Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Francine    26/01/2021    4 recensioni
Milo Papadopoulos, rampante chef, re dei social network e host di innumerevoli programmi sulla cucina, ha indetto un concorso per trovare un dolce che incarni la vera essenza di S. Valentino. E un bel giorno nella sua casella di posta elettronica trova la candidatura del Cafè Verse-Eau, elegante locale di Parigi, a Montmartre, a due passi dal Sacro Cuore e dal Carousel des Abbesses.
Peccato che Étienne Arnoul, il giovane proprietario del Cafè, non solo non badi molto alla promozione sui social, affidandosi al traffico di turisti che affollano Montmartre, ma non abbia neppure candidato il proprio locale alla singolare tenzone...
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Aquarius Camus, Cancer DeathMask, Capricorn Shura, Pisces Aphrodite, Scorpion Milo
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
È ufficiale, cari Quattro Gatti: sono impazzita.
Sì, sì, non ci piove.
Definirmi
sbiellata è usare un grazioso e gentile eufemismo, sicché tiriamo dritto e facciamola breve, ché a me i giri di parole fanno venire il mal di testa.
Sì, avete per le mani un AU romanticissimo, un vero e proprio Harmony ambulante, ma che volete farci? Dopo l'
annus horribilis (in decade malefica) che abbiamo passato mi ci voleva qualcosa di fresco e senza (troppe) pretese con cui snebbiarmi il cervello e vedere il mondo un po' più rosa.
Sì, lo so, c'è già l'abuso edilizio, e sì, lo so, Elena e Marco aspettano da una vita che io mi dia una mossa (per non parlare di Kanon&AJ, o di una certa signora in un certo pozzo con la deprecabile abitudine di mangiarsi i marmocchi...), ma non è colpa mia! È colpa dell'Ascendente Sagittario!! E di Sherry Vernet, la quale, soffia su delle braci che non hanno bisogno di essere rinfocolate e che mi aiuta col betaggio. Perché lo scaricabarile è una filosofia di vita eccetera eccetera...
Scherzi a parte ('nsomma...), prendete questa cosetta per quello che è: una storia leggera, senza pretese, per vedere il mondo attraverso una lente un filo più rosea senza doversi pappare quelle caramelle dal sapore stucchevole. Bleah!

Tutti i personaggi nominati in questa storia appartengono a Masami Kurumada e a chiunque ne detenga i diritti legali. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale; non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Francine) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.

Al solito, pomodori a destra e carote a sinistra, grazie.

Io metto su il caffè.






Plaisir d'Amour
Ne dure qu'un moment
Chagrin d'Amour dure
Toute la vie
(Jean-Paul-Égide Martini, Jean-Pierre Claris de Florian,
Plaisir d'Amour, 1785)






1.


 

«Ho detto di no.»

«Quanto sei cocciuto!!»

Françoise alzò gli occhi al cielo. Stavano discutendo di nuovo. E, di nuovo, mentre il locale si andava riempiendo per la prima ondata di avventori, quella degli abitanti di Montmartre che scendevano a fare colazione - croissant, caffè e spremuta d’arancia per chi poteva sedersi cinque minuti al tavolino, prima di tuffarsi in una nuova, travolgente giornata. 
Maman Louise, la pittoresca cartomante che si era appena trasferita da Belleville, ridacchiò soddisfatta, in un tintinnio di braccialetti d’argento al polso e alle orecchie.
«Siamo pieni di energie, eh?», disse, raccogliendo la schiuma del proprio cappuccino con un cucchiaino di porcellana bianca. «Beata gioventù...»
«Il buongiorno si vede dal mattino», disse - sospirò - Françoise gettando un’occhiata preoccupata verso il laboratorio alle spalle del bancone. 
«Per cosa bisticciano, stamattina?», chiese Maman Louise, attaccando il proprio croissant.
Françoise si strinse nelle spalle. 
«Il solito», rispose. «Coco vorrebbe dare il proprio apporto al locale, ma Tiennot...»
Maman Louise ridacchiò. «Tiennot si mette di traverso», sentenziò. «Tale padre, tale figlio...»

Françoise si lasciò scappare un sorriso triste. Sì, Tiennot era la fotocopia di suo padre. Caratterialmente parlando, ché quei due avevano in comune la faccia da schiaffi, l’aria indifferente e la magrezza quasi patologica. Eppure, sia Rémy sia Tiennot mangiavano, e di gusto pure, senza l’assillo della bilancia; cosa per cui sia lei, sia la piccola di casa, Coco, avrebbero pagato qualunque cifra. Ma anche Coco aveva ereditato lo stesso carattere cocciuto di Rémy, e questa era la causa delle infinite discussioni che tenevano banco sia al Cafè, sia quando tornavano a casa. Iniziavano a battibeccare non appena la saracinesca scendeva, e continuavano a cantarsele di santa ragione dall’entrata in metropolitana fino a quando non infilavano la chiave nella toppa della serratura.
O meglio: Coco diceva tutto quello che pensava della questione - quale che fosse - mentre Étienne si limitava ad affermare il suo punto di vista una sola volta, ascoltando le sfuriate della sorella fino a quando questa non perdeva la pazienza e gli teneva il muso.
E allora toccava a lei, a Françoise, mettere pace tra quei due; i quali, nonostante avessero superato da un pezzo l’età infantile, insistevano a comportarsi come due marmocchi indisponenti.

