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Autore: Manto    19/01/2021    3 recensioni
(Tanti auguri, Edgar Allan Poe!)
Basta un mese per far cadere Richmond nel terrore: tra sparizioni e terribili rinvenimenti, racconti di sussurri in lingue sconosciute e mormorii riguardo entità inumane che dominano le strade e la notte della città, una sorte sempre più buia scende a gravare sui suoi abitanti.
Tra tali orrori, la storia di un ragazzo che con il mistero ci dialoga da anni, ma che ancora non sa cosa può fare veramente.
Fic dedicata all'autore che mi ha preso per mano undici anni fa, e alla sua amata controparte: entrambi, non sapete quanto mi avete salvato.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edgar Allan Poe, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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DISCLAIMER: Il personaggio di Poe appartiene solo ad Asagiri-sensei, mentre i personaggi dei quali troverete la nota sono figli del reale Edgar Allan Poe.
Solamente la rappresentazione di Virginia è una mia creazione.
La storia è stata scritta senza scopo di lucro.

 

 

 

 

Prima Che Sia l’Ombra

 

 

 

 

La Storia lo dice chiaramente: ogni città, in un periodo più o meno limitato della sua esistenza, vive momenti d’estrema oscurità.
Successe a Roma capitana di popoli come alla dorata Bisanzio, ad Atene culla di saggezza e a Parigi rivoluzionaria: dovunque passo umano sia giunto insieme a morale e norme, così lo ha fatto anche il buio strisciante — questa è una legge presente nell’essenza della pietra e del marmo, negli stessi valori che aiutano le civiltà a rimanere tali.
Così, forse non ci si dovrebbe stupire per quello che accade, anni orsono, a Richmond[1] e nelle campagne che la circondano; vicende ormai concluse, ma delle quali ancora si parla sottovoce, quasi nel timore che possano ritornare a vedere come la gente viva senza di loro.
Ciò che viene riferito da voci opportunamente lodate e aiutate nell’impresa del ricordo rivela come, improvvisamente, per quello che fu un mese — il Giugno dell’anno 20.... —, ogni mattino nacque recando in grembo sempre la stessa notizia: nelle ore del buio, un’anima innocente era stata sottratta alla città e nel cuore della mezzanotte si erano uditi sussurri incontrollati, ordini e implorazioni in lingue sconosciute, rumori di corpi trascinati per le strade dell’urbe; infine, il più profondo silenzio.
Ogni pomeriggio, prima che fosse il crepuscolo, veniva costruita una lapide e sbrigate rapide esequie su una tomba contenente i quasi irriconoscibili, sconvolti resti rinvenuti sotto il sole di un attonito mezzogiorno, a poca distanza dalle porte dell’abitato, e tutto questo nel terrore: puro, strisciante e nero come inchiostro rovesciato sopra una pagina candida, con la medesima, insaziabile fame.
Non c’era mai nessuno da incolpare per atti tanto innominabili, perché chi aveva il coraggio di affacciarsi sulla soglia di casa, non vedeva che il nulla; ed era impossibile comprendere le motivazioni dietro alle azioni se queste coinvolgevano vecchi come giovani, donne quanto fanciulli, come era difficile spiegarsi il perché potesse sparire un’intera famiglia oppure solo un membro di essa. Semplicemente, l’entità invisibile, come venne nominata, colpiva alla cieca e senza pensarci, certa della propria superiorità, vagando per le vie svuotate dalla paura dell’oscurità e di ciò che questa portava, e mietendo chi aveva la sfortuna di cadere davanti al suo occhio.
Le autorità cittadine e la polizia non sapevano come agire, ingabbiate in un caso del quale non trovavano soluzione, e il giorno contava la sparizione di qualcuno, senza mai mancare una volta.
Così, quando l’ultima luce veniva inghiottita dall’orizzonte e i corni della luna iniziavano ad affacciarsi alle finestre, le campane delle chiese suonavano all’unisono, spargendo intorno il loro cupo avvertimento in modo che nella città si chiudesse e serrasse tutto, dagli ambienti alle persone; e anche se l’idea che serpeggiava in cuori e menti parlava di una mano non umana, sospetto e diffidenza si mischiavano a essa per fendere l’innocenza e l’unità: ogni giorno liti, denunce e scontri s’intrecciavano in una morsa che non lasciava vincere nessuno ma privava tutti delle proprie forze, con il risultato di mettere a nudo qualsiasi debolezza.
Perciò, quando quel mattino sorse e Richmond si rese conto che nessuno dei suoi abitanti era scomparso, mille e più voci si levarono per cadere nel caos, e… ma davvero vi basterebbe una cronaca tanto scarna, il semplice riassunto di quanto si crede sia successo ?
Perché alcuni — persone dalla mente tutt’altro che sciocca e stupida — mormorano di più, e citano il nome di due giovani che non solo vissero tali eventi, ma si avvicinarono tanto al pericolo da averne sentito il fiato dritto in volto. Per via della fervida fantasia di uno e dell’ostinato silenzio dell’altra sulla questione, non tutti coloro che hanno udito questa versione degli accadimenti concordano sulla sua veridicità: ma stabilire i confini dei vari mondi che popolano la realtà non è affar mio, né l’intento di tale scritto.
Questa è una decisione che spetta solamente a voi.

