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Autore: NyxTNeko    24/01/2021    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 104 - Particolari -

1° aprile

Robespierre minore stava seduto, come gli capitava quotidianamente ormai, alla scrivania, tenendo una mano sulla grossa cartina stesa e con l'altra il foglio che il giovane ufficiale gli aveva appena consegnato. Alzò lentamente lo sguardo sul generale che aveva davanti, stava impettito, con la mani dietro la schiena, i tacchetti degli stivali facevano rumore, mostrando l'impazienza che sembrava non lasciarlo mai. 

Stava osservando la stanza in silenzio, ma con interesse e concentrazione - Era questo il piano che avevate in mente da un po', cittadino Bonnapate? - la voce calda, sicura del Bonbon risuonò nelle orecchie di Napoleone, il quale rivolse repentinamente gli occhi grigi verso quelli scuri di Augustin Robespierre. Nel suo tono di voce vi era curiosità e fiducia, a quanto pareva il suo rifiuto non aveva intaccato quel sentimento di stima che provava nei suoi confronti. 

- Sì, cittadino Robespierre - affermò Napoleone allungando la mano verso di lui - Questo breve periodo mi è stato più che utile per studiare l'ambiente circostante, anche perché il generale Dumerbion ci ha concesso ampio movimento per la battaglia che si scatenerà contro il Piemonte - spiegò in breve il corso, pur sapendo che con ogni probabilità Robespierre lo sapesse già cosa l'anziano e gottoso ufficiale aveva in mente, glielo aveva ordinato personalmente. 

- A quanto pare la campagna vi sta stimolando - ridacchiò Robespierre minore, sedendosi più comodamente sull'ampia sedia riccamente decorata, dal cuscino lievemente duro, di colore rosso. Aprì la lettera e cominciò a leggerla, si stupì della calligrafia molto pulita ed ordinata con cui era scritta, senza nemmeno un errore o una sbavatura, non se l'aspettava da un ragazzo così irriquieto. Non poteva sapere che in realtà era stata compilata da uno dei suoi aiutanti di campo, l'elegante Junot, in quanto la sua era praticamente illeggibile. 'Gli attacchi non devono essere sparsi ma concentrati' fu la prima frase che saltò subito alla vista del giovane giacobino. Era così diretta e sicura da risultare arrogante, come gli aveva riferito una volta Barras, parlando proprio di Buonaparte.

Sulle sue labbra si formò un sorrisetto sornione, il ragazzo era più che consapevole di ciò che voleva fare, per questo aveva rinunciato alla sua allettante proposta, ora conosceva il motivo per cui aveva rifiutato. Voleva percorrere la sua strada con le proprie forze, muovendosi come desiderava 'È l'Austria che deve essere annientata; fatto questo, Spagna e Italia cadranno da sole' - Ciò mi rende contento, vuol dire che non siete affatto sprecato per questo ruolo - riferì sollevato. Aveva sospettato che effettivamente un simile incarico fosse troppo misero, insulso, per una persona con simile talento e capacità "Ma se si sta dimostrando tanto volenteroso e desideroso, sta a significare che si sente realmente soddisfatto" rifletté in quell'istante scorgendo l'ambizione che risplendeva al pari di una luce nelle iridi. 

- Il contenuto del rapporto è più che chiaro circa le mie intenzioni - emise breve Buonaparte, agitava la mano sinistra in aria, accompagnando la sua voce asciutta con i gesti - Il confine italiano è il posto migliore che potessi desiderare - tacque sul resto della sua volontà, che aveva in mente. Tutto ciò che i piani alti dovevano sapere era scritto nero su bianco su quel foglio. Aveva evitato il più possibile qualsiasi forma di adulazione o pomposità, come gli aveva suggerito il suo aiutante, aveva declinato l'esagerazione al solo scopo di evitare ambiguità. "Questo non è che il prologo, amico mio, se tutto andrà come auspico il resto dell'Italia non sarà solo un sogno, un'utopia, ma la realtà, la chiave della gloria è lì!". 

