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Autore: B_Yul    20/01/2021    0 recensioni
Londra, Dallas, Seoul.
Il futuro di YG incontra la famiglia più potente d'Inghilterra nell'ambito dello spionaggio politico.
I Myong e i Wallace, famiglie da cui proviene Thara, proteggono la loro pupilla inviandola alla ricerca della realizzazione di un sogno nascosto per salvarle la vita.
Riusciranno Jordan, Marvin, Claire e Jamie a proteggere la giovane e promettente signorina Myong?
Riferimenti a cose, fatti e persone puramente casuali e frutto della mia fantasia e passione per le avventure che abbiano a che fare con agenti segreti/spie in genere. Per quanto riguarda date, locations, riferimenti a coordinate geografiche e mezzi di trasporto ecc relativi alla città di Seoul, sarò più precisa possibile anche in base alla mia esperienza sul territorio.
Spero vi piaccia, è un refuso da sognatrice di una non più così giovane kpop stan. Consigli e critiche ben accette, polemiche e prese di posizione banali decisamente meno.
B_Yul
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G-Dragon, Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Heylà! Ma come siamo belli, che stile, che … “
Il capo di Claire guardò dall’alto in basso lo spacco vertiginoso da cui si intravedevano le lunghe gambe di Thara, gli altri avevano raggiunto lei e Jiyong in vista dell’after party e a nessuno di loro era passata inosservata ma si sentirono a disagio per lei di fronte a quella scena. Thara sorrise, coprì l’oggetto dell’attenzione del cinquantenne ringalluzzito e scusandosi, fece un inchino e un segno ai ragazzi per fargli capire che sarebbe stato opportuno allontanarsi.
Seungrì si voltò a guardare il tizio poco convinto di non volerlo insultare ma loro con le donne erano così, erano protettivi, non sapeva se per Thara fosse usuale quindi preferì tenersi per sé le considerazioni e si limitò a scambiare un’occhiata con Seung Hyun che, a sua volta, chinò leggermente la testa verso Jiyong.
“Ragazzi grazie per averci raggiunto e per aver evitato di rispondere a quel tipo. È così da sempre, non è colpa sua. Sono felice che Claire non abbia dovuto dargliela però per farcela, sarebbe stato imbarazzante”.
 
Mi diedi un’occhiata intorno, gli occhi mi si posarono qualche secondo su Taeyang. Per un attimo il mio cervello ebbe probabilmente un vuoto perché mi ritrovai a pensare che fosse davvero, davvero bello quella sera. Tornai comunque concentrata sulla strada, chiamai la limo e dissi ai ragazzi di prepararsi perché conoscevano il locale e sarebbe stato un delirio di loro fans in attesa di potergli anche solo toccare un dito.
Ma loro erano abituati a tutto questo, quella che doveva ancora abituarsi, ero io.
 
“Domani organizzo un meeting con la direttrice di Vogue, non Anna Wintour, quella di Vogue Corea, apparentemente gli americani sono ossessionati dal vostro stile quindi, non so, mi inventerò qualcosa per far si che anche in Europa si diffonda questa cosa. Preparatevi a posare in pelliccia però che non credo voglia mantenere un profilo basso”
 
T.O.P si passò una mano sul viso: “Non penso di voler sapere come ci conceranno prima di essere li. Comunque dongsaeng, ti spunta il telefono dalla giarrettiera”.
 
“Lo so, sto lavorando e devo sentire le notifiche. Comunque, per sicurezza, tira su gli occhi.”
Si grattò la testa ridendo, finalmente vedevo Claire sgambettare con lo champagne francese in mano e un sorriso a 32 denti, perse l’equilibrio ma per fortuna non cadde su nessuno degli invitati. Non scoppiai a ridere per evitare di attirare di nuovo l’attenzione del suo capo.
Il cellulare vibrò, sapevo che a quell’ora non potevano essere buone nuove, aspettavo notizie da Marvin, non riuscivo a scollegare il cervello da casa e mi sentivo in colpa per aver accettato quell’incarico così lontano ma…
“Dongsaeng, il telefono. Squilla.”
Jiyong era decisamente un elemento di razionalità che mancava nella mia vita da tempo.
Controllai chi fosse, era Jordan. Quindi di sicuro, non sarebbero state buone notizie.
 