«Se solo non litigassero qui», sospirò la donna, ripiegando uno strofinaccio immacolato. «Non è positivo per gli affari...»
«No, non lo è», chiosò Maman Louise, un tintinnio argentino ad accompagnare il lavorio del cucchiaino alla ricerca di qualche residuo di schiuma. «Ma almeno qui non ci si annoia mai!»
Françoise sospirò proprio mentre si apriva - si spalancava - la porta che separava il locale dal laboratorio e Coco faceva il suo ingresso a passi lunghi e ben distesi, mitragliando il pavimento coi tacchi dei suoi stivali.
Sbuffò - grugnì - e buttò sul bancone lo strofinaccio che portava con aria distratta su una spalla, iniziando a spolverare il quadrato davanti a sé.
«Io lo strozzo», ringhiò la ragazza, e non occorreva la sfera di cristallo di Maman Louise per capire di chi stesse parlando.
«Non adesso, Coco», la redarguì sua madre. «Non è il momento giusto.»
«Tsé», sbuffò lei, appallottolando lo strofinaccio e lanciandolo alle sue spalle. «Non è mai il momento giusto, maman. E intanto qui i clienti iniziano a scarseggiare!»
«Li farete scappare tutti voi, se continuate a litigare come due scimmie in gabbia.»
Coco sbuffò dal naso, come una caffettiera sul fornello, e si mise le mani sui fianchi.
«Quali clienti, maman?», chiese, indicando il locale con un gesto del mento. 

Oltre a Maman Louise, stoica al suo posto, due sedie in là rispetto al centro del bancone, c’era solo Père Nouriet, assieme al suo fido bassotto Salsiccia, seduto alla comoda poltrona alta di fronte alla vetrina, intento a leggere il giornale del mattino e a scaldarsi ai timidi raggi del sole di fine gennaio. 
Françoise sospirò. «Magari, se tu e tuo fratello vi calmaste...»
«Magari, se mio fratello mi ascoltasse, una volta tanto», l’interruppe lei. «Maman Louise, dimmi se sbaglio», disse Coco rivolgendosi alla matrona con il turbante rosso acceso ben annodato sui riccioli freschi di parrucchiere. 
Il donnone annuì, col solito coro argentino dei suoi orecchini. 
«Qui passano solo gli abitanti del quartiere, e solo quelli che vanno a prendere la metro alla stazione di Abbesses», esordì Coralie, indice e naso all’insù. «Il resto dei turisti vanno o al Gökotta o al Susumella. Superate le dieci, fatichiamo ad attirare i clienti. Ed è un dato di fatto.»
«A-ah»
«Invece, sia il Gökotta, sia il Susumella hanno un traffico continuo.»
«Perché loro offrono un menù per il pranzo», s’intromise Françoise a difendere il locale. «Noi, no.»
«E questo è uno dei problemi», ribatté Coco. «Ma si può risolvere mettendo nel menù un paio di insalate, panini sfiziosi e uno strudel vegetariano da vendere a fette.»
«Lo sai, Tiennot...»
«Il problema vero è che tuo figlio non vuole saperne di fare promozione!», sibilò la ragazza fissando sua madre in viso. «Capisci, Maman Louise? Non vuole saperne di avere una pagina Facebook, un account Instagram o un blog.»
«Ed è un male?», chiese Maman Louise, fissando Coco come se fosse appena sbarcata da Marte.
«Sì, che lo è!», replicò Coco. E poco ci mancò che aggiungesse una pestata sul pavimento per dare corpo al proprio pensiero. «Siamo nel XXI secolo, non nel dopoguerra. E oggigiorno...»

«Non hai sentito il campanello? I croissant sono pronti da un pezzo!»

