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Autore: Bibliotecaria    27/01/2021    1 recensioni
In un mondo circondato da gas velenosi che impediscono la vita, c’è una landa risparmiata, in cui vivono diciassette razze sovrannaturali. Ma non vi è armonia, né una reale giustizia. È un mondo profondamente ingiusto e malgrado gli innumerevoli tentativi per migliorarlo a troppe persone tale situazione fa comodo perché qualcosa muti effettivamente.
Il 22 novembre 2022 della terza Era sarebbe stato un giorno privo di ogni rilevanza se non fosse stato il primo piccolo passo verso gli eventi storici più sconvolgenti del secolo e alla nascita di una delle figure chiavi per questo. Tuttavia nessuno si attenderebbe che una ragazzina irriverente, in cui l’amore e l’odio convivono, incapace di controllare la prorpia rabbia possa essere mai importante.
Tuttavia, prima di diventare quel che oggi è, ci sono degli errori fondamentali da compire, dei nuovi compagni di viaggio da conoscere, molte realtà da svelare, eventi Storici a cui assistere e conoscere il vero gusto del dolore e del odio. Poiché questa è la storia della vita di Diana Ribelle Dalla Fonte, se eroe nazionale o pericolosa ed instabile criminale sta’ a voi scegliere.
Genere: Angst, Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Note dell'autrice: scusate l'immenso ritardo, sono stata sommersa di impegni in questo periodo, oltretutto questo capitolo non mi convice ancora, ci sono delle cose che, per quanto le rilegga, non mi convincono ma non riesco a sistemare, ma forse sono solo io ad essere paranoica. Quindi mi fareste un enorme favore a scrivermi cosa ne pensate nelle recensioni, se avete consigli, critiche, qualsiasi cosa. In tanto ringrazio tutti i lettori per essere arrivati fino a qui, vi dò un grosso abbraccio!

12. Riconciliazione
 
Nel biglietto che avevo dato a Giulio c’era scritto che gli davo appuntamento il giorno dopo a casa mia alle sette e che gli dovevo parlare in privato e di non inventarsi scuse perché sapevo che quel giorno non aveva impegni.
Ma da quando inserì la lettera nella nello zaino iniziai a mangiarmi le unghie, vizio che avevo da piccola e che avevo perduto qualche anno prima ma nei momenti di particolare pressione tende ancora a riapparire.
 
Vorrei poter dire che dopo fui relativamente tranquilla e rilassata se non addirittura certa al cento per cento che sarebbe venuto, invece già alle cinque e mezza del giorno successivo ero pronta per accoglierlo. La grande Diana Dalla Fonte ridotta ad un’anima in pena per un ragazzo: uno spettacolo penoso. Ero sempre stata la prima a dire che alle mie amiche di non innervosirsi inutilmente per un maschio, che c’erano tanti pesci nel mare e che comunque non bisognava farne una tragedia se una relazione finiva. “Sei una brutta ipocrita Diana.” Mi ripresi quando mi accorsi che erano solo le cinque e quarantacinque; da quando avevo visto Giulio allontanarsi il mio cervello aveva avuto un chiodo fisso sulla questione. Come se non bastasse non mi aveva mandato nessun segnale per farmi comprendere le sue intenzioni, la sua tranquillità era paragonabile a quella di un monaco del Sole illuminato dalla sacra rivelazione e questo mi faceva perdere le staffe.
Continuai a guardare l’orologio, che pareva procedere troppo lentamente per i miei gusti, e a contare i passi necessari per andare da una parete all’altra della stanza. Mi sentivo una chimera in gabbia.
La mia era un’attesa angosciante, forse addirittura ossessiva. Avevo provato a concentrarmi su qualcosa di diverso ma non ci riuscivo. In quell’asso di tempo infinitamente lungo mi dissi almeno sedici volte che dovevo rassettarmi, ventisei volte che era una pessima idea, trentadue che aveva buttato la lettera, seicento che non sarebbe venuto.
Arrivarono le sette, non sentii il suono del campanello o il telefono squillare e dopo due minuti d’attesa crollai. In uno scatto d’ira calciai il tavolo della cucina e per poco non si ribaltò. La rabbia si unì alla frustrazione, alla delusione e ai sensi di colpa sfogandosi finalmente in delle lacrime. Mi diedi della scema, della stupida, dell’orgogliosa, della mula, dell’incompetente e della insensibile mentre continuavo a muovermi nervosamente lungo la stanza colpendo di quando in quando il muro, calciando il divano o qualche sedia. Delle tante persone che conoscevo ero riuscita ad allontanarmi dall’unica a cui non mi sarei mai voluta separare. In quella tempesta di lacrime mi venne in mente uno dei pochi ricordi nitidi della mia infanzia.
 