La parola d'ordine era prudenza, il periodo del Terrore lo richiedeva più che mai se si voleva sopravvivere in un momento storico così drastico e pericoloso. Ogni vocabolo poteva essere dannoso per sé e la famiglia, come era accaduto quando, nel riconfermare la sua carica di generale, gli fu chiesto se fosse un aristocratico, e lui, con enorme intelligenza e buon senso affermò di non esserlo affatto. Allontanare il più possibile sospetti e mostrarsi, di conseguenza, obbediente e fedele era l'unico modo che conosceva e avrebbe continuato a farlo sino a quando ce ne sarebbe stato bisogno. 

- Il vostro entusiasmo mi rincuora, generale - sorrise Robespierre, si accorse che anche il suo interlocutore lo stava ricambiando con grande sollievo, evidentemente ci teneva davvero tanto - Invece della vostra persona, porterò questo splendido rapporto a mio fratello, sperando di poter realizzare le richieste che proponete - rivelò ammiccante, sventolando il foglio tra le magre mani. 'Le armate delle Alpi e d'Italia dovrebbero essere unite e obbedire alla stessa mente' aveva inoltre affermato, convinto della centralizzazione del potere, in particolare quello militare.

L'espressione rassicurante di Robespierre era fin troppo eloquente per Buonaparte, il viso ovale era lo specchio delle sue emozioni, seppur fosse un avvocato, nelle conversazioni quotidiane dimostrava incredibile spontaneità ed espressività. Tra Augustin e Maximilien doveva esserci la medesima differenza che intercorreva tra lui e i suoi fratelli, proprio perché nessun parente è uguale all'altro - Vi ringrazio per la vostra estrema fiducia che riponete nei miei riguardi - pose la mano sul petto e s'inchinò.

Era la seconda persona a cui piegava il capo in maniera sincera, onesta. Pur avendolo frequentato poco, Napoleone era rimasto colpito dall'animo gentile, quasi puro, di Augustin. Aveva appreso della sua disapprovazione nei confronti della violenza gratuita che veniva applicata dal fratello al potere, sebbene sapesse che nel Governo era difficile mantenere la propria personalità e le proprie ideologie. Così come era a conoscenza della sua fedeltà, Augustin non avrebbe mai voltato le spalle al fratello, sarebbe morto con lui e per lui se fosse stato necessario. Lo stesso che era intenzionato a fare Napoleone, per preservare la famiglia. 

- Sono io che devo ringraziare voi, generale, il vostro straripante talento renderà grande la Patria e diffonderà la Rivoluzione fuori dalla Francia - sincerò l'uomo, si alzò in piedi, impugnando il bollettino - Ne sono più che sicuro, la Nazione conta su uomini del vostro calibro - aggiunse infine compiaciuto. 

Napoleone imitò Augustin e scattò anch'egli, comprendendo che sarebbe partito immediatamente per Parigi, con il suo piano. Sperò che qualcuno come Robespierre minore vedesse le potenzialità di una simile strategia e lo incoraggiasse, mandando uomini e mezzi. Non voleva di certo ritrovarsi nella condizione di Tolone; quel lunghissimo, se non eterno, periodo di attesa prima dell'assalto finale fu un incubo per il giovane generale d'artiglieria - Vi ringrazio ancora per la vostra disponibilità - emise Napoleone - Immagino che siate in procinto di organizzare il viaggio, perciò non voglio farvi perdere altro tempo, cittadino Robespierre - confessò, per concludere, il ragazzo.

Augustin trattenne una risata - Siete davvero un tipo strano, generale - avanzò verso di lui, accorgendosi di quella magrezza che lo rendeva più alto di quanto non fosse già. Sollevò la testa - Ma mi piacete proprio per questa stranezza che vi contravvidistingue, dev'essere una particolare caratteristica di voi meridionali, l'ho notato in molti uomini da queste parti - ridacchiò. 

