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Autore: workingclassheroine    24/01/2021    1 recensioni
Quando Paul McCartney arriva all'Università di Cambridge il suo obiettivo è quello di far scorrere tutto liscio fino alla laurea.
Il suo insopportabile compagno di stanza, John "Churchill" Lennon, è ben deciso a rendergli le cose più difficili.
E più divertenti.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Quasi tutti, Ringo Starr
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

THE PRIME MINISTER



Per tutta l'estate non ho fatto altro che immaginare la mia entrata trionfale al St. John's.

Ho sognato gli sguardi incuriositi dei professori e degli studenti, gli occhi delle ragazze che sfioravano la mia camicia bianca e la piega perfetta dei pantaloni.
Ho persino provato allo specchio il sorriso giusto da rivolgere ai miei interlocutori prima di dire "Ehi. Sono Paul McCartney".

E spero davvero che domani chiunque, guardandomi, avrà voglia di diventare mio amico.
Per ora, invece, sono bagnato come un pulcino, e il tassista che mi ha accompagnato sin qui ha appena gettato nel fango le mie valigie.

I capelli fradici mi coprono gli occhi e nel buio perfetto della sera mi risulta difficile distinguere alcunché.
Solo quando il tassista riparte, sgommandomi addosso una buona dose d'acqua, mi decido a seguire le luci accese che vedo lampeggiare in lontananza.

Quando finalmente metto piede nel dormitorio la prima cosa che mi accoglie è un urlo oltraggiato, e io sono davvero a un passo dal voltarmi e tornare a casa di corsa.
La proprietaria di quella voce è una donna tendente all'anziano acidulo, vestita di borgogna.

"Le scarpe!" grida, ancora, mentre io resto lì immobile, terrorizzato come un cervo dagli abbaglianti, "Togli subito quelle scarpe!"

Chino gli occhi a terra, studiando le impronte fangose che ho lasciato sino a quel punto, e mi affretto ad eseguire.
La donna ne sembra grandemente rincuorata.

"Perfetto, mio caro" dice, e stavolta ha il tono che usava mia madre quando combinavo un guaio davanti alle sue amiche e non poteva sculacciarmi come avrebbe voluto, "Paul McCartney, immagino".

Mi limito ad annuire, e firmo senza battere ciglio il registro che mi sbatte in faccia.

"Sono la signora Hyde. Per te signora e basta. Mi occupo del dormitorio"

Vorrei chiederle se di giorno si trasformi nella signora Jekyll, ma ho il vago sospetto che abbia già sentito questa battuta innumerevoli volte e che mi costringerebbe a ingoiare i lacci delle mie scarpe se solo la ripetessi.
Il mio silenzio è ripagato con una sorta di sollievo da parte sua.

Sono bravo a capire le persone: la maggior parte delle volte vogliono solo che tu stia zitto.

"Camera numero 607. Ultimo piano" sentenzia infine la signora Hyde, allungandomi le chiavi con un vago sorriso.
Poi, nuovamente, si rabbuia "Il tuo compagno di stanza è arrivato circa un'ora fa. Buona fortuna"

Mentre ringrazio e attraverso il corridoio, ansimando per il peso delle valigie, non riesco a levarmi dalla testa l'idea che quell'augurio non sia riferito tanto alla mia carriera accademica, quanto al mio compagno di stanza in sé.

*

Quando apro la porta della 607, il demonio in questione è sdraiato sul letto, con le lunghe gambe contro il muro e un libro sollevato di fronte al viso.
Sembra una posizione maledettamente scomoda, ma decido in fretta che non sono affari miei.

"Ehi" sorrido, "Sono Paul McCartney".

Sono certo di essere assolutamente carismatico mentre lo dico (accidenti, mi sono esercitato per mesi) eppure lui non sposta lo sguardo dal suo libro.

"Vai a cambiarti" commenta, laconico, girando pagina, "Stai lasciando una pozza d'acqua a terra".

Ha ragione, ovviamente, ma non era così che immaginavo le prime parole tra noi.

