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Autore: Marydb13    22/01/2021    0 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 14- La confessione di Mary
Di quando Beckett capì che cosa si prova ad essere madre
 
Ecco spiegato come una ragazzina così ipersensibile riuscisse a reggere la pressione degli interrogatori.
‹‹Mocciosa?›› provò a richiamare la sua attenzione dopo quasi 30 minuti di pianto ininterrotto, in cui lui, come ogni buon confidente, non era riuscito a spiccicare neanche una parola. Ma perché le donne fanno domande, se poi non ascoltano le risposte?
‹‹H-hai visto la foto? L’ha praticamente fatta a pezzi. La vedeva come un pezzo di carne, non come un essere umano dotato di un’anima e di una coscienza›› era la frase più lunga che fosse riuscita a pronunciare in quella mezz’ora.
‹‹Ho visto, ma ormai è morta: cosa te ne…›› un uomo di tatto, non c’era che dire.
‹‹Beh, non lo era per ben oltre la metà di quello che le ha fatto. Ti rendi conto? Lo implorava di ucciderla e lui ha continuato a farle del male per quasi tre ore›› Mary non riusciva a smettere di piangere.
‹‹Te l’ha detto solo per spaventarti›› affermò lui, con fare tranquillo.
‹‹L’avrei pensato anch’io se i risultati delle autopsie delle altre vittime non avessero dimostrato che diceva la verità. E con ogni probabilità, non erano nemmeno sedate: hanno sentito ogni millimetro di lama che affondava nella loro carne››

Se Mr. Mercer era sconvolto dalla rivelazione, non lo diede a vedere: ‹‹Anche se si diverte a raccontarti delle storie, è pur sempre un assassino. Il fatto che non abbia ucciso te, non significa che con i suoi altri bersagli sia stato altrettanto magnani…›› L’uomo si accorse troppo tardi di aver toccato un altro tasto dolente.
‹‹P-perché non ha ucciso anche me? Una mocciosa viziata e odiosa meritava, forse, di vivere più di una madre di famiglia, di una fidanzata, una sorella, un’amica?›› riprese a singhiozzare lei.
‹‹Non esageriamo: al mondo c’è di peggio di una bambina un po’ ingenua›› cercò di sdrammatizzare lui.
‹‹Vi posso assicurare che all’epoca ero un essere orribile… e probabilmente sotto sotto lo sono ancora. E’ per questo che mi ha lasciata in vita, vero? Vuole che diventi come lui!››
Udendo l’ennesimo delirio, l’uomo se la scollò di dosso con una mossa decisa. Poi, ponendole le mani sulle spalle (onde evitare che decidesse di invadere di nuovo il suo spazio vitale), le domandò esasperato: ‹‹Ma di che diavolo stai parlando?!›› Ma perché doveva sempre avere degli attacchi di panico quando erano soli?
Maria Vittoria ebbe un attimo di esitazione prima di rispondere. Era una buona idea parlarne con un mezzo sconosciuto, non particolarmente ben disposto nei suoi confronti, per altro? Non avrebbe mai potuto capire. Eppure una vocina nella sua testa avanzò una tesi non trascurabile: “Se non gli importa nulla di te, non ti farà male il suo giudizio”. A ben pensarci, non sembrava un’idea tanto malvagia. Se non avesse compreso il suo stato d’animo, non l’avrebbe giudicata e se l’avesse giudicata, l’avrebbe fatto in una maniera distaccata che non avrebbe potuto nuocerle. Il lato positivo di vivere con uno sconosciuto dal cuore di pietra.

Finalmente decisa, sollevò il capo e lo fissò dritto negli occhi, iniziando quello che si preannunciava essere il discorso più serio che avesse mai fatto in tutta la sua vita: ‹‹Sto per svelarvi un segreto di cui non ho mai parlato a nessuno›› seguì una breve pausa per aumentare la suspence (e acquisire la forza spirituale per affrontare il discorso) ‹‹Forse non ve ne siete accorti, ma io sono una persona… strana››
Mr. Mercer, che si aspettava tutt’altra rivelazione, a momenti cascava a terra per il troppo ridere. Maria Vittoria attese pazientemente che terminasse di fare il buffone; non si esimé, tuttavia, dal scrutarlo con aria severa e a braccia incrociate, sbuffando di tanto in tanto. Quando l’uomo diede, finalmente segno di aver finito, si apprestò a precisare: ‹‹Non strana in quel senso. Quelli che vedete sono solo gli effetti collaterali di una vita di privazioni (di sonno), solitudine (con l’unica compagnia dei libri), esclusione (dalla vita sociale) e reclusione (in biblioteca)›› la sincera convinzione ed i gesti plateali con cui accompagnò ogni singola parola causarono una nuova serie di risate incontrollate da parte dell’uomo. Del resto, sostenere che una studentessa conducesse una vita di grandi sacrifici e privazioni di fronte ad un soldato/sicario part-time era di per sé piuttosto surreale.
‹‹Quello che sto cercando di dirvi›› gli ringhiò lei, ottenendo finalmente un minimo di considerazione da parte del suo nolente interlocutore ‹‹è che tendo ad avere degli atteggiamenti istintivi che non rientrano propriamente nella norma di comportamento, non so se mi spiego…›› aggiunse, poi, imbarazzata. Era solo una sua impressione, oppure Mr. Mercer stava facendo i salti mortali pur di metterla ancor più in difficoltà? Cattivo!

‹‹Come parlare con i libri e abbracciarli prima di riporli?››
‹‹Ma no!››
‹‹Ti conviene! Lord Beckett fa lo stesso e nessuno si è mai permesso di dire che fosse una cosa strana›› le ringhiò contro lui, con fin troppo ardore. Forse la tesi di Marta su una possibile MerBeckett non era poi così infondata.
‹‹No, no, no, assolutamente! Non mi permetterei mai, hehehe›› si affrettò a discolparsi lei, prima che fosse troppo tardi ‹‹E comunque intendevo azioni più… stravaganti››
‹‹Coprirti con un lenzuolo e girare nella scuola di notte, illuminando le stanze con dei ceri funebri e pronunciando parole strane in lingue ormai dimenticate?››
‹‹Così mi fai sembrare un fantasma che infesta gli edifici disabitati. Non pensavo che qualcuno potesse travisare la notte nazionale del liceo classico peggio di Marta…›› borbottò lei, seriamente offesa.
‹‹Pagare una quota mensile per farti pestare sei ore a settimana, quando io posso farlo gratuitamente 24 ore su 24?››
‹‹A karate non ci insegnano a pestarci!›› sbottò lei, indignata.
‹‹Come no… chiamare un becchino che di nome fa Becchino nel cuore della notte?››
‹‹Ancora con questa storia! Si occupa di seppellire le vittime del cacciatore, lo sai››
‹‹Piangere ogni volta che leggi della morte di un personaggio storico?››
‹‹Ma non ti sembra straziante l’idea che delle persone con cui avresti potuto instaurare dei profondi legami di amicizia siano morte secoli o addirittura millenni prima di te? Non potrò mai discutere di strategia con Cesare, né convincerlo a scaricare quella serpe di Cleopatra››
‹‹Non potrò mai dire a Seneca che l’argento reagisce a contatto con i veleni e che quindi non è costretto a mangiare solo la frutta da lui colta e bere l’acqua direttamente dalla fonte. Non potrò mai dire a Leonida ed ai suoi uomini che il loro sacrificio alle Termopili salverà la Grecia, così come non potrò mai urlare agli Spartani che Aristodemo non si è sottratto alla battaglia perché codardo, ma perché ordinatogli dal suo re››
‹‹Non potrò mai dire a Ramsete I che la propaganda inganna i contemporanei, ma non i posteri. Gli Ittiti hanno tranquillamente ammesso di aver pareggiato: perché il faraone, invece, ha deciso di mettere insieme un teatrino con tanto di finti monumenti trionfali?›› sarebbe potuta andare avanti per ore, ma Mr. Mercer si affrettò a fermarla: ‹‹E questo ti sembra normale?››

‹‹Perché? Non è normale, forse, preoccuparsi per la sorte di sconosciuti vissuti migliaia di anni fa?›› gli fece notare lei, nuovamente in lacrime.
‹‹No!››
‹‹SIG, non classicisti…›› sospirò la ragazza, mentre scuoteva lievemente il capo. Quando si dice “non dare le perle ai porci”
‹‹Hai detto qualcosa?››
‹‹No, no, ci mancherebbe…›› mentì lei, notando lo sguardo minaccioso dell’uomo, che ormai stava esaurendo la sua poca pazienza. (Cervello di Mary: “Patres conscripti, dimittete illi non enim scit quid dicat!1”)
‹‹A questo punto mi viene da domandarti che cosa tu intenda con strano›› la derise lui, ormai definitivamente convinto che qualunque fosse la motivazione del suo delirio, non si trattasse di nulla di serio. Ma perché le adolescenti (come le aveva sentite chiamare da i pochi adulti che aveva incontrato nella scuola della mocciosa) si facevano sempre delle paturnie per niente? E soprattutto, perché invece di farsi consolare dal suo “amato”, andava a rompere i c******i a lui?
‹‹Beh, forse…›› Maria Vittoria finse di rifletterci sopra un attimo, per assumere uno sguardo gelido e proferire: ‹‹Conficcare un servizio da tè giocattolo nella pancia di un bambino rompiscatole››
‹‹Effettivamente… In che senso?›› Mr. Mercer si interruppe bruscamente, notando l’espressione seria e, allo stesso tempo malinconica, della ragazzina. Perché aveva la strana sensazione che quello non fosse un semplice esempio astratto?
‹‹Qual è la prima cosa che fa una bambina di quattro anni, quando un bambino di cinque le arriva addosso con la bicicletta di proposito, facendole male e buttandole all’aria i giocattoli appena disposti per il “rituale del tè”?››

