovane Bran.
Baelish non vide emozioni in quegli occhi, solo il riflesso delle sue colpe, e tanto bastò a fargli gelare il sangue. Proprio in quel momento, un bussare alla porta gli diede una via d’uscita da quella situazione che stava iniziando a risultare compromettente.
Vedendo entrare Meera Reed, Ditocorto si alzò dal suo scrano, ben felice di congedarsi dal ragazzo: “perdonami per il disturbo Lord Stark” asserì con estrema deferenza;
“non sono Lord Stark”, determinante il tono di Bran.
 
Meera diede spazio a Baelish per uscire, prima di rivolgersi a Bran, incuriosita da quella strana sedia con ruote su cui era seduto; “stai per andartene” constatò apatico il ragazzo prima di incontrare gli occhi buoni di lei.
“Non voglio lasciarti” cercò di giustificarsi lei, “ma quando...quando arriveranno avrò bisogno di essere con la mia famiglia; sei al sicuro, per quanto si possa essere al sicuro...non hai più bisogno di me” sorrise amaramente la ragazza.
“No, non più” asserì concorde Bran.
Meera non capiva, lo leggeva dal suo sguardo attonito: “non hai altro da dire?” chiese quasi speranzosa.
“Grazie” rispose Bran, quasi a ricordarsi le buone maniere, eppure lo sguardo incredulo di Meera si rifiutava di lasciarlo: “Grazie?” domandò sconcertata lei.
“Per avermi aiutato” spiegò Bran, registrando i cambiamenti espressivi sul volto della ragazza; vide dolore e frustrazione, mentre Meera avanzò qualche passo, poco prima di parlare: “mio fratello è morto per te, Hodor ed Estate sono morti per te, io sono quasi morta per te” pronunciò tra le lacrime imminenti.
Lo sguardo assente, seppur incredibilmente vigile di Bran si specchiò negli occhi bruni di lei: “Bran?” chiese sussurrando con un filo di disperazione nella voce.
“Non sono davvero lui. Non più” affermò lui quasi dolcemente, inclinando appena il viso, come in una parvenza di scuse, “mi ricordo cosa provavo nell’essere Brandon Stark, ma ora percepisco più cose” disse semplicemente.
Bran osservò il respiro di Meera e la scia di quelle poche lacrime che andarono a rigarle il bel viso; vide l’ombra di un sorriso amaro incrinarle le labbra prima che una presa di coscienza potesse abbandonarla in un sospiro: “sei morto in quella caverna...” affermò prima di voltarsi sconsolata e lasciare le sue buie stanze.
Solo quando il rumore della porta si infranse del nulla, Bran voltò lo sguardo verso la finestra, lungo i campi innevati, percorrendoli in volo prima di incontrare una fulgida, seppur minuta, figura a cavallo, con un’immensa pace e rinnovata speranza negli occhi, poichè Arya Stark, tra qualche ora, avvrebbe nuovamente varcato la soglia di casa.
 
 
Aveva lasciato la cavalla a Città dell’Inverno, incamminandosi verso il castello a piedi, cercando di passare più inosservata possibile; al cancello principale trovò due guardie che chiacchieravano al tepore di un fuoco e che le ostruirono deliberatamente il passaggio, non credendo ad una parola sulla sua identità piovuta del cielo. Arya cercò di far valere la sua parola facendo i nomi del Maestro Luwin e di Ser Rodrik, completamente ignara del destino dei due uomini forse più fedeli a casa Stark, ma quando le guardie la misero al corrente che anche il Re del Nord non era al castello, la domanda più che legittima di Arya su chi governasse Grande Inverno in sua assenza, venne accolta da una beffeggiante risposta: “la Lady di Grande Inverno? Lady Sark??”.
“Quale Lady Stark?” chiese Arya, ben consapevole che non poteva trattarsi di sua madre.
“Diccelo tu, visto che ti spacci per sua sorella” proruppe uno dei due.
Un barlume luminoso, si schiuse dall’angolo destro delle labbra di Arya, quando realizzò cosa quelle parole significassero; senza perdere la sua caparbietà si rivolse nuovamente alle guardie: “dite a Sansa che sua sorella è a casa”.
“Lady Sansa è troppo occupata per sprecare fiato con te, e anche noi, quindi per l’ultima volta: levati di torno” rispose la guardia prima di spostare il suo peso e arrancare un colpo a vuoto, quando Arya lo schivò prontamente senza alcuno sforzo.
Ripresa la sua posizione iniziale, Arya si scontrò visivamente con i due, volendo mettere in chiaro una volta per tutte la sua posizione: “entrerò in questo castello in un modo o in una altro, se non sono chi dico di essere non resterò a lungo, ma se sono Arya e Sansa saprà che mi avete cacciata...” lasciò in sospeso le conseguenze del giudizio di Lady Stark e tanto bastò per far tremare le ginocchia ai due; Arya di certo non poteva sapere che in molti giravano alla larga delle segrete, da quando Ramsay aveva incontrato la giustizia della Lady di Grande Inverno per mano dei suoi stessi mastini; c’era chi giurava di poterne sentire ancora le urla.
Si ritrovò subito dopo seduta su di un carro, in attesa, mentre i due discutevano su chi dovesse andare ad informare Sansa. Arya si guardò attorno, cercando di recuperare tutte le memorie che la legavano a quel luogo che aveva richiamato più volte nei suoi sogni; il campo dove i suoi fratelli tiravano di scherma, o dove si imparava a tirare con l’arco; gli antri dove amava nascondersi per sfuggire alle lezioni di cucito di Septa Mordane che tanto detestava, i camminamenti esterni dove spesso aveva visto i suoi genitori camminare e conversare...
Arya tornò a respirare liberamente per la prima volta, inalando l’aria gelida di Grande Inverno che tanto amava e che sembrò purificare il suo animo da tutto quello che era stato, per un lungo, infinito momento, ma più il suo occhio correva sua quelle mura, più notava pietre distrutte, legni bruciati e segni di una guerra passata che non combaciavano con i suoi ricordi, fino a che lo sguardo non si posò sul sigillo del metalupo grigio su fondo chiaro e seppe subito dove doveva andare affinchè solo Sansa potesse trovarla.
 