"Piacere mio" ribatto quindi, ma recupero un telo e dei vestiti asciutti.

Devo sforzarmi per non sbattermi dietro la porta del bagno.

Mi lavo in fretta, e mentre strofino i capelli umidi con l'asciugamani, ancora immerso nel vapore caldo che appanna lo specchio, mi sento rilassato abbastanza da poter fare un secondo tentativo.
Infilo i pantaloni della tuta grigi e la t-shirt nera che mi faranno da pigiama e poi, con un ultimo respiro profondo, esco.
Il mio coinquilino è nella stessa identica posizione in cui lo ho lasciato.

"Ascolta" inizio a dire, nel mio tono più pacifico, "Io e te abbiamo iniziato con il piede sbagliato".

Lui sospira, ma chiude finalmente il libro e si mette in piedi con una velocità che definirei spaventosa.
Non posso fare a meno di notare, con un po' di invidia, che la sua camicia non ha tante pieghe quante ci si aspetterebbe.

"Frena, Clarabella" commenta, del tutto disinteressato, "Non è ancora arrivato il momento di farci le seghe a vicenda".

La mano che ho teso tra noi mi si irrigidisce.
Tuttavia, sono così allibito da scordarmi di ritirarla.

"Ti da fastidio se fumo?"

Scuoto la testa, e lui mi sorpassa per recuperare dal mio comodino quelle che, senza ombra di dubbio, sono le mie sigarette.
Ha la cortesia di passarmene una, e le ha accese entrambe prima ancora che possa rendermi conto di averla infilata tra le labbra.

"Dimmi, Margaret. Perché hai lasciato Oxford?"

Tossisco brevemente.

"Paul" lo correggo.

Lui sbuffa via il fumo e alza le spalle, "Fa' lo stesso, Olivia. Perché hai lasciato Oxford?"

La finestra non è particolarmente ampia, e anche così, con ognuno al lato opposto degli infissi, riesco a notare lo scintillio di divertimento che per un attimo gli illumina gli occhi.
Non è un argomento che mi piaccia trattare, eppure qualcosa nel tono scanzonato del mio compagno di stanza mi spinge a dirgli la cruda verità.

"Mio padre è professore lì. Mi sembrava di non meritare nulla di quanto ottenessi. Né voti, né amici. Ho resistito un anno, poi ho richiesto il trasferimento" commento, nel tono più neutro possibile, "Come sai che vengo da Oxford?"

"Chiunque arrivi a Cambridge per la prima volta è fottutamente spaventato. Nessuno entrerebbe qui con il mento alto, Bethany. Nessuno, se non uno di quegli stronzetti di Oxford"

Sono grato che abbia liquidato così velocemente il capitolo padri, e questo mi basta per sentirmi più ben disposto nei suoi confronti.

"Lo hai dedotto solo dalla mia postura?" chiedo quindi, sinceramente impressionato.

"Certo, Patricia" conferma, e mi sorride per la prima volta "Da quello, e dalla lettura attenta del tuo fascicolo universitario"

Decido di sorvolare sulla palese violazione della mia privacy, e sul modo in cui potrebbe aver messo mano sul mio fascicolo.

"Ora che hai dimostrato di avere il cazzo più lungo, suppongo tu possa anche dirmi il tuo nome" mi limito a suggerirgli, lanciando nel buio della notte il mozzicone della mia sigaretta.

Lui mi imita e stavolta, quando gli tendo la mano, la stringe.

"Sono Churchill" si presenta, "E tu, Emily, non sei poi così male. Potresti persino durare oltre la prima settimana"

"Mi sopravvaluti" mi schernisco, sarcastico.

Churchill ride sommessamente.

"Il difetto mortale degli ottimisti" dice.

Parla come uno convinto che ogni sua frase sia destinata a diventare una citazione.

"Ora, se vuoi perdonarmi, ho di meglio da fare che corteggiarti" continua, "Mi aspettano nella sala comune".

Esce dalla stanza prima che io possa rispondergli.
Nel guardare la porta, lasciata aperta, mi viene voglia di seguirlo.