“Nonna perché non ti sei più risposata?” Aveva chiesto una bambina di quattro anni troppo curiosa e vivace per qualsiasi adulto. Ricordo una dolce tristezza, una pacifica malinconia nei suoi occhi mentre lo diceva. “Perché non avrei mai potuto amare nessun altro se non tuo nonno piccola mia.” “Perché?” Insistetti con quel fare innocentemente irritante dei bambini. “Noi siamo fatti così, amore mia.” Non ci capivo niente. “Ogni uno di noi è destinato ad amare una persona in particolare, una e una solamente.” Mi sentii triste a quella notizia. “Allora non mi vuoi bene, e neanche a papà.” “No, no Diana. Io ti voglio bene e anche a tuo padre e a tua madre, gli voglio un bene dell’anima. Ma con tuo nonno è stato diverso.” “Diverso? Come!?!” Insistetti esasperata da tutti quei misteri. “Nel senso che sentivo di aver trovato la persona che mi completava.” Ascoltai senza capire quelle parole. “Tranquilla un giorno capirai.” Disse accarezzandomi. “E il nonno? Provava lo stesso?” Chiesi curiosa e lei sorrise sincera e fece un sì lento e pacifico. “E mamma e papà?” La nonna rise alla mia domanda. “Quei due! Sì, si amano alla follia ma non lo ammetterebbero mai. Diana, giurami che se un giorno incontrerai qualcuno per cui proverai questo sentimento, chiunque sia, farai di tutto per tenertelo vicino.” “Lo giuro nonna.” Lo avevo giurato senza saper cosa fosse davvero un giuramento ma era di uguale valore.
 
Con gli anni mi ero convinta che fosse solo una fiaba per bambine romantiche e avevo in parte dimenticato la promessa e alla questione del destino non ci avevo mai realmente creduto, anzi, crescendo mi aveva sempre maggiormente provocato un senso di fastidio. Ma in quel momento compresi che, come in ogni favola, c’era un fondo di verità: è raro riuscire a trovare qualcuno con cui si sente di potrer condividere tutta la vita, accettando a vicenda pregi e difetti, ma se la si trova non bisogna farsela sfuggire perché molto probabilmente non avrai un’occasione simile una seconda volta, forse si riuscirà a trovare l’amore in qualcun’altro ma non sarà mai la stessa cosa. “Avevi ragione nonna.” Sussurrai con la voce rotta dalle lacrime che mi bloccavano la gola. “Sono una tale idiota.”
 
Sentii il campanello suonare ci andai convinta che fosse qualche rompipalle o qualche stupida scout. “Che c’è!?!” Sbottai spalancando la porta. “Che c’è? Io te lo dovrei chiedere!” Alzai lo sguardo: era Giulio.
 
Caddi letteralmente tra le sue braccia e iniziai a piangere. Mi detti della stupida e della debole: stavo piangendo come una bambina. Per un istante Giulio esitò, era sorpreso, l’ultima volta che mi aveva vista così la situazione era molto più grave, però, malgrado fosse ancora arrabbiato con me, mi strinse a sé e lasciò che mi sfogassi per qualche istante prima di condurmi dolcemente al interno per poi chiudersi la porta dietro. “Mi dici che ti prende?” Sentivo la sua rabbia contenuta a forza dalla sua preoccupazione che lo pervadeva: aveva sempre avuto un cuore buono. “Ti ho vista piangere così una sola volta e… insomma… data la situazione sarebbe stato strano il contrario.” Continuò con un tono già più calmo e addolcito.
Dovevo avere un aspetto terribile: tremavo, singhiozzavo, gli occhi erano sicuramente rossi, le occhiaie erano venute fuori, il viso era accaldato e solcato dalle lacrime ed ero tutta incurvata. Vidi i suoi occhi addolcirsi un attimo. “Piango… perché sono una perfetta idiota, presuntuosa e perché ti amo!” Dissi tremante. Giulio allora guardò l’orologio erano le sette e dodici ma a me quei pochi minuti erano parse ore.
 
