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Autore: Fiore di Giada    24/01/2021    2 recensioni
[Breve storia ispirata alla vita di Colomba Antonietti. Il periodo storico sarebbe il Risorgimento, ma sembra essersi disperso, mah.]
– Il mio… Il mio percorso finisce qui… Voi non volete dirmelo, ma la mia vita sta terminando… Ma non mi preoccupa… Io… Io sono felice di avere lottato assieme a voi per costruire il sogno dell’Italia unita… – cominciò lei, gli occhi celesti fissi in quelli verdi del marito.
Con un cenno del capo, Domenico annuì. Sì, quei mesi, per quanto duri, erano stati felici, perché avevano combattuto insieme, in nome del loro comune ideale.
Luisa, per lui, aveva intrapreso un cammino duro, insolito per una donna.
– Promettetemi che… che la giustizia e la libertà… saranno l’ideale della vostra vita… Morte agli invasori! – concluse lei, il tono flebile, ma deciso.
La mano destra di lei si strinse attorno a quella di Domenico.
– Sì, amore mio. Morte agli invasori e viva l’Italia! – concordò lui, un sorriso sulle labbra sottili e gli occhi lucidi di lacrime.
Le labbra di Luisa si sollevarono in un debole sorriso, poi il suo corpo si abbandonò nella morte.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Età vittoriana/Inghilterra
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I proiettili dei fucili e dei cannoni volavano nell’aria.
L’odore della polvere saliva dalla terra e si mescolava al tanfo della decomposizione.
Luisa oltrepassò la porta San Pancrazio, le mani sottili strette attorno al fucile.
Il suo sguardo ceruleo, ardito, saettò da una parte all’altra.
Prese il fucile. Lo caricò.
Un soldato francese, colpito al petto, barcollò sul cavallo, poi cadde a terra nella polvere.
Un altro milite si lanciò contro la donna, la sciabola sguainata, scintillante di bagliori sinistri.
In un gesto d’istinto, Luisa alzò il fucile. Affondò la baionetta nel ventre dell’uomo.
Il sangue sprizzò dalla ferita e macchiò il viso di lei.
La donna estrasse l’arma e riprese a sparare. L’esercito invasore francese era ben più numeroso delle forze a difesa della Repubblica Romana.
E l’assedio durava da troppo tempo.
Ma loro, accorsi da tutta Italia, non potevano arrendersi.
Tutto il paese era teso nella sforzo dell’emancipazione dallo straniero.
E, in nome di questo sacro dovere, dovevano continuare a combattere.
Ad un tratto, una palla colpì la giovane donna al ventre. Attraversò la carne, dilaniandola.
Luisa sbarrò gli occhi e un fiotto di sangue sgorgò dalle sue labbra.
Poi, il suo corpo cadde.

