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Autore: FairyCleo    23/01/2021    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quello che ne venne fuori
 
Quarantacinque giorni.
Era quello il tempo che era stato concesso di vivere alla donna della casa del bosco. Marylin non avrebbe trascorso un giorno in più sulla Terra.
Era stata condannata a morte pochi giorni dopo il suo incontro con Vegeta. L’esecuzione sarebbe avvenuta in pubblica piazza, di venerdì, alle tre del pomeriggio. Erano state scelte le fiamme per porre fine alla sua vita. Quella era la punizione destinata alle adoratrici del demonio, alle streghe. Peccato che nessuno si rendesse conto che proprio quelle che chiamavano streghe potevano rappresentare la salvezza per quel mondo ormai alla deriva.
 
Vegeta non era più tornato a trovarla, assecondando la richiesta che lei gli aveva rivolto poco prima di congedarlo. Non aveva più molto da raccontargli, e vederlo le avrebbe causato solo ulteriori sofferenze: si sentiva affine a lui, in qualche maniera, e non voleva rischiare di affezionarsi a qualcuno proprio in prossimità della fine. Avrebbe trascorso il tempo che le restava da sola, a pensare, a cercare di capire, o forse a cercare di dimenticare quanto fosse stata infelice in quell’ultimo periodo, a cercare di dimenticare quanto potesse essere pericolosa una luce così abbagliante.
E a cosa avrebbe pensato, Marylin? Al fatto che, se non avesse aiutato Vegeta e i suoi due bambini, non sarebbe stata lì: se non avesse giustiziato gli “uomini di casa”, non sarebbe stata condannata a morte. Al fatto che aveva preferito un perfetto estraneo alla sua famiglia. Per colpa di uno sconosciuto, aveva perso la possibilità di tornare a vivere la sua vita di prima, quella che gli altri avevano dimenticato ma che lei ricordava alla perfezione.
Non avrebbe più avuto l’opportunità di tornare a lavorare, di uscire a mangiare un gelato con le amiche, di guardare un film strappalacrime, di viaggiare, di scoprire sapori nuovi, di innamorarsi perdutamente e di soffrire, per poi rinascere, più forte e sicura che mai.
Ma non avrebbe pianto. No, Marylin non aveva versato neppure una lacrima. Dopotutto, malgrado ci avesse provato e riprovato, proprio non riusciva a pentirsi di ciò che aveva fatto. Era stata crudele, disumana, si era eletta a giudice e a boia allo stesso tempo, aveva compiuto pensieri e gesti che non pensava potessero appartenerle. Lei, così gentile e mite, aveva assassinato la sua stessa famiglia. Ciò che aveva fatto l’aveva lasciata di stucco, in un primo momento: forse non era del tutto vero che quel posto non l’aveva cambiata, che quella nuova realtà non aveva avuto alcun effetto su di lei.
Non si era opposta all’arresto perché, in cuor suo, sentiva di meritare una punizione.
 
“Ho dato a Vegeta un’occasione… Gli ho dato l’unica cosa che io non ho più: il tempo. Ora può scoprire cosa è successo… Può evitare che quello che mi è capitato possa accadere ad altre… Lui può trovare il nesso, la spiegazione, la chiave di volta… Lui potrebbe anche… Si, potrebbe anche fare in tempo, e…”.
 
Ma, ogni volta che quel pensiero prendeva forma nella sua mente provata, Marylin lo ricacciava indietro con tutte le sue forze. Non poteva sperare che facesse in tempo, non poteva sperare di essere salvata. Vegeta non sarebbe tornato da lei, era stata categorica. Perché, allora, in cuor suo continuava a sperare che lui apparisse da un momento all’altro? Quell’uomo dallo sguardo così duro sarebbe stato capace di rischiarare il buio di quella cella, avrebbe portato la luce. E lei aveva capito che, di quella luce, non avrebbe più potuto farne a meno.
 