 

 

 

I ☼ L’Ora della Luna (Parte I)

 

 

Il pomeriggio era avanzato nelle grandi sale degli Allan ormai da tempo, quando la figura ammantata sgusciò nel parco retrostante alla villa.
Per un istante, un fruscio alle sue spalle le fece temere di essere stata notata e seguita; tuttavia, la porticina dalla quale era uscita non si mosse nemmeno quando raggiunse l’angolo cieco a poca distanza da questa e qui rimase, in attesa di comprendere se fosse stato tutto frutto della sua irrequietezza o qualcuno della cricca di John Allan l’avesse presa nuovamente di mira.

Ma davvero lo credi? Sono tutti presi fin dall’alba: i preparativi per la festa non si fermerebbero nemmeno davanti a Dio in persona, figuriamoci per te.
La figura fece un leggero sorriso e scosse la testa, ridendo di sé; si strinse maggiormente nella cappa nera e lanciò uno sguardo alla borsa che teneva tra le braccia, quindi ritornò sotto l’occhio del sole.
Intorno, il vento danzava e volava sopra i sentieri del parco e le eleganti siepi, infilandosi tra i rami gravidi di gemme o dentro gli spruzzi allegri della lunga serie di fontanelle; la invitava a trattenersi in sua compagnia, e lei avrebbe ceduto volentieri al richiamo… ma.

Dai, non perdere tempo, è già tardi!
Appena oltre il sinistro cancello che divideva il regno degli Allan dal resto del mondo, le campagne le si aprirono innanzi ammantate di ogni colore immaginabile e con il ventre percorso da un bianco ventaglio di sentieri, accogliendola e già sapendo dove i suoi piedi l’avrebbero condotta; rasentando fossati e lunghe file di alberi ombrosi, sotto i quali si poteva ancora percepire l’ultima frescura primaverile, la svelta figura ebbe più volte l’impressione che i fiori avrebbero tanto voluto volgere il capino per seguire la sua corsa, parteciparvi in qualche modo o ridere di lei.
Mentre Richmond tremava in vie grigie e soffocanti, tra i quieti campi sembrava essersi rifugiata la serenità perduta con gli ultimi eventi, un mondo totalmente diverso: e anche se molti dei corpi dilaniati venivano rinvenuti su quei sentieri, quasi fossero una macabra offerta alla Natura, quest’ultima era incapace di trattenere l’Orrore.