Scacciai via le lacrime con rabbia, non era sulla pietà o su questa scenata che avrei voluto iniziare la serata ma la situazione mi era sfuggita di mano. Inspirai affondo ed espirai scacciando via tutta la tensione che avevo in corpo. Gli feci cenno di sedersi, facendogli intuire di non riaprire l’argomento, ma non mi ascoltò si avvicinò a me e iniziò ad annusarmi. Mi faceva il solletico e un tenue sorriso mi affiorò sulle labbra alla sensazione del suo fiato e della sua barba incolta sulla mia pelle, si era fatta più folta in quelle settimane ed era quasi decente. Non so cosa comprese, non so se devo ringraziare la Luna, il Sole o qualche Astro per questa illuminazione divina, o forse devo solo ringraziare Giulio per aver posseduto un’empatia che avrebbe potuto salvare il mondo. “Sospettavo che non ce la stavi raccontando giusta.” Sussurrò accarezzandomi i capelli. “Non eri più te stessa di recente.” Continuò con dolcezza. “Mi sei mancata Diana.” Quattro parole con il potere di far cadere tutte le mie difese e lei mie paure in un secondo.
Lo abbracciai mentre anche lui mi stingeva a sé. “Giulio io…” Iniziai tremando, volevo scusarmi per averlo allontanato dalla faccenda per essere stata la peggiore delle fidanzate e delle amiche, supplicarlo per il perdono.
“So che mi vuoi spiegare che succede.” Mi interruppe poggiandomi un dito sulle labbra. “Ma il primo a doverti delle scuse sono io: avrei dovuto capire prima che c’era qualcosa che non andava. Quindi, ora, prendi un bel respiro e mi spieghi cosa sta succedendo.” Seguii il suo suggerimento: presi un respiro profondo e mi ricomposi. A quel punto gli feci cenno di sedersi e gli raccontai tutto.
 
Quando conclusi Giulio si stava reggendo la testa con le mani con fare esasperato. “Perché non me l’hai detto? Ti avrei aiutata volentieri, sarei stato dalla tua parte.” Mi riprese distrutto. “È proprio questo il problema: avresti accettato e ti avrei messo in pericolo e questo io non lo voglio.” Spiegai esausta. “E hai mai pensato a me?” Mi domandò guardandomi negli occhi. “Diana quando ci hai detto quella cosa non ci volevo credere: è stato come morire. Te l’ho nascosto ma sono stato malissimo. Per giunta, non hai mai pensato che se succedesse qualcosa a te avresti fatto soffrire me, i ragazzi, i tuoi amici di Lovaris e i tuoi genitori? Per la Luna…. Se dipendesse da me ti direi di fare le valige e di non tornare mai più qui, te lo volevo dire nel istante in cui ho saputo in che cosa ti stavi imbarcando.” Mi confessò esasperato. “Giulio, ascolta…” “No, tu ora ascolti me Diana. Sono infinitamente incazzato con te, non hai idea di quanto desideri prenderti a schiaffi in questo momento. Eppure ti amo ancora troppo e già il fatto di averti ferita mentre cercavi solo di proteggermi, sbagliando, ma comunque mi stavi proteggendo, mi fa sentire un pezzente.” Sorrisi dolcemente a quell’affermazione. “Pertanto ora voglio che tu mi ascolti attentamente. Io ti amo e intendo superare ogni ostacolo con te, intendo sposarti, avere dei figli nostri o adottati, non mi importa, voglio fare la differenza stando al tuo fianco: come compagno, come pari, come fedele alleato. Ma non posso farlo se devo vivere nel terrore che tu mi nasconda qualcosa per proteggermi; quindi, ora, io ti perdono, ma devi giurarmi che mi dirai sempre tutto e che giudichi da me se è qualcosa che non posso fare.” Quando finì non resistette più e distolse lo sguardo probabilmente in imbarazzo, anche se io l’avevo trovata la più grande dimostrazione di coraggio, lealtà, e forza a cui avessi mai avuto l’onore di assistere.
Mi appoggiai a lui e lo strinsi con forza. “Telo giuro Giulio…” Esitai un secondo ma non potevo infrangere un giuramento un istante dopo averlo compiuto. “Sei la persona migliore di questo mondo e temo di non meritarti.” A quelle parole Giulio si allontanò imbarazzato. “Non fare la smielata adesso, non ti si addice.” Disse lui imbarazzato. “Mi hai chiesto di dirti sempre tutto e questo riguarda le cose brutte come quelle belle.” Sussurrai tornando a sedermi in maniera composta. “Bene, pace fatta direi… se… se non c’è altro io… andrei prima che arrivino i tuoi.” Iniziò Giulio nervosamente lanciandomi uno sguardo che avevo imparato a conoscere.
Riconobbi subito quello sguardo imbarazzato, quella supplica silenziosa. Sorrisi condividendo il suo desiderio, volevo dimenticare il resto del mondo per qualche ora. “Si è fatto tardi. Se vuoi puoi restare.” Gli proposi e un istante dopo ci stavamo baciando, non fui mai così contenta che i miei dovessero lavorare fino a mezzanotte. “Approfittatore.” Lo derisi mentre mi avvicinavo a lui baciandolo e a quel punto mi lasciai sollevare e portare in camera.
 
