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Autore: pin    22/01/2021    4 recensioni
Lui: un principe, erede al trono del pianeta Gogeta; un pianeta abitato da maghi, streghe, druidi, draghi e qualsiasi altra cosa che abbia a che fare con la magia.
Lei: una povera ragazza gitana, di origini ispaniche; orfana di entrambi i genitori, con una grande passione per il canto.
Lei è terrestre, lui è un mago.
Un giorno, si incontrano per caso in un pub sulla terra, lei si esibisce lì la sera; per dare sfogo alla sua passione, e per guadagnare qualche soldo.
Niente è quel che sembra. Antichi segreti verranno alla luce
Tra di loro nascerà una grande passione, ma durerà nonostante le difficoltà e la grande differenza sociale? Posso assicurare che ci saranno dei personaggi inaspettati, e segreti nascosti saranno svelati.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mondred:


Maledetta sfida, inetto di un fratello, su quel trono un giorno dovrei sedere io.
Impreco lanciando i pugni al muro una volta giunto nelle mie stanze.
Le parole di mio padre, severe ed autoritarie mi rimbombano nella testa: "É colpa tua! Ti sei lasciato battere da un moccioso il giorno della cosiddetta sfida."

Doveva proprio ricordarmelo?

Sono furioso! Odio Mikail, anzi no, lì detesto entrambi!
Ma non è stato sempre così...


Un tempo volevo bene a Mikail, ricordo che quando era piccolo e correndo si sbucciava le ginocchia, io ero sempre lì a medicarle.
Poi, dal giorno della cosiddetta sfida tutto è cambiato.

Ricordo quel giorno come se fosse ieri:

ero impegnato a giocare con Mikail, che all'epoca era un ragazzino vivace e combina guai, che si avvicinava alla pubertà; gli stavo mostrando un semplice incantesimo.
All'improvviso nostro padre, ci fece chiamare nella sala del trono, al suo cospetto, per parlarci.

Percorremmo i lunghi corridoi, spalancammo il grande portone ed entrammo nella sala, dove c'era mio padre seduto sul suo trono sfarzoso, e tutta la corte riunita in torno a lui.
Ci inginocchiammo di fronte a lui in segno di rispetto.
Io ero abituato a questo genere di cose, essendo già un suo cavaliere d'elite, invece Mikail non faceva altro che guardarsi attorno tutto spaesato.

"figli miei!" disse invitandoci con un gesto a rimetterci in piedi, "è giunto il tempo di designare il mio erede!"

Lo guardai negli occhi, il mio sguardo era sconvolto. Perché credevo di essere l'unico, il solo e l'indiscusso erede al trono.

"C'è una legge, o meglio una tradizione: il mio successore sarà chi tra i miei figli maschi riuscirà per primo a raggiungere la fonte di lazzaro, che si trova al centro della foresta oscura, a prenderne l'acqua e a portarmela.
Non ci sono regole, potete aiutarvi anche con l'uso della magia."

Avevo sentito parlare di quel luogo, sapevo cos'era la foresta oscura, una terra maledetta e tenebrosa.
Un luogo popolato da creature magiche e malvagie, posto in cui le ossessioni, i brutti ricordi, le ansie e i segreti più intimi possono materializzarsi ed uccidere.
Una prova per dimostrare al popolo e a mio padre che il vincitore sarebbe capace di governare.

"Mikail è ancora un bambino, non ce la farà mai!" mi sentii di dire.
"Un punto in più a tuo favore Mondred!" mi disse prima di concederci.
"Mikail ritirati finché sei in tempo, è troppo pericoloso!" gli dissi una volta giunto in cortile, con preoccupazione.
"Voglio partecipare, così nostro padre si accorgerà finalmente di me, e chissà, gli dimostrerò anche il mio valore". sorrisi, e come dargli torto, io ci avevo messo quasi cent'anni per entrare nelle grazie di nostro padre.

"Sia ben chiaro, nel campo di battaglia saremo nemici, non potrò aiutarti!"

In posizione!

Pronti, partenza, via!

Con uno schiocco di dita arrivammo alla foresta oscura, essa era avvolta da una fitta nube grigia velenosa che ci impregnò i polmoni, facendoci smorzare il respiro.

Con il mantello mi coprii la bocca, deciso a continuare il mio cammino e a non arrendermi al primo ostacolo.
Istintivamente mi girai nella direzione di mio fratello, e lo vidi piegato a terra intendo a tossire.
Mi avvicinai a lui, perché non potevo lasciarlo da solo in quelle condizioni.