Ma il pericolo rimane.
Attenta a ogni fruscio e quanto più veloce possibile, l’ammantata non poteva evitare di vagliare le rive e lanciare sguardi tra le fronde arboree che frammentavano il cielo in minuscole schegge d’azzurro, per poi volgere gli occhi altrove, nel timore di veder spuntare davvero qualcosa di tremendo; ma la strada pareva snodarsi senza ostacoli verso il piccolo agglomerato di pietre che s’intravedeva fin da lì, bagnato dalla luce ma freddo come coloro che ospitava.
A passo tranquillo, ci sarebbero voluti altri dieci minuti buoni per raggiungere il cimitero rurale che sorgeva a esatta distanza sia dalla città che da Villa Allan; ma lei raggiunse la meta in meno, correndo a perdifiato e completamente ignara del sudore copioso che le scivolava lungo fronte e schiena, ringraziando di sentire quel calore pesarle addosso. Rallentò solamente quando l’erba lasciò il posto a un sentiero lastricato da pietre ormai sconnesse, e un soffio carico del sentore di fiori appassiti e polvere s’insinuò sotto il mantello e le colpì il naso; allora, attese un attimo per abituarsi alla nuova atmosfera, poi avanzò.
Due file di nere cappelle ormai abbandonate, recanti sulla fronte nomi corrosi dal tempo e dallo sporco, sorgevano oltre ciò che rimaneva della cancellata; in mezzo a loro serpeggiava la strada, la quale si divideva in stretti rami laterali che raggiungevano isolati gruppi di lapidi.
Il sole, per quanto intenso, sembrava talmente lontano da aggravare la sensazione di desolazione, così che chi faceva compagnia alle tristi strutture, ai simulacri di angeli dalle ali spezzate, disseminati per il luogo come solitari fantasmi, e a tutti coloro che lì riposavano erano solamente lei e l’artefice dei suoni che udiva provenire dalla zona più evitata del cimitero, dove veniva seppellito chi non poteva permettersi nemmeno una bara del legno più scadente, o non aveva nessuno che si curasse di ciò.
Dopo aver deviato dal percorso principale per raggiungere la tomba del gentile signor Perry[2], morto qualche settimana prima dagli inizi della misteriosa strage, e averne accarezzato la lapide in un affettuoso saluto, la figura ritornò indietro e si diresse verso il borbottio a lei famigliare, riconoscibile anche nel mezzo di una tempesta.
Mentre il sentiero lastricato diveniva morbida terra e la luce non rifuggiva la pietra, bensì fosse coperte frettolosamente, il passo si faceva più sicuro, fino a quando l’ammantata si fermò e batté un colpo di tallone al suolo. Onde di terriccio smosso si levarono quasi in sincrono con la voce.
«Edgar, sono io.»
Non ci fu alcuna risposta: il mormorio continuò a fluire, indisturbato, così come il rumore ritmico di un badile.
«Edgar…»
Ancora nessuna reazione; si doveva procedere con le maniere forti.
«EDGAR ALLAN POE! Dico a te, sì, non far finta di non aver sentito! Devo venire a prenderti per i capelli, o muovi quei trampoli e mi raggiungi tu?»
Ci fu un rumore secco, come se qualcosa avesse sbattuto contro una superficie dura, seguito da un piccolo grido di sorpresa; poi, da una fossa buia come notte comparve l’alta, magra figura di un giovane dal volto coperto quasi per intero con un fazzoletto, i capelli arruffati e imbrattato da testa a piedi di ogni sorta di sporcizia. Tra il teatrale e il vero dolore, questi si stava tenendo il capo con entrambe le mani e si lamentava con voce flebile; e ci volle qualche istante prima che si voltasse verso la sua interlocutrice e si bloccasse alla sua vista.
Erta contro il sole, la borsa a terra e le mani sui fianchi in una posa degna di un condottiero, di Virginia Clemm si scorgevano solamente i grandi occhi viola e la luce che fiammeggiava in essi, privi della consueta calma e dolcezza. Era raro vederla con un piglio simile, ma suo cugino[3] era appena riuscito a farle rivelare quel lato.
«Virginia… perché sei qui?», le chiese lui avvicinandosi al ciglio della fossa, fissando la ragazzina gonfiare le guance con stizza. «Credevi che non ti avrei scoperto? Vado dai Ferrett per un saluto, e sono già passate quattro ore da quando l’hai detto: non sarò intelligente quanto te, ma neanche tanto stupida da non saper calcolare la distanza tra Villa Allan e il centro di Richmond. Come se non sapessi dove ti vai a nascondere, poi!»
«Non sei stupida, però abbastanza sconsiderata da uscire e metterti a correre fino a sudare, quando ieri avevi la febbre.»
«Sto bene; proprio ora le mie condizioni sono anche migliori delle tue.»
«Torna alla villa e riposati, non fidarti delle tue forze. Tra poco ti raggiungerò, finito qui…»
Ignorando volutamente le ultime parole, Virginia si avvicinò maggiormente alla fossa e si sporse per guardare al suo interno: quasi due metri più in basso, Edgar era in piedi accanto a uno scheletro adagiato sul suolo come un placido dormiente, che presentava alcune costole mancanti. «… È il terzo corpo che riesumi in una settimana. Ti sei messo a collezionare ossa?», disse in battuta, cercando di tenere a bada l’improvvisa sensazione di vertigini. Aveva già avuto modo di vedere uno scheletro umano e i racconti di Edgar erano molto dettagliati nel descriverli, così come i resoconti delle ultime giornate nel camposanto; ma guardare suo cugino maneggiare uno di loro, stranamente la turbò.
«Sto solamente facendo… delle indagini», mormorò il giovane in una parziale risposta. «Questo mio amico è stato seppellito non molti anni fa: i vermi lo hanno ripulito per bene, come ha fatto lui in vita con gli altri, ma niente ha potuto intaccare le ossa, che sono praticamente perfette.»
Virginia si piegò a sua volta e continuò a guardare, quindi chinò la testa di lato. «Però… la parte destra del torace sembra sfondata.»
Pur con il volto coperto dal fazzoletto, lei riuscì a notare come Edgar sorrise.