Non saprei descrivere quella notte, ero molto tesa, piena di sentimenti al limite, tra il rancore per quelle settimane e la voglia di aggiustare le cose, tuttavia una volta diventati uno sapevamo già che qualunque cosa ci riservasse il futuro, non ci saremmo mai separati, malgrado le differenze, i litigi e le avversità della vita non avremmo mai smesso di sostenerci a vicenda.
 
“Diana.” Mi voltai nel letto. “Dimmi Giulio.” Avevamo appena finito di fare l’amore e ci ritrovammo, per qualche strano motivo, a parlare seriamente, malgrado fossimo entrambi distrutti dal sonno. “Continuo a essere dell’idea che non dovevi accettare la proposta di Mandarino e non trovo che sia stato corretto escluderci dalla missione senza dirci nulla e scacciandoci malamente.” C’era rimprovero e potevo sentire la frustrazione di quelle due settimane nella sua voce ma non più delusione o rabbia aveva deciso di metterle da parte e vedere se effettivamente sarebbe servito. “Non temere non avverrà mai più.” Lo rassicurai accarezzandolo. “E credo che troveremo un modo per evitare il disastro. E domani…” Guardai l’orologio. “O meglio oggi pomeriggio, tutto vi risulterà chiaro.” Mi guardo sorpreso. “Voi chi?” Sorrisi a quella ritrovata serenità tra di noi. “Tu e i ragazzi.” Risposi. “Quindi li hai già avvisati.” Domandò sorpreso. “Sì, ho scritto anche loro una lettera, ma non credo che verranno.” Ammisi. “Aspetta. Hai scritto una lettera anche ai ragazzi? Portandoli al mio livello come importanza? Questo è crudele!” Mi prese in giro infilandosi sotto le coperte e baciandomi il ventre facendomi impazzire. “Giulio, no! Non riesco a parlare così!” Esclamai cercando di trattenere le risate. Comparve da sotto le coperte. “Come? Nuda e a due millimetri dal sottoscritto oppure non ci riesci se sei eccitata?” Mi domandò sorridendomi divertito ma con dolcezza. “Entrambe le cose.” Se mi considererete pazza a questo punto allora perfetto sono ed ero pazza. “E, senti, adesso non ho voglia di parlarne, rovinerei il momento.” Una parte di me desiderava lasciare questo istante così com’era, felice, innocente, perfetto. Giulio si mise in una posizione fin troppo seducente. “Se vuoi potrei parlare con i ragazzi e convincerli a venire.” Mi propose guardandomi negli occhi con fare lascivo. Alzai lo sguardo. “Mi faresti un enorme favore ma, ti prego, smettila di provocarmi: sono stanca e domani c’è scuola.” Decretai scacciandolo con il cuscino, a quel punto si allontanò e fece per mettersi a dormire, poi però mi accorsi di una coda che iniziò ad accarezzarmi le cosce. “Giulio!” Esclamai seria minacciandolo di morte, lui se la rise e mi diede un ultimo bacio della buona notte.
Tuttavia non riuscii ad addormentarmi facilmente. Stavo pensavo che doveva aver fatto pratica con le trasformazioni in lupo poiché ero sicura che una coda che fino ad un’istante fa mi stava sfiorando le gambe era scomparsa nel nulla, una piccola angoscia mi invase: sapevo che da quando si era trasformato per la prima volta lo aveva fatto altre volte ma iniziavo a temere che la cosa gli stesse sfuggendo di mano, temevo di perderlo per questo, se lo avessero scoperto o non fosse più stato in grado di tornare nella sua forma umanoide sarebbe stato straziante per me e pericoloso per lui.
Con dolcezza gli passai una mano sotto la nuca, trai folti capelli castano scuro e la barba incolta che gli ricopriva parte del viso, c’erano alcuni peli scuri sul petto sugli addominali, sulle braccia e sulle gambe così lisci rispetto a quelli umani, mi persi a studiare quel corpo muscoloso anche se non particolarmente scolpito e mi sentii sicura quando mi strinse tra le sue braccia in un abbraccio forte e dolce. Mi addormentai accoccolata al suo petto con un sorriso che, per quanto felice, era anche preoccupato.
 