“Hey”
“Hey, so che non puoi parlare ma devi solo ascoltare”.
Prese un respiro.
“Dimmi, sono alla sfilata”
Dall’altra parte il rumore di una stampante, Jordan si schiarì la voce:
“Ti terrò poco. Oggi si è avvicinato troppo a casa tua. Intendo che è quasi entrato in giardino. Marvin era li ma purtroppo non è stato il primo ad incontrarlo”
 
Capii esattamente in quell’istante cosa fosse successo. Per uno strano intuito e per colpa dei miei incubi degli ultimi giorni, sapevo che Andrew, avesse fatto l’errore di sottovalutare mio nonno.
“Chi ha incontrato Jo?”
“Tuo nonno e uno dei pitbull”
Portai una mano alla bocca, perché sapevo che non c’era alcuna chance che ne fosse uscito vivo da quella situazione e non ero particolarmente sensibile a quel tipo di eventi ma la mia carriera aveva assunto una rilevanza diversa, ero davvero qualcuno per la gente, ero su forbes, c’era il mio nome su ¾ dei dischi prodotti dalla discografia Statunitense ed europea e, ora, ero in Asia. Ed ero già su tutte quelle riviste piene di geroglifici che neanche sapevo cosa stessero dicendo di me.
“NO”
I ragazzi si voltarono di colpo verso Thara che si rese conto di aver gridato. Non riuscì però a mettere su un’espressione che potesse tranquillizzare chiunque la stesse guardando in quel momento. Cercò di abbassare lo sguardo e far segno con la mano che sarebbe tornata subito. Allungò il passo verso la parte opposta al locale e si allontanò quanto necessario per poter riprendere a respirare regolarmente e chiedere a Jordan: “Dove lo ha messo?”
Jordan conosceva Thara, aveva pensato al peggio.
“Non è morto, ha solo una gamba però adesso. Diciamo che non è proprio un campione nel mantenere una certa dignità da gambizzato ma questi dettagli macabri li terrò per me. Cerca per favore di non farti prendere dal panico Thara, ok? Siamo qui, ci pensiamo noi, non hai colpe, nessuno te ne da, siamo tutti fieri di te e di quello che stai facendo, scrollati tutta quest’ansia di dosso è la tua vita da sempre, non da ieri. Ci sono. Ci sono sempre, lo sai che nessuno toccherà i tuoi. Torna li e metti tranquille le persone con cui stai lavorando”
“Che ne sai che mi sono spostata e che mi sento in colpa? Si mi ci sento. Ok, mi calmo?”
“Il chip nel telefono. E lo so e basta. Brava smettila e chi è Jiyong a proposito? Dobbiamo mettere il suo telefono sotto controllo? Prendo i pop corn?”
“Smettila idiota! Ahah! Torno li. Grazie, ci sentiamo presto”
“Ciao Queen, falli sognare un po’ questi coreani”.
Sorrisi al telefono, perché Jordan si era dimostrato per l’ennesima volta un uomo vero e io ero fiera di averlo avuto accanto, nonostante fosse finita da tempo.
Quando tornai indietro gli altri erano già entrati. Tutti, a parte Jiyong, che aspettava accanto al buttafuori a braccia conserte e una sigaretta tra le dita, l’altra in bocca accesa: “dongsaeng, vuoi fumare?”
Sorrisi e scossi la testa: “no, la lascio per dopo. So che proverai a farmi un interrogatorio da ubriachi”
“Brava, sei intelligente. Ma questa fai bene ad evitarla, la pelle. Ricorda”.
“Oppaaa sei noioso però eh, smetto. Smetto prima possibile ma una al giorno per ora lasciamela, eh?”
Lui sorrise e circondò le spalle di lei con il braccio facendo salterellare Claire che era in pista già da un po’.
“Bene. Che sia una. Andiamo, stanno iniziando da Nicki Minaj, tra due ore saremo tutti a gattoni per l’alcol se fanno così”.