- Comincio a pensarlo anch'io, sapete? - confermò il corso, con altrettanta ilarità, poggiando le mani sui fianchi. Accanto al Robespierre il suo aspetto trasandato era evidente. Augustin indossava degli abiti che dimostravano la ricchezza e il prestigio del suo potere: dall'aderente marsina color fango al fazzoletto avvolto sapientemente attorno al collo, persino il più piccolo particolare risaltava la sua elevata reputazione. Ovviamente a Napoleone importava fino ad un certo punto, il vestiario contava ma non era fondamentale. Il contrasto, però, era davvero marcato. Eppure l'uniforme non era vecchissima, l'aveva da pochi mesi, erano i materiali ad essere di pessima qualità. 

Si unì alla risata per smorzare l'atmosfera, dopodiché ritornò severo, meditabondo, pieno di pensieri e progetti che aveva in mente di realizzare, dei quali avrebbe voluto discutere con i suoi aiutanti di campo. 

- Allora dobbiamo salutarci generale - allungò le labbra in un sorriso rassicurante - Addio - pregò di avere il piacere di rivedersi nuovamente, un giorno.

Buonaparte annuì - Addio cittadino - si strinsero la mano ed ognuno riprese la sua strada. Appena uscito dal palazzo, il corso si avviò rapidamente verso Muiron e Junot, i due stavano parlottando durante l'attesa, sottovoce, come se stessero parlando di argomenti scabrosi. 

- Dovreste vederla da vicino Muiron, è di una bellezza incredibile! - riferì eccitato l'aitante aiutante di campo, rosso in viso, tremante, chiaramente innamorato della ragazza di cui stava parlando con tanto ardore e passione. 

- Ma chi? - chiese perplesso il collega grattandosi la testa. Non era la prima volta che l'amico perdeva la testa per una donzella vista nei paraggi, per cui comprendere chi fosse la giovane di cui stava parlando era un'impresa più che ardua. 

- La sorella del generale Buonaparte, la stupenda Paolina - mormorò tra i denti, controllava che nessuno lo sentisse, era teso e accorto - L'avete incontrata pure voi l'altro giorno, quando la madre e le sorelle si sono trasferite ad Antibes, nella residenza che il generale ha scelto per loro e per noi, non potete non averla notata! Spiccava sulle altre donne della casa! Sotto quel vestito, poi, si vedeva tutto, Muiron, lo capite il termine tutto, lo avrà messo di proposito e quegli occhi, quel seno acerbo ma grazioso, quel corpo assolutamente perfetto ed invitante! 

- Siete impazzito Junot?! - scappò a Muiron, fissandolo stralunato, come poteva solo pensare di poter corteggiare la sorella del loro comandante, che non aveva neppure quattordici anni? - Se il generale lo venisse a scoprire non vi farebbe più entrare nella villa, sapete meglio di me che è geloso come pochi della sua famiglia, soprattutto delle sorelle! Toglietevela dalla testa o saranno guai! - lo avvertì l'amico. Si augurò che fosse solo una cotta passeggera, altrimenti non osava immaginare cosa sarebbe accaduto - Eccolo che arriva, controllatevi per Dio! - lo scosse violentemente, vedendolo preso da sue fantasie non proprio caste, a giudicare dall'espressione eccitata che aveva in volto, mentre Buonaparte li raggiungeva con il suo passo rapido. 

Junot ritornò in sé giusto in tempo, mascherò con grande abilità quel sentimento che stava provando, era difficile mettere da parte la civettuola e al tempo stesso aggraziata figura di Paolina, che ammiccava sottecchi, ma doveva farlo, se desiderava rivederla ancora una volta. Guardò l'amico e mosse la testa, d'intesa, per celare quel segreto. Muiron lo eseguì a sua volta, volendo fare intendere che avesse capito. 