"Mikail, arrenditi e ritorna a palazzo." gli sussurrai.
"No!" fu la risposta secca, detta tra i vari spasmi di tosse. Era proprio testardo.

La nebbia velenosa si fece più fitta. Lo sollevai, e lo portai al riparo.

Alzai gli occhi al cielo e un braccio. Sparisci nebbia recitai nella lingua dell'antica religione: "aibben icsiraps" e subito essa scomparve e l'aria ritornò pulita e respirabile.

Corsi da Mikail e decisi di portarlo con me, a patto che lui non intralciasse il mio destino: ovvero, ereditare il trono di nostro padre.

Poco dopo, Mikail si riprese, ed insieme continuammo il nostro cammino.
Il mio sesto senso era in allerta, avevo come la sensazione che qualcosa ci stesse osservando, nascosto nell'ombra.
All'improvviso, fecero la loro comparsa le scimmie ibrido, le cui zanne da tigri, affilate come coltelli, straziavano la carne con un morso.

Corremmo a perdifiato tra i vari arbusti, diretti al lago inseguiti da quei mostri, fin quando sfoderai la spada deciso a combattere.
Tenni Mikail dietro di me al sicuro. Ne uccisi un paio, ma spuntavano come funghi, ne erano a centinaia.

Una bestiaccia saltò da dietro e mi morse la spalla; sentii i suoi denti infilzare la mia carne. Con la mano del braccio libero, la pugnalai e la scrollai di dosso.

Ero ferito e sanguinante, Mikail mi si avvicinò a chiedere come stessi.
Eravamo circondati, le scimmie erano in cerchio intorno a noi, pronte a saltarci addosso.

Raccolsi tutta la mia energia spirituale e formai un vortice di vento, simile ad un uragano che spazzò via quelle creature ibride.
Dopo lo sforzo fui esausto ed affaticato, sentivo le ginocchia tremare.

Gocce fitte di sangue come pioggia caddero dal cielo, erano le mie paure e angoscie che prendevano forma.
Finita la pioggia tinta di rosso, sentimmo un ronzio sempre più forte.

Insetti velenosi, simili ad api giganti volavano nella nostra direzione, venendoci incontro e sovrastandoci.
Scappammo veloci e corremmo a perdifiato tra la fitta vegetazione, diretti al lago per trovare un po' di fresco ristoro.
Riuscimmo a seminarli buttandoci nell'acqua e bagnandoci da capo a piedi...

Sentii un urlo, mi girai nella direzione di mio fratello minore, e mi accorsi che era scosso da varie convulsioni.
Si contorse fino a perdere i sensi, prontamente lo afferrai per evitare che annegasse.
Era stato punto dal pungiglione di quelle api.
Pregai la dama del lago di salvarlo, o di dare a me la forza.
Portai alla riva opposta il suo corpo inerme, lo adagiai sul terreno.

Raccolsi della legna ed accesi un fuoco per riscaldarci.
Raccolsi anche delle erbe che potevano essere curative, gli appoggiai una mano sul suo petto, pronto a recitare un incantesimo di guarigione.

In un istante i miei occhi divennero più intensi e cambiarono colore, sentii una forza attraversare la mia mano, e una luce gialla entrare nelle sue membra.

Vidi le sue labbra pallide ridiventare rosse, la sua pelle bianca riprendere colore. La vita era ritornata in lui.
Ma questo incantesimo mi costò uno sforzo immenso, sfinito caddi di fianco a lui.

Non so dopo quando tempo, ma mi rialzai, non potevo mostrarmi debole agli occhi di mio padre e del popolo.
Avevo ancora una missione da completare e una corona da indossare, ormai mancava così poco alla mia meta: la fonte di Lazzaro.

Mio fratello aprì gli occhi pochi istanti dopo, confuso si guardò intorno, toccò vari punti del suo corpo per costatare la loro integrità.

Nel frattempo erano calate le tenebre, il buio aveva preso il sopravvento.
Decidemmo di accamparci in quella radura, seduti intorno al fuoco, fino al sorgere della nuova luce.
Ma si sapeva, le tenebre nascondevano ancora più mostruosità.
Sentimmo dei versi disumani, per istinto afferrai la spada.

"Che cosa è stato?" Chiese Mikail tremante.
"Non lo so, ma dobbiamo stare allerta." Gli risposi.
Punti rossi si intravedevano nel buio, un fruscio di foglie si udii, ringhii feroci sempre più vicini.

