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Autore: meiousetsuna    19/01/2021    5 recensioni
[Dracula2020]
[Dracula2020]Storia partecipante al contest “Titoli a Catena” indetto da Freya_Melyor sul Forum di Efp
[Personaggi: le Spose/Jonathan Harker]
Jonathan è ormai rinchiuso da troppi giorni nel castello del conte Dracula, e dubita di poterne uscire vivo.
Durante il suo vagare nei corridoi e sale abbandonate, si imbatterà in un'altra creatura prigioniera come lui, benché di diversa natura...
Dal testo: Di fronte ai suoi occhi increduli il centro del coperchio della scatola si sollevò, lasciando fuoriuscire un braccio sporco di sangue, poi una figura sottile, quella di una giovane donna vestita di un lacero tessuto bianco. Il suo viso era bello e delicato, i capelli ricadevano in boccoli ormai disfatti, ma non era attraente, e non ispirava la protezione dovuta al suo sesso. Malgrado quegli occhi scuri non sembrassero malvagi, lo guardavano in modo strano. La bocca era lurida del sangue del ratto, non vi erano dubbi.
Lasciate un po' della felicità che recate, lettori...
vostra, Setsuna
Genere: Angst, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al contest “Titoli a Catena” indetto da Freya_Melyor sul Forum di Efp
Fandom: Dracula2020 – personaggi: le Spose/Jonathan Harker
introspettivo – what if?