‹‹Si mette a frignare? Chiama la mammina?›› fece lui, con tono annoiato. Ancora non riusciva a capire dove volesse andare a parare.
‹‹Beh, a quanto pare il mio istinto non doveva essere ben omologato›› anche se il tono con cui aveva “sganciato la bomba” era apparentemente neutrale, dentro si sentiva avvampare. Aveva davvero appena rivelato una cosa del genere ad uno sconosciuto? Che cosa avrebbe pensato di lei, dopo aver ascoltato la fine della sua confessione? L’avrebbe trattata ancora allo stesso modo, o avrebbe aumentato le precauzioni nei suoi confronti? E, soprattutto, non le avrebbe vietato di andare a Karate, vero, vero, VERO?
Il suo flusso di coscienza fu interrotto dal suo interlocutore che, contro ogni aspettativa, non aveva perso il suo fare tranquillo e distaccato: ‹‹Quindi lui ti ha distrutto i giocattoli…››
‹‹Hem, sì…›› confermò lei, imbarazzata.
‹‹E tu gli hai infilato delle tazzine nello stomaco…››
‹‹Hem, sì…›› annuì, se possibile ancora più imbarazzata di prima.
‹‹Di che cosa erano fatte?››
‹‹Plastica e ceramica››
‹‹Quante tazzine?››
‹‹Quando mi sono resa conto di cosa stessi facendo ero già arrivata alla terza… più due piattini infilati per un terzo della loro lunghezza. Se fosse svenuto, non avrebbe potuto soffrire a sufficienza…››
‹‹Tutto qui?››
‹‹Tutto qui›› Nella sua testa sembrava sempre tutto così terribile e complicato da spiegare, ma ora che aveva trovato il coraggio e, soprattutto il giusto interlocutore, non pareva poi questa gran cosa. Certo, ciò che aveva fatto all’epoca restava un atto imperdonabile, ma era anche vero che era piccola e non aveva ancora una grande percezione di cosa fosse giusto e cosa sbagliato.

‹‹Era così difficile?››
‹‹Beh, ora che ci penso no… dopo tutto ora mi controllo decisamente di più›› si trovò a riflettere la ragazza. Ora si sentiva decisamente più leggera, quasi si fosse liberata da un macigno che le gravava sul petto.
‹‹E quindi questo è il motivo per cui paghi il tuo istruttore di Karate per pestarti›› completò il quadro, lui.
‹‹Beccata›› confermò lei, annuendo tristemente ‹‹Ho sempre avuto problemi a controllare la rabbia e, specie quando ero più piccola, avevo un gusto spiccato per cose che la maggior parte delle persone considera aberranti. Tipo: chissà che cosa succede se sbatto la testa del mio compagno di banco contro il muro finché non gli spacco il cranio e gli posso estrarre le cervella. Crescendo, fortunatamente, ho avuto modo di comprendere che certe azioni portano dolore e sofferenza e non ho più avuto tentazioni del genere. O, almeno non così spesso›› detto ciò, fece una breve pausa, per poi proseguire, questa volta con un’espressione più positiva: ‹‹E in tutto questo le arti marziali sono state la mia salvezza. Non trattandosi del Karate tradizionale, tendiamo ad allenarci a contatto, cosa che, ovviamente, preclude un impatto troppo forte a danno del nostro compagno. Ed è stato lì che ho capito che anche un semplice pugno può lasciare dei lividi dolorosi o, comunque, arrecare sofferenza. E che, alla fine, per quanto i macabri scenari elaborati istintivamente dal mio cervello possano apparire invitanti, nulla di tutto ciò può competere con il dolore inflitto ad una persona››
‹‹Quindi la prossima volta che mi viene affidata una missione posso portarti con me e non devo preoccuparmi di trattenermi…››
La ragazza non parve cogliere la sottile ironia nella voce dell’uomo, perché si affrettò a gridargli: ‹‹No, no, no, per carità! Non fate del male alle persone!››
‹‹Ma non hai detto che le carneficine non ti disgustano?›› la prese in giro lui, convinto che ciò che la mocciosa aveva appena raccontato non fosse altro che un insieme di paturnie miste a paure/ insicurezze di “adolescente-complessata”. Inutile dire che, quando la udì pronunciare la frase successiva, ci rimase parecchio male.
‹‹Infatti… peccato che io non riesca a tollerare la sofferenza delle persone››

‹‹Ma è un contro senso!›› le fece notare lui, disorientato dall’assurda piega che stava prendendo la situazione. Seriamente erano passati dal “Oh mio Dio, Mr. Mercer, vi prego, non spaventate quei poveri gattini” al “Il racconto del vostro linciaggio mi sembra interessante, che ne dite di discuterne davanti ad una bella tazza di tè?”?
‹‹In realtà no: sto semplicemente dicendo che da un punto di vista idealistico mi piacerebbe sapere cosa si prova a compiere delle certe azioni, ma nella pratica so che sarebbe sbagliato sotto ogni punto di vista e completamente contrario alla morale. Per di più ho scoperto di non riuscire a sopportare la sofferenza degli altri… E ANCHE LA MIA, LA MIA SOPRATTUTTO!›› l’urlo finale era dovuto al fatto che il suo interlocutore, udendo la seconda parte del discorso, aveva pensato che colpirla in quel momento sarebbe stato molto divertente. Ma perché si divertiva a rigirare sempre le sue parole come voleva?
Ad ogni modo, ora che aveva “vuotato il sacco”, non le restava che attendere il verdetto del suo ascoltatore. Si augurava fortemente che non fosse troppo severo nei suoi confronti… del resto, essere redarguita da un pericoloso assassino su un argomento del genere significava che non aveva speranze.
‹‹Quindi nella mera ipotesi che io decida, per un qualche motivo, di raccontarti per filo e per segno i particolari di una vecchia missione, tu mi ascolteresti senza giudicare?›› perché questa volta sembrava così serio?
‹‹Certo, ci mancherebbe. Chi sono io per giudicare. Anche se, ovviamente, rimarrebbe sottointeso il fatto che certi tipi di azione siano assolutamente contrari alla mia morale›› la decisione della ragazza di rispondere in maniera sincera fu, probabilmente, la più indicata in quel momento, dato che anche l’uomo pareva indeciso sul se esternare a sua volta alcuni pensieri, oppure lasciar cadere l’argomento. Non era che… ‹‹Pensavo che voi e Lord Beckett parlaste di tutto››

‹‹Tra di noi non ci sono segreti: io ripongo una totale fiducia nei suoi confronti e lui fa lo stesso nei miei riguardi›› affermò lui, senza la minima esitazione. L’ammirazione che provava per il suo superiore era decisamente evidente. La loro era una relazione strana, ma in un certo senso Mary sentiva di invidiare un po’ questo loro rapporto. Si lamentava spesso di quanto fosse triste il fatto che lei non avrebbe avuto la minima esitazione a gettarsi nel fuoco per qualunque dei suoi amici, mentre nessuno avrebbe fatto lo stesso per lei. Ma la verità era che nemmeno lei era stata sincera e si era fidata di loro fino in fondo o, in caso contrario, gli avrebbe già rivelato la sua vera identità, senza paura che questi si fingessero suoi amici solo in vista del suo status sociale. Se avesse avuto la possibilità di rincontrare le sue amiche, avrebbe “calato la maschera”, era una promessa.
‹‹Ma temete che provi ribrezzo qualora aggiungiate più particolari del necessario›› completò lei per lui, curandosi di utilizzare lo stesso termine utilizzato dall’uomo in precedenza, in modo da creare almeno una parvenza di empatia.
‹‹Non disturberei mai Lord Beckett con tali stupidaggini. E’ già abbastanza impegnato con i suoi ambiziosi progetti per curarsi di tali dettagli›› l’uomo tentava di apparire indifferente, ma orami il fatto che stesse fingendo era chiaro ad entrambi.
‹‹E non volete appesantire la sua già gravosa coscienza, dato che lui è pur sempre un uomo di cultura e non…›› intuì Maria Vittoria.
‹‹un assassino›› completarono insieme.