Centro, si disse mentalmente; da quell’istante, il moro sarebbe entrato in un mondo totalmente suo, dove a malapena avrebbe potuto notare la propria ombra. E non poteva negarlo: amava vedere il fuoco che lo accendeva in simili momenti, specie se la rendeva partecipe.
Quel fervore avrebbe incantato chiunque.
«Esattamente: e infatti, la causa della morte è da ricondurre al crollo della sua casa. Questa zona è piena dei corpi di chi ha perso la vita nel terremoto di sei anni fa — o almeno, di quelli che non è stato possibile riconoscere.
Tuttavia, ho accennato al fatto che fosse un ladro: questo perché all’altezza dello stomaco aveva tre anelli d’oro con le iniziali di uno dei più ricchi industriali della città; ricordo che ne denunciò la scomparsa qualche giorno prima della tragedia. È possibile che, correndo il rischio di venire scoperto, li abbia ingoiati… e il terremoto ha fatto il resto.
Inoltre, sulle ossa ha segni compatibili con incisioni lasciate da armi da taglio, il che farebbe propendere a—»
Nel cuore della città, una campana suonò cupamente, facendo sobbalzare entrambi e interrompendo il ragazzo. Un istante dopo, a quella si unì il coro di tutte le altre: non era ancora il tramonto, eppure già si mettevano in guardia gli abitanti. Nel buio, non ci sarebbero state né pietà né indulgenza.
«Sono già le quattro e mezza; tra due ore arriveranno i nostri ospiti. E tu puzzi di morte», sussurrò Virginia, lanciando un lungo sguardo al profilo di Richmond. Solamente la presenza di Edgar le impediva di rabbrividire, tuttavia scorgeva pure lui le tremule tenebre che risalivano i palazzi della città, visibili anche da quella distanza, oppure era uno scherzo della mente?

