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Autore: Desma    18/01/2021    0 recensioni
Raccolta di situazioni più o meno domestiche per mostrare quel lato buffo e umano che i nostri ladri (e ispettore) preferiti solitamente non lasciano intravedere. Raccolta di one-shots in 20 capitoli.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Warning: questa one shot contiene riferimenti alla serie La donna chiamata Fujiko Mine

Lo stridio dei gabbiani faceva da sottofondo a una bellissima giornata di sole, la cui luce veniva filtrata dalle lenti scure dei suoi occhiali da sole.

Prese dal tavolino il bicchiere con il suo drink analcolico (non poteva certo bere in servizio) e ne fece tintinnare i cubetti di ghiaccio al suo interno prima di prenderne un sorso dalla cannuccia colorata.

Abbassò la montatura degli occhiali per lanciare una lunga occhiata sulla piscina davanti a lui, dove bambini in costume da bagno scorrazzavano e schizzavano acqua da tutte le parti, signore in minuscoli costumi da bagno prendevano il sole e leggevano riviste di gossip e uomini in boxer giocavano a racchettoni o chiacchieravano animatamente.

Dal canto suo, Oscar non aveva occhi che per lui, il suo ispettore, che seduto a un tavolino del bar sotto un ombrellone a righe, beveva una tazza di caffè bollente con 40° ti temperatura atmosferica e leggeva il giornale.

Oscar sapeva molto bene che in realtà la sua attenzione era concentrata sui movimenti all’interno della suite reale del resort, da cui si poteva vedere l’interno dalla sua posizione.

Avevano seguito i movimenti di Jotaro Maeda ininterrottamente per mesi e si stavano preparando a raccogliere le ultime prove per mandarlo in galera per associazione mafiosa, omicidio plurimo di primo grado, corruzione e concussione di cariche istituzionali, furto aggravato, ricettazione, spaccio di droga… Insomma, un curriculum vitae criminale di tutto rispetto e quella era stata una loro missione. 

A ripensarci, Oscar si rattristava un po' al pensiero che quel caso sarebbe stato chiuso a breve e che lui e il suo ispettore non avrebbero passato più giorni e notti insieme ininterrottamente a lavorarci. 

Osservava a distanza la figura forte e solida del suo superiore, avvolta in bermuda e camicia a fiori su suo suggerimento: avrebbe attirato troppe attenzioni su di sé se si fosse fatto vedere con la sua solita tenuta in un villaggio turistico. 

Vederlo uscire dalla stanza con gli abiti che aveva scelto per lui aveva scosso il corpo del tenente con ondate di emozione: l'azzurro della camicia esaltava meravigliosamente la pelle dell'ispettore abbronzata dal sole estivo e i bermuda mostravano centimetri e centimetri delle sue gambe lunghe e solide che altrimenti gli sarebbero state completamente nascoste. 

Oscar aveva dovuto tornare in sé alla svelta, dato che l'ispettore era una macchina da guerra e non poteva certo permettersi di perdere tempo in frivolezze come l'abbigliamento. 

A distanza, nella postazione dove la cimice che avevano piazzato nella suite di Maeda dava una migliore ricezione, Oscar ascoltava con attenzione quello che accadeva nella stanza e si concedeva il lusso di ammirare l'ispettore Zenigata in tutto il suo splendore.

Di tanto in tanto, quando una donna si avvicinava eccessivamente, per i suoi gusti, all’ispettore, il giovane tenente sentiva una scossa di ira attraversargli le braccia e le mani, fino a serrarle involontariamente in pugni così stretti da far impallidire le nocche delle dita.

Quando accadeva e Oscar se ne rendeva conto, si imponeva di rilassarsi e di concentrarsi sul lavoro: non poteva permettere che la sua gelosia mettesse a repentaglio il lavoro di mesi!

Dal canto suo Zenigata, concentrato come era sulla sua mansione, sembrava essere del tutto cieco alle occhiate maliziose e infuocate delle bagnanti intorno a lui e del suo stacanovismo Oscar era grato.