Lo farei, se solo conoscessi qualcuno, ma l'idea di restare in un angolo della sala a girarmi i pollici mentre la gente intorno a me ride e parla è abbastanza deprimente.

La voce di Churchill mi raggiunge dalla fine del corridoio.

"Per l'amor di Dio, Janet" urla, "Non ho tutto il giorno".

Mi affretto a seguirlo prima che possa cambiare idea.
 

*
 

La sala comune è gremita, affollata fino all'orlo di studenti.
Tutti urlano e ridono, e la signora Hyde, seduta accanto al fuoco con un lavoro di ricamo tra le mani, alza di tanto in tanto la voce per riportare l'ordine.

Churchill non entra, ma rimane elegantemente appoggiato sulla soglia, con le braccia incrociate.
I suoi occhi sono pieni di aspettativa.
Non sapendo che altro fare, rimango dietro di lui, attento a non intralciare il passaggio.
Sto per chiedergli se per caso non abbia cambiato idea quando mi accorgo di quel che sta succedendo.
Man mano che gli altri si accorgono di noi, il volume dei loro schiamazzi si riduce.
Quando infine ogni singola testa è voltata verso la porta, nella sala è sceso il più completo silenzio.

Un ragazzo gracile, dall'aria furba e divertita, si alza in piedi sul divano che occupava fino a un attimo fa.

"Miei signori" grida, "Squillino le trombe"

Un secondo ragazzo, prontamente, finge di suonare il proprio naso.

"Abbiamo ora l'onore di riaccogliere tra noi Sua Maestà Serenissima" continua il primo, "Il Mai Spodestato, e se è per questo il Mai Eletto. Signore della Sala Comune e dei corridoi, Terrore delle classi e Rifugio degli Ultimi. Re dell'Intolleranza e di tutta Cambridge".

Qualcuno ride, ma un gesto del ragazzo li zittisce nuovamente.

"Signori e signori, ecco a voi il Primo Ministro".

L'ovazione che ne segue mi coglie di sorpresa.
Churchill ride, e attraversa la sala comune accolto dai saluti della maggioranza dei presenti.

E chi non lo conosce, come me, d'improvviso è affascinato.

Lo seguo fino a uno dei divani, quello su cui poco prima il ragazzo mingherlino ha pronunciato il suo discorso, ma devo frenare di frequente per non finirgli addosso.
Le persone non fanno che bloccarlo, che parlargli.

"D'accordo, John. Hai avuto il tuo spettacolino. Ora siediti e finiamola qua" la voce della signora Hyde ci raggiunge, infastidita, ma per un attimo potrei giurare di averla vista sorridere dietro al ricamo.

"Ho finito" la rassicura Churchill, lasciandosi cadere sulla poltrona che i suoi amici gli hanno religiosamente tenuto libera.

Io mi siedo, un po' esitante, in un angolo del divano.
Il ragazzo del discorso, che da vicino è ancora più secco e irrequieto di quanto sembrasse a distanza, si scosta per lasciarmi più spazio.

"E tu chi sei?" chiede, sorridente.

Churchill risponde prima che io riesca ad aprire bocca, "La mia first lady, immagino".

Boccheggio, e dico la prima cosa che mi passa per la mente.

"Il tuo nome è John, quindi?"

So che è una domanda stupida, me ne rendo conto appena lo dico.
Ma ho una certa fretta di distogliere l'attenzione dalla mia virilità ferita.

Lui sbuffa, accavallando le gambe, "Per quanto ti riguarda, Michelle, il mio nome è Churchill".

"Ah, Michelle come la first lady. Sagace" commento, sarcastico.

"Qualche problema?"

"Oh no" lo rassicuro, "Se non altro non hai detto Melania".

Stavolta, e sono sicuro di non sbagliare, ha certamente sorriso.

"Non badare a lui" si interpone il ragazzo accanto a me, "Abbaia ma morde raramente. Io sono Shiva".

Lo guardo confuso, e lui si sente in dovere di spiegarsi.