 
Sansa era davvero molto occupata, e sentire quelle due guardie balbettare a sproposito su una qualche ragazzina che si era introdotta di soppiatto a Grande Inverno, davvero era una grossa perdita di tempo.
Aveva lettere a cui rispondere e conti da far quadrare, ma quando fu fatto il nome di Ser Rodrick e del Maestro Luwin, il viso di Sansa si rilassò in un sorriso incredulo, misto ad orgoglio, perchè sua sorella Arta era riuscita davvero a tornare a Grande Inverno.
“Non ti devi preoccupare Mia Signora, la troveremo”
“non cen’è bisogno” rispose dolcemente e a viso disteso la ragazza mentre si alzò dalla sua sedia, “so dov'è” asserì infine prendendo la porta, senza aspettare il congedo delle due guardie.
 
 
Gli occhi di pietra della statua di Ned Stark non riflettevano lo sguardo della sua terzogenita, ne il dolore o il rimorso che da essi traspariva. Arya udì l’incedere di passi delicati accompagnati da un rumore metallico ed un fruscio di lunghe gonne: sapeva che Sansa l’avrebbe trovata, per quanto diverse potessero essere tra loro, erano entrambe delle Stark.
La sentì arrestare il suo incedere e percepì il suo sguardo incredulo, prima di accoglierla con quelle parole a cui non riusciva ancora ad associare un sentimento preciso: “devo chiamarti Lady Stark, adesso?”.
“Si” rispose dopo un momento Sansa, fino a che lo sguardo stesso di Arya non si posò su di lei.
Un sorriso sincero irradiò il volto della ragazza dia capelli di fuoco, un sorriso talmente luminoso e bello che Arya quasi ne ebbe timore, quasi dimentica di quanta bellezza si sprigionasse dalla sorella in modo del tutto naturale. Si ritrovò tra le braccia di lei annaspando, senza neanche rendersene conto, completamente esposta poichè era davvero incredibile quanto Sansa somigliasse alla loro defunta madre.
Quando Arya si staccò da lei, dovette quasi ricomporsi e fu come se si ristabilisse quel rapporto tra sorelle che dopo tanti anni di lontananza avevano entrambe dimenticato.
“Non saresti dovuta sfuggire alle guardie” le disse indulgente Sansa, ottenendo una risposta degna di sua sorella che la richiamava a scegliere guardie migliori, poichè lei non era affatto fuggita.
“Ti dona – Lady Stark” asserì Arya studiando la figura della sorella, in un tono che Sansa non riuscì ad interpretare, ma che irrimediabilmente le portò alla mente le loro differenze.
“Jon ti ha lasciato il comando?” chiese la più piccola, registrando quasi infastidita, il sorriso che Sansa non riuscì a trattenere nel risponderle un si.
Il viso di Sansa si era rischiarato al nominare loro fratello, una reazione che Arya stentava davvero a comprendere visti i precedenti, eppure le parole che fuoriuscirono dalle labbra di lei, dettate da un sincero orgoglio e una pura dedizione furono ancora più insolite: “spero tanto che torni presto; non immagini la sua felicità nel rivedermi, e quando rivedrà te...il suo cuore probabilmente si fermerà”.
Incredibile fu, come il solo parlare di Jon, potesse unire due sorelle con animi tanto diversi.
Arya sorrise dalla gioia contagiosa di sua sorella e per un momento tornarono semplicemente bambine, tra le mura di casa loro.
Con uno sguardo timido, Sansa si volto verso la statua del padre, aspettando che Arya dicesse qualcosa.
“Non gli somiglia” constatò la più piccola, “avrebbe dovuto scegliere uno scultore che conoscesse i tratti del suo viso”.
“Tutti quelli che lo conoscevano il suo viso sono morti” affermò Sansa ad un tratto più triste.