Lui, in quanto suo sottoposto, era nella privilegiata posizione di potergli stare a fianco durante il lavoro, che per Zenigata rappresentava praticamente tutta la sua giornata, e Oscar non avrebbe fatto nient’altro che lavorare fianco a fianco del suo ispettore nelle ore più buie della notte come in quelle più luminose del giorno.

Il tenente ammirava profondamente la determinazione e la passione che Zenigata riversava nel cercare prove, analizzare fatti, scoprire e scoperchiare torbidi misteri, inseguire e arrestare i criminali. Per lui Zenigata, suo maestro e protettore, era un modello irraggiungibile di vita, nonché, aveva scoperto con il passare degli anni, destinatario ignaro dei suoi sentimenti più dolci e al tempo stesso più furiosi.

C’erano notti in cui non riusciva a prendere sonno al solo pensiero di un suo commento sul suo modo di stilare rapporti o su un indizio ben analizzato. Nella sua testa le parole dell’ispettore, spesso poche e prive di enfasi, rimbombavano per ore ed ore fino a mutare e diventare ambigue dichiarazioni d’amore, messaggi in codice, timidezze inespresse.

Alla mattina, quando il sole sorgeva e si faceva il tempo di tornare al lavoro, la magia di quell’eco svaniva alla luce dell’alba come neve ai primi raggi della primavera e Oscar si rimproverava per la facilità con cui era caduto, di nuovo, nell’illusione di un sentimento ricambiato.

La verità agli occhi di Oscar era evidente e dolorosa: per quanto sapesse di essergli caro, come un pupillo o addirittura un figlio, l’ispettore non provava e non sarebbe mai stato in grado di provare sentimenti romantici nei suoi confronti. L’amore impetuoso e devoto del tenente sarebbe rimasto una nave in balia delle onde nella stolida attesa della luce di un faro che non si sarebbe mai accesa. 

Quella consapevolezza lo feriva come filo spinato e ad ogni battito le spine arrugginite scavano la carne del suo cuore.

Allo stesso tempo, però, per lui era un sollievo sapere che quel suo amore impetuoso e celato non avrebbe mai conosciuto alla luce del sole: con il tempo era riuscito a crearsi una propria dimensione interiore in cui riusciva a conciliare i suoi sentimenti con il lavoro senza che gli uni intaccassero l’altro. Sapeva che se avesse avuto anche solo il sospetto di essere ricambiato, quel fragile equilibrio sarebbe stato spezzato e avrebbe potuto dire addio alla sua carriera in polizia.

E lui aveva bisogno del suo lavoro, non solo perché era quello che sapeva fare meglio e ne traeva orgoglio, ma anche perché si trattava del solo mezzo per poter essere visibile agli occhi di Zenigata, per cui tutto ciò che stava al mondo veniva filtrato tra le maglie di ciò che era nelle competenze di un ispettore di polizia.

Tutto il resto scivolava via come aria in una rete e svaniva inosservato.

Oscar non avrebbe potuto sopravvivere all’idea di diventare invisibile agli occhi di Zenigata e, di conseguenza, doveva rimanere concentrato sul suo lavoro, farlo bene e stare al passo. Così come lui gli aveva insegnato.

Sentendosi osservato con insistenza, l’ispettore rivolse lo sguardo verso di lui e Oscar per un attimo si sentì colto in flagrante, ma Zenigata non parve attribuire al suo sguardo significati sentimentali, quanto piuttosto di tipo lavorativo e portò l’indice all’orecchio, come a voler chiedere se avesse sentito qualcosa di particolare, ma Osca scosse leggermente il capo in segno negativo e Zenigata tornò ad osservare l’interno della suite, fingendo di leggere il giornale.

Il tenente emise un lungo sospiro e tornò a sua volta a occuparsi della sua mansione. 

La giornata passò lenta e quando finalmente Zenigata si alzò dalla sua postazione, decretando la fine della giornata, Oscar fu felice di togliersi gli auricolari dalle orecchie e tornare a sentire il mondo esterno.