Con fatica, la giovane aprì gli occhi e provò a girare la testa.
Un gemito di dolore attraversò il suo corpo e, in quel momento, la sua mente ricordò. Mentre combatteva, era stata colpita da un proiettile nemico al ventre.
Poi, aveva perduto i sensi.
Mia cara, non affaticatevi. Siete nell’ospedale. Presto, il medico arriverà. – mormorò una gentile voce maschile.
La ferita aguzzò lo sguardo e, accanto a lei, vide un giovane alto e magro, con una folta chioma di capelli castani, dai riflessi ramati, e gli occhi verdi, dal taglio allungato, simili a smeraldi.
La divisa da bersagliere, macchiata di sangue e polvere, copriva il suo corpo.
Un leggero sorriso sollevò le labbra sottili della donna. Il suo amato Domenico era ancora vivo.
Ne era sicuro, non aveva esitato a combattere con ardimento il nemico della Repubblica.
Del resto, era un ardente sostenitore delle idee di Giuseppe Mazzini.
E lei, Luisa Fiore, figlia di un commerciante di tessuti di Perugia, si era innamorata della gentile fermezza dell’erede dei conti Faina.
Per questo, non aveva esitato a seguirlo nelle sue tribolazioni.
Gli occhi cerulei della giovane brillarono di nostalgia. L’opposizione intransigente delle loro famiglie aveva rafforzato il loro sentimento.
Per lui, lei aveva rinunciato ad una vita quieta, cullata dalle ricchezze della sua famiglia.
Lo aveva assistito nella sua carcerazione, causata dalle sue idee, e lo aveva seguito nelle sue battaglie.
Il suo cuore si era appassionato alle sue idee.
Do… Domenico… Mi date… la vostra mano… – mormorò, il tono serio.
Il soldato, turbato, la fissò, poi prese la mano destra di lei tra le sue. Quella voce, di solito vibrante d’amore, in quel momento, risuonava di malinconia.
No, non poteva crederci.
Non riusciva a pronunciare quella parola.
Ditemi… Ditemi, mio amore… – mormorò lui, il tono apparentemente calmo.
Il mio… Il mio percorso finisce qui… Voi non volete dirmelo, ma la mia vita sta terminando… Ma non mi preoccupa… Io… Io sono felice di avere lottato assieme a voi per costruire il sogno dell’Italia unita… – cominciò lei, gli occhi celesti fissi in quelli verdi del marito.
Con un cenno del capo, Domenico annuì. Sì, quei mesi, per quanto duri, erano stati felici, perché avevano combattuto insieme, in nome del loro comune ideale.
Luisa, per lui, aveva intrapreso un cammino duro, insolito per una donna.
Promettetemi che… che la giustizia e la libertà… saranno l’ideale della vostra vita… Morte agli invasori! – concluse lei, il tono flebile, ma deciso.
La mano destra di lei si strinse attorno a quella di Domenico.
Sì, amore mio. Morte agli invasori e viva l’Italia! – concordò lui, un sorriso sulle labbra sottili e gli occhi lucidi di lacrime.
Le labbra di Luisa si sollevarono in un debole sorriso, poi il suo corpo si abbandonò nella morte.

Domenico, per alcuni istanti, fissò il corpo della moglie, abbandonato sul lettino.
Era morta.
La sua meravigliosa moglie era caduta in battaglia da valorosa.
Lacrime sgorgarono dai suoi occhi, poi chinò la testa e le sue labbra si posarono sul viso di lei in baci lievi. Non voleva lasciarla andare.
Aveva sognato di costruire una famiglia con lei, ma tale desiderio, con la sua morte, si era tramutato in una vana fantasia.
Lei era la fiaccola della sua vita.
Ma erano stati legati da un sogno di libertà e giustizia per il popolo italiano.
Si alzò in piedi e, per alcuni istanti, fissò il corpo della giovane donna.
Un giovane tarchiato, vestito d’una tonaca nera, con corti capelli neri e occhi castani, si avvicinò a Domenico.
Al collo, ondeggiava una croce lignea e il lato destro del suo viso era sfigurato da una cicatrice.
Lanciò un breve sguardo ora al soldato, ora alla defunta, e segnò l’aria con una croce.
Vi ringrazio, don Enrico. – affermò Domenico, atono.
Ah, smettila con queste formalità. Se permetti, voglio officiare io il rito funebre per lei. Ha mostrato un coraggio virile ed è morta come un’autentica eroina. Merita tutto il nostro rispetto. – affermò il prete.
Di scatto, sollevò la mano nel saluto militare.
Grazie. Lei sarebbe stata felice, perché ammirava il tuo impegno per i poveri. – rispose il giovane nobile.
Faccio solo il mio dovere. Andiamo. – si schernì Enrico.
E, insieme, uscirono dall’infermeria.

P.S.: la storia dell’eroica Colomba Antonietti mi ha dato l’ispirazione per questo breve lavoro.
Spero di non avere scritto troppe castronerie storiche.



   
 
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