“Ma a me piace Nicki!”
“Ma io ho detto che se iniziamo da lei finiamo male non ho detto che in assoluto non mi piace. Comunque la tua amica sta per perdere il vestito, vuoi intervenire o preferisci ignorarla e fingere di non conoscerla?”
Ghignò nell’indicare il seno di Claire fare capolino dal vestito. Si, era già ubriaca marcia.
“Heeyyy perché non porti qui le tue chiappe tonde e facciamo vedere a questi coreani come si twerka babyyy”
Cercai di auto convincermi che non lo avesse detto sul serio ma Ri corse in pista e mi squadrò: “Non stai per farlo vero?”
Jiyong rise forte e gli diede una pacca sulla spalla: “Niente panico maknae, respira, dongsaeng ora tornerà in sé e verrà con noi al tavolo. Seduta, con le gambe accavallate. Tranquillo eh?”
Scoprii poi che praticamente per contratto avrei dovuto mantenere un certo contegno in pubblico e che l’unico motivo per cui Ri ebbe quell’attimo di panico fossero le telecamere in sala, se fosse arrivato un video “compromettente” a Yang avrei perso il lavoro. Non era certamente nei piani twerkare ubriaca ad una festa per Moschino ma sentii un po’ della pressione che avevano addosso venirmi incontro quella sera. Salutai Claire con un sorriso e le dissi : “Ci vediamo dopo magari, eh?”
Lei, sgambettante e piagnucolante rispose con un: “Uffa, ok!” seguito da uno sguardo malizioso rivolto a Jiyong che fece una smorfia strana onestamente, perché Claire era una bella ragazza al di la del tasso alcolico.
“Che cos’è quella faccia? Ahahah ti prego!”
“Dongsaeng, fammi un favore: dille di non essere così in Corea, potrebbe essere scambiata per qualcosa di diverso da un’organizzatrice di sfilate. Ok?”
“Sei serio?”
“Si. Non è una brutta ragazza e nessuno di noi disdegna un twerk ubriaco ma la gente con cui lo sta facendo rischia di ritrovarsela sotto casa domani in cerca di ben altro che un balletto”.
Tirai su le spalle e mi avviai verso il nostro privè, felice di non dover guardare Jeremy masticare i nachos e consapevole che Claire se la sarebbe cavata. D’altro canto non ero sua madre e col tempo avevo imparato a capirlo, metabolizzarlo, attuarlo perché il nostro rapporto, era anche fatto di consapevolezze lucide che rispettavamo senza che l’altra si sentisse ferita.
Il dj impazzito decise però di farmi comunque perdere quel grammo di credibilità che mi rendesse “umana” almeno agli occhi dei coreani e mise “UP” degli Epik High con Park Bom, così, tanto per assicurarsi che io decidessi di tirare su la gonna, alzarmi dalla sedia dopo essermi appena seduta e dire: “fermi tutti non scherziamo, uno di voi venga a ballare ORA non importa chi ma io devo ballare!”
Sentii una risata familiare arrivare da dietro e non ci misi molto a capire che…
“Non mi interessa se i coreani ti vogliono smorta hai capito? Ho richiesto io questa al DJ ora vieni con me e balli! Scusate bimbi, ve la rimando tra 5 minuti esatti!”
Risi perché sapevo che non se la sarebbe fatta fare da nessun presidente e nessun contratto, quindi le presi la mano e la trascinai in pista pronta a svuotare un po’ la mente e riempire il bicchiere di spumante, decisi che da quel momento avrei lasciato l’ansia alle spalle e sarei tornata sulla via della lucidità senza farmi prendere inutilmente dal panico, c’erano circa 100 persone pronte a proteggere me e la mia famiglia in ogni caso e non c’era bisogno che mi facessi togliere la voglia di vivere da un nano da giardino instabile.