Étienne si affacciò dal laboratorio, un vassoio con i croissant appena sfornati che spandevano nel locale il loro fragrante aroma. Fulminò la sorella con lo sguardo e poi entrò in sala, posando il prezioso carico sul bancone.
«Non l’ho sentito. Quel coso è vecchio.»
«Quel coso funziona benissimo», replicò lui, nella sua divisa immacolata. «Se ti concentrassi di più sul lavoro, forse saresti più attenta. Altri due minuti e addio croissant!»
«Se tu mi stessi ad ascoltare, forse...»
«Discorso chiuso, Coco», tagliò corto lui. «Adesso torniamo a lavorare.»
«Il marketing èil mio lavoro!», protestò lei, mento sollevato e pugni chiusi contro i fianchi, come a sfidarlo a contraddirla.
«No», rispose lui. «Il marketing sarà il tuo lavoro se e quando ti laureerai. Fino ad allora, il tuo lavoro sarà servire croissant e caffè con un sorriso. Intesi?»
E senza attendere risposta, se ne tornò nel laboratorio lasciando le tre donne in silenzio.
Françoise scosse la testa e si dispose a sistemare i croissant sull’alzata di vetro.
Maman Louise sorrise.
Coco rimase a bocca aperta. Quindi, una volta sicura che suo fratello non sarebbe tornato indietro, si voltò e disse: «Io lo strozzo...».
«Strozzalo sabato prossimo, altrimenti non avremo chi preparerà i croissant...», la redarguì sua madre. In quel momento entrò una coppia di clienti, e Françoise ne approfittò per defilarsi da quella discussione senza sbocco. Ma, al bancone, Coco continuò a sbuffare sistemando tazze, piattini e bicchieri nella lavastoviglie.
«Non è giusto, non è giusto, non è giusto...»
«No, stellina. Ma sai anche tu com’è fatto tuo fratello.»
Maman Louise tentò di consolarla, di farle passare l’arrabbiatura con qualche parola buona, ma Coco non aveva alcuna intenzione di mollare l’osso.
«Sì, lo so. Ma se Tiennot non si dà una svegliata, qui chiuderemo entro marzo!»
«Adesso non esagerare...»
«Non sto esagerando, Maman. Non sto esagerando affatto», l’interruppe sbattendo i cucchiaini nel portaposate della lavastoviglie. «Qui non entra un cane, dopo le dieci del mattino. E siamo a due passi dalle giostrine di rue des Abbesses. Tanto vale chiudere a mezzogiorno. Invece sia il Gökotta sia il Susumella hanno clienti a tutte le ore, da quando aprono a quando chiudono. E fidati, non sono più bravi di Tiennot!»
«No, lo so», ma le parole di Maman Louise caddero nel vuoto.
«Basterebbe tanto poco. Basterebbe che quel testone si decidesse a starmi ad ascoltare. La pagina Facebook gliela curerei io, così come l’account di Instagram. I clienti che assaggiano i suoi croissant li condividono sui social. È la prassi. E se non sei presente, non ti possono taggare. E se non ti possono taggare, è tutta pubblicità gratis che se ne va alle ortiche. Guarda qui...», e la ragazza tirò fuori il proprio smartphone dalla tasca posteriore dei jeans. Aprì Instagram, digitò un paio di nomi e poi mostrò lo schermo al donnone davanti a sé. «Vedi? Questo è il Gökotta. Guarda quanta gente ne parla! E questo è il Susumella

Maman Louise annuì. Non comprendeva la reale portata della faccenda, ma iniziava a sospettare che Coralie non avesse poi tutti i torti.

«Il Café Verse-Eau non ha niente. Ni-en-te. Nemmeno un cazzo di hashtag. Se è presente come località è perché ho postato io una fotografia, lo scorso febbraio.»
Rimise via lo smartphone e riprese a caricare la lavastoviglie.
«Oggi gli ho proposto di candidare il Plaisir d’Amour del Verse-Eaualla sfida romantica di Milo Papadopoulos...»

«Frena, bambina», le disse Maman Louise, arrestando quella valanga di parole con un gesto delle mani. «Fammi un altro cappuccino, ché non ti seguo più.»
Coralie sorrise, annuì e si mise ad armeggiare con la macchina dell’espresso. Montò il latte, pigiò l’interruttore, attese che il caffè riempisse la tazza e versò la schiuma. Posò un cappuccino davanti a Maman Louise e disse:«Le-voilà.».
Il donnone afferrò la tazza con ambo le mani, lasciando che il tepore della porcellana avvolgesse le sue vecchie dita raggrinzite. Soffiò sul cappuccino e diede una prima sorsata, trattenendo la bevanda dietro le labbra color melagrana matura.
«Ci voleva proprio...»
«Sono contenta che ti piaccia», disse Coco, tornando ad occuparsi delle altre ordinazioni e sistemandole sui vassoi. 
Una volta che la ragazza fu tornata dietro al bancone, Mamam Louise le chiese: «Spiegami questa storia della sfida romantica, scimmietta, vuoi?».