Forse i suoi racconti[4] ti piacciono anche troppo.
Intanto, Poe aveva acconsentito alla silenziosa richiesta della cugina e, promettendo al suo nuovo amico di ritornare il giorno successivo, era già risalito dalla fossa e aveva puntato lo sguardo nella stessa direzione della ragazzina, che fu veloce a volgerlo su di lui e, osservatolo bene, a scuotere il capo. «Che il cielo ci aiuti…» Un sospiro, quindi riprese la borsa e fece cenno al moro di seguirla, finendo per trascinarselo dietro. «Forza, vediamo di darti una bella ripulita e renderti presentabile. Cerca di non dare a John Allan un altro motivo per lamentarsi di te, ne ha già molti.»
Edgar sbuffò e volse lo sguardo di lato, come se avesse voluto cercare sostegno negli immobili angeli loro intorno. «Non mi potrà controllare per sempre— ahi, non tirare!»
«E tuttavia, finché abiti sotto il suo tetto, è lui che decide. Sa che sei uscito, sta controllando tutte le entrate per intercettarti per primo e darti una lavata di capo davanti a tutti: non ho voglia di vederti mettere in ridicolo, specie perché sappiamo entrambi chi ci sarà stasera.
Andiamo al Rifugio, così ti potrai lavare e sistemare con calma.»
«Ma non ho niente con cui pulirmi…»
Virginia atteggiò la bocca in un gran sorriso, quindi picchiò gentilmente sulla borsa e lanciò all’altro uno sguardo vittorioso. «Lo so; infatti ho portato tutto io, anche i vestiti per la serata. Non ho dimenticato nulla.»
Il cimitero alle spalle, il ragazzo si fermò e si tolse il fazzoletto.
La fanciulla ipotizzava che lo mettesse per questioni d’igiene, tuttavia l’attraversò l’idea che lo facesse per non sporcare l’aria del luogo, lasciare intatta la realtà dei morti; conoscendolo, non ci avrebbe visto nulla di strano in questo. Probabilmente, parlava pure con loro per chiedere perdono del disturbo che arrecava nel riportarli alla luce.
«Meglio non dire alla zia come ti stai occupando di me, o non mi permetterà più di vederti», rispose poi Poe, sorridendo a propria volta e abbassandole il cappuccio del mantello, così da liberare una cascata di lucenti riccioli bruni, «… in cambio, io non le farò sapere che mi rubi i mantelli[5]. Riescono a scaldarti, almeno?»
La ragazza annuì con sincerità: effettivamente, i quotidiani brividi di freddo erano diminuiti da quando aveva iniziato a sottrarre gli abiti del cugino, in un gioco diventato quasi necessità; solamente lei lo sapeva.
«La chiamerò appena saremo al Rifugio, qui non ho segnale. Oggi mi ha telefonato due volte, la sua preoccupazione sta diventando ingestibile… come non capirla, a dire il vero.» Un sospiro. «Si sta dando la colpa per non aver invitato te a Baltimora[6] per le vacanze, invece di mandare me da voi. Se lo avesse fatto, ora saremmo entrambi al sicuro.»
«Non potevamo prevedere questi eventi, e poi io ho pesato fin troppo sulla vostra famiglia: John conosce le vie di Baltimora a memoria, per tutte le volte che mi avete accolto dopo le mie fughe.»
Virginia sorrise quieta, gli occhi lucidi per la foga con cui giunsero i ricordi. «In verità lo hai fatto per l’ottima cucina della mamma… e per assillarmi fino allo sfinimento.»
«Sei tu che dai il tormento a me», resse il gioco Poe, «e ora puoi farlo senza limiti di tempo… ehi, Virginia, va tutto bene?»
Fu il tono del moro, mutato repentinamente in allarmato, a rendere conscia la fanciulla dell’ombra che era calata sul suo volto; e anche se fu lesta a cacciarla, ne vide il residuo negli occhi acuti del cugino. «Sì, sono solamente un po’ stanca. Hai ragione, non avrei dovuto sforzarmi dopo la febbre di ieri… ma ero arrabbiata per le tue bugie.» Bugiarda pure tu. «Non mentirmi più, va bene? Lo sai che non ho paura di questo», finì, indicando il camposanto, «e che se vuoi restare da solo, basta che tu lo dica.»
Edgar non replicò se non con un accenno di sorriso, per poi assentire; questo le bastò. «E ora… mostriamo al signor Allan chi sei davvero.»