*
 
Vegeta era passato davanti alle alte mura della prigione ogni singolo giorno, da quando era andato a trovare la donna che lo aveva aiutato a scappare. Non sapeva di preciso perché sentisse il bisogno di farlo, era qualcosa che capitava e basta. Mentre camminava, tornando a casa dal lavoro, passava proprio lì sotto. Quando doveva andare al mercato, si ritrovava lì… Ed era lui stesso il primo a meravigliarsene, perché non ne comprendeva la ragione. Questo suo agire così d’impulso lo straniva, e lo rendeva irrequieto, ma sapeva di non avere alcun mezzo per aiutarla, sapeva che esporsi poteva significare condannare alla sua stessa fine i ragazzi. Si rifiutava di sacrificare tutto quello che gli era rimasto per un’estranea, anche se lei aveva fatto esattamente la stessa cosa per lui. Vegeta aveva capito e accettato, seppur con fatica, di provare nei suoi confronti una sincera riconoscenza: si sentiva in debito con lei. Si sentiva in debito e sapeva di essere un verme per aver deciso di non saldarlo.
Tornare da lei, in prigione, sarebbe stato un atto incauto, anzi, un gesto estremamente pericoloso: che motivo avrebbe avuto? Aveva ottenuto quello che ogni uomo voleva da lei, stando a quello che immaginavano le guardie, e non gli toccava più niente. Recarsi nella sua cella una seconda volta avrebbe potuto destare qualche sospetto. In paese non erano in tanti a conoscerla, ma sapevano perfettamente che non aveva legami sentimentali con qualcuno e che la sua unica famiglia fosse quella che aveva sterminato. Dunque, avrebbero cominciato a chiedersi chi lui fosse, cosa lo portasse ad essere così interessato a lei, e per quanto fossero tutti una massa di imbecilli, Vegeta era sicuro che sarebbero stati capaci di fare un qualche tipo di deduzione. Nessuno doveva scoprire che ci fosse un legame tra loro e l’aereo caduto nel bosco, nessuno doveva scoprire che c’erano legami tra lui e Marylin: lo avrebbero accusato di stregoneria, avrebbero fatto lo stesso con i bambini e sarebbero tutti passati a miglior vita nel peggiore dei modi. Non aveva rischiato il tutto per tutto per condannare i bambini a una morte atroce.
Marylin avrebbe capito, forse, ma non voleva chiedersi nulla riguardo a un suo possibile, ipotetico, perdono.
 
Aveva deciso di parlarne con i ragazzi. Trunks e Goten si erano chiesti spesso che cosa ne fosse stato della donna che li aveva aiutati a scappare, e non se l’era sentita di tenerglielo nascosto. Lo avrebbero scoperto in ogni caso, considerando che per andare a scuola passavano dalla piazza principale del paese, che sapevano leggere alla perfezione e che presto la notizia sarebbe passata di bocca in bocca sino a raggiungerli.
Avrebbe impedito loro di presenziare all’esecuzione, questo era poco ma sicuro, ma non li avrebbe trattati come due stupidi marmocchi: erano piccoli, dovevano essere preservati, ma non dovevano essere trattati come degli idioti privi di intelletto o di sensibilità. Il problema, forse, era proprio l’esatto contrario: Trunks e Goten erano più intelligenti della media, ed erano estremamente sensibili, caratteristica che avrebbe potuto portarli a fare qualcosa di stupido se non guidati da qualcuno che aveva scelto la prudenza come stile di vita. Quel pensiero lo faceva sorridere amaramente: lui, che sin da quando aveva iniziato a camminare era stato istruito per conquistare e distruggere, lui, che si avventava sul nemico come un felino sulla sua preda, era stato costretto a diventare cauto e prudente. Doveva dare l’esempio, doveva mostrarsi deciso, capace di ponderare e raggiungere la meta nel modo più giusto. Eppure… Eppure, forse proprio per questo motivo, per essere stato troppo prudente, si era ritrovato inchiodato lì, a vivere senza vivere, incapace di uscire da quello stallo che lo stava spolpando lentamente e dolorosamente.
 
“Ho trovato Marylin…” – aveva però esordito mentre la sua mente vagava – “Ma non ho buone notizie da darvi…”.
 
Così, con voce ferma e apatica, aveva raccontato ai ragazzi del suo incontro con la donna che li aveva aiutati a fuggire, spiegando loro che purtroppo, a causa di quel gesto, era stata accusata di stregoneria ed era stata condannata al rogo. Aveva riflettuto a lungo anche sull’eventualità di tacere su Goku, ma alla fine aveva deciso di raccontare ogni cosa.
La reazione di Goten gli aveva provocato una ferita nell’anima, l’ennesima: aveva visto i suoi occhi riempirsi di lacrime, ma lo aveva visto trattenersi con tutte le sue forze, nel tentativo di mostrarsi forte e coraggioso. Perché, per cercare di proteggerlo, continuava a ferirlo irrimediabilmente?
Trunks… Trunks lo aveva guardato intensamente, poi aveva fissato un punto impreciso fuori dalla finestra e aveva stretto i pugni, cercando un senso nelle parole di suo padre. Marylin sarebbe morta in modo atroce. Marylin, la donna che li aveva aiutati, sarebbe morta per causa loro.
 
“Non farai niente?” – gli aveva detto, gelido.
 