Per Emerenziano, che divide con me molti amori

SFONDO-BIANCO-1024x683

La luce.
Era la sua unica speranza, quella di un uomo che affoga e spera di incontrare una roccia, un appiglio, che il Signore gli mandi un soccorso nel momento di maggior bisogno.
Ma non era mai stato davvero religioso, anche se per nessun motivo al mondo si sarebbe separato da quel crocifisso che la buona donna che era partita con lui da Bistrita gli aveva donato con genuino slancio di compassione e apprensione quasi materna. Avrebbe avuto un minimo effetto senza una vera fede a sostenere il suo piccolo corpo di legno e metallo, privo di valore alcuno?
L’unica alternativa era aspettare che sorgesse il sole. Jonathan era intelligente, e malgrado lo stato di estrema spossatezza, anzi di malattia, aveva capito molte cose.
Cose che non avrebbe ripetuto nel mondo civilizzato, neppure alla sua dolce Mina. Orrori e peccati inenarrabili, la depravazione che alloggiava in quel castello, che era al di sopra della propria immaginazione.
Quando era partito da Londra si sentiva fortunato, curioso di intraprendere un viaggio nelle terre più misteriose d’Europa, malgrado una punta di nostalgia che si era manifestata ancor prima di allontanarsi. Ci può mancare qualcuno che ci sta stringendo e baciando teneramente con le sue labbra vergini? La terra natìa può cercare di trattenerci con invisibili radici e sussurri inudibili?
Era come una spina sotto la pelle, che non duole meno perché rimane nascosta, anzi.
Lo pungolava, lo provocava a cercare di afferrarla anche facendosi un po’ male, a tagliarsi.
Ma non l’aveva ascoltata, la voce della ragione, e adesso avrebbe dato metà di quello che possedeva per averlo fatto. Una risata interiore lo attraversò senza scuoterlo, perché anche un riflesso condizionato basilare come quello non trovava eco nel suo corpo martoriato.
Era quasi privo di sangue. E di dignità umana. E di conforto.
Non aveva più metà di quello che era da offrire in sacrificio, in alcun modo. Sopravvivere per ventinove lunghi giorni era un’impresa impossibile, quella era la sua data di morte.*
La soffitta era forse il luogo meno tetro nel quale si era avventurato dal disgraziato arrivo in quel maniero, ma solamente in apparenza. C’erano delle casse, di cui tre integre e chiuse, coperte di antica polvere ma dall’aspetto più innocuo degli altri oggetti presenti nelle stanze che aveva visitato. Ma qualcosa di sbagliato c’era anche lì, non c’era modo di sfuggire. Vicino a un lato della prima cassa, quella che pareva smossa di recente a giudicare dalla traccia nella sporcizia sul pavimento, c’era un’ampolla enorme, piena di ratti. Jonathan non nutriva una particolare fobia per quegli animaletti, per quanto immondi venissero considerati. Se fosse stato quello il pericolo! Li avrebbe accolti con gioia come degli amici, lisciato il loro pelame untuoso, li avrebbe nutriti con bocconcini scelti dal proprio piatto.
Si era perso per pochi istanti nella contemplazione di quella scena che per quanto repellente era una distrazione, quando successe l’impensabile. Una mano – senza dubbio femminile – uscì di scatto da un foro circolare, per tuffarsi tra la massa dei topi che squittivano terrorizzati. Ne afferrò uno, portandolo all’interno del contenitore, e un ultimo verso acuto, più stridente degli altri, sancì indubbiamente la fine del roditore.
Jonathan era impietrito, senza che l’impulso di correre via potesse trasmettersi dal cervello alle gambe stanche. Di fronte ai suoi occhi increduli il centro del coperchio della scatola si sollevò, lasciando fuoriuscire un braccio sporco di sangue, poi una figura sottile, quella di una giovane donna vestita di un lacero tessuto bianco. Il suo viso era bello e delicato, i capelli ricadevano in boccoli ormai disfatti, ma non era attraente, e non ispirava la protezione dovuta al suo sesso. Malgrado quegli occhi scuri non sembrassero malvagi, lo guardavano in modo strano. La bocca era lurida del sangue del ratto, non vi erano dubbi. Harker doveva essere il più inglese degli inglesi per preoccuparsi, seppure per un attimo, di non nutrire sentimenti galanti per quella donna, perché Dio gli era testimone, quella creatura non poteva esserlo più. Chi può vivere chiuso tra quattro piccole pareti di legno, inchiodato al suo interno?
“Shhh…” la ragazza si portò un dito sulle labbra con fare da cospiratrice “lui non sa che sono capace di uscire”.
Quando l’uomo rimase in silenzio, la giovane non si fece scrupolo di leccarsi il dito con un gesto concupiscente, lasciando una piccola scia, come la parodia di un belletto.
“Mi da sempre poco da mangiare, fa lo stesso con tutti noi! Non vuole che siamo abbastanza forti da ribellarci, ma io ho così fame, e quello che mi ha portato ieri è finito subito”.
Non poteva, non voleva crederci. La cesta che la sera precedente aveva intravista nell’immensa e gelida sala da pranzo del conte giaceva in un angolo, e al suo interno c’era il cadavere di un neonato,
abbandonato lì con noncuranza. Jonathan si scoprì ancora capace di rabbrividire per il destino di qualcun altro; avrebbe voluto almeno che la salma fosse posta nella posizione di un bambino addormentato, un riguardo che si userebbe persino a una bambola.
“Non vorresti avvicinarti anche a me?” la voce della ragazza possedeva un vago eco di sirene che attirano i naviganti verso gli scogli per cibarsi dei loro resti “con lui l’hai fatto”.
“Cosa… avrei fatto?” Gli occhi azzurri, che tanto piacevano alla sua Mina si spalancarono, mentre la consapevolezza di conoscere la risposta si faceva strada nella sua mente, ancor prima di udire la risposta.