 

 

… La lapide del signor Perry non avrebbe mai potuto trattenere il calore delle dita di Virginia; eppure, quando l’ombra strisciò fuori da una delle cappelle e scivolò fino a essa, la sentì pulsare come cuore vivo.
Avvolgendosi sulla pietra come una serpe, trasse da questa tutto il contatto che poteva prendere, lungi dall’esserne sazia; quindi, se ne staccò e strisciò verso la fossa che Edgar aveva aperto, fluendo dentro di essa come un’onda e sommergendola nel suo abbraccio. Quando le altre la raggiunsero e tutte insieme corsero lungo i sentieri che portavano alla città, del sentore dei due cugini non era rimasta alcuna traccia, completamente divorata da chi non aveva bisogno di nascondersi nella notte: ne era l’essenza stessa.

 

 

 

 

 

 

NOTE

 

[1] Città della Virginia dove abitò il vero Poe insieme alla sua famiglia adottiva, gli Allan.

 

[2] Edgar A. Perry è lo pseudonimo con il quale lo scrittore si arruolò nell’Esercito degli Stati Uniti d’America, falsificando anche la propria età e affermando di avere ventidue anni, non diciotto.

 

[3] Virginia Clemm, l’amata quanto sfortunata moglie di Edgar, era anche sua cugina di primo grado, per parte di padre. Avevano quattordici anni di differenza, e lei era tredicenne quando si sposarono: non era un matrimonio comune, eppure non sembra aver suscitato grande scalpore.
In molti riportano quanto la coppia fosse legata e i due si adorassero a vicenda, chi insistendo su un tipo di relazione più fraterna che coniugale, chi ponendo l’accento sui racconti di Poe dove si trattano intensi rapporti amorosi tra cugini.

 

[4] In questa AU, l’abilità di Poe non si è ancora attivata… ma lo farà presto.

 

[5] Il riferimento è triste: dalle cronache sappiamo che Edgar e Virginia versarono per tutta la vita nella semi-povertà, così che quando la ragazza contrasse la tubercolosi polmonare, per scaldarsi dovette usare il mantello militare di Poe.

 

[6] Città del Maryland, qui Virginia nacque e visse buona parte della sua vita, sia prima che dopo essersi sposata.

 

 

 

ANGOLO DI MANTO

 

Salve a tutti ♥
Questa fanfiction è interamente dedicata a Edgar, quindi non saranno presenti altri personaggi di Bungou; per loro dovrete aspettare quello che potrebbe essere benissimo il seguito.
Posso comunque dirvi che l’idea di base, per questa e la prossima storia, è un’AU dove Poe non arriva a scontrarsi con Ranpo nella prima competizione (quella di sei anni prima degli eventi canonici) e, quindi, non entra a far parte della Gilda. Tuttavia, siccome credo che le anime gemelle trovino sempre il modo per incontrarsi, saranno gli avvenimenti qui raccontati ad avvicinare Poe al suo “rivale”.
Ci tengo a precisare che quella che viene mostrata non è la vera Richmond, ma ho ripreso i paesaggi che vengono descritti nei racconti di Poe: città misteriose e ambienti naturali idilliaci, dove tuttavia si nascondono tristezza e perdita. Ci sarà tanto, sia di letterario che della vita reale, del vero Edgar in questa versione del nostro amato Poe ♥♥
Riguardo a Virginia, per la sua caratterizzazione mi sono rifatta da quanto i biografi raccontano di lei: di come amasse profondamente Edgar e le sue opere, si sedesse accanto a lui quando era intento a scrivere e tenesse in ordine la sua scrivania. Da queste ultime curiosità è nata l’idea di una ragazzina che ami essere coinvolta nelle avventure, reali o immaginarie, di Poe, e che si prenda cura di lui con dedizione. Per esigenze di trama che spiegherò meglio nella prossima storia, ho alzato l’età di Virginia e, quindi, abbassato il gap tra loro: così, invece di quattordici anni di differenza, ne hanno sette (lei è quindicenne, lui ventiduenne, come nei flashback canonici).
Spero di poter scrivere e pubblicare i prossimi capitoli in tempi non biblici, tesi permettendo; riguardo a questo, ho dovuto dividerlo in due parti perché stava diventando molto corposo, più del doppio, e le informazioni sarebbero state moltissime. Quindi, godetevi la scena con calma, prima che si passi al puro caos *^*
Ringrazio chiunque si fermerà a leggere.
Un abbraccio,

 

Manto

   
 
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