 
Quel pomeriggio osservai uno ad uno i miei compagni e presi un bel respiro per iniziare. “Di certo immaginate il motivo per cui vi ho convocati.” Tutti annuirono.
Giulio era riuscito a convincere i ragazzi a darmi almeno la possibilità di spiegarmi e, sorprendentemente, avevano accettato. Anche se si riusciva a palpare la loro ira e irritazione. Galahad aveva trasformato i suoi occhi verde scuro in delle lame affilate, sorte simile a quelli Nohat che in aggiunta stavano leggermente brillando, segno che il suo istinto predatore era attivo, pertanto nulla di buono per me. Vanilla mi stava scavando l’anima con quei suoi occhi blu studiando ogni mia singola mossa. Quelli più propositivi erano Felicitis e Garred che stavano covando una tenue speranza.
“Ebbene le mie intenzioni riguardo i draghi…” Come iniziai a parlare venni interrotta da Nohat. “Le conosciamo già le tue intenzioni.” Disse acidamente. “Lasciala parlare Nohat.” Intervenne Giulio lanciando un’occhiataccia al suo amico. “Certo Giulio.” Rispose. “Mi fa piacere sapere che la puttana ti ha ammaestrato.” A quelle parole Giulio afferrò Nohat per i lembi della maglia e lo avvicinò a sé mentre mi stavo trattenendo per non riempire quel idiota di botte. “Nohat, io e te siamo amici da prima ancora di saper parlare. Ma da della puttana alla mia fidanzata un’altra volta e giuro che è la volta buona che....” Giulio, in preda al ira, stava per aggiungere altro ma si bloccò e, quasi vergognandosi di sé, lasciò andare Nohat. “Lasciala parlare.” Si limitò a dire poi tornando il ragazzo che conoscevo. La sua ira improvvisa aveva sorpreso tutti i presenti, soprattutto Nohat: pareva costernato per quello che aveva fatto Giulio e c’era qualcos’altro che non riuscivo ad identificare. Nohat fece per dire qualcosa ma si bloccò e rimase in silenzio.
A quel punto Giulio mi fece cenno di continuare e così feci.
“Stavo dicendo…” Ripresi lanciando uno sguardo preoccupato Giulio: una parte di me temeva che questa sua reazione fosse legata al risveglio della sua parte lupina dato che non l’avevo mai sentito alzare i toni con nessuno e neanche al resto dei ragazzi era mai capitato. “Ho intenzione sì di liberare i draghi ma non di consegnarli.” Iniziai mentre i ragazzi mi guardarono scettici. “E a chi hai intenzione di consegnarli? A quel branco di felloni della S.C.A.?” Mi chiese Garred, che nel caso ve lo state domandando, era stato lui ad aver stillato la lista su I gentili appellativi della S.C.A. “Ovvio che no.” Ribattei all’istante. “Non li consegnerò a nessuno, né alla S.C.A., né allo stato, né al esercito, né a Malandrino o né a qualunque altra organizzazione.” Specificai. “Quindi… il tuo grande piano è di tenerteli?” Chiese Galahad con una buona dose di scetticismo mentre mi scrutava con fare calcolatore. “Neanche.” Decretai e colsi un interesse crescente in Galahad. “Ho ricevuto una soffiata su un posto sicuro per questi draghi. Dove nessuno li maltratterà o sfrutterà.” Subito ottenni la massima attenzione da parte di tutti. “Dove si trova?” Mi chiesi Felicitis con un barlume di speranza negli occhi. “Nella Regione dei Fiumi.” Ammisi e a quelle parole gli occhi di molti si illuminarono.
“E la persona che ti ha fatto la suddetta soffiata è per caso uno dei tuoi ex-compagni di classe? Sempre ammesso che tu non stia facendo il doppio gioco per approfittarti di noi.” Mi chiese Vanilla, l’avrei ritenuto un insulto normalmente ma mi trattenni ricordandomi che per come li avevo trattati mi meritavo tutto ciò. “Non mi approfitterei mai della vostra amicizia e sì: questa soffiata viene dalle persone più fidate che conosca. Questa è la verità.” Specificai con pacatezza. “E come ci possiamo fidare basandoci sono sulla tua parola?” Mi chiese Vanilla ancora scettica e scrutandomi con attenzione. “Dopo tutto ce lo hai detto solo ora a cose fatte, dopo che avevi già deciso su come agire, potresti esserti inventata tutto.” Feci per alzarmi dalla poltrona infuriata ma mi bloccai a metà strada e mi obbligai a tornare seduta prendendo un profondo respiro.
“Non vi ho detto subito la verità perché non vi volevo coinvolgere più del necessario.” Risposi tentando, goffamente, di placare la mia ira. “Non coinvolgerci? E allora cos’era quella scenata che hai fatto un po’ di tempo fa?” Mi domandò Vanilla infastidita. “Farmi odiare era il modo più semplice per tenervi lontano da questo piano suicida.” Spiegai mantenendo la calma. “E so di aver sbagliato a dirvi quelle cose. Avete tutto il diritto di odiarmi se volete, non vi ho invitato qui per ricevere il vostro perdono, questa è una cosa che mi devo meritare. Vi ho invitati per scusarmi e supplicare il vostro aiuto poiché da sola non riuscirei mai nel mio intento o ad uscire viva da quella missione.” Buttai tutto fuori d’un colpo; la cosa fu estenuante ma al contempo liberatoria: non stavo così bene da un pezzo.
“In poche parole…. Mi dispiace: sono un’idiota, ho sbagliato a trattarvi così, e so che è ipocrita da parte mia correre a chiedere il vostro aiuto adesso. Non vi chiedo di perdonarmi, poiché neppure io lo farei, vi sto solo chiedendo di collaborare per liberare il drago ed evitare la catastrofe. E se non volete saperne nulla non vi giudicherò: siete liberi di andarvene se volete poiché in questa missione rischierete la vita.”
Quando conclusi il discorso si incrociarono gli sguardi e decisero di parlare tra loro per qualche minuto. Solo Giulio rimase seduto vicino a me: lui aveva già scelto da che parte stare.
 