«C’è questo chef stra-fa-mo-sis-si-mo», esordì Coco, gli occhi che brillavano nemmeno stesse parlando di un attore famoso. Prese il suo smartphone, lo attivò, digitò qualcosa e mostrò a Maman Louise un’immagine. Un bel ragazzo, sui venticinque anni, il sorriso malandrino e l’aspetto da rockstar più che da chef navigato. «La sua pagina Facebook e il suo account Instagram sono stra-se-gu-i-ti. La sua trasmissione fa sempre i botti! E ogni mese porta all’attenzione del suo pubblico un locale specifico.»
Maman Louise annuì. Faticava a seguire il discorso di Coralie, ma le era chiaro che questo Milo fosse una specie di Enfant Prodige della cucina, almeno di quella messa sotto ai riflettori. 
«Per S. Valentino ha indetto una gara per trovare IL dolce de-fi-ni-ti-vo», proseguì Coco. «Lui stesso sceglierà il vincitore. Che riceverà un bell’assegno di cinquemila euro per il proprio locale. Oltre alla pubblicità sul suo sito.»
«E hai pensato...», iniziò a dire, quando Coco la interruppe.
«Esatto!», trillò lei. Stesso, stramaledettissimo vizio che aveva suo padre, pensò il donnone sotto al suo turbante rosso. A Maman Louise sembrò un fringuello che canta su un ramo di pesco in fiore. «Perché non iscrivere il Cafè Verse-Eau? Il Plaisir d’Amour di Tiennot può tenere testa a qualsiasi altro dolcetto stucchevole! Cinquemila euro sono briciole, lo so, ma tanto, che abbiamo da perdere?»
«Niente», convenne l’altra, annuendo. «Più di no, non possono dirvi.»
«Il mio stesso, identico ragionamento», commentò Coco, l’indice ben teso verso il soffitto. «Ma quel testone non ne vuole proprio sapere. Secondo lui, è una perdita di tempo.»
Maman Louise si strinse nelle spalle. «Non ha tutti i torti. Potrebbe essere un fuoco di paglia, nelle migliore delle ipotesi.»
«Sì, ma se riuscissimo ad essere selezionati sarebbe pubblicità gratuita. E questo smuoverebbe le acque», disse mestamente Coralie. Posò gli avambracci sul bancone e si sporse verso Maman Louise. «Lo so che la forma è nulla senza sostanza. ma la sostanza Tiennot ce l’ha, eccome! Se solo cedesse al Lato Oscuro della Forza...»
«Che c’entra adesso Guerre Stellari?!»
Coco rise, scosse la testa e rispose: «È per dire, Maman.». Pausa. «Se mio fratello si facesse convincere...»
«Ma scusa, scimmietta, il Cafè non è anche tuo?»

Coralie piegò la testa da un lato, come un cane che non ha capito cosa voglia il suo padrone da lui. «Sì?», replicò. Cauta.
«E da quando in qua tu hai bisogno del permesso di Tiennot per fare le cose?», le domandò Maman Louise con il sorriso innocente del gatto che si è appena pappato un passerotto grassoccio. Poi si alzò, facendo leva sul bancone, raccolse la sua borsa piena di cose, se la mise in spalla e, cercando il borsellino in quel marasma generale, aggiunse: «Quant’è?».

Coco non le rispose. La fissava, ma il suo cervellino irrequieto stava galoppando a briglia sciolta per sentieri tutti suoi, e a breve anche le sue mani avrebbero trovato il coraggio per afferrare lo smartphone ed iscriversi a quel maledetto concorso. A Tiennot avrebbe pensato dopo, se e quando il Cafè Verse-Eau fosse stato selezionato; adesso, quello che la scimmietta di casa Arnoul doveva fare era uscire dall’ombra di suo fratello. Ed accettarne le conseguenze.

«Coco?»
«Hn?»
«Quant’è?»
Coco sbattè le palpebre un paio di volte, come se si stesse risvegliando da un sogno ad occhi aperti. «Offre la casa.»
Maman Louise sospirò.«Evvabene!», disse, rimettendo nella borsa capientissima il borsellino male in arnese. «Ma se continuate così andrete sul lastrico, scimmietta!», e con questo consiglio uscì nel sole di gennaio, certa di aver parlato al vento.

Quando si voltò, vide che Coco non era più al suo posto, dietro al bancone, ma accanto alla vetrina - lì il segnale era più forte e stabile - a smanettare con lo smartphone e a tenere d’occhio la porta del laboratorio. Sia mai ti colga con le mani nel barattolo della marmellata... 
Maman Louise sorrise. Aveva fatto bene a darle quella piccola spintarella. In fondo, quante probabilità c’erano che quel Milo Vattelappesca scegliesse proprio il Cafè Verse-Eau?
Una su un milione, se non addirittura meno.
Tranquillo, Tiennot. Sei in una botte di ferro.


   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Francine