“L’amore. Lo sento nel tuo odore, e ti ha dato un gusto… strano. L’ho riconosciuto, non mi dispiace, vedi? Siamo sempre in tre, non sono gelosa. E poi mi hai insegnato tante cose, Jonathan”.
“Come conosci il mio nome?”
Lei rispose con un risolino che voleva essere seducente.
“Me lo hai raccontato tu, nel sangue ci sono le nostre storie; non ti accorgi che stiamo parlando nella tua lingua?”
Certo, come aveva fatto a non capirlo prima?
“Eri tu nella mia stanza, tu appesa a testa in giù al soffitto? Non era un’allucinazione”.
L’ultima frase non era più una domanda. Certo che era lei, una delle creature partorite dall’inferno che abitavano quel covo di mostri. Erano come un nido di vespe, di scorpioni, ma mille volte più letali, perché lo erano anche per l’anima. D’improvviso Harker sentì quello che aveva rimosso, – o che lo era stato – Dracula che lo dominava come un demone incubo, il suo corpo che violentava il proprio nel letto, poche notti prima. Forse più di una volta. Un forte voltastomaco lo assalì, ma non c’era più cibo che potesse rigettare. Questo accese un lampo ferino negli occhi della non-morta.
“Abiterai la terza cassa” con la mano bianchissima gli indicò una delle grandi scatole di legno “e il nostro secondo fratello non la prenderà bene, lui non è il preferito da tanto tempo. Noi possiamo andare d’accordo, vero?”
“Io non… non sono come te”.
Oh, sì, Jonathan, cerca di convincere almeno te stesso, forse se conterai fino a cento ti sveglierai e tutto si rivelerà solo un brutto sogno, un effetto della pazzia. Anche una malattia mentale può essere curata, la scienza medica fa passi da gigante, oggigiorno. Per ironia della sorte, proprio vicino a Carfax Abbey sorge un frenocomio di cui si dicono meraviglie. Tutto, ma non questo.
La vampira – era inutile rifiutarsi ancora di chiamarla col giusto nome per esorcizzare la realtà – ascoltò i suoi pensieri reclinando la testa su una spalla, come per aiutarsi nella concentrazione.
“Usi molte parole difficili, dovrei approfondire la mia conoscenza. Lasciati abbracciare, Jonathan”.
L’uomo guardò la porta alle sue spalle, valutando rapidamente la sicurezza di quella via di fuga. C’era un breve corridoio che lo divideva dalle scale e non dubitava che gli scheletri che aveva visto gettati nelle nicchie potessero prendere vita e braccarlo. Almeno lì aveva una sola avversaria. Con le sue ultime forze spinse la seconda cassa dietro l’uscio, per bloccarlo col suo peso. All’interno qualcosa si mosse, e un grido soffocato ma non per questo meno rabbioso uscì dalle crepe del contenitore.
Una delle assicelle incrociate che costituivano il rinforzo dei lati penzolava, e Jonathan riuscì a staccarla, brandendola di fronte a sé come un’arma.
“Cosa vuoi fare con quel pezzo di legno, uccidermi? Non è giusto. Invece ti stai ferendo tu, qui è tutto così vecchio. Guarda, hai la mano piena di schegge. Lascia che ti aiuti, fratello mio”.
Senza poter reagire, Harker rimase paralizzato come una preda di fronte a un serpente. Lei fece scivolare le dita tra le labbra, tirando via i pezzettini di legno dalla pelle con i denti; uno alla volta, con calma voluttuosa, assaporando le perle di sangue che fiorivano dalle minuscole lacerazioni. In ultimo, gli leccò anche i palmi.
Probabilmente non era la peggiore delle morti che potesse trovarsi ad affrontare. Il conte sarebbe stato più brutale, crudele, soprattutto più divertito di tutta la sua messa in scena. Per lo meno avrebbe cercato di essere uomo, alla fine, negandogli questa soddisfazione.
Perdonami, Wilhelmina, mio unico amore e vera sposa, anche se non ancora agli occhi del mondo.
“Hai ragione. Sei bellissima, e preferisco appartenere a te. Sarai gentile con me, non è vero?”
Le pupille della vampira si dilatarono, unico segno di vita umana in quel corpo.
“Berrò solo un poco da te, dolce Jonathan, è il Padrone che può averti fino all’ultima goccia, o non sarai l’unico a morire, stanotte”.
Era tutto quello che voleva sapere. Prima che lei potesse scattare e fermarlo, torcendogli il polso fino a spezzarlo, Harker si era procurato uno squarcio abbastanza profondo sulla gola. In circostanze ordinarie non sarebbe stato letale, ma lì di normale non c’era proprio nulla. Un sorriso di vittoria gli accese un ultimo flebile bagliore sul volto, mentre i canini della donna, preda della furia di una belva, penetravano nella pelle, la sensazione pungente che si propagava fino al cuore. Non era qualcosa che avrebbe potuto estrarre da sé, mai più. La vista si annebbiò, i battiti si spensero lentamente, sorso dopo sorso, finché si sentì gettare a terra.
“Cosa mi hai costretta a fare? Lui non mi perdonerà!”
“Grazie…”
La scintilla della vita si liberò dal cadavere martoriato, fuggendo da quel luogo oscuro.
La vampira si strappò ciocche dei bei capelli castani, lamentandosi in preda al terrore, le unghie che laceravano le spalle mentre si abbracciava per difendersi, ma era tutto inutile. Schegge di paura la trafiggevano ovunque, mentre i passi misurati del conte che ormai erano giunti dietro la porta, che fu scardinata come se fosse senza peso alcuno.
“Cos’hai fatto, Marishka?”

Fine


*Dracula ordinò a Jonathan di scrivere tre lettere postdatate, dall’1 al 29 febbraio
**Marishka = in realtà non si conoscono i nomi delle spose, i miei personaggi preferiti in assoluto. Ho mutuato questo da un’opera molto più pop, ma alla quale sono legata, il “Van Helsing” del 2004. Ho scelto il nome che per me ha più credibilità storica.

Il rating arancione è dovuto al character!death di personaggio principale, che non ho voluto spoilerare. Non credo che sia una sorpresa "scioccante" su un fandom di vampiri, per cui spero di non aver fatto agitare nessun lettore!


  
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