"Mi chiamo George, in realtà. Ma quando ho conosciuto Churchill, durante il mio primo anno, ho avuto la cattiva idea di dirgli che studiavo Teologia e che l'estate prima ero stato in vacanza in India con i miei. Ora sono Shiva"

Sto iniziando a chiedermi cosa abbiano tutti loro contro i nomi di battesimo, e soprattutto se questo significhi che passerò quattro anni a sentirmi chiamare con nomi di donna.

"Questo invece" continua Shiva, indicandomi il ragazzo al capo opposto del divano, "È Phineas".

"Tu sei la tromba" rido, mentre gli stringo la mano.

Lui ride con me, "Tra i miei mille talenti".

Mi sembra di star andando bene, almeno sino a questo punto.

"E invece, da dove viene Phineas?" chiedo.

"È il suo vero nome" sbuffa Churchill, gelido.

Sbianco.
Sto per scusarmi, mortalmente in imbarazzo, quando riprende a parlare.

"Ti sto prendendo in giro, Candace. Si chiama Richard. Phineas perché ha il naso come il protagonista di Phineas e Ferb"

"Oh" mormoro, ancora indeciso su come reagire.

"È un completo stronzo" mi dice l'interessato, leggendomi nel pensiero "Dovrebbe essere più compassionevole, con il naso che anche lui si ritrova".

Mi sforzo di non ridere.
Se c'è una cosa che ho imparato, è che non si ride mai di qualcuno che ha la possibilità di pisciarti sullo spazzolino da denti.

Phineas riprende a parlare, ignorando totalmente le occhiatacce di Churchill.

"Sono al penultimo anno di medicina, e tutto quello che vorrei è ritrovarmelo sotto i ferri per potergli cucire la bocca con un bel filo spesso. Tu di cosa ti occupi?"

"Studi Classici" dico, e non posso trattenere un sorriso d'orgoglio nel pronunciare queste parole.

Mio padre mi avrebbe voluto avvocato.

"Seguirai il corso di Latino con me, allora" interviene Shiva, interessato "Puoi darmi una mano. Sono un disastro"

"Certo, non sono così male" lo rassicuro, e io stesso sono sollevato all'idea di avere qualcuno con cui sedere, domani a lezione.

"Sei più che 'non così male', Lesbia" mi schernisce Churchill, dalla sua poltrona, "I voti del tuo primo anno sono stupefacenti"

Mi chiedo come faccia a sembrare così supponente anche quando mi sta facendo una sorta di complimento.

"E tu, invece" gli chiedo, senza rispondere "Cosa fai quando non sei impegnato a giocare alla spia russa?"

Churchill alza le spalle, divertito "Storia e politica".

"È per questo che ti fai chiamare Churchill?"

"In parte" ammette "Ma anche perché voglio essere potente, come lui. E perché sono uno stratega, come lui"

"E perché beve e fuma troppo, come lui" continua Shiva, canzonatorio.

Churchill lo fulmina con lo sguardo.

"E perché il suo secondo nome è Winston. Non come lui. Per lui era il primo nome" conclude Phineas, mortalmente serio.

Ridono, e mi concedo di sorridere con loro.
Il braccio di Shiva mi circonda amichevolmente le spalle.

"Tu sarai Cassius" sentenzia, e mi sento estremamente sollevato dal fatto che non abbia detto Michelle, o Clarabella.

"Perché Cassius?" chiede Phineas, anticipandomi.

"Perché non mi sorprenderei se una notte dovessi pugnalare a morte il nostro Cesare" spiega candidamente Shiva.

Churchill alza gli occhi al cielo, sorridendo.

Mi piacciono queste persone.
L'idea si fa strada dentro di me mentre li ascolto parlare.

Man mano il discorso si sposta sulle vacanze estive, e poi su vecchi ricordi che io non ho condiviso con loro, ma che sono ansiosi di raccontarmi.
Così ascolto, che è la cosa che so fare meglio, e lascio che Phineas e Shiva mi sommergano di parole.
Churchill sorride, di tanto in tanto, e tamburella le dita sul bracciolo della poltrona.