‹‹Ma bene: ora mi faccio anche analizzare da una mocciosa. Come sono caduto in basso›› commentò lui, sarcastico, ma Mary non pareva avere nessuna intenzione di lasciar perdere. Non la prima volta in cui aveva la possibilità di instaurare una discussione seria con lui e diminuire le reciproche incomprensioni.
‹‹Qui nessuno analizza nessuno. Si parla e basta›› affermò lei, seria ‹‹E comunque sono abbastanza certa che un antichista appassionato come lui si faccia molti meno problemi al riguardo di quello che pesiate voi››
‹‹Dubito che i suoi manoscritti possano contenere qualcosa di anche solo vagamente paragonabile a ciò a cui assisto in una sola delle mie missioni›› le fece notare lui, scettico.
‹‹Non sottovalutate il gusto per l’orrido e i particolari osceni2 delle opere classiche… potrebbero rovinarvi l’infanzia›› nel pronunciare l’ultima parte di frase assunse l’espressione e il tono di voce di chi aveva visto cose che ai mortali non dovrebbe essere permesso di conoscere.
‹‹Ne dubito fortemente, Miss…›› iniziò a dire lui, per poi interrompersi bruscamente dopo aver letto appena due righe di un carme di Catullo tradotto in Inglese che Mary aveva appena cercato su Internet.
‹‹Se siete rimasto scioccato da questo, vi sconsiglio caldamente di leggere Lucio e l’asino di Pseudo-Luciano e il Satyricon di Petronio… tra zoofilia, pedofilia, violenze di ogni tipo e su ogni genere di essere respirante, orge, atti osceni in luogo pubblico e chi più ne ha più ne metta, sono seriamente in grado di rovinare l’infanzia di chiunque›› continuò lei, con l’aria di chi la sapeva lunga.
‹‹Lord Beckett si lamenta spesso del fatto che i copisti medievali non abbiano voluto continuare a ricopiare i manoscritti pagani, ma ora inizio ad intuirne il motivo… Sto iniziando a rivalutare i cristiani bigotti›› il tono completamente serio dell’uomo costrinse Mary a fare sforzi da ernia per evitare di scoppiare a ridere. Non poteva permettersi di rovinare il momento.

‹‹Oh, ma tu guarda: si è fatto tardi! E casa dista quasi quattro ore di macchina da qui…›› si rese, finalmente, conto lei, dopo aver dato un’occhiata veloce all’orario sul telefonino. Perché non si decideva ad indossare un orologio come tutte le persone normali? L’incontro con Orione doveva essersi prolungato ben più del previsto e la sua crisi di panico non aveva fatto altro che ritardare ulteriormente la loro partenza.
‹‹Te ne sei accorta ora?›› borbottò lui che, per quanto abile ad adattarsi perfino nelle condizioni più avverse, non aveva ancora imparato a rimanere per più di tre ore senza mangiare. Notando l’ennesima espressione imbarazzata della stordita con cui aveva a che fare, si decise a proporre, sospirando: ‹‹Per stanotte ci conviene fermarci qui. Se ti lasciassi guidare a quest’ora, molto probabilmente finiresti fuori strada›› Ma quanta fiducia nelle sue capacità tutta in una volta!
‹‹Niente da fare›› si oppose immediatamente lei ‹‹Vi avevo detto che saremmo tornati a casa non appena terminato l’incarico ed è esattamente quello che faremo›› Se c’era una cosa che Maria Vittoria odiava era infrangere le promesse. Pur sforzandosi non riusciva proprio a comprendere la gente che giurava di fare o non fare una determinata cosa, ma poi veniva meno ai patti. Ma che promettevano a fare, se tanto già avevano intenzione di non rispettare gli accordi? E, oltretutto, era consapevole dello sforzo che l’uomo aveva compiuto per accompagnarla in quello strano viaggio. Per quanto Mr. Mercer dissimulasse la cosa, era evidente la sua avversione per questo mondo ignoto così simile, eppure così diverso dal suo. Un mondo in cui la forza bruta non poteva risolvere tutti i suoi problemi e, al contrario, incrementava la possibilità di passare dei guai con le forze dell’ordine.
‹‹E chi mi assicura che da qui alle quattro del mattino non ti venga un colpo di sonno e ti sfugga di mano il volante?›› domandò lui, sempre più scettico.
‹‹Avrò bisogno del vostro aiuto, ovviamente›› annunciò lei, mentre apriva la portiera e prendeva posto sul sedile del guidatore.
‹‹Nel caso in cui te ne sia dimenticata, io non posso guidare›› quel “non posso” era l’ennesimo riflesso dell’orgoglio maschile che, anche in questo caso, pur di non dire “non sono capace di” avrebbe trovato qualunque scusa possibile (e impossibile).

‹‹Non vi sto chiedendo di sostituirmi alla guida›› “per carità” avrebbe volentieri aggiunto ‹‹Ma, se mi conoscete bene, sapete che l’unico strumento per impedirmi di prendere sonno sono gli aneddoti… e visto che voi, casualmente, stasera mi sembrate in mood ho-voglia-di-raccontare-la-storia-della-mia-vita-e-tu-ascolterai-ogni-singolo-dettaglio-senza-fiatare, ho pensato che potremmo coniugare le due cose, che ve ne pare?››
‹‹E cosa ti dà l’impressione che mi piaccia raccontare le atrocità che ho commesso come se fossero delle storielle della buona notte, di grazia?›› l’espressione cupa e il tono astioso con cui pronunciò quella frase, le fece intuire che, forse, l’aveva mal giudicato.
‹‹Beh, quando Lord Beckett… e la mia stessa madre (la cosa non le andava ancora giù) vi hanno ordinato di usare la forza con me, non mi sembravate così scontento…›› gli fece notare lei, seppur timorosa di una sua possibile reazione violenta.
L’uomo, stranamente, non parve aversene a male e, anzi, le rispose quasi ridacchiando: ‹‹Ma tu sei un caso speciale. Fra di noi c’è un certo feeling: l’ho capito la prima volta che… come si dice qui da voi?››
‹‹Che mi avete vista?›› completò lei, seppur ancora non riuscisse a capire dove volesse andare a parare.
‹‹Dalle mie parti si dice più che ti ho pestata, ma immagino che il senso sia all’incirca lo stesso››

‹‹Rassicurante›› commentò lei, con voce completamente apatica. Ormai era avvezza al suo modo di fare e non si spaventava nemmeno più (a volte).
‹‹Come stavo dicendo, tra di noi si è instaurato un legame simile a quello che si crea tra…››
‹‹Coinquilini? Zio e nipote?›› tentò lei, prima che l’uomo dicesse cose che era certa di non voler sentire in una radura isolata nel bel mezzo di un bosco che non conosceva e nel cuore della notte, per giunta.
‹‹Uhm, no, direi più un qualcosa del tipo carceriere e vittima prediletta›› ecco, appunto.
‹‹Mooolto rassicurante›› disse lei, questa volta con voce ben più accorata.
Mr. Mercer, tuttavia, parve ignorare completamente i segnali che la ragazza gli stava inviando con gli occhi, perché continuò il suo discorso, come se niente fosse: ‹‹Non è una cosa che si prova con tutte (le vittime). E’… come spiegare? Un sentimento di profonda affezione, che tal volta sfocia nella gelosia e desiderio di possesso…››
‹‹Tipo quando vi siete infuriato perché pensavate che preferissi essere picchiata da Marco-sensei?››
‹‹Io non sono affatto geloso di quel mezzo uomo che si diverte a fare lo sbruffone con chi è più debole di lui!›› negò subito lui. Ianiro, mai sentito il detto “Excusatio non petita accusatio manifesta”? Il fuoco vivo che bruciava nei suoi occhi era la prova evidente di quanto, in realtà, non fosse ancora riuscito ad accettare che il classico “italiano medio” potesse competere con lui nel combattimento corpo a corpo. E pensare che Maria Vittoria aveva perso quasi tre ore per spiegargli che nella sua epoca lo studio e la pratica delle arti marziali si erano diffuse in quasi tutto il mondo e che era normale che un esperto potesse avere una chance contro di lui (che, con tutta la stima del mondo, si era pur sempre addestrato nel Settecento, quando le tecniche combattive lasciavano abbastanza a desiderare). Mary, provando pena per il suo sconvolgimento emotivo (e incapacità di accettazione della dura realtà), aveva persino provato a convincerlo ad iscriversi anche lui ad un corso avanzato di autodifesa. Non l’avesse mai fatto: questo a momenti la mandava all’altro mondo solo per dimostrare la sua superiorità nei confronti del neonominato rivale. Quando mai Marco-sensei gli aveva dato una spinta quella sera!
‹‹Senti chi parla…›› mormorò lei, orami abituata al suo modo di fare e pensare poco obiettivo e democratico. Perché lui non si divertiva a fare lo stesso con lei, le cameriere, i bambini, i vecchietti un po’ “suonati”… No, no.