Vegeta lo aveva fissato intensamente, cercando di trovare una riposta adatta da dare al suo bambino, ma le parole gli erano morte in gola.
Non avrebbe fatto niente per Marylin e non aveva fatto niente per fermarlo: Trunks gli aveva dato le spalle ed era salito sul suo letto, nascondendosi sotto le coperte.
Era evidente che suo figlio lo considerasse un codardo, ma da quel momento in poi, non sarebbe stato il solo ad avere quell’opinione su di lui.
 
*
 
Non aveva voluto trascorrere un minuto di più nella stessa casa in cui si trovava suo padre. Si sentiva un verme, sapeva di essere in qualche modo la causa di tutto, e non aveva alcuna intenzione di trascorrere altro tempo portandosi appresso quel peso, quella verità.
Aveva aspettato che si addormentassero tutti, era sceso dal letto, aveva recuperato il suo tesoro segreto ed era uscito fuori da casa, coprendosi come meglio poteva per evitare di prendere troppo freddo.
Voleva aiutare Marylin. Non poteva accettare passivamente che quella donna così gentile venisse bruciata sul rogo. Lei era stata buona con loro, era stata gentile. Aveva compiuto un gesto terribile nei confronti della sua famiglia, era vero, ma aveva salvato la vita a lui, a Goten e a suo padre, ricambiare il favore era il minimo.
 
Si era preoccupato di non fare rumore. Camminare in punta di piedi era diventata una sua specialità, e sfruttare la stanchezza di suo padre era diventata la prassi. L’unico problema poteva essere rappresentato da Goten, ma anche lui era crollato, sfinito a causa del pianto, e non si sarebbe svegliato in tempi brevi.
Quella era la sua occasione.
 
“Stavolta non gli permetterò di darmi risposte da interpretare. Deve aiutarmi. E subito”.
 
Aveva scelto di ripararsi nella baracca dietro casa. Era un posto freddo, sporco e malandato, ma almeno non sarebbe stato in balia delle intemperie. Il cielo era coperto da nubi nere cariche di pioggia, e non poteva permettere che il quaderno si inzuppasse.
Lo aveva nascosto sotto la coperta di lana che aveva sottratto dal letto e in cui si era avvolto dalla testa ai piedi, portando con sé anche un mozzicone di candela e un preziosissimo cerino.
Trovare un angolo comodo nella baracca maleodorante non era stato possibile, e si era accontentato di una vecchia panca di legno quasi del tutto divorata dalle tarme, cercando di sedersi in un punto che sembrava ancora saldo. Vi si era sistemato sopra a cavalcioni, aveva messo il quaderno davanti a sé e la candela poco sopra, fissandola alle assi con un po’ di cera sciolta.
Era pronto, finalmente. Era arrivato il momento del confronto finale.
 
“Come faccio a salvare Marylin?”.
 
Diretto. Essenziale. Nessun fronzolo, nessun abbellimento, nessuna possibilità di fraintendersi. Voleva solo risposte e le voleva subito. Perché erano in quel casino per colpa sua, e non riusciva più a sopportare di portare quel peso da solo.
 
BUONASERA,
MIO PICCOLO
AMICO.
 
“Non ho tempo da perdere. Dimmi come posso aiutarla”.
 
C’era stata una lunga pausa prima di veder comparire le parole sulla pagina ormai non più bianca. Osava prendersi tutto quel tempo anche in quel momento così disperato? Osava beffarsi di lui ancora una volta?
 
NON PUOI FARLO.
LEI DEVE MORIRE.
 
“COSA?” – lo aveva urlato senza neanche rendersene conto, rischiando di svegliare suo padre e Goten.
Sentiva lo stomaco torcersi per colpa della rabbia, e ne provava così tanta da essere sul punto di distruggere quell’oggetto maledetto. Ma avrebbe avuto senso? Avrebbe risolto qualcosa?
Aveva respirato e aveva stretto con più forza la penna tra le mani, cercando di trovare le parole adatte da vergare su quelle pagine maledette.
 
“Perché no? Qual è il motivo? Perché non può essere salvata?”.
 
PERCHÉ QUESTO È
IL SUO
DESTINO.
 
Non ne poteva più. Non sopportava più le sue parole criptiche, quell’arroganza, quella strafottenza. Lui aveva trovato il quaderno, ciò significava che lui ne era il padrone. D’accordo: lui non era Aladdin, quella non era la lampada ed era certo che quello imprigionato lì dentro non fosse un bravo Genio, ma non gli importava, Marylin non doveva morire.
 