Secondo i loro accordi avrebbero confrontato i dati ottenuti durante la giornata a tarda notte, quando il personale del resort sarebbe stato dimezzato e i villeggianti sarebbero stati impegnati o a dormire o a fare festa nei locali del paese, pertanto avrebbe avuto tutto il tempo di riposarsi e farsi una nuotata in solitaria nella piscina.

Quando riemerse dalla sua stanza il buio era calato sul resort e la piscina era chiusa al pubblico, ma un ragazzo agile come lui non ebbe problemi a scavalcare la recinzione.

Infilò dapprima i piedi nell’acqua fredda e attese di adattarsi alla temperatura, poi si gettò e si immerse con tutta la testa.

In poche bracciate la sua mente era già più leggera e il suo corpo più rilassato. L’acqua era sempre stato il suo elemento, amava sentirsi immerso in quel liquido fresco e rinvigorente, mentre i suoi muscoli si gonfiavano e si flettevano nello sforzo.

Arrivò in fondo alla vasca, disegnò una capriola nell’acqua e riprese a nuotare. Mentre i suoi polmoni si svuotavano dell’aria, la sua testa si svuotava dai pensieri.

L’acqua scura scorreva sul suo volto e con essa l’immagine di Zenigata in bermuda, le bollicine che si formavano dalla sua bocca gli accarezzavano il collo e le spalle e la voce dell’ispettore smise di sussurrargli all’orecchio, le gambe si agitavano con ritmo perfetto e l’odore di caffè e sigaretta che Zenigata aveva addosso ogni mattina svanì dalle sue narici.

Un'altra capriola a fine vasca e un nuovo giro, mentre il suo corpo prendeva il ritmo. Fece diverse vasche, senza contarle, fino a che non raggiunse uno stato di quiete interiore e di stanchezza fisica. Si abbandonò alle acque a braccia e gambe aperte per osservare il cielo stellato, cercando di identificare qualche costellazione, ma inutilmente. Le luci del resort e dei locali nei paesi vicini era troppo forte per permettergli di vedere alcunché. 

Decise allora di farsi immergere di nuovo dall'oscurità, visto che le luci che avrebbe voluto vedere gli erano nascoste. Prese un lungo respiro e si lasciò sprofondare nella piscina. Tenne gli occhi aperti, ignorando il bruciore provocato dal cloro, per ammirare i giochi di luci e ombre che i flutti creavano sopra di lui. 

All'improvviso una grossa ombra scura comparve nel suo campo visivo e la quiete dell'acqua venne spezzata da un grosso tonfo. 

Oscar vide l'ombra avvicinarsi a lui, facendosi sempre più grossa e… familiare, poi si sentì afferrare per un braccio e sorreggere per il busto e le gambe. 

La stranezza di quella situazione lo trattenne dal reagire. Sembrava di vivere un'esperienza onirica e Oscar, capace di difendersi in qualunque momento, era curioso di scoprire cosa sarebbe successo. 

Venne sollevato fuori dal pelo dell'acqua, stretto nell'abbraccio (o nella morsa) di quell'ombra scura e la sentì parlare: - Oscar, stai bene? 

Il tenente sentì il proprio cuore fermarsi e per un attimo pensò di morire, credendo che non avrebbe più ripreso a battere, ma poi i suoi polmoni si riempirono d’aria e il battito continuò a farsi sentire nel suo petto. 

-Ispettore?- chiamò Oscar, quasi sottovoce per paura di spezzare quell'incantesimo insperato. Sentiva le mani del suo amato Zenigata sul suo corpo e la pelle, pur nella fredda aria della sera e nell’umidità della piscina, bruciava al suo tocco. Lo teneva come un marito sorregge la sposa sulla soglia di casa e Oscar era ebbro di quella sensazione. Sentiva la muscolatura del suo torace affiorare dal tessuto bagnato della sua camicia (si era gettato in acqua con tutti i vestiti addosso per andare da lui!) e avvicinando l’orecchio al suo petto percepiva i battiti forsennati del suo cuore da toro.