Eravamo circondati.
Creature mostruose, sbucarono dal nulla, avanzavano ringhiando pronte all'assalto.
Erano degli ibridi lupo, con artigli da falco, zanne da lupo, due teste e tre occhi come i cerberi.
Avanzavano minacciosi verso di noi, presi un pezzo di legno dal fuoco, su cui ardeva una fiamma; lo sventolai cercando di fare retrocedere i nemici.

Essi non si mossero che di pochi passi, ringhiando ancora più inferociti di prima.
Pregai il Dio del fuoco di imprimere su di me il suo sigillo, in modo da darmi la forza per sovrastare i miei nemici.
Chiusi gli occhi in modo da accumulare più energia spirituale possibile.
Sentii un avvampata di calore attraversarmi il corpo, la mano che reggeva il pezzo di legno la sentii ardere di una nuova forza.
"Bruciali!" Recitai nella lingua dell'antica religione "Ilaicurbs" e il sacro fuoco prese vita, riducendo in cenere quei mostri.

Avevo vinto. Ma ormai esausto le forze mi abbandonarono, e inginocchiato ricaddi al suolo.
Mi rialzai, e mi andai a sedere alle pendici di un albero, desideroso di un po' di ristoro.
In mal modo scansai Mikail che voleva aiutarmi.

Ci rimase male, ma non mi importò; dovevo essere forte da solo, e rendere mio padre e il popolo orgogliosi di me.
Stavo compiendo la più grande impresa della mia carriera, anzi di tutta la mia vita.

Mikail si sedette di fianco a me, rimanendo in silenzio alcuni minuti. Lo vidi pensieroso.
"Wow!" Esclamò ad un certo punto, scuotendo il capo, abbozzando un sorriso amaro.
"Sei stato fantastico, nostro padre sarà orgoglioso di te, hai dimostrato il tuo valore; mentre io..."
Concluse in un sussurro, mordendosi le labbra.
Lo osservai con la coda nell'occhio, lo lasciai continuare, aveva bisogno anche lui di sfogarsi; questa impresa stava mettendo a dura prova entrambi.

"Ho deciso di partecipare alla sfida per riuscire ad attirare l'attenzione di nostro padre, ed invece rimarrò per sempre nella tua ombra." Disse invece affondando le mani nei capelli.
Era sconvolto, un po' mi fece pena, ma non volevo che commettesse qualche pazzia.
"Non osare ostacolare il mio destino Mikail, altrimenti te ne farò pentire.
Lo minacciai nel tono più brusco di cui fossi capace; non potevo rischiare di compromettere il mio fato.

"Se è davvero il tuo destino, non dovrai preoccuparti degli ostacoli." Detto questo, lo vidi scappare all'improvviso, per istinto scattai anch'io e mi lanciai al suo inseguimento.

Lo richiamai più volte, ma non si girò, correva spedito verso uno spiraglio di luce, intravisto nelle tenebre.

Forse era quella la fonte di Lazzaro.
Dovevo impedire che lui arrivasse prima di me.

A mio malgrado fui costretto a lanciargli una sfera di energia, per ostacolare la sua corsa.
Funzionò, lo rallentai di parecchio, fino a raggiungerlo. Ma io ero esausto, mentre lui era fresco come una rosa.
Sorpreso vidi in lontananza la fonte di Lazzaro, una sorgente di acqua incastonata nelle pietre, al centro di una lauda deserta.

Pochi metri, mi separavano dal mio sogno di potere, avrei fatto carte false per riuscire ad arrivare per primo; anche uccidere il mio stesso sangue.

Ingaggiai un duello senza esclusione di colpi.
Lanciai altre sfere di energia con l'intento di colpirlo ed indebolirlo.

Ma sentivo ormai le forze abbandonarmi, gli spiriti della natura mi stavano voltando le spalle.

Mio fratello approfitto di un mio attimo di debolezza, mi lanciò un fascio di luce che andò ad attorcigliarsi a torno alle mie gambe, fermando la mia avanzata.

Era l'unico incantesimo che conosceva, glielo avevo insegnato io. Mi sentii ferito, tradito dal mio stesso fratello.

Lui raggiunse per primo la fonte di Lazzaro, ed intinse l'acqua.
Nostro padre scese dal cielo, in groppa al suo drago alato, si congratulò con Mikail, e lo incoronò suo erede.
In una sfarzosa cerimonia, nella sala reale, alla quale io non volli partecipare.
Mi sentii deluso, tradito ed umiliato.

Un rancore che porto ancora oggi nel cuore.
Ed ancora oggi sarei disposto a tutto in nome della corona che all'ora mi fu negata.