“Perfetto… Sai, sebbene non abbia più i miei poteri, ho conservato il mio senso dell’orientamento. Papà non ha davvero bisogno di quella stupida casa, e con il lavoro ha messo da parte qualcosa. Posso dire tutto di te, possiamo metterci in viaggio e riportarti in quella caverna che ti piaceva tanto, che ne pensi? Sono sicuro che gli altri oggetti, là sotto, non vedono l’ora di vederti. O forse potrei far cadere accidentalmente la candela che è qui… Di certo, sarai più utile per riscaldarmi che non per risolvere i problemi”.
 
OSI MINACCIARMI?
 
“Non oso” – aveva detto, prendendo la candela – “Lo sto facendo”.
 
Era guidato da un sentimento di cui non si faceva capace. Tutto quello che stava succedendo sembrava non avere assolutamente senso, eppure doveva averlo per forza perché era lui che stava sollevando la candela, staccandola dalle assi, era lui che la stava inclinando sino a far cadere la cera bollente sulle pagine, era lui che stava avvicinando la fiamma tremolante all’angolo della copertina, in basso, pronto a farle prendere fuoco. Ed era sempre lui che sentiva di non volerlo fare realmente.
 
Senza capire come ciò potesse essere possibile, Trunks aveva visto comparire all’improvviso una sottile ombra nera, e l’aveva vista avvinghiarsi al braccio che reggeva la cera bollente.
 
FERMATI.
 
Non aveva obbedito alle parole comparse sulla pagina: non le aveva neanche viste, ma aveva lanciato la candela a terra senza riflettere, sbattendo il braccio contro la fragile parete della baracca nel tentativo di scacciare l’ombra comparsa all’improvviso. Un dolore lancinante lo aveva assalito, e questo perché, nell’impatto, aveva urtato contro un grosso chiodo arrugginito, cominciando a sanguinare sulla panca e sulle pagine del quaderno.
 
La candela non si era spenta, per sua fortuna, e questo aveva potuto permettere a Trunks di vedere, nell’angolo più buio di quel misero capanno, una grande ombra raggomitolata su se stessa, una specie di mostro fatto di spire, un serpente che lo fissava con due fessure demoniache.
Avrebbe voluto urlare, Trunks, e chiedere aiuto. Avrebbe voluto allontanarsi da lì, correre da suo padre e da Goten, ma era successo qualcosa mentre tentava di riprendere il controllo di se stesso: le pagine del quaderno avevano cominciato a sfogliarsi da sole a una velocità impressionante, come se ci fosse stato un vento impetuoso a smuoverle. Il quaderno sembrava tremare e, dopo essersi sollevato, si era come acceso di una luce propria, una luce abbagliante non molto dissimile da quella che avevano già visto in precedenza.
Trunks si era sentito male: la testa aveva cominciato a vorticosamente, aveva la nausea e provava un terrore profondo. Che avesse offeso il quaderno e ne avesse scatenato l’ira? Che avesse provocato la fine del mondo invece di salvare una sola vita a cui teneva disperatamente?
Non sapeva darsi una risposta, ma sapeva quello che aveva visto, prima di perdere i sensi e risvegliarsi nel proprio letto: sapeva di aver visto una sagoma uscire dalle pagine e scagliarsi con forza sull’ombra nera a forma di serpente, per poi divorarla con avidità.
 
*
 
“Ti sei mostrato, finalmente… Sapevo che prima o poi lo avresti fatto… Hai trovato chi ti ha dato da bere, alla fine… Ohi, Ohi… Se non dovessi ritrovarti in fretta, per l’intero universo sarebbero dolori… Eh, ma io penso di sapere che fine hai fatto… Penso di aver capito dove ti trovi… Devo solo prendere il sigillo e raggiungerti… Stavolta, non mi sfuggirai”.
 
Continua…


 
Ma buon pomeriggio a tutte/i!
Come state? Come state trascorrendo questo primo mese del nuovo anno? Io tra alti e bassi…
Spero che voi stiate meglio della sottoscritta! <3
Ma torniamo a noi.
 
Marylin è stata condannata a morte. E la dolce e tenace ragazza sembra essersi presa una bella cotta per il nostro principino. Sfido io!!
Vegeta è tormentato dall’idea di non riuscire ad aiutare chi lo ha aiutato, e odia essere passato per codardo agli occhi dei ragazzi, nonostante sia il primo a sentirsi tale.
Trunks… Abbiamo ritrovato la stessa ombra che fece del male al nostro dolce Ouji. Quella mostruosità ha provato a fare del male anche a Trunks! E il quaderno? Ha voluto proteggere Trunks o se stesso? Aiutaci, Genio! Abbiamo bisogno di te!
 
A presto!
Un bacino,
 
Cleo

 
   
 
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