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Autore: Nirvana_04    24/01/2021    1 recensioni
Si fa stretta e piccola, questa vostra promessa, basta un sassolino minuscolo per farla inciampare e cadere giù, tu cadi giù. Senza che lui se ne renda conto, siete in due luoghi che non saranno mai uno: privi di stanze, non esistono corridoi nei quali correre; e i passi degli altri fanno tanto rumore.
Dentro l'aula di musica, George e Marine hanno imparato a conoscersi e a comprendersi, scoprendo di essere molto simili. Hanno scoperto che sfiorandosi piano, il calore delle mani può guarirle, le ferite. Quando sono insieme, in quell'altro altrove, diventa più facile vedersi.
Ma quando il mondo irrompe intorno, quando le altre persone irrompono tra loro e le mani si tendono, si allungano, lo spazio in mezzo rischia di diventare troppo grande per riuscire a toccarsi davvero. Fino a tornare incolmabile.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mami Suzuki/Marine, Shinichi Gomi/George
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In un altro altrove'
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Nevica, sulle mani, un’altra stagione
 
 
 
 





Palmi aperti verso il cielo.
Mani in attesa, dita protese, pelle che si distende sotto una cascata di sole. E l’aria pizzica soltanto un po’.
Sembra parlarti di un qualcosa di frizzante che avanza, giunge da lontano e porta con sé il profumo della semplicità. Di sguardi bassi che si sollevano e che poi tornano ad abbassarsi di nuovo, di sorrisi sfuggenti che scivolano altrove timidi e impacciati, e di solletichi, proprio sotto la lingua, che premono sulla linea delle labbra per venire fuori e irrompere in una risata. Solo una risata.
È una curva, questo vostro piccolo rituale, vi fa avanzare di un solo passo per volta e vi sposta più là, sempre più in là. Senza che te ne rendi conto, siete in un luogo che non sarà mai un luogo: privo di pareti, non esiste porta dalla quale entrare; e gli altri non possono raggiungervi.
George sta fermo, immobile, sulla soglia, e tu poco oltre. Un passo avanti. Un passo già dentro la felicità. Ma ti volti lo stesso, verso quella zona muta di mezzo, dandogli il tempo di raggiungerti. Provi tenerezza, per il vostro incedere esitante, e c’è del desiderio nel modo in cui le sue dita tamburellano un motivo sulla gamba. Riconosci la voce, la vedi picchiettare, la domanda.
«Mi va proprio una cioccolata calda, oggi» un po’ proponi, un po’ suggerisci.
Gli occhi di George sono due pozzanghere colme di sorpresa, e una flebile speranza vi salta dentro. «Sicura che ti va?»
«Sicura.»
«Allora… che ne dici di provare quella piccola caffetteria vicino al parco? Dicono che hanno gusti nuovi davvero particolari. Muoio dalla voglia di provare quella mou
È una cascata di parole, la leggerezza di George. Ti ci immergi e lasci che sia lui a suonare, mentre vivace, sul tuo volto, s’affaccia un nuovo colore. Abbassi la mano per sfiorare, sudata, la sua.
Sono palmi tiepidi quelli che sorridono all’uscita da scuola.
 


 
Palmi aperti verso il suolo.
Mani in attesa, dita tese, pelle che si contrae sopra un grumo di rabbia. E il vento taglia un po’ di più.
Sembra avvertirti di un qualcosa di violento che incombe, è appostato dietro l’angolo ed esala effluvi di inquietudine. Unghie nervose che grattano la nuca e l’imbarazzo, smorfie frivole, stampate su ossa secche e fragili, che scacciano lontano quei buffi tentativi di dolcezza, parole che mordono il cuore proprio dov’è più vulnerabile.
Si fa stretta e piccola, quella vostra promessa, basta un sassolino minuscolo per farla inciampare e cadere giù, tu cadi giù. Senza che lui se ne renda conto, siete in due luoghi che non saranno mai uno: privi di stanze, non esistono corridoi nei quali correre; e i passi degli altri fanno tanto rumore.
George dondola, a disagio, sul margine di quei due mondi, e tu poco dietro. Un passo indietro. Un passo affondato nell’amarezza. Si gira verso di te, ma è soltanto un attimo, perché guardarti più a lungo vorrebbe dire comprenderti e comprendersi, e George adesso ha troppa paura di quella zona fragile di mezzo. Provi tristezza, per quel vostro ridicolo tentativo di toccarvi, e senti tutto il peso della tua presenza ingombrante nel modo in cui ride forte con gli amici, per nasconderti e nascondersi. Percepisci la sua fuga, l’ascolti affannarsi, la supplica.
«Scusami, devo andare adesso» forse scappi, forse vuoi solo che t’insegua.
«Figuratevi, stavamo solo… Cosa?» La bocca di George si stropiccia nell’impulso di afferrarti, si sporca un po’ tentando di dirti un “rimani” senza voce. «Ah, d’accordo. Allora… Steve, quando me la presenti tua cugina?»
«Pensavo non t’interessasse più.»
«Ma dico, mi prendi in giro? Lo sai che se voglio esco con lei e pure con tutte le sue amiche. Le ragazze sono facili da abbindolare, basta fare loro un complimento, e s’innamorano di te. Guarda Alyssa con Terence, sono ridicoli!»
Sono un tornado di provocazioni, le insicurezze di George. Ti colpiscono e ti lasciano lividi invisibili allo stomaco, mentre confusa, indietreggi, impallidisci e ti spegni. Chiudi le mani, vorresti portarle al petto e parlargli con coraggio, ma poi scuoti le spalle e le lasci andare giù.
Sono palmi freddi quelli che penzolano senza alcuna direzione.
 