“Noi no” la accolse Arya voltando il viso ad incontrare la sorella, “dicono che hai ucciso Joffery, l’hai fatto?” chiese ad un tratto bramosa.
“Avrei voluto farlo” rispose ridente Sansa, specchiandosi negli occhi bruni della più piccola.
“Anche io, ero così arrabbiata quando seppi che qualcun altro l’aveva fatto; è sempre stato al primo posto della mia lista”,
“la tua lista?” chiese Sansa senza capire a cosa la sorella si riferisse.
“Delle persone che ucciderò” rispose Arya come se parlasse del tempo.
Ci fu un attimo di tensione che si infranse in una risata sommessa di Sansa subito seguita da quella leggermente trattenuta di Arya; ci sarebbe voluto del tempo prima che ognuna potesse comprendere appieno l’altra, entrambe avevano vissuto peripezie costellate da orrori, paure e dolori senza precedenti, eppure si erano nuovamente ritrovate, una specchio dell’altra, più simili di quanto loro stesse potessero attualmente comprendere.
Spaventate dalla gioia del ritrovarsi poichè entrambe costrette alla diffidenza per poter sopravvivere, si ritrovarono avvolte in un secondo abbraccio, dal sapore di casa e li nelle cripte, Arya venne a sapere del ritorno di Bran, pochi giorni prima.
 
 
Il parco degli Dei era avvolto dalla neve, immacolato come mai lo ricordava, le foglie scarlatte, parevano rubini scintillanti, così in contrasto con quella purezza.
Bran era immobile, seduto di fronte al viso intagliato nella resina; un solo movimento del collo quando udì i passi alle sue spalle, ben consapevole di chi aspettarsi.
Sansa guardò silenziosa l’abbraccio tra Arya e Bran; provava sollievo ad avere nuovamente i suoi fratelli, anche se sapeva che ognuno di loro era in qualche modo cambiato, ma Arya ancora non sapeva quanto lo fosse Bran.
“Bran ha delle visioni...” cercò di spiegare Sansa, quando lo sguardo di Arya apparve confuso, seppure lo sconcerto attraversò quello della maggiore quando seppe da Bran che la lista di Arya esisteva veramente.
In un momento, entrambe le ragazza sembrarono rendersi conto quanto poco sapevano l’una dell’altra, poi un movimento di Bran colse l’attenzione di entrambe; il ragazzo teneva in mano una daga che spiegò loro aveva ricevuta da Ditocoro, ma mentre Sansa si preoccupò più del mandante di quel dono, Bran si soffermò sull’origine di quell’arma, la stessa con cui tempo addietro un “sicario” aveva attentato alla sua vita.
Arya sembrò arrivare dove altri prima di lei erano inciampati: “un sicario con una daga di acciaio di Valyria?”.
Ogni punto di vista era diverso, ognuno di loro sembrava soffermarsi su ciò che conosceva meglio o su ciò che aveva imparato a conoscere nel tempo.
L’ultimo gesto di Bran colse di sprovvista entrambe le sorella, quando porse l’arma alla più piccola, donandogliela come se fosse l’unica opzione possibile. Quando titubante, Arya la prese dalla sua mano, gli occhi di Bran indugiarono sull’elsa, consapevole che quella lama doveva appartenere a nessun altro se non Arya.
 
 
Quando i tre ragazzi uscirono dal parco degli Dei, l’atmosfera a Grande Inverno sembrò mutare, il branco era nuovamente composto, più discreto, più attento ma non meno pronto all’azione.
Sotto lo sguardo fiero di Brienne e Pod,  i ragazzi Stark proseguirono per i cortili, avviandosi verso la sala grande, mentre il gracchiare di un corvo inframezzò le intricate macchinazioni dei pensieri di PetYr Baelish.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Nymeria87