‹‹Hai forse detto qualcosa?›› percependo la (poco) velata minaccia nella voce, decise di utilizzare il suo asso nella manica: ‹‹Ho detto ora si mangia. Vi ho messo la cena nella borsa-frigo rossa e bianca che trovate sul sedile di destra, ma visto l’orario, capirò se non vi sentite di mang…›› Mary non fece nemmeno in tempo a finire la frase che lui aveva già aperto il borsone, contemplandone il contenuto con la stessa intensità con cui Cutler Beckett ammirava i manoscritti antichi appena trovati.
Approfittando dei pochi attimi di tranquillità, Maria Vittoria si decise a riportare il discorso sul piano della serietà: ‹‹Volete forse farmi credere che non vi piace provocare dolore alle altre persone?››
‹‹Non fraintendere›› borbottò lui, tra un boccone e l’altro ‹‹Se incutere timore nelle persone non mi piacesse, non farei questo lavoro›› Chiarì, quasi temesse di perdere la sua aura inquietante. ‹‹Ma non mi paragonare a quello squilibrato che abbiamo appena incontrato. Solo un pazzo potrebbe trarre piacere dal seviziare in tale modo una persona››
‹‹Quindi, vediamo se ho capito bene: non avete nessun problema a spaventare e uccidere, mentre per quanto riguarda la tortura siete della scuola poca ma buona. E non vi piace infierire sulle vostre vittime›› ricapitolò lei, seppur poco convinta.
Come se le avesse letto nel pensiero, le domandò: ‹‹Non sei convinta?›› più che una domanda era una constatazione.
Mary, in tutta risposta, si limitò a guardarlo attraverso lo specchietto retrovisore ed a sollevare entrambe le sopracciglia, come per dire: “Ma davvero?”, al che lui si sentì in dovere di specificare: ‹‹E’ per i primi giorni a Port Royal, vero?››

‹‹Un mese è un po’ pochino per dimenticare un’esperienza del genere, non trovate?›› fece lei, ironica, per poi prendere coraggio e centrare il punto della discussione: ‹‹E non mi venite a dire che tutto ciò che avete fatto era strettamente necessario e attenente agli ordini, perché non credo che Lord Beckett vi abbia chiesto di trascinarmi per i capelli per tutti i corridoi e pestarmi a sangue ancora prima di aver raggiunto la cella degli interrogatori. Davanti a tre bambini terrorizzati, per giunta›› parlò tutto d’un fiato, tanto che alla fine le venne pure il fiatone.
Mr. Mercer, ascoltò lo sfogo senza minimamente scomporsi e, solo poi ricominciò a parlare: ‹‹Ti senti meglio?››
‹‹Molto, grazie›› annunciò lei, non dando alcun segno di essersi accorta della nota di ironia malamente celata nella voce dell’uomo ‹‹Non avete idea di da quanto tempo desiderassi dirlo… Mi sento molto più leggera!››
‹‹Sono felice per te… anzi, non me ne può fregar di meno. Pensa a concentrarti su quello che stai facendo, piuttosto: stai per tirare sotto una comitiva di suore›› le fece notare lui. Non che la cosa gli avrebbe impedito di dormire di notte, figuriamoci. Il suo timore era che, conoscendo la mocciosa in questione, non se lo sarebbe mai perdonato e, al fine di fare penitenza ed espiare le sue colpe era capacissima di costringerlo a seguirla in un lungo ed interminabile pellegrinaggio in tutte le mete storiche del cristianesimo. Come avrebbe fatto a cucinare in quelle condizioni, se aveva addirittura problemi ad accendere un fuoco? (Cioè, questa è la cosa che ti preoccupa di più? Nd: Mary. Ovviamente. E ora ho voglia di torta alle mele: muoviti a prepararmene una. Nd: Mercer. Ma non hai ancora finito di mangiare! E poi come faccio a cucinarti una torta in macchina? Nd: Mary. Questa è la conferma dei miei dubbi. Nd: Mr. Mercer)
‹‹Uhssignur!›› esclamò lei, in preda al panico. Per non si sa quale miracolo, riuscì ad evitarle, ma in compenso centrò in pieno un pino, sull’altro lato della strada. Ma perché tutte a lei? Suore: dovevano essere suore vestite di nero. Non poteva mica incontrare delle suore vestite di bianco, grigio o celeste, no! Figuriamoci se poteva avere un minimo di fortuna. E tra parentesi, se sai di essere anziana, ergo non hai più i riflessi di una volta, vestita di nero, di notte, in una via senza nemmeno un lampione, ad un orario infame… Perché cavolo cammini in mezzo alla strada? Va bene confidare nella protezione del loro amatissimo sposo, ma da lì a tentare il suicidio ne passa di acqua sotto i ponti.
*****
Anno 2019, 01 febbraio, h 04,30
Genova, Italy (casa di Mary)
 

‹‹E’ stato un miracolo!››
‹‹Affatto››
‹‹Sì, invece!››
‹‹Mocciosa! Quante volte ti devo ripetere che i miracoli non esistono?››
‹‹E secondo voi è un caso se l’auto è magicamente ripartita dopo la preghiera delle suore alla madonna di Lourdes?››
‹‹Magicamente? Ma se hai smanettato sul motore per quasi un’ora!››
‹‹E io vi sembro in grado di riparare un’auto o portare a compimento una qualsiasi altra attività utile senza fare pasticci?››
‹‹No››
‹‹E allora converrete con me che non può che trattarsi di un intervento divi…›› la ragazza si interruppe bruscamente, quasi avesse avvertito il gelo (metafisicamente parlando) che proveniva dall’interno della casa.

Il suo accompagnatore, tuttavia, non parve avvertire lo stesso turbamento, poiché aprì incautamente la porta d’ingresso. Entrò nell’edificio a passo sicuro, trascinandosi dietro una sempre più recalcitrante Maria Vittoria, che doveva aver iniziato ad intuire che qualcosa non andava. Sarà stato il senso di colpa per non avvertito i Settecenteschi della “gita” imprevista, sarà stata l’auto di pattuglia parcheggiata poco distante dalla sua abitazione (e in quella irta stradina non c’erano molte abitazioni), sarà stata la bandiera della Compagnia delle Indie Orientali che sventolava dal suo balcone… Hey, ma dov’era finito il suo tricolore? Chi aveva osato occultare la bandiera doveva pagare con il sangue il prezzo del suo tradimen… Ma avevano lasciato lo striscione con la sigla S.P.Q.R? Allora, non dovevano essere dei teppisti pericolosi: li aveva evidentemente giudicati male.
I suoi pensieri furono interrotti dal rumore di un libro che veniva chiuso con un rumore secco, seguito dallo stridere di alcune sedie e da mormorii concitati. I due non ebbero nemmeno il tempo di connettere quei due neuroni che si ritrovavano in testa, che si ritrovarono faccia a faccia con la fonte di tale scombussolamento.
‹‹Bentornati. Vi stavamo aspettando›› seduto a capotavola (Ma se il tavolo è tondo? Nd: Mercer. E io come la descrivo la sua posizione ai nostri lettori? Già sono due povere anime pie: evitiamo di far scappare anche loro. Nd: me), Cutler Beckett in persona, che li scrutava con la stessa ed identica espressione di un genitore che ha atteso per tutta la notte il rientro dei figli adolescenti che sono andati di nascosto in discoteca. Gli occhi gonfi e arrossati, il volto solcato da profonde occhiaie (Io ho sempre le occhiaie. Nd: Cutler), i corti capelli castani arruffati (Ma come fai a dirlo se sopra ho la parrucca? Nd: Cutler. Dopo più di 36 ore con un parrucchino, anche Donald Trump avrebbe i capelli veri disastrati. Nd: Mary). Aveva tutta l’aria di uno che li aveva aspettati alzato tutta la notte.

E gli altri presenti non parevano aver trascorso una notte migliore: alla sua destra Gillette era praticamente accasciato contro la spalla di Theodore. Quest’ultimo, pur faticando anch’egli a mantenere gli occhi aperti, tentava ancora di darsi un certo ritegno (sebbene i suoi gomiti stessero pian piano scivolando in avanti sul tavolo). Alla sua sinistra, tre ufficiali di marina che Maria Vittoria aveva visto solo in un paio di occasioni e di sfuggita (per intenderci, il trio che aveva messo a soqquadro l’ufficio di Beckett per la frenesia di recargli la notizia della fuga di Miss Swann e delle tre millennials). Questi, invece, erano visibilmente stati costretti ad attendere a questo obbligo e continuavano a sbuffare e parlottare tra loro, come se non avessero nemmeno notato il loro arrivo.
“Ecco spiegata la presenza della bandiera della Compagnia delle Indie Orientali” collegò, infine, Mary. Del resto poteva anche aspettarselo: qual era l’inglese che avrebbe mai anche solo pensato di affiancare una bandiera gigantesca ad una miniatura della bandiera inglese3? Cutler Beckett, e chi sennò? Il primo inglese cosmopolita della storia…
Nella penombra riusciva ad intravedere anche alte figure, ma, onestamente, né lei né il compare avevano nessuna intenzione di rimanere abbastanza a lungo da scoprirlo. E anche qualora fossero proprio stati colti da un desiderio infrenabile di placare la propria curiosità, il tono di voce di Beckett l’avrebbe stroncato sul nascere.