- Scusate se vi ho fatto attendere un po' amici - s'intromise Napoleone fermandosi tra loro due - Anche se a giudicare dalle vostre facce sembra proprio che eravate intenti a discutere animatamente tra voi, di cosa parlavate? - domandò curioso, fissando entrambi.

- Di don... - stava per rivelare Junot ma Muiron gli diede una gomitata sulla pancia e si sovrappose - Di Dumerbion...del generale Dumerbion...la gotta di cui soffriva è peggiorata molto ed ora non riesce nemmeno più ad alzarsi dal letto - espose il ragazzo riuscendo a non far trapelare alcun tentennamento.

- Ah sì, ne ero già al corrente di questo, Muiron - disse con tono ovvio, slacciandosi la cravatta - Era inevitabile, direi - allungò la mano sulla briglia del cavallo che gli porgeva Junot - D'altronde ha raggiunto un'età più che ragguardevole, non tutti gli uomini d'armi hanno questo privilegio - soggiunse tranquillo, avendo comunque inteso che in realtà l'oggetto, o in questo caso, il soggetto del discorso. Li aveva assecondati perché in fondo non trovava nulla di male nel volersi sistemarsi a livello familiare. 

Chissà se anche lui avrebbe avuto l'occasione di costruire una famiglia tutta sua, con una moglie e dei figli. Giuseppe, ad esempio, si stava dando da fare a Marsiglia, come gli aveva suggerito il fratello stesso. Gli aveva spedito una lettera in cui gli riferiva di star frequentando una delle figlie di uno degli uomini più ricchi della città, che però era morto da poco tempo, una certa Julie Clary. Quest'ultima aveva, inoltre, una sorella più piccola, Desirée. "Quando s'impegna Giuseppe se la cava" rifletté sorridendo. Si accorse di essere rimasto imbambolato, si ridestò e balzò sul suo destriero - Perdonatemi - ridacchiò Napoleone, torturando la nuca con le dita. 

- Ormai vi conosciamo, generale - replicò scherzoso Muiron - Non ve lo chiediamo nemmeno più - rise infine, avendo appreso la sua propensione alla riflessione profonda.

- Al massimo vi avvertiamo se c'è un pericolo, tipo un sasso che potrebbe farvi disarcionare - disse Junot puntando il dito al suolo - Non possiamo permetterci di perdere il nostro amato comandante in un modo tanto meschino - proferì con un tono talmente burlesco che fece ridere fragorosamente il generale. Ultimamente lo avevano visto prevalentemente accigliato e concentrato, una bella risata in compagnia gli avrebbe fatto bene. 

Napoleone tornò subitamente serio, asciugandosi le lacrime, aumentando il trotto del cavallo - Prima di giungere da Robespierre, ho preso a perlustrare la città e ho notato una bella villa, a Rue de Villefranche - confessò tenendo d'occhio i due che stavano aumentando il galoppo per stare al suo passo - Credo proprio che con mi affitterò un piccolo appartamento, in cui stare da solo con me stesso, a leggere e a riflettere - rivolse lo sguardo in basso, l'ombra scese sui suoi occhi incavati - È da molto tempo che non ho intimità per potermi dedicare a buone letture, il proprietario, Joseph Laurenti, ne ha parecchi che non ho avuto la fortuna di consultare e leggere, potrebbe essere un'ottima occasione, che dite? 

- Avete pensato ad ogni dettaglio come al vostro solito, generale - replicò Junot che non si aspettava da lui un'attenzione per i particolari così radicata persino in cose apparentemente futili. "Non c'è niente che sia insignificante per lui". 