Lui:


Dei raggi di luce mi solleticano il viso, destandomi dal mio sonno; mormoro infastidito.
Sollevo piano la testa dal cuscino, scosto le coperte, tirando fuori il braccio, con la mano tocco l'altra metà del mio letto, scoprendolo vuoto.

La serva non è stata con me, a farmi compagnia.
Apro un occhio, e la scorgo intenda a pulire il mobile con il piumino mentre canticchia una stramba canzoncina.

Sbuffo tra me e me.

La porta si apre all'improvviso con irruenza, mugolo versi incomprensibili, probabilmente un insulto, rivolto a colei che ha osato disturbarmi.
Non ho bisogno di girarmi per capire che si tratta di mia sorella.

La sento correre con aria allegra, spalanca le tende ed apre la finestra.
"Svegliati pigrone! Il sole è già alto da un pezzo!" Mi fa notare.
Sbuffo stizzito, affondo di più la testa sotto il cuscino.
Si avvicina con l'intendo di strapparmi le coperte di dosso, per poi arrossire di colpo, rendendosi conto della situazione.
"Ma sei nudo li sotto?" Farfuglia imbarazzata saettando lo sguardo tra me e la mia serva.

Decido di assecondare i suoi sospetti.
Anche perché sarebbe inutile spiegarle che quella verginella incallita, non me l'ha data!
"É andata proprio come pensi." Le rispondo annuendo "se prendi la mia mano, ti mostro in modo dettagliato com'è avvenuto il fatto." Sorrido furbamente mettendomi seduto sul letto.
Guardando di sottecchi ogni sua minima reazione, vedendola divenire rossa come un peperone.

Se ho un po' di fortuna, scappa via togliendosi dai piedi.
Ed invece no! Si ricompone, riacquistando tutto il suo autocontrollo.
"Lasciaci soli." Ordina rivolta all'ancella in un tono che preannuncia guai, fulminandomi con un'occhiataccia.
Lei ignara dei nostri sguardi, ed un po' confusa, si inchina al nostro cospetto e se ne va.

Mi aggiusto meglio le coperte, mettendomi comodo, preparandomi alla sua solita ramanzina.
Non è raro che vengo da lei rimproverato per il mio essere fin troppo maschilista per i suoi gusti.

Un ceffone improvviso mi distoglie dai miei pensieri.
Il suo gesto inaspettato mi ha colto di sorpresa, lasciandomi confuso, ed a bocca aperta.

Mi porto la mano sulla guancia massaggiandomi la parte lesa; non che io abbia sentito dolore, ma il significato di quel gesto, mi ha ferito molto, scombussolando il mio stato d'animo già in bilico.
Mai nessuno, fino ad ora, ha osato punirmi.

Alzo lo sguardo a fatica, la vedo di fronte a me, con il braccio alzato e la mano tesa, ma leggermente arrossata.
La sua espressione è seria, e i suoi occhi emanano scintille.

D'istinto abbasso lo sguardo, concentrandomi su un punto indefinito del pavimento; non riesco a sostenere il suo modo di guardarmi.
Nervoso mi mordo le labbra, sentendo solo il fastidioso bruciore alla guancia.

Rimaniamo una manciata di minuti in silenzio, che sembrano un'eternità.
Con la coda nell'occhio la vedo abbassare le membra e distendere i muscoli.

La sento sospirare e calmarsi.
Delicatamente mi prende il viso tra le mani, accarezzandomi con le dita, la guancia arrossata.
Invitandomi silenziosamente con sguardo pentito a guardarla negli occhi.

"Mi dispiace!" sussurra alzandomi delicatamente il viso, sedentosi di fianco a me.
"Non ti riconosco più Mikail. Che ti succede?" pronuncia dolcemente in tono materno.
Cercando il mio sguardo, ed accarezzandomi la fronte.
"Sei destinato ad essere il re, di cui il popolo ha bisogno." Continua con gentilezza cercando di leggere i miei pensieri.

Dannato destino!
Maledetto regno!
Voglio andarmene da qui!

"Di me sai che puoi sempre fidarti..."conclude guardandomi con i suoi occhi profondi.

Calma, calma! Non posso rischiare che i miei reali progetti vengono scoperti.

Rilasso i muscoli della mascella e la guardo negli occhi.
Pensa a qualcosa di positivo... ci sono! Ad un elefante rosa.
Incurvo le labbra in un sorriso sarcastico.

Lei incrocia il mio sguardo, stringe la mia mano, chiude i suoi occhi; per poi riaprirli sorpresa.
"Non ci posso credere! Pensi ad un elefante rosa!" Esclama sconvolta. "Mi hai tagliato fuori dalla tua mente?" Continua indispettita, lasciando la mia mano.