Non ascoltai la loro conversazione, non seppi mai cosa si dissero e sinceramente credo che non avrebbe cambiato il risultato. A fine discussione Galahad mi si avvicinò e mi guardò dritto negli occhi. “Diana quello che facciamo è un atto di fiducia. Comprendo che tu abbia fatto tutto questo per proteggerci ma se ci nascondi qualcos’altro dillo ora perché non tollererò altri segreti.” Decretò Galahad e gli risposi senza esitazione. “Ne sono consapevole.” La determinazione nella mia voce non scosse Galahad di un millimetro. “Bene. Aggiornaci sui dettagli.” Decise sedendosi sul divano, gli sorrisi chinando leggermente la testa in segno di ringraziamento.
A quel punto attesi il verdetto del resto dei miei compagni, si sedettero tutti, tuttavia notai che solo Felicits e Garred parevano soddisfatti dalla situazione, Vanilla aveva ancora molte reticenze e Nohat probabilmente era rimasto solo per Giulio.
“Allora? Qual è il piano capitano?” Sorrisi alla frase di Garred: nessuno mi chiamava più in quel modo da troppo tempo. “Il piano è semplice. Io, voi, Malandrino e un altro paio di persone ci introdurremo per la finestra…” Venni interrotta da un gesto seccato di Nohat. “Dicci solo ciò che varierà, Malandrino sicuramente non fa altro che ripeterci il piano tutti i sacrosanti giorni quando ci farai entrare nella squadra. Vai al dunque.” Mentre diceva queste cose si sedette accanto a Giulio e questi gli diede una leggera spinta con la spalla. Nohat si voltò. “Scusami.” Sussurrò Giulio e Nohat fece un cenno vago che probabilmente voleva dire che le accettava.
“Va’ bene… non sono ancora in grado dirvi i dettagli ma l’idea sarebbe che voi bloccaste chiunque possa compromettere la liberazione del drago: ovvero Malandrino ei suoi seguaci più fedeli. E probabilmente un paio di voi dovranno anche assicurarsi che il tetto sopra alla bestiaccia sia aperto quando lo libererò. Ci penserò io a portare il drago fuori da lì. E a quel punto lo porterò nei pressi di Lovaris dove i ragazzi hanno trovato un nascondiglio adeguato.” Spiegai in maniera sommaria. “Tutto qui?” Commentò Galahad sorpreso e leggermente scettico. “Lo so, fa pena ma questo è quanto so dirvi per certo.” Continuai, li guardai un secondo. “D’accordo entro un po’ più nel dettaglio. La mia idea è quella di fare in modo che tutti quelli che andranno alla sala comandi siate voi. Poi servirà almeno una persona che stia sul camioncino così che possa recuperarci se tutto va’ a scatafascio. E, in oltre, mi serve qualcuno che si occupi di Malandrino mentre io libero il drago. Per il resto il piano non si discosterà da quello di Malandrino.” Spiegai. “Ora, qualcuno ha dei suggerimenti?” Domandai ci fu un lungo momento di riflessione. “Penso che le persone più indicate per occuparsi di Malandrino ed un suo eventuale scagnozzo siano Giulio e Nohat che, assieme a te, sono quelli più robusti e bravi nel combattimento e a sparare.” Disse Vanilla ottenendo un cenno d’affermazione da parte di Galahad.
“Io ci sto’ purché sia lei la prima ad entrare nella stanza del lucertolone e a rischiare la pellaccia.” Disse Nohat beccandosi un’occhiataccia da parte mia e di Giulio. “Nohat smettila con questo comportamento. Neanche io so se fidarmi realmente di Diana, in fondo è un’umana. Ma il tuo atteggiamento non ci aiuterà.” Lo bacchettò Galahad. “Oh, orecchie a punta si è finalmente fatto calare le palle.” Commentò Nohat ironico ma leggermente a disagio. “L’orecchie a punta…” Controbatté Galahad con un tono tagliente. “È interessato alla tua collaborazione, succhia sangue.” Rispose Galahad facendomi strabuzzare gli occhi. “Galahad… stai bene? Hai la febbre?” Gli domandò Garred confuso toccandogli la fronte con fare giocoso. “Sto benissimo.” Si limitò a dire Galahad scostando infastidito la mano di Garred, per poi tornare a fissare Nohat. “Sarai collaborativo?” Gli domandò Galahad, e Nohat, sbuffando, rispose. “Sì, sì.” Rispose annoiato. “Ma questo non significa che mi io fidi di te al cento per cento di te, Diana. L’unico motivo per cui collaboro è per parare il culo a Giulio: non esiterei un istante ad abbandonarti se anche solo sospettassi che ci stai nascondendo qualcosa.” Mi informò. “Continua a dubitare allora.” Decretai sorprendendolo. “Così facendo mi risparmi la fatica di dover dimostrare sempre le mie motivazioni: un occhio scettico e attento fa sempre comodo.” Dissi cercando di mantenere i nervi saldi.
“Ragazzi, per favore, non scatenate una guerra.” Intervenne Giulio mettendosi tra noi. “Si può sapere perché la mia ragazza e il mio migliore amico non riescano neanche a dividere la stessa stanza per cinque minuti senza scannarsi?” Domandò Giulio cercando di spezzare la tensione tra noi due. “Mi dà fastidio il fatto che sia umana, problemi?” Spiegò Nohat facendo alzare gli occhi al cielo a Giulio. “Oh Luna, ti prego, fa che si trovi una femmina così finalmente inizierà ad apprezzare la cecità del amore.” Scherzò Giulio mentre io mi trattenevo per non ridere in faccia a Nohat.
 