Claire inclinò la testa da un lato e mi osservò, mi accorsi dello sguardo inquisitore stile mia nonna e sorrisi, perché sapevo cosa mi avrebbe detto, quello che mi diceva sempre: “Thara non farti paranoie”.
E io l’avrei ascoltata, ma non così tanto infondo, perché ci sono due tipi di persone al mondo: quelle a cui importa e quelle a cui non importa e, a me, della vita dei miei cari e mia, importava moltissimo. Mi importava persino degli artisti con cui lavoravo, mi incazzavo coi giornalisti anche per cose futili. Io sono sempre stata così, un po’ mamma e un po’ avversa ai bambini allo stesso tempo.
Quella sera però non me lo disse di non farmi paranoie, si limitò ad annuire e dirmi: “Sono solo due giorni che sei qui ma ti vedo già meglio, saranno gli influssi dei BigBang? Ahah, stai bene con questo vestito, sono contenta tu non ti stia facendo buttare giù”.
I capelli sul viso, i fianchi sinuosi, la pelle color latte e le labbra rosse, il sorriso che si apre e scaccia via l’ansia. Ji Yong osservò Thara in pista e si sentì strano, come se qualcosa gli facesse venir voglia di sorridere con lei, come se guardarla potesse per un po’ allontanare i pensieri bui, come se in quel mischiarsi di luci, suoni e odori, vederla felice facesse sentire meglio anche lui.
Gli altri si accorsero che la stesse guardando così, perché a Ji Yong non capitava da un po’ e Seung Hyun diede una gomitata a Ri per fargli capire che, si, erano bastate 48h per far si che Thara, lasciasse il primo segno su quella nuova storia che sarebbe stato “Alive”.
Daesung tornò al tavolo con i drinks appena stillati e chiese a Taeyang cosa fosse quel sorriso soddisfatto sul viso di T.O.P, la risposta fu: “Lo spettacolo di Ji Yong che scopre di avere ancora un cuore non vorrai perdertelo?”
Rimasero ad osservarlo tutti in silenzio finché non si accorse lui stesso che tutto ciò fosse totalmente fuori luogo. O forse no? Lo sentì come tale e si rivolse ai compagni col solito fare cinico: “Guardate dongsaeng, non è bellissima? Dovrebbe sorridere più spesso invece di fare la donna d’affari”.
Seung Hyun gli diede la rituale pacca sulla spalla: “Dai che ci crediamo che stai pensando davvero questo, però ora bevi che ci fai preoccupare”.
 Ma Ji Yong non li ascoltava più e decise in quel momento che non sarebbe stato così grave lasciarsi andare qualche minuto. Lasciò il tavolo, si avvicinò alla console e chiese al dj di far andare uno dei suoi brani preferiti, il più sincero che avesse scritto fino a quel momento e quando le note di "Black" si diffusero in sala, Claire ebbe abbastanza lucidità da tenere Thara in pista e lasciarla senza quasi se ne accorgesse, tra le braccia del leader.
 "Che succede?"
"Shh, dongseng, non fare sempre domande su tutto, vedi quanto è facile respirare?"
 Mi chiesi cosa volesse dire, no, non ce la facevo a non farmi domande ma non riuscivo proprio ad allontanarmi adesso, sentivo le mani calde con le mie e il suo sguardo addosso in un modo bello, diverso, decisi quindi che non avrei fatto la parte della guarda feste, in quell'attimo mi stavo adattando bene come un animale che cambia pelle e si scopra in grado di sopravvivere al caldo pur venendo dal gelo.
 "L'hai scritta tu?"
Lui annuì: "è bella. è strano però pensarti così"
Sorrise con uno sguardo di sfida: "Non farmici sentire allora, Thara".
 