I due arretrarono lentamente verso la porta, quasi temessero che il Lord avrebbe potuto balzare al di là del tavolo come una belva feroce e dilaniare le loro carni. Nel farlo, tuttavia, Mary rovesciò un paio di secchi (Ma le giubbe rosse avevano sfruttato l’attesa per fare le pulizie, per caso? Nd: Mary) e urtò la schiena contro qualcosa di viscido che, già sapeva, avrebbe irrimediabilmente compromesso la sua già “instabile” situazione-chioma. Scocciata, fece per scollarsi dalla superficie collosa, quando si sentì afferrare per il polso destro e tirare velocemente in quella direzione. Come avrebbe capito non appena i suoi due neuroni fossero stati in grado di connettersi, se Mr. Mercer non avesse avuto dei riflessi così pronti, Davy Jones le avrebbe staccato la testa dal collo con un rapido movimento della sua spada (arrugginita, pure).
‹‹Chi accidenti ha avuto l’idea di trasportare questo maschilista, misogino, psicopatico in casa mia?›› questa fu la prima cosa che la sveglia ragazza riuscì a dire (dopo essersi prudentemente allontanata dal raggio d’azione dell’uomo-calamaro, ovviamente. A quanto pare poteva muoversi solo saltando nei secchi di acqua salata che gli uomini di Beckett avevano posizionato nella stanza, probabilmente dopo avergli creato una “stradina” che conducesse dalla spiaggia di Port Royal fino alla ex camera da letto del Governatore Swann).
‹‹Io›› biasciò la figura sdraiata sul divanetto del soggiorno, che si rivelò essere Lucia. Sotto di lei, Mr. Davis, Norrington e Francesca, che le reggeva la testa sul grembo. Fissava Mary come se volesse darle fuoco, ma l’espressione sollevata che le era sfuggita quando l’aveva vista entrare dalla porta sana e salva, mostrava quanto, in realtà, si fosse preoccupata. I due impavidi giovani, al contrario, non mostravano alcuna emozione. Atteggiamento dovuto al fatto che, per un Settecentesco4, l’idea di essere così indecentemente vicini a due giovani e belle fanciulle non poteva che paralizzare completamente il gentiluomo che era in lui.
In tutta onestà, una tale manifestazione di pudore Mary se la sarebbe aspettata da Theodore o James, ma mai da uno come Mr. Davis che passava le sue giornate a fare “cat calling” non appena vedeva passare un esemplare del gentil sesso (che non fosse Maria Vittoria: a tutto c’era un limite). Decisamente una bella sorpresa, che avrebbe potuto sfruttare a suo vantaggio nei giorni successivi.

‹‹Lu, stai bene!›› esclamò Mary, saltellando in stile Cappuccetto-rosso verso l’amica che da quasi due settimane aveva dato per dispersa nel Mare dei Caraibi, in compagnia di una ciurma di dannati. L’unica magra consolazione era averla saputa in compagnia di James Norrington, che, subito dopo essere stato promosso ad “Ammiraglio” (per aver, seppur non intenzionalmente, bistrattato Mary, com’era ormai diventato uso), era stato esiliato sull’Olandese Volante con la scusa che Davy Jones doveva essere controllato da un uomo di fiducia e che fosse già a conoscenza della questione “cuore” (ma in realtà perché, subito dopo la sua promozione, Lucia e Francesca si erano lasciate scappare che il caro ex-commodoro era diventato il sogno erotico di Marta. Fanciulla che, sempre casualmente, era diventata l’amore platonico di Lord Beckett).
Maria Vittoria non fece, però in tempo a a sincerarsi delle condizioni dell’amica, perché fu bloccata da altri due figuri fin troppo conosciuti. E sì, stiamo parlando proprio di loro: i mitici ed inseparabili agenti dai cognomi più stereotipati nella raffigurazione dell’italiano all’estero. Bianchi, in particolare, si era appostato di fronte alla finestra e da quasi cinque minuti fingeva di sbirciare attraverso la tendina, quasi volesse creare l’atmosfera tipica dei film polizieschi. Ecco spiegata la causa della penombra nella stanza. E poi, come se non fossero già stati l’incarnazione dello stereotipo fatto a persona, insomma. Rossi, dal canto suo, aveva colto l’occasione per puntare una torcia contro Maria Vittoria, facendola bloccare sul posto.
‹‹Confessa›› la incalzò subito lui, prima che potesse riprendersi dalla sorpresa.
‹‹E’ davvero convinto che una torcia sia sufficiente perché un criminale confessi tutti i suoi crimini?›› gli fece notare Francesca, scettica. Le avevano riferito che i due agenti in questione fossero altamente incompetenti, ma non sospettava fino a quel punto.
‹‹Nemmeno Mary sarebbe così sprovveduta da arrendersi per così poco›› l’appoggiò Lucia che condivideva la stessa perplessità nei confronti dei metodi poco convenzionali dei due. Non fece, però, in tempo ad aggiungere altro che fu costretta ad assistere, suo mal grado, ad una scena pietosa in cui Maria Vittoria iniziava a sudare freddo ed a confessare ciò che (a suo avviso) era stata una colpa imperdonabile (addormentarsi alle tre di notte a metà rosario; non aver salutato la vicina di casa perché, imbambolita come suo solito, non l’aveva vista; aver bruciato un pancake).
‹‹Non voglio crederci…›› mormorò Francesca, a dir poco sconvolta, mentre Lucia si limitava, dignitosamente, a scuotere leggermente il capo. Era decisamente una causa persa.
‹‹Non era questo che volevo sapere›› Rossi interruppe bruscamente il suo flusso di coscienza.

Come ripresasi da un attimo di trance, la ragazza domandò, incerta: ‹‹Che cosa, allora?››, per poi aggiungere: ‹‹In effetti, è da un po’ che mi stavo domandando il motivo della vostra visita›› Del resto, per una volta era abbastanza certa di non aver fatto nulla che potesse attirare l’attenzione delle forze dell’ordine.
‹‹Ci è stata fatta una segnalazione. Lei e il suo… coinquilino? Che cosa stavate facendo il 19 gennaio intorno alle due del mattino?›› domandò Rossi, mentre da una tasca interna alla giacca estraeva dei documenti che non promettevano nulla di buono.
‹‹Ma l’avete vista bene in faccia?›› scattò Francesca, a dir poco scioccata all’idea che qualcuno potesse sospettare davvero la sua amica di un qualsiasi crimine ‹‹Vi sembra forse in grado di commettere un reato che vada oltre il rubare una caramella ad un bambino?››
‹‹Ma se non va neanche in discoteca… La cosa più trasgressiva che poteva fare a quell’ora era fare after per studia…›› tentò di appoggiarla Lucia, ma fu repentinamente interrotta dalla chiamata in causa: ‹‹Stavamo facendo la spesa›› Lo affermò con la stessa disinvoltura di un’ancella babilonese che coglie un fiore dai giardini pensili.
‹‹Alle due di notte?›› le fece notare il poliziotto, udendo quella che gli pareva la scusa più patetica mai udita in tutta la sua carriera (poi un giorno, nell’aprile 2020 avrebbe arrestato un Milanese che, per scusare la sua infrazione del Lock Down, avrebbe sostenuto di essere venuto in provincia di Genova per comprare della focaccia).
‹‹Ma certo›› confermò lei, con la stessa ingenuità e disinvoltura con cui Agrippina sfuggiva ai tentativi di omicidio del figlioletto Nerone. Cosa che fece cadere le braccia a tutti i presenti, ad eccezione di Mercer, che si limitò a dire: ‹‹Posso confermare››
Nell’udire le parole dell’uomo, i Settecenteschi iniziarono a sospettare che vi fosse un fondo di verità. Del resto, Mr. Mercer era conosciuto per l’immensa serietà: non avrebbe mai appoggiato una truffa a danno delle forze dell’ordine (seppur non si trattasse di quelle della sua epoca). E tali sospetti furono definitivamente confermati dalle successive parole della ragazza: ‹‹Se non mi credete, vi posso mostrare lo scontrino: per fortuna conservo tutte le fatture in una cartelletta. Mi piace tenere i documenti in ordine, nel caso in cui i miei genitori vogliano dei chiarimenti sulle spese che affronto durante la loro assenza››

I due agenti si presero un paio di minuti per analizzare la carta e confrontarsi, dopo di che Rossi prese nuovamente la parola: ‹‹E per quale motivo avete sentito l’urgenza di fare la spesa a quell’ora, se non sono indiscreto?››
‹‹Comprendo perfettamente il vostro scetticismo: io stessa, quando Mr. Mercer mi ha gentilmente domandato di uscire ad un orario del genere, ho pensato che volesse scherzare›› concordò lei, mentre lanciava un’occhiataccia al compagno di (dis)avventure, in modo da apparire più convincente.
Il chiamato in causa, sempre stando al gioco, si limitò a dire: ‹‹Volevo la torta di mele›› Lo disse con una tale fermezza di spirito e naturalezza che, per un attimo, i presenti si ritrovarono a pensare: “Beh, se voleva la torta di mele…”. Impiegarono quasi dieci minuti per rendersi conto di come, in realtà, tale spiegazione non fosse per niente esaustiva.
La freddezza di Mr. Mercer, tuttavia, non impedì all’agente Bianchi di commentare: ‹‹Mhh, qui c’è scritto che questo scontrino è stato battuto alle 02,19 e se la memoria non mi inganna, questo supermercato si trova a meno di venti minuti dal luogo in cui, alle 02,53, abbiamo ritrovato degli uomini stesi a terra in una pozza di sangue in un vicolo laterale››
‹‹Che inaspettata coincidenza, non è vero Ianiro?›› disse Mary con gli stessi nervi saldi di un Vichingo, in procinto di attaccare gli Angli. Da quando in qua riusciva a mentire così spudoratamente? La convivenza con Mr. Mercer stava indubbiamente dando i suoi frutti.
‹‹Una coincidenza davvero, mia piccola bloody Mary›› a quanto pare l’uomo trovava molto divertente darle il nome di uno spettro assassino del folklore britannico, ogni qual volta lei utilizzava quell’orrenda italianizzazione del suo nome.