Quando la riunione fu conclusa Felicitis, che era rimasta in disparte fino ad ora, mi si avvicinò e mi abbracciò. Il suo gesto mi sorprese ma risposi volentieri a questo. “Mi sei mancata Diana.” Sussurrò lei e la strinsi con forza. “Sì, anche tu mi sei mancata.” A quel punto Vanilla mi sequestrò e mi abbracciò. “Sappi che non ti perdonerò mai per questo giochetto.” Decretò lei con broncio palesemente finto. “Mai?” Domandai con un sorrisetto divertito. “Mai.” Disse baciandomi la fronte. “Femmine.” Fu l’unico commento di Garred probabilmente disgustato dalla scena.
 
 
“Visto è andato tutto per il meglio.” Mi rassicurò Giulio una volta che i ragazzi se ne furono andati. “Sì, ma non posso fare a meno di sentirmi in colpa per avervi tenuto all’oscuro di tutto, in quel modo poi.” Ammisi a mezza voce. “Se si aggiunge il fatto che adesso vi ho coinvolti… mi sento una tale inetta.” “Hai solo fatto ciò che ritenevi più sicuro per noi, Diana.” Sussurrò Giulio dolcemente. “Sì, ma sto mettendo a rischio le vostre vite per una mia idea.... Mi sento alla pari di tutti i capi dello Stato.” Mentre parlavo Giulio si era avvinghiato a me con un abbraccio stretto. “Ti sbagli: se fossi alla pari di quella gente non ti daresti tante pene per noi, né avresti sopportato ciò che ti abbiamo fatto, avendo i sensi di colpa per lo più. Diana sei una donna straordinaria e neanche te ne rendi conto. Il tuo unico difetto è di essere una stupida cronica.” Mi sentii piacevolmente debole a quel complimento e arrossii leggermente quando mi baciò il collo.
 