Le favole hanno una durata standard, lo sapevate?
C’è un inizio, uno svolgimento, un inconveniente, una risoluzione e un lieto fine.
Quello che non avevo mai amato delle favole, ad ogni modo, era il loro basarsi sul bisogno d’amore, sul sogno di una felicità legata al “io e te” che per un caso della vita non avrai forse mai potuto capire.
Mi ritrovai col viso poggiato su quella spalla e aprii di colpo gli occhi, stavo facendo la cosa sbagliata.
Ma non mi interessava. E capii la differenza tra la me sotto pressione e la me che fa ciò che sente nel preciso istante in cui Ji Yong mi disse: “Sta per finire” e io risposi semplicemente: “voglio la traduzione”.
Non potevo vederlo ma fui certa stesse sorridendo.
Non mi piaceva e non mi piace mischiare il lavoro con queste situazioni ma qui, chi aveva messo il confine tra una sfilata di Moschino e un album in uscita? Quale sarebbe stato il freno? Ebbi l’impressione che non ce ne fossero in realtà e che li, davvero sarei stata libera di essere me stessa senza il timore che nessuno mi desse della poco di buono o dell’approfittatrice, erano sparite anche le telecamere nel giro di quei tre minuti e quando mi riavvicinai al tavolo, alla domanda di Taeyang: “Dongsaeng perché ti vedo più rilassata?” non seppi rispondere. Mi limitai ad ammiccare e sorseggiare con calma lo champagne, poi rivolsi uno sguardo a Claire che alzò il calice, lo alzai di rimando e scandii nel casino generale il labbiale: “Brindiamo alla Corea”, cosa che mi fece ridere ma annuire allo stesso tempo perché, si, quella sarebbe stata davvero una bella avventura e non fu quel ballo, non fu la sfilata, non fu Dara stonata a farmelo capire, fu quell’ultimo respiro che presi prima di svuotare l’ultimo bicchiere a dirmelo che, li, da tutte quelle barriere costruite in vent’anni, sarei stata libera per un po’.
“Vieni da noi dongsaeng?”
Pensai che non fosse affatto una buona idea.
Subito dopo però entrai in macchina con Seung Hyun alla guida, Ji Yong impegnato con i social, Dae e Ri che litigavano su chi dovesse uscire per primo con una tipa appena conosciuta e Tae che mi guardava dal retrovisore come se volesse chiedermi: “Sei sicura di metterti in questa situazione?”
Ma non sapeva che quella sarebbe stata la cosa meno strana che avessi mai fatto.
Sorrisi e strizzai l’occhio per tranquillizzarlo che non ero ancora abbastanza sconvolta da mollarli al secondo giorno.
Mandai un messaggio a Claire che, come mi aspettavo, rispose: “Ce li hai i preservativi?” e avvisai Jordan che avrei messo offline il dispositivo di controllo per un po’ di ore, tranquilla del fatto che avrebbero comunque monitorato e che per ogni evenienza avrebbero potuto contattarmi comunque.
Messa in silenzioso la mia vita, quella nascosta, tornai mente e occhi in quell’auto che sfrecciava per la via principale di GanGnam e quando mi ritrovai davanti casa di Ji Yong, mi resi conto che quella specie di Palazzo Reale che vedevo da casa mia era più vicino di quanto pensassi.
“Questa è casa tua?”
“Si Dongsaeng, sei contenta che siamo vicini?”
Arricciai il labbro chiedendomi per quale motivo continuassi ad essere sempre l’ultima a sapere le cose ma d’altro canto, almeno in un frangente di vita, non mi dispiaceva non sapere tutto prima di tutti.
“Contenta è un parolone, chi ti fa la guardia, i leoni?”
“Spiritosa! Sei una piccola lince delle nevi dongsaeng”
“Uh??”
“Capirai col tempo. Ora entriamo, Ri smettila di frignare o nessuno dei due uscirà con quella ragazza perché le chiederò di uscire io”
Ri si zittì, Dae si arrese direttamente conscio forse che sarebbe stato meglio evitare un ennesimo “no” da una tizia per Ji Yong e io, che forse a quel punto capii il perché fosse stata equiparata ad una lince, non riuscii a trattenere un simpaticissimo: “Quindi secondo te sono tutte pronte a caderti ai piedi solo perché sei il leader? Come sottovaluti le donne Ji Yong. Se io sono una lince tu sei una volpe”.
“Uh??”
Ricambiai la risposta di prima: “Anche tu capirai col tempo”.
 