‹‹Sette uomini con un’età compresa tra i 28 e i 47 anni? Vestiti di nero, con un ghepardo cucito dietro la giacca. Non vi dicono niente?›› proseguì ancora Bianchi.
“E chi ha fatto caso a come erano vestiti? Non sono mica Francesca!” avrebbe voluto ribattere Mary, ma aveva come la vaga impressione che fosse meglio lasciar parlare Mr. Mercer, il quale, in effetti, non esitò a dire: ‹‹Assolutamente niente››
Maria Vittoria stava per aggiungere: “E non avete prove per dimostrare il contrario”, quando da dietro la porta della cucina fece la sua comparsa la prova, con tanto di testimone oculare. ‹‹Questa è tua: grazie per l’altra sera… Non so che cos’avrei fatto se non fossi intervenuta›› a parlare, Emanuela, la “foresta” (così i liguri indicano i non autoctoni) che aveva aiutato a sfuggire ai sette individui sospetti la notte del 19 gennaio. Quando le aveva prestato la giacca, non aveva idea che gli agenti che l’avrebbero soccorsa sarebbero risaliti a lei con così tanta facilità.
‹‹M-ma come?›› balbettò lei, ancora mezza scioccata dalla surreale piega che stava prendendo la situazione. Quando la ragazza le porse la giacca, Mary la ricevette con la stessa iniziativa di un automa e riuscì a malapena ad articolare un “g-grazie”.
‹‹Come siamo risaliti a te?›› completò Bianchi ‹‹A parte il fatto che la giacca era sicuramente piena delle tue impronte digitali e, come ben sai, quando hai ritirato la nuova carta d’identità elettronica, il comune ha richiesto di rilevare la tua impronta. Ma non abbiamo nemmeno dovuto perdere tempo per analizzare l’indumento, dato che la chiamata anonima che abbiamo ricevuto quella sera proveniva proprio dal tuo cellulare››
‹‹Oh, mannaggia… dovevo immaginarlo›› sospirò lei, arrabbiata con sé stessa per la poca circospezione con cui aveva agito quella sera. Come se non si sentisse già abbastanza in colpa all’idea di aver coinvolto anche Mr. Mercer in quella brutta storia, solo per il suo ennesimo colpo di testa.

‹‹La signorina qui presente ha, poi, testimoniato di essere stata soccorsa da una giovane donna con dei capelli assurdi, un grembiule a fiori e due hem… avete capito, no?›› domandò, mentre cercava di mimare due enormi “protuberanze” nella zona petto.
A quel punto la componente maschile presente in sala si divise in due gruppi. Il primo (che chiameremo “gruppo-pudici”), capeggiato da Groves, si distinse per discrezione, pudicizia e comportamento impeccabile. Il secondo (che nomineremo, invece, “team-mancanti di tatto”), che ovviamente faceva capo a Mr. Davis, iniziò a ridacchiare sguaiatamente e a guardare nella sua direzione con così tanta insistenza da costringerla a nascondersi dietro Mr. Mercer. E potete immaginare l’immensa gioia e lo spirito caritatevole dell’uomo, all’idea di essere stato sfruttato per l’ennesima volta come paravento. Come se lui, invece, amasse essere al centro dell’attenzione!
Fortunatamente, a toglierla dall’imbarazzo, ci pensò il collega del pessimo mimo: ‹‹Quello che il mio collega intendeva dire è che non abbiamo impiegato molto a fare due più due. Abbiamo atteso i risultati delle analisi, del tracciato telefonico e delle carte burocratiche e poi siamo venuti qui per porvi qualche domanda di rito. Sì, avete capito bene: solo di rito. Per vostra fortuna la signorina Fumagalli ha testimoniato in vostro favore e, comunque, i suoi aggressori avevano una fedina penale talmente lunga che se l’avessimo stampata avremmo dovuto disboscare la foresta amazzonica››
‹‹Ergo, da buoni Genovesi, avete preferito risparmiare sull’inchiostro e la carta›› concluse Mary, con tono lugubre. Ma perché i Liguri dovevano essere così taccagni anche nei confronti delle questioni di pubblica sicurezza? Senza contare che i soldi non sarebbero stati neppure i loro, dato che per quelle cose si utilizzavano i fondi pubblici.
‹‹Non so di cosa lei stia parlando›› fece lo gnorri, per poi proseguire: ‹‹Come dicevo, siamo venuti fin qui per incontrarvi, ma abbiamo trovato solo questi individui sospetti che parevano, tra l’altro, abbastanza turbati per la vostra improvvisa sparizione››

No, non ditemi che hanno scoperto…

‹‹Non è necessario che impallidisca (ulteriormente): per vostra fortuna se indagassimo sull’identità di questi strani personaggi ci ritroveremmo contro almeno tre diverse ambascerie. Un incidente diplomatico che il nostro paese, in questo momento, non si può assolutamente permettere…›› la rassicurò lui, seppur scocciato dal fatto che dovesse esserci sempre qualche problema burocratico ad intralciare il corretto funzionamento della giustizia.

Fiuuu!

‹‹Ed infatti non è per questo che siamo rimasti qui ad aspettarvi›› aggiunse Bianchi, che stava... sogghignando? Cosa avevano in mente quei due?
‹‹Ah no?›› domandò lei, innocentemente, mentre dentro di sé l’ansia la stava lentamente uccidendo.
‹‹Visto che i vostri amici non parevano avere una grande dimestichezza con il telefono›› e con questo lanciò un’occhiata significativa in direzione del Lord, il quale, non appena udita la parola maledetta, fu immediatamente scosso da una serie di brividi. Lo shock della “prima telefonata” doveva essere ancora ben impresso nella sua mente. ‹‹Ci abbiamo pensato noi a contattare i tuoi genitori…›› l’attimo di silenzio che seguì la rivelazione le fece temere il peggio. Era da quasi due mesi che non li vedeva, ufficialmente per questioni lavorative, e non osava nemmeno immaginare che cosa sarebbe potuto accadere se fossero stati contattati dalla polizia e, tornando di fretta e furia, avessero trovato quella confusione in casa. Era ufficialmente una donna morta.
‹‹Ma non hanno risposto››

“E allora ditelo che lo fate apposta!”

‹‹Non essendo ancora trascorse nemmeno 24, per il momento, non potevamo nemmeno attivare le procedure di ricerca in caso di sequestro di persona. E, del resto, in casa non vi era alcun segno di infrazione e, per di più, la mattina presto la tua vicina vi aveva visti uscire in auto››
‹‹A quel punto, la nostra presenza non era più richiesta e non restava che lasciarvi un biglietto con la richiesta di recarvi in questura non appena foste tornati, ma…››
Ma? Oddio, e adesso cos’è successo? Mi sento morire: perché deve sempre fare queste pause strazianti?
‹‹Alla signorina Fumagalli è venuta l’idea di cercarti su Instagram per vedere se avessi postato qualcosa che ci potesse far capire dove ti trovassi in quel momento. E a quel punto, perdere cinque minuti in più o in meno non faceva, poi, tutta questa differenza›› il sorrisetto divertito era la prova tangibile del fatto che non avessero curiosato sui social solo per umana preoccupazione o spirito del dovere. Lo sapeva che sotto sotto i presenti erano solo un branco di suocere curiose come delle scimmie.
‹‹Non abbiamo trovato il tuo profilo… Ti hanno mai detto che dovresti essere più social?›› proseguì Rossi, per poi assumere un tono decisamente più serio ‹‹In compenso abbiamo trovato…›› e daie altra pausa snervante. Ma volevano proprio ucciderla?

‹‹Un profilo fake gestito da tale Chrys_becchino04, che riportava alcuni post interessanti sul tuo conto… tanto per fare qualche esempio, minacce di morte, sondaggi su quale fosse la bara più adatta al tuo incarnato, directs in cui studiava piani per occultare il tuo cadavere insieme ai suoi seguaci, … Ma la cosa che ci ha lasciati più perplessi è il numero spropositato di followers che seguono la pagina›› non appena l’uomo ebbe pronunciato quelle parole, Mary iniziò ad avvertire l’inquietante sensazione di essere osservata. Commise l’errore di voltarsi per capire di chi si trattasse e l’ansia crebbe a dismisura. Perché aveva come il vago sospetto che Mr. Mercer avesse intenzione di aumentare i suoi simpatizzanti, creando una pagina del tipo: “in quanti modi posso pestare Maria Vittoria?”?
Contro ogni aspettativa, questa volta la ragazza non parve particolarmente preoccupata dalla rivelazione. Si limitò a commentare, in maniera pacata: ‹‹In effetti, ultimamente mi sembrava un po’ troppo tranquilla››
‹‹Vuoi dire che sai chi è?›› volle indagare, subito, Francesca. L’idea che la sua amica fosse vittima di cyber bullismo da parte di una psicopatica amante dell’occulto non l’aggradava per niente.
‹‹Difficilmente mi dimentico di chi prova a seppellirmi›› e dicendo ciò, rivolse uno sguardo in direzione del caro Ianiro, che pareva dire: “Sarai sempre nel mio cuore”. L’uomo, in risposta, levò gli occhi al cielo, quasi a volere dire: “Non desideravo altro!”.
Nessun altro parve accorgersi del reciproco scambio di sguardi, ma tutti si focalizzarono sull’estrema serietà con cui aveva pronunciato la frase. A dire il vero, l’unico scopo della fanciulla era stato quello di accrescere il pathos, ma i presenti non erano parsi cogliere l’ironia celata tra quelle parole. Resasi conto di aver, forse, leggermente esagerato, si affrettò a specificare: ‹‹Ma non ci è mica riuscita, eh!››
‹‹E questo dovrebbe rassicurarci?!›› esclamarono Fra, Lucia ed Emanuela, a metà tra lo shock e l’esasperazione.
‹‹Massì, era solo una bambina all’epoca! E’ sempre stata un po’ gelosa del fatto che trascorressi molto tempo con suo zio ed ha ed ha pensato che organizzarmi un bel funerale fosse il modo migliore per attirare la sua attenzione››