 


Palmi aperti nel vuoto.
Mani in attesa, dita tremanti, pelle che raggrinzisce in mezzo a un vortice di solitudine. E la neve fa troppo male.
Sembra sussurrarti di un qualcosa di sottile che si rompe, un gelo che parte da dentro e si fa strada attraverso la carne, cancella ogni traccia. Dei giochi con le dita a rincorrersi su una tastiera, delle confessioni morse tra i denti e lasciate sfiatare in nuvole di vapore, delle carezze trattenute, rubate, cercate, create negli spazi vuoti tra voi. Spazi immensi.
Sono assenza, le mani che si allungano sotto il cielo bianco, si muovono cieche e già consapevoli di non afferrare nulla, proprio nulla. Senza che ve ne rendiate conto, siete semplicemente nello stesso luogo in cui vivono gli altri: privo di un tetto, non esiste pavimento sul quale camminare; e tutti possono vederti nuda e indifesa.
George ride, scherza, là fuori, e tu dentro una scatola di cartone. Un passo di lato. Un passo che scricchiola, rischia di farti scivolare sul ghiaccio. George si guarda attorno e tu guardi altrove, ma è soltanto un attimo, perché sei stata una stupida a credere di averlo capito, e vuoi imprimerti a fondo quella zona vuota di mezzo, per non illuderti più di riuscire a riempirla. Provi vergogna, per le bugie che vi siete raccontati, e sai di esserti soltanto illusa dal modo in cui la sua bocca si allarga a ogni soffio, e ferisce. Ascolti le risate, lo guardi beffeggiarlo, il tuo perdono.
«Sei soltanto un codardo» cerchi di provocarlo, oppure di ferirlo come lui ha ferito te.
Il respiro di George è un involucro appallottolato dal quale strizza fuori veleno. «Perché? Ho detto la verità, sei stata tu a venirmi a cercare. Io… non c’è nulla di male… voglio dire… è la verità.»
«Guarda come arrossisce!»
«Oh George, baciami, ti prego.»
«E com’era quella storia del coniglietto?»
«Finitela, ragazzi…»
È un fiocco di neve, il rimorso di George. Ti danza davanti agli occhi e si scioglie in fretta, prima di toccarti il cuore, mentre furiosa, con le unghie, sfregi le sue labbra. Ritrai le mani, bollenti, e stavolta sei tu a non guardarti indietro.
Sono palmi umidi quelli che alla fine si riempiono di neve.




 

N.d.A.
Non pensavo che lo avrei fatto, ma sono tornata a scrivere di loro, e a modo mio a dare un seguito alla precedente OS.

Mi rendo conto che lo stile è molto refrattario, e non è facile cogliere il contesto se non siete nella mia testa.
Diciamo che tutto parte da una riflessione/domanda: George e Marine sono riusciti in qualche modo a superare il ricordo del tentativo di annegamento. Non l'hanno cancellato, ma sono riusciti, seppure a fatica, a costruire sopra un piccolo ponte, attraverso il quale ognuno di loro ha visto le fragilità dell'altro. Ed è stato bello, e sembra prezioso, e lo è, ma è tutto facile quando si è da soli in una stanza fuori dal mondo. Ma cosa succede quando tu povi ad andare avanti e il mondo, di questa tua decisione, non si rende conto? George e Marine provano ad allungare questo mondo anche al di fuori, ma nel momento in cui George deve fare i conti con i suoi amici, tutto il suo coraggio e tutta la sua determinazione vacillano. Ed è più facile fare il duro e assciurarsi l'approvazione dei suoi amici, e magari conta anche sul fatto che questo Marine lo comprenda... è un atteggiamento un po' stupido e un po' vigliacco, no?
Insomma, dopo un autunno in cui si è cercato di camminare sulle foglie morte, l'inverno fredda questo piccolo "altrove".
E va bene, se anche stavolta non siete scappati a gambe levate, io vi ringrazio.
   
 
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