 Era finita così quella serata, in una villa con divani bianchi e tanto da raccontarsi perché dal giorno successivo sarebbe iniziato il lavoro vero.
Poi il tempo aveva messo l’acceleratore e in un battito di ciglia erano passati una copertina di Vogue, una campagna Dior, conferenze e interviste e i primi live a cui prendere parte e tante sigarette condivise sul balcone di casa mentre “Alive” prendeva forma e le sessioni in studio si moltiplicavano lasciando a Thara ben poco tempo per riflettere su ciò che stesse accadendo a casa propria dove, Andrew nel frattempo, aveva fatto un ennesimo passo falso che avrebbe potuto esporla ulteriormente se Marvin e i suoi non fossero intervenuti, di nuovo, e non lo avessero bloccato mentre cercava di raggiungere gli Stati Uniti per fuggire da nonno Wallace che, ormai, era deciso a farlo fuori.
Yang, dal canto suo, continuava ad aspettare una risposta e Thara ne era consapevole.
Alle prese con tabacco e cartine, la tv accesa con l’usb collegata e i provini in ascolto, il caminetto acceso e l’odore del tea allo zenzero, scorreva tra gli appunti e i numeri di telefono mentre la mente slittava sui pro e i contro del prestare la propria voce a Dara e riprendersi un pezzetto di quel sogno a cui aveva rinunciato, certo avrebbe dovuto smettere definitivamente col le sigarette, certo stava fumando troppo, certo Ji Yong le faceva una testa come un pallone da ormai sei mesi e sicuramente se qualcosa di più importante fosse successo e se qualcuno avesse riconosciuto la sua voce, per lei sarebbe stata la fine e l’unica soluzione sarebbe stata andare a Dallas da Jamie per almeno un paio d’anni.
“Love Dust” usciva dalle casse con la voce di Ri incerta, con le note da sistemare e i controcanti da finire ma questo sarebbe stato compito di GD, a lei spettava solo il verdetto finale e sapeva di voler ottenere il massimo risultato perché nella vita “reale”, Simon l’aveva inviata li perché Yang potesse prendersi la tanto agognata fetta di mercato europeo che voleva.
Infilò velocemente le Loubutin rosse, sorseggiò l’ultimo goccio di tea rimasto e uscì di casa con la sua pelliccia e gli occhi fissi sull’obiettivo finale. Non importava come, avrebbe portato a termine tutti i suoi progetti prima di andar via.
 