‹‹Ribadisco: e questo dovrebbe rassicurarci?!›› dire che Lucia era allucinata era un eufemismo.
‹‹Posso immaginare la reazione del poveretto…›› commentò, invece, Mr. Davis, appena ripresosi dallo stato catatonico in cui lui e il vicino erano piombati per colpa di Lucia. Inutile dire che la risposta di Mary, per poco, non ce lo fece ripiombare: ‹‹Già: dovevate vedere la sua faccia hahaha Era semplicemente estasiato all’idea che, di tutti i suoi nipoti, solo la piccola peste avesse ereditato il suo estro creativo. Si è commosso, poverino!››
‹‹M-ma dico, ti sembra normale?›› squittì Emanuela, scioccata.
‹‹E tu cosa ridi, scimmione?›› sibilò, invece, Francesca, alla volta di Mr. Mercer ‹‹Ti rendi conto che si tratta di concorso in omicidio e occultamento di cadavere?!››
‹‹No, no, ragazzi, non avete capito hahaha›› Maria Vittoria, piegata letteralmente in due dalle risate, non riusciva a trovare le forze necessarie per spiegarsi.
‹‹Cosa ride, anche questa? Ma si può sapere che cos’hanno fatto questi due cretini?›› Francesca era, ormai fuori di sé: la preoccupazione per la sparizione dell’amica si era subito tramutata in rabbia. Rabbia che ora necessitava solo di essere sfogata sulla prima persona fruibile. Inutile dire chi facesse al caso suo… ‹‹Se scopro che mentre ero preoccupata siete spariti per incontrare degli spacciatori… E mi rivolgo soprattutto a te, Maria Vittoria Innocenti: questa è la volta buona che in una bara ci finisci davvero!››

‹‹Nel nuovo modello rosa polvere?›› domandò lei tra una risata e l’altra, anche se un osservatore attento avrebbe potuto cogliere una sottile nota di speranza.
‹‹TI HO GIA’ DETTO CHE IL ROSA NON RIENTRA NELLA TUA ARMOCROMIA!›› l’urlo di Van Gogh Francesca, contro ogni aspettativa, fu subito soppiantato da un tono decisamente più pacato (e oserei dire professionale), mentre le spiegava per l’ennesima volta quali colori e tonalità rientrassero nella palette di un “inverno bright”.
‹‹Quindi non posso indossare il karategi?›› finse di domandarsi lei, tra sé e sé. Quanto adorava fare impazzire la stilista che c’era in Fra.
‹‹Quando ho elencato i colori che ti valorizzano, ho detto bianco, per caso?››
‹‹No, non mi sembra…››
‹‹E ALLORA PERCHE’ C***O LO PRENDI ANCORA IN CONSIDERAZIONE?!!!››

La ramanzina sui colori proseguì per una buona mezz’ora. A onore del vero, i più galanti tra i presenti avevano anche tentato di convincere la fanciulla posseduta dallo spirito di Coco Chanel a risparmiare la poveretta, ma nemmeno Mr. Mercer in quel momento avrebbe potuto fare qualcosa per salvarla. Una volta che Francesca si era definitivamente calmata (e non perché avesse esaurito le sue puntualissime argomentazioni, ma perché la privazione di sonno le aveva prosciugato le energie), Maria Vittoria ebbe modo di spiegare, finalmente (ed una volta per tutte) la questione “becchino e nipote haker”. Una cosa, però, era certa: di tutti i segreti che custodiva con gelosia, quello della conoscenza del signor Giovanni era decisamente l’ultimo che si sarebbe aspettata avrebbe attirato la curiosità delle sue amiche, dei Settecenteschi e, perfino di due agenti di polizia. E dire che non aveva mai fatto segreto di avere un becchino di fiducia… Bah!
Il resto della mattinata era trascorso sfogliando la famigerata pagina di Chrysantemina (“il crisantemo è il fiore che più rispecchia il nostro lavoro e le speranze che nutriamo nelle generazioni future”, “Un giorno spero di poter passare la nostra azienda ad un nipote che porterà questo splendido nome!”… Ed era nata una bambina. Il resto della storia si racconta da sé) e ridendo/ commentando i video del finto funerale di Ianiro Mercenario. Ora, i nostri amati personaggi non conoscevano certo l’Italiano, ma la barriera linguistica non gli impedì di capire che qualcosa non suonava in quel nome. Inutile dire che, nonostante le minacce dell’uomo, nei giorni a seguire il fantasioso soprannome si diffuse tra le schiere della marina britannica. Dopo una settimana non un solo uomo a Port Royal non lo additava in quel modo quando camminava per strada.

Se Maria Vittoria non fu scorticata viva e poi data in pasto alla ciurma di Jones fu solo perché Mr. Mercer era ancora reduce da una brutta strigliata da parte del suo superiore. A quanto pare Lord Beckett non aveva particolarmente gradito il modo con cui aveva trattato la fanciulla durante la loro “allegra scampagnata”. Aveva dovuto guardare per tre volte il pezzo di video in cui il suo fidato sottoposto tentava di colpirla con un badile, prima di convincersi di non stare sognando.
Certo, non era così sprovveduto da non aver notato la poca grazia (per non dire completa mancanza di galanteria) con cui l’uomo interagiva con Miss Innocenti, ma da lì a pensare che potesse minacciarla a parole o addirittura con i gesti…
Se il nostro caro Cutler avesse dedicato un po’ meno energie ai suoi malefici piani di conquista del mondo e prestato un po’ più d’attenzione a ciò che lo circondava, se ne sarebbe accorto ben prima. Del resto, ormai era l’unico in tutta Port Royal a non sapere che “la nuova studiosa al servizio di Beckett” veniva minacciata, percossa e trascinata per i capelli lungo tutti i corridoi della villa. Perfino la ciurma di Sparrow aveva sentito qualche voce al riguardo, sebbene non vi avesse dato molto peso. Nemmeno un pirata si sarebbe potuto aspettare un tale comportamento da parte di membro della marina britannica.

Maria Vittoria, che non era una santa, in un primo momento si compiacque di vederlo, infine, subire la punizione che si meritava. Non che questo potesse cancellare le angherie che aveva subito in quei giorni, intendiamoci, ma era pur sempre una piccola soddisfazione personale. Per di più, mai si sarebbe aspettata che un uomo freddo e calcolatore come Lord Beckett prendesse così facilmente le sue difese. Era il suo uomo migliore contro una ragazzina imbranata, che conosceva a malapena e che in più occasioni aveva apertamente denigrato o addirittura minacciato. Solo un paio di settimane prima le aveva detto esplicitamente che la stava brutalmente sfruttando solo perché era stupida e “facile da controllare”. Ma era davvero la stessa persona?
Poi, terminato l’attimo di goliardia, aveva iniziato a provare vergogna per il suo atteggiamento infantile ed il suo sorrisetto soddisfatto aveva, ben presto, lasciato il posto al senso di colpa. Dopo tutto Mr. Mercer era stato sì il suo spietato carceriere e il suo tormento, ma era anche colui che le aveva salvato la vita in più occasioni. E poi, strano ma vero, nonostante il timore assoluto che nutriva nei suoi confronti, era stato l’unico a cui aveva confidato i turbamenti del suo animo e alcune vicende passate che non era mai riuscita ad affrontare. Negli ultimi tempi, ogni volta che aveva avuto paura o bisogno d’aiuto, il primo pensiero era sempre andato a lui (per immensa gioia del “prescelto”, ovviamente).

Inizialmente l’aveva temuto: era innegabile, e per certi aspetti lo faceva ancora, ma pian piano avevano iniziato a capirsi e a rispettare (un po’ di più) alcune esigenze dell’altro. Certo, c’era ancora molto su cui lavorare. Maria Vittoria doveva capire che era ormai giunto il momento di crescere e comportarsi da persona matura e stava ancora lavorando sulla questione “colpi di testa” (vedi la fuga dalla finestra per andare a Karate, l’intromissione nel combattimento di Mr. Mercer con i ladri, il salvataggio avventato e disorganizzato di Emanuela). Mr. Mercer non riusciva a smettere di minacciare o pestare chiunque si mettesse sul suo cammino o su quello del suo “signore e padrone” ed aveva ancora non poche difficoltà a comprendere il significato delle parole “empatia” e “perdono”. Entrambi avevano ancora molto da lavorare, chiaramente in aspetti e modalità diverse, sulla questione “fiducia” nei confronti delle altre persone e nel riuscire ad esprimere in maniera “convenzionale” i propri sentimenti.