Il tenente, in una frazione di secondo, fece appello a tutta la sua lucidità per immagazzinare nella memoria quelle prodigiose sensazioni e custodirle per sempre nella loro rarità.

-Per la miseria, ragazzo!- esclamò Zenigata -Mi hai fatto prendere un colpo! Riesci a muoverti?

Oscar dovette annuire con il capo e la separazione dal corpo e dalle mani del suo ispettore fu un dolore che dovette incassare a denti stretti.

Camminarono nell’acqua fino alla scaletta ed uscirono dalla vasca, gocciolando e formando ampie pozze sulle piastrelle del bordo.

-Cosa ti è saltato in mente?- gli domandò rabbioso l’ispettore quando furono fuori. L’acqua gli incollava i vestiti addosso, disegnando le forme del suo corpo attraverso la fantasia a fiori della camicia, e ciò che permise ad Oscar di rimanere presente e concentrato era il tono furibondo della sua voce.

-Ti ho visto nuotare, per poi fermarti di botto e finire a fondo come un sasso!- continuò Zenigata -Pensavo ti fosse venuto un crampo o una congestione! Come ti viene in mente di metterti a nuotare a quest’ora?

Sentendo quella ramanzina, Oscar desiderò di sprofondare nella terra e svanire per non udire più le parole di rimprovero che il suo amato ispettore gli stava rivolgendo.

L’incanto di un attimo prima era andato in frantumi, sostituito dalla vergogna e dall’imbarazzo. Gli era stato concesso per un istante di sfiorare il cielo, ma ora doveva pagare ed espiare quel lusso.

-Sono mortificato, signore- riuscì a dire il ragazzo, incapace di sostenere lo sguardo infuocato del suo superiore -Avevo pensato di ingannare l’attesa del suo arrivo con una nuotata, non era mia intenzione farla preoccupare.

-Ci puoi scommettere che mi sono preoccupato!- ribatté Zenigata, un po’ più calmo di fronte alla contrizione del suo giovane tenente -Sei il mio uomo migliore e non posso permettermi di perderti.

Quelle parole attraversarono il cervello di Oscar come una freccia che fende l’aria e lo lasciarono spiazzato ad osservare l’ispettore mentre si strizzava la camicia e borbottava tra sé e sé.

Solo in quel momento realizzò davvero quanto era accaduto: l’ispettore, il suo ispettore, lo aveva creduto in difficoltà e si era gettato in acqua per salvarlo senza pensarci due volte.

Oscar conosceva molto bene lo spirito di sacrificio e l’incauto altruismo che Zenigata era capace di dimostrare nelle situazioni di emergenza, caratteristiche che ai suoi occhi lo elevavano al grado di un eroe quasi leggendario, ma mai e poi mai avrebbe potuto immaginare che un giorno le avrebbe rivolte alla sua persona.

Zenigata lo considerava “il migliore” e nelle sue orecchie quella parola rimbombava con la stessa forza di una campana suonata la notte di capodanno.

Stava di nuovo toccando il cielo e si domandò come avrebbe pagato quella nuova ondata di felicità, ma prima lui e il suo ispettore avevano un compito da svolgere e Oscar, offrendo a Zenigata l’asciugamano che si era portato, gli propose di discutere i dati della giornata davanti a una tazza di thè caldo.

Era tornato al fianco del suo eroe e, per il momento, null’altro aveva importanza.

 

Note dell’autrice: Ciao a tutt* e bentrovat* alla fine del capitolo n° 13 della raccolta Slices of Life!

Vorrei innanzitutto scusarmi per le lunghe tempistiche di pubblicazione, ma tra lavoro, feste e un trasloco in corso, in questo periodo la mia vita è particolarmente frenetica!

Ringrazio di cuore Fujikofran per le sue recensioni e fravi per seguire la mia storia e averla addirittura aggiunta alle sue preferite! Grazie di cuore!

Spero di riuscire a pubblicare presto, nel frattempo vi mando un abbraccio,

Desma

   
 
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