Annuisco come risposta.
"Sai Mikail, penso che tu abbia bisogno di ritrovare te stesso." Conclude risentita, alzandosi dal letto su cui è seduta, sbattendo la porta e lasciandomi solo.

Confuso nei miei pensieri, mi porto le mani alla tempia, indeciso su cosa fare.
Non ho mai litigato così pesantemente con lei!






Lei:


Un altro pomeriggio all'insegna della musica è trascorso.
Anche oggi le prove con la mia band sono andate alla grande, ogni giorno che passa diventiamo sempre più bravi.

"Deborah!" Una voce mi fa sobbalzare, mentre sono immersa nei miei pensieri intenda a sistemare le mie cose nello zaino.
"Deborah! Hai un minuto?" Mi chiede Raul con voce profonda, provocandomi un brivido lungo la schiena.

Mi giro piano nella sua direzione, con un sorriso lo invito a parlare.

"Questo è per te." Mi dice all'improvviso rosso in viso mostrandomi una scatolina.

Rimango sorpresa alla vista di quell'oggetto; mi porto una mano alla bocca per l'emozione, rimanendo senza parole.
Apre la scatolina e mi mostra un laccetto con un ciondolo.

Sbatto le palpebre più volte "è bellissimo!" Sussurro.
"Ti piace?" Mi domanda prendendo la collanina tra le dita.
Per istinto mi giro di spalle e con una mano raccolgo i miei capelli, invitandolo silenziosamente ad allacciarla al mio collo.
Le sue dita al contatto con la mia pelle mi provocano dei brividi di piacere.

Ma cosa mi sta succedendo?

Possibile che un tipo timido come Raul sia un ragazzo così pieno di sorprese?

Credo di essere anche arrossita colpita dalla sua gentilezza.

"Raul io..." farfuglio, cercando di non illuderlo e ferirlo.
"Non preoccuparti Deborah, prendilo come il simbolo della nostra amicizia". Mi dice speranzoso.

"É un ciondolo di verbena, serve ad allontanare gli spiriti, e le cattive presenze.
O almeno è quello che mi ha detto la commessa del negozio" Continua dicendo agitato cercando di non balbettare.

"Ho visto che ultimamente stai giù di morale e volevo fare qualcosa per te." Mi dice accennando ad un timido sorriso.
"Grazie di cuore." Gli rispondo aprendomi in un sorriso a trentadue denti.

Gli stampo un bacio sulla guancia, facendolo avvampare ancora di più.

"Ti aspetterò Deborah!" Mi sussurra all'orecchio "ti aspetterò!"
Se ne va lasciandomi sola con il cuore che batte come un tamburo, immersa nei miei pensieri.

Come gli spiego che la nuova canzone non è rivolta a lui?






Lui:


"Salem! Salem!" Chiamo a gran voce il gatto di mia sorella.
Lo sto cercando in tutte le stanze del Palazzo.
Giungo davanti alla porta delle stanze di Zelda, la apro piano sperando che lei non ci sia.

Mi guardo intorno con aria furtiva, accertandomi che mia sorella non ci sia, e per fortuna di lei nemmeno l'ombra.

"Salem!" Richiamo aprendo tutti gli stipi, guardando in ogni angolo, sotto ad ogni tavolo e letto.

"Guarda chi si rivede... miao!" Sento la sua voce inconfondibile dietro di me.
Da dove è sbucato fuori?

"Salem!" Lo richiamo con tono duro voltandomi di scatto.

"A cosa devo la vostra presenza, sire?" Mi domanda ironico lanciandomi un'occhiataccia.
"Ho deciso!" Ribatto convinto, "sono pronto a rischiare per quello in cui credo."

Il dialogo con mia sorella, mi ha fatto capire che non posso più rimanere qui in stallo, a rodermi il fegato.
Aspettando che il mio destino si compia.

Devo andarmene e trovare la mia strada, e crearmi da solo il mio futuro.

"Accetti il mio piano?" Mi domanda come ad essere sicuro della mia lealtà.
"Si! Ti ascolto!"'gli rispondo abbassandomi per essere alla sua altezza.

La pozione polisucco, la mia unica via di uscita: costi quel che costi.




Angolo dell'autrice: mi scuso per il ritardo.
In questo capitolo ho voluto dare uno spazio maggiore a Mondred, sperando che il personaggio sia di vostro gradimento. Chissà se decida di riproporlo anche nei prossimi capitoli. Deborah inizia ad avere un po' di simpatia per Raul, e Mikail cede alle tentazioni di Salem. Al prossimo capitolo!
  
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