Nel corso dei mesi avevo imparato a trovare la calma nella corsa continua, avevo ripreso a meditare, ad apprezzare le piccole cose, a non pensare sempre a ciò che avevo lasciato e avevo smesso di nutrire quel senso di colpa che, per anni, mi ero portata in ogni parte del mondo.
Quando il silenzio era l’unica cosa a farmi compagnia, la sera, avevo imparato a godermelo come fosse un dono per tutte le urla e le emergenze che avevo dovuto fronteggiare a causa della mia famiglia.
Amavo profondamente le mie radici ma li, Seoul, sembrava un paradiso per folli e un inferno per i pendolari che vedevo sfrecciare dalla finestra.
A volte capitava che mi ritrovassi sola con i miei pensieri anche in mezzo alla folla e la musica nelle cuffie mi faceva sentire come la protagonista di un quadro in movimento e mi piaceva quella lucidità, quella voglia di riscatto che tornava a visitarmi, quell’essere focalizzata.
Ora mancava un ultimo tassello, che per me era essenziale e non potevo farne a meno ancora a lungo: il rischio.
Avevo voglia di situazioni nuove, sempre, a volte non vivevo neanche quelle presenti nell’attesa delle successive e questo era forse il motivo fondamentale per cui nessun uomo poteva starmi accanto per più di un mese o due.
Il mondo è dei pazzi diceva mia madre quando in camera mettevo lo stereo al massimo e davo concerti al mio pubblico di peluches. E aveva ragione, nella mia mente instabile avevano girato le idee migliori che potessi mai pensare io stessa di produrre.
Guidai fino alla sede della YG e mi aprirono le sbarre i due addetti alla sicurezza che, come d’abitudine, fecero un inchino (ricambiato) al mio passaggio. Presi un fascicolo dalla cartellina e, senza passare in studio, chiesi di Seung Hyun alla reception: “Lo aspetto in terrazza, presto per favore che ho un appuntamento con Yang”.
Il mio coreano sembrava essere migliorato perché la tizia stavolta non fece smorfie per comprendere, sorrise e si inchinò anche lei a mani giunte assicurandomi che T.O.P mi avrebbe raggiunto in un minuto.
E così fu.
“Che succede dongsaeng?”
Guardai la sigaretta e decisi di spezzarla e buttarla in borsa. Non era il momento, era invece quello buono per smettere.
“Oppa voglio accettare la proposta di Yang”.
Mi guardò scettico, cercando forse di capire cosa esattamente mi spingesse a quel suicidio mediatico ma poi, forse conscio del fatto che in fondo fosse Dara quella a rischio e non io che avevo l’orecchio assoluto, sorrise e abbassò lo sguardo per poi rialzarlo subito dopo e avvicinarsi.
Si appoggiò al bordo della terrazza con le spalle alla città che intanto riprendeva vita e inclinò leggermente la testa.
“E mi hai fatto venire qui per questo? Non hai bisogno dell’approvazione di nessuno, Thara. Sai quello che fai. O sbaglio?”
Sbuffai perché per me un confronto con qualcuno con più esperienza era sempre stato necessario e lui era quello dei discorsi seri, che non la prendeva a ridere di fronte alle mie insicurezze e sapevo che mi avrebbe risposto in quel modo ma volevo davvero la certezza che non stessi facendo un passo falso.
“Oppa…”
“Che c’è? Se anche fosse un errore, ti rendi conto del mestiere che fai? Hai vent’anni e io non riuscirei mai neanche a capire un decimo delle cose che gestisci tu. Sii cosciente di quello che vali ma non agli occhi degli altri, allo specchio! Certe volte sembra che non ti conosci eppure ti sei costruita da sola.
Il tuo sogno era cantare o sbaglio?”
“No, non sbagli però…”
“Però il finale non è deciso finché non è scritto. Quindi datti una chance.
 E ora andiamo che Ji Yong sta dando i numeri con Daesung, stai tranquilla. Male che vada, hai cinque persone dalla tua parte”.
Sorrisi e scrollai la testa, male che vada era per la prima volta in vita mia la possibilità di finale migliore che avessi.
Mi voltai un’ultima volta verso la strada, cercai di prendere un respiro profondo e presi dalla borsa le sigarette: Una l’ho spezzata, queste le butto via”.
Lui spalancò gli occhi: “Non esagerare, queste dalle a me grazie! Dongsaeng sono fiero di te, comunque vada ti farà bene smettere!”
“Si eh? A te no invece?”
“Non è di me che si parla, susu, agevolare. Abbiamo un disco da chiudere e due persone da salvare.”
“uh?”
Tornammo così al lavoro, il povero Ri era alle prese col leader in preda ad un attacco di precisione assoluta e stava ripetendo per la millesima volta lo stesso take delle stesse tre parole: “Geuttaen naega neomu eoryeoseo
Sarangi eoryeowoseo domangchiryeogoman haetji! Su Geuttaen prendi la nota giusta o ti faccio dormire qui! Ri!”
Ri guardò Thara disperato e strofinandosi il naso cercò di non imprecare. Sperò fortemente che qualunque cosa affliggesse GDragon in quel momento potesse sistemarsi presto perché il Leader, in quelle condizioni, sarebbe stato in grado di far slittare l’uscita del disco anche di un anno per una nota un quarto di tono sbagliata.
 