A farla “ritornare sul pianeta Terra”, una frase di Lord Beckett che la lasciò completamente spiazzata: ‹‹E’ evidente che non siete ancora in grado di comportarvi in maniera adeguata nelle missioni diplomatiche. Forse sarà il caso che vi allontaniate per un po’ da Port Royal››

Evvai, Evvai! Niente tizi inquietanti in giro per casa! Niente minacce di morte e botte gratuite! Niente sveglia alle 5 del mattino e, soprattutto, niente più problemi con la scuola e la giustizia!

Peccato che la frase successiva le fece perdere 20 anni di vita: ‹‹Sono sicuro che un viaggio a Singapore vi aiuterà a ritrovare il controllo mentale che avete perso. Del resto, il lavoro sul campo è quello in cui avete sempre reso meglio…››

Evvai, Evvai, Evv… No, aspettate un attimo: Mr. Mercer in missione a Singapore? Quello stesso Mercer che si era dimostrato essere una cosa come 100 volte più forte del personaggio rappresentato nella saga cinematografica? Avrebbe massacrato Barbossa (suo personaggio preferito, tra l’altro), Elisabeth, Will e la ciurma in cui, guarda caso, risiedeva l’ultima speranza di salvare Marta.

Fu, dunque, principalmente per questo che si intromise nella conversazione, tentando di convincere Cutler Beckett a riconsiderare la sua decisione. Non fece, però, nemmeno in tempo a finire una frase che fu subito tacciata dalle sue amiche di soffrire della Sindrome di Stoccolma. Emanuela, non avendo la giusta confidenza per fare una tale osservazione, rimase in silenzio, ma il suo sguardo la diceva lunga su come la pensasse al riguardo. A nulla valsero i suoi tentativi di far intuire alle sue amiche la vera fonte delle sue preoccupazioni. Eppure aveva davvero provato di tutto: commenti ambigui, riferimenti “casuali” al limite dello sgamo, gomitate, sguardi significativi, labiale, alfabeto muto, farfallese, mimo. Ci mancavano solo i segnali di fumo e poi le aveva davvero provate tutte. E la cosa divertente, in tutto questo, era che gli altri, a differenza delle sue amiche, non si erano persi nemmeno una mossa. Dal loro punto di vista, sembrava un mix tra una scimmia acrobata in preda ad un attacco di isteria e un operaio ottocentesco, ormai alienato senza alcuna via di scampo. Udendo per prima volta il farfallese, in particolare, ebbero il serio timore che il troppo studio le avesse dato (definitivamente) alla testa. Se avessero potuto conoscere i cartoni animati della Walt Disney, avrebbero potuto scambiarla per gatto Silvestro.
Ma Maria Vittoria era troppo impegnata a cercare di attirare l’attenzione delle sue amiche, per potersi accorgere degli sguardi preoccupati degli altri (indesiderati) spettatori. Non riuscì, dunque, a capacitarsi del fatto che la loro opinione sul suo status mentale fosse improvvisamente peggiorata.

La situazione si risolse solo quando Lucia, dando ancora una volta prova della sua intelligenza superiore, giunse, attraverso i suoi ragionamenti (quindi, sì, lo sforzo da ernia di Mary era andato completamente sprecato), alle stesse conclusioni di Mary. Avuta l’illuminazione, bisbigliò qualcosa nell’orecchio di Francesca e, quando anch’ella fece segno di aver capito, le due si prodigarono attuare il piano “metti-in-buona-luce-un-pericoloso-criminale-assassino-e-maschilista”.
Fu così che, sotto gli sguardi allibiti di tutti, le tre misero in scena un mix tra la narrazione di un poema epico da parte del rapsodo (Maria Vittoria, of course) e una tragedia classica, corredata di coro (Lucia e Francesca, che, alla greca, si cimentarono nel canto, nel ballo e nella recitazione). Tutto questo in un tentativo (disperato) di far passare Mr. Mercer per l’“eroe dei due mondi” (letteralmente parlando). Maria Vittoria raccontò le res gestae di Ianiro Mercenario la sera in cui aveva combattuto fieramente contro i ladri che si erano introdotti nella sua abitazione. Tralasciò alcuni particolari (il fatto che anche lei avesse partecipato ai combattimenti XD) e ne aggiunse di nuovi (improvvisamente i ladri da una decina erano passati a 23, ed erano anche armati fino ai denti con gli ultimi ritrovati in campo di industria della guerra). Presentò se stessa come la povera e completamente passiva vittima della situazione (come meglio si confaceva ad una fanciulla nel ‘700), preda di svenimenti compulsivi e corredata di fazzoletto bianco, che sventolava con fare drammatico ogni qual volta vedeva un individuo sospetto.

I due agenti, che avevano sovrainteso alle indagini e avevano analizzato i filmati del sistema di video sorveglianza interno alla villetta, non riuscivano più a smettere di ridere.
‹‹Fragile fanciulla? Ma dove?!›› esclamò infatti Bianchi, a metà racconto, subito seguito dal collega: ‹‹Ma se ne ha stesi due con la pade… Hem, con la potenza delle sue lacrime innocenti, ovviamente›› Il cambio di atteggiamento era essenzialmente dovuto al fatto che Maria Vittoria, posizionatasi dove solo i due pettegoli agenti la potevano vedere, aveva sollevato un cartello, che recava la scritta: “SE MI REGGETE IL GIOCO, CUCINO TUTTO QUELLO CHE VOLETE PER DUE SETTIMANE”.
E, infatti, anche Bianchi si affrettò a correggere il tiro: ‹‹E io ci tenevo a specificare che non è indifesa, di più. L’incarnazione della dama della poesia provenzale fatta a persona!››
Raccontò, poi, del suo eroico salvataggio, avvenuto la notte del 19 gennaio. Questa volta non ebbe nemmeno bisogno di mentire o ingigantire i particolari, dato che l’uomo si era comportato davvero in maniera impeccabile. La cosa giovò, per altro, anche ai nostri due baldi agenti, che ne approfittarono per prendere appunti, che poi sarebbero confluiti nel verbale, a chiusura del caso Emma Fumagalli.

Su idea di Francesca, in più, decise di descrivere il comportamento di Mr. Mercer come quello del classico tsundere o, comunque, uomo misterioso dal fascino nascosto che finge di comportarsi in maniera rude con le persone o di non avere a cuore l’incolumità delle stesse, per poi comparire all’ultimo e salvare la situazione. E quest’immagine fu quella che, in effetti, colpì maggiormente i loro improvvisati spettatori. Perfino Davy Jones parve ritenerla una spiegazione ragionevole per comprendere il comportamento dell’unico essere umano su tutto il globo di cui non era mai riuscito a decifrare l’animo. Cosa che avrebbe dovuto fatto riflettere tutti quanti, ma che invece passò in secondo piano rispetto al “poema romanzato” delle tre folli giovani. Vedremo, poi, con che conseguenze
 

Note:
1- Modifica della celebre citazione evangelica “Padre, perdona loro perché (letteralmente quel “perché” sarebbe un “infatti”) non sanno quello che fanno”, resa in latino “Pater, dimitte illis non enim sciunt quid faciunt”. La frase di Maria Vittoria, invece, significa letteralmente “Senatori, perdonatelo, infatti, non sa quello che dice” ed è basata sul gioco di parole che c’è in latino tra la parola “padri” e “senatori”, che sono molto simili (à “patres” e “patres conscripti”).
2- Termine con cui la mia professoressa di Greco delle superiori si riferiva a “atti osceni in luogo pubblico”… Cosa che i miei compagni ed io abbiamo scoperto l’ultimo anno. In pratica ci siamo resi conto di non aver capito buona parte della letteratura greca per colpa di questo ed altri fraintendimenti (tipo “fornaia”, “attrice” e “cortigiana” per “prostituta”).
3- Chiaramente non si tratta della versione attualmente vigente della bandiera inglese (Inunion Jack). A chi fosse curioso, consiglio vivamente di andare a cercare le versioni precedenti, perché aiutano davvero a capire come stesse mutando la concezione “nazionalistica” (per quanto si possa definire la questione britannica) anche nell’opinione pubblica.
4- Nel caso in cui vi steste chiedendo per quale motivo io mi ostini a riferirmi ai personaggi di potc, chiamandoli “i Settecenteschi” (che suona così male), si tratta di un riferimento ad un esame di diritto medievale e moderno in cui la professoressa (che ho adorato) continuava a parlare di questi “codificatori settecenteschi”. Ne parlava così tanto e in maniera tale che ho iniziato a pensare a loro quasi fossero un’entità sovrannaturale. E il tutto è culminato con un incubo in cui mia sorella correva a chiamarmi, gridando: “Sono qui!” “Qui chi?” “I codificatori settecenteschi!” “Aiuto, e cosa vogliono da noi?” … Niente, scusate lo sclero.
 
  
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