"Non lasciarti spaventare" mi sussurra Shiva, in un momento di distrazione generale, "Sei qui perché non gli dispiaci. I suoi compagni di stanza sono sempre durati poco, e in nessun caso li ha presentati a noi"

Non rispondo, ma quando il mio sguardo incontra quello di Churchill, gli sorrido.
La risposta è immediata.

"Vuoi per caso un bacio, Annabeth?"

Sbuffo, ma lascio correre.
Temo che il mio fastidio non faccia che divertirlo ulteriormente.

Torno a confrontare con Shiva gli orari dei miei corsi, e passa qualche minuto prima che Phineas richiami la mia attenzione.

"Tu conosci il latino" mi fa notare, sporgendosi verso di me.

"Me la cavo" ribadisco, senza capire.

"Devi trovarci un motto" completa Churchill, fissando i suoi occhi nei miei "Una frase che ci rappresenti"

Ci penso su, se non altro perché è la prima volta che mi chiede qualcosa senza appiopparmi un nome femminile.

"Ho trovato" dico infine.

Mi prendo qualche secondo per continuare, solo per il gusto di rendere tutto più teatrale.
E Churchill lo nota, perché mi sorride.

I suoi occhi, ravvivati dalle fiamme, sono incredibilmente magnetici.

"Audentes fortuna iuvat" decido, e il sorriso sul suo volto si allarga "La fortuna aiuta chi sa osare".

Per tutto il resto della serata, Churchill si trattiene dall'affibbiarmi nuovi nomignoli, e mi illudo che sia il suo modo di dimostrarmi apprezzamento.
Sono le undici in punto quando la signora Hyde si alza in piedi e ordina di liberare la sala.

Continuiamo a parlare sulle scale, poi nei corridoi.

"Buonanotte, Churchill. Cassius" ci augurano infine Phineas e Shiva, salutandoci sulla soglia della nostra camera.

Ricambio, chiudendomi la porta alle spalle.
Churchill si sta infilando il pigiama.

"Siete davvero adorabili, voi tre" mi prende in giro "Spero mi inviterete alla prossima riunione del club del cucito".

Sbuffo, e mi butto sul letto.
Lo guardo appendere accuratamente la camicia, e mi chiedo se la indossi per sembrare più distinto.

"Se mi avessi detto della tua alta carica, tesoro, avrei indossato un abito adatto prima di incontrare i tuoi amici" ribatto, senza pensare.

Churchill ride, e spegne la luce.
Sento il fruscio delle coperte, e anche al buio mi sembra di riuscire a distinguere il suo profilo.

"Non preoccuparti Estelle, amore mio. La prossima volta mi premurerò di avvisarti"

Ridiamo insieme.

"Posso chiederti una cosa?" sussurro poi, prima di poter cambiare idea.

"Spara, Susan"

"Perché Churchill?"

Sono quasi certo che stia roteando gli occhi, adesso.

"Mi sembra di avertelo già detto, Megan"

Non mi arrendo.

"Intendo, perché non semplicemente John?"

C'è qualche attimo di silenzio, e proprio quando sto per convincermi che la risposta non arriverà mai Churchill riprende a parlare.

"Hai idea di quanti John esistano al mondo?" il suo tono è sempre insopportabilmente canzonatorio, ma ha qualcosa di fragile "Dovrei competere con tutti loro. Di Churchill invece ce n'è stato solo un altro, oltre a me. Posso competere con lui, posso farcela. Far sì che chiunque conosca il mio nome".

Non dico altro, perché mi ha rivelato troppo e qualsiasi passo falso da parte mia potrebbe chiudere per sempre lo spiraglio che si è creato tra me e lui.

"È un bel nome, comunque. Buonanotte, Churchill" sussurro.

L'oscurità tra di noi non sembra più così profonda.

"Va' al diavolo, Barbie".

 

Note

Eccomi con una nuova storia!
Sarà molto più leggera rispetto alle precedenti, e molto più tranquilla.

Il St. John's, per chi non lo sapesse, è uno dei college che compongono l'Università di Cambridge.
  
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