“Hey leader, che succede?”
“oh giusto te cercavo. Hai un appuntamento con Yang o sbaglio?”
Non impazzivo per quel tipo di tono onestamente e non mi creai troppi problemi nel farglielo notare: “Da quando ti rivolgi a me in quel modo? Se è un lapsus che ti passi presto. Ah, lascia respirare Seungri. Comunque si. Ho un appuntamento con Yang, ho deciso di coprire Dara”.
A quel punto fece segno a Seungri di fermarsi. Spense la consolle e rivolse uno sguardo a Seung Hyun che lo guardo come a voler dire: “Pensavi la fermassi?”.
“lasciateci soli”.
Quella frase me la ricordai a lungo, perché la conversazione che iniziò da li, mi aprì gli occhi su una realtà che conoscevo ma che non avevo idea venisse percepita così dalle persone coinvolte. Perché a volte essere dalla parte di chi fa girare i soldi, ti fa dimenticare cosa voglia dire essere l’immagine, quello/a sul palco. E io me lo ero dimenticato davvero forse.
Uscirono, restammo io, lui, le sue sigarette e la sensazione che non solo non fosse d’accordo ma che se fosse andata male, non avrei avuto sicuramente cinque persone dalla mia parte.
 
“Come ti viene in mente? Tu hai una vaga idea di cosa voglia dire prestare la voce a Dara? Hyuna non potrà mai più cantare! E non sto dicendo che per te sarà lo stesso perché quella è una questione di fortuna, ma spiegami per quale motivo dovresti farlo”
 
Sapevo perfettamente che non avrebbe capito la mia posizione, perché avrei dovuto spiegargli che avevo dovuto sacrificare tutto per la mia famiglia, per quell’eredità pesante, che quel cervello che apprezzava tanto era stanco di privarsi di momenti di spensieratezza e tranquillità che alla mia età erano la norma tra le ragazze. Ma non potevo dire a GDragon “hey sto conducendo un’operazione di protezione dati dell’aerea 51 e della Casa Bianca, lasciami uno svago”. Perché avrei pagato quel flusso di informazioni riservate con la vita e, a togliermela, sarebbe stato forse proprio mio nonno se lo avessi fatto.
Ma se c’è una cosa che ancora non avevo imparato a fare, era mentire a cuor leggero e se con la voce ero in grado di dire “Non sono affari tuoi, pensa al disco”, la lacrima che in quel momento decise di rigarmi il viso seguita da altre mille della stessa portata, esponeva una parte di me che avrei faticato il doppio a nascondere, ora.
 
“Sai che c’è? Non posso spiegartelo Ji Yong. Ma se tu fossi al punto di poter realizzare anche solo in minima parte il tuo sogno più grande a cui hai dovuto rinunciare per motivi più grandi di te, che faresti?”
 
E io lo vidi dalla luce tagliente nei suoi occhi che non poteva capirlo, perché nessuno avrebbe pensato mai una cosa del genere ma incassò la risposta, scosse la testa e mi lanciò un foglio piegato in quattro.
 
“E questo cos’è?”
Alzò il mento per farmi segno di leggere.
“Adesso l’hangul non è più un problema. Mi serve un ritornello in inglese, scrivilo tu per favore. E io non so cosa ti dica il cervello ma se senti sia quello che vuoi, sappi solo che sono sei mesi che mi vedi sputare sangue su questa consolle, non ti permetterò di andartene prima dei prossimi dieci anni. Chiaro? Comunque vada, assumiti il rischio di portare avanti questa cosa”.
 
Accettai il compromesso e lessi le prime righe, era per la sua ex anche se non sapevo ne avesse avuta una così importante. Ma per forza per una ex doveva essere.
“Perché vuoi che ti scriva un ritornello per un pezzo così?”
Rientrò velocemente nel suolo di Volpe che gli avevo assegnato e sorridendo sarcastico, velenoso e con tutto l’astio incomprensibile di quel momento rispose: “Per cantarlo, e non di nascosto dongseng".

Gelo.
   
 
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