- Se per voi è un buon affare perché non dovreste approfittarne? - sostenne saggiamente Muiron. Napoleone lanciò un'occhiata all'altro aiutante, che appoggiava la sua decisione al pari del suo amico. Ascoltare le loro opinioni lo rassicurò sulla validità del suo investimento, che per un momento poteva sembrare azzardato, infatti aveva scelto di non parlarne con la madre. Sicuramente lo avrebbe rimproverato per l'eccessiva spesa, parsimoniosa com'era, non che lui non lo fosse, però voleva godersi la posizione che aveva conquistato con molta fatica senza, tuttavia, esagerare. Ne aveva la possibilità, non se la sentiva di sprecarla. 

- A proposito, quando torneremo ad Antibes? - interrogò Junot con aria interessata. Muiron alzò gli occhi al cielo, trattennendo uno sbuffo - La villa, le Château Salé, che avete scelto come residenza è veramente confortevole, pur essendo sostanziale un bastione, costruita, tutt'alpiù, in una posizione che la rende sempre esposta al sole, mi ci trovo molto meglio che qui a Nizza - confessò, senza far trapelare il vero motivo. 

- Non appena ci saremo accertati del maggiore Berlier, Junot - rispose prontamente il generale - Devo sempre controllare che non batta la fiacca come al suo solito! - diede un colpo di sperone.

Il povero maggiore Berlier, in effetti, doveva sopportare, da solo, tutta l'impazienza e l'irriquetezza del generale Buonaparte. Non gli concedeva neanche un attimo di respiro con la sua maniacale attenzione e la necessità che qualsiasi cosa venisse fatta con maggiore efficienza e rapidamente. Non poche volte si era lamentato con i suoi aiutanti, quando il generale si assentava momentaneamente "Non ce la faccio più, mi farà diventare pazzo" ripeteva disperato. Ma nessuno aveva il coraggio di riferire ciò a Napoleone, anche perché otteneva dei risultati più che eccellenti da quando era a Nizza. Com'era avvenuto a Tolone - Giusto, me ne stavo dimenticando 

Arrivati al quartier generale, Napoleone, saltò da cavallo, raggiunse, quasi volando, la stanza del maggiore, bussò insistente alla porta - Maggiore Berlier! - strillò. Muiron e Junot si guardarono alle spalle del loro comandante. 

L'ufficiale al suo interno sbiancò d'un tratto, all'udire di quella voce potente e autoritaria, gli pareva uguale ad un tuono - Cittadino... Bonnapate! - disse ingoiando la saliva. 

- Bene, almeno per il vostro nome non devo ripetere tre volte! - emise sarcastico Napoleone aprì di colpo la porta ed entrò. Afferrò il foglio che stava consultando il maggiore: era la lista di tutti gli ufficiali inferiori e superiori presenti all'addestramento quella giornata - Non mi risulta che oggi ci sia il caporale Carli presso la sua batteria - non ricordava di averlo visto, nemmeno per sbaglio. Raramente la sua memoria si sbagliava.

- Ecco, mi ha riferito che si sarebbe assentato un momento... - rimembrò il maggiore, così come gli aveva detto. 

- Mettetelo agli arresti - ordinò immediatamente il generale, il tono duro stava ad indicare che era più che informato - Si è assentato per andare a cercare vino ad Antibes, non mi pare un motivo valido per giustificare la sua mancata presenza, eseguite! 

- Agli...agli ordini generale! - balbettò il maggiore terrorizzato, non aveva neppure il coraggio di guardarlo negli occhi, tanto era spaventato dal suo sguardo implacabile. Eppure era giovanissimo, dai lineamenti delicati, dall'aspetto gracile. "È proprio vero che non si deve giudicare mai una persona dalle apparenze" rifletteva. 

- Mi aspetto che lo facciate subito! - lo avvertì Napoleone avviandosi dalla porta - E tenetevi pronto per qualsiasi evenienza! - L'uomo si mise in posizione e annuì, rilassandosi solamente dopo averlo visto uscire. I due aiutanti rimanevano sconvolti dall'autorità che dimostrava ogni volta, inesorabile e inflessibile. Il dovere, per Buonaparte, era più importante di qualsiasi altra cosa. 






 

 

   
 
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