 
Quella stessa sera mi ritrovai con Malandrino a progettare alcune vie di fuga alternative per eventuali inconvenienze. Era l’ultima cosa che mi andava di fare ma andai alla riunione privata tra me e lui facendo finta di niente. “Sei insolitamente silenziosa oggi qualcosa ti preoccupa?” Chiese con finta apprensione. “Sì. Mi preoccupa che l’unica via di fuga possa essere sorvegliata.” Risposi seccata. Erano ben altri i pensieri che mi percorrevano la mente ma di certo non potevo parlarne con lui. Oltretutto non portavo più rispetto per lui da un po’ di tempo. “Bada.” Mi ammoni. “So essere paziente ma non mi piace il modo in cui mi rivolgi la parola. Se imparassi a parlare come si deve la gente ti rispetterebbe.” Sbuffai appena si voltò, oramai avevo sentito quella frase milioni di volte ed era sempre stata una menzogna. “Dico sul serio.” Continuò lui, evidentemente se n’era accorto. “Se ti vuoi far rispettare e ascoltare devi sembrare più credibile.” Quelle parole attirarono la mia attenzione: non pareva uno dei suoi soliti deliri. “Cosa intendi dire con credibile?” Chiesi cauta.
Malandrino iniziò a squadrarmi soddisfatto: a quanto pareva oggi era una delle sue giornate buone. “Fare la parte dell’adolescente testa calda non ti giova affatto. Ti fa sembrare sciocca, inaffidabile e insolente; invece se maturassi un po’ potresti ottenere più facilmente attenzione e credibilità.” Bloccai seccata quel suo discorso incomprensibile. “Non capisco se rigiri la frase.” Dissi sperando di ottenere una risposta più esaustiva. “Intendo dire che la gente non si fiderà mai di te come ti presenti tu ora: una ribelle, testa calda, violenta e impulsiva non piace a nessuno.” Alzi gli occhi al cielo: l’ennesima persona che diceva che dovevo crescere. “Ma si fiderebbero di una ribelle, decisa, sicura, con principi chiari e idealista come so che tu sei.” Mi sorprese quella parte; non solo per il fatto che Malandrino era riuscito a fare un discorso chiaro e non fasullo, ma anche perché mi aveva detto ciò che normalmente un adulto non dice a una ragazza: i suoi pregi.
“Certo che non ti biasimo se preferisci nasconderti dietro a quel bel visino.” Continuò pungente e a quelle parole mi pervase un forte senso d’irritazione. “Che stai dicendo?” Sapevo di non aver mai avuto un bel visino: era squadrato, gli occhi obliqui e le labbra eccessivamente carnose, e una pelle dalla tonalità a metà tra il dorato e l’olivastro, anche da piccola nessuno aveva mai pensato che io fossi carina essendo un maschiaccio sempre sporca di polvere, terra e sughi, e crescendo non ero migliorata e la mia faccia era tutto fuorché quella di una brava ragazza. “Oh avanti, lo sappiamo entrambi che sotto quella scorza dura c’è una persona tenera.” Un improvviso desiderio di strozzarlo mi raggiunse le mani e le dovetti serrare per non assaltarlo: come osava criticarmi e dire cose di me che neppure comprendeva. Per evitare di compiere omicidio afferrai la borsa e uscii con la scusa che si era fatto tardi.
 
Una volta fuori iniziai a correre verso casa. Qualcosa mi aveva infastidito nella conversazione. E sapevo cos’era, solo non volevo ammetterlo.
Arrivata a casa andai nella stanza degli allenamenti dove rimasi fin quando i muscoli non mi fecero male. Era il mio unico modo per spegnere quella rabbia che da sempre mi teneva compagnia. Per qualche motivo il dolore dovuto allo sforzo fisico placava quel fuoco che mi scorreva ossessivo nelle vene e mi annebbiava la mente.
 Appena uscita incrociai mio padre che mi bloccò. “Se continui così un giorno dovrai prendere otto antidolorifici al giorno.” Mi rimproverò afferrandomi le mani totalmente gonfie e sbucciate. Lo guardai con odio, avevamo ripreso a parlarci dopo gli avvenimenti con la bomba, ma non comunicavamo ancora molto anche perché mi ero convita che non sarei riuscita a parlarci civilmente e che non fosse in grado di capirmi. “Potenti Astri datemi la pazienza… vieni, ti aiuto con la medicazione o domandi non riuscirai a prendere appunti a scuola.” Decretò trascinandomi in bagno ed iniziando a disinfettarmi.
“Cos’hai bambina mia?” Mi chiese con finta calma; mi voltai, odiavo quando attaccava con la storia della sua bambina e cercava di fare la parte del padre bravo e premuroso, sapevamo entrambi che era solo una recita. “È il mestruo va’ bene!?!” Una mezza verità in effetti, mi era venuto quel pomeriggio. “Diana…” Mi riprese: stava per incazzarsi come suo solito ma si bloccò. “Non dovresti dire certe cose, e comunque di norma non fai questo genere di allenamenti solo per il ciclo.” A quel punto gli presi il disinfettante dalle mani. “Faccio da sola.” “Diana, la vuoi smettere? Sto cercando di essere un padre comprensivo! Lasciami finire questa cazzo di medicazione!” A quel punto lo lasciai fare con fare irritato.
“Il tuo malumore ha per caso a che fare con quel tuo amico…?” Mi domandò mio padre ad un certo punto nervosamente. “Papà…. Non. Voglio. Parlarne. E Giulio non c’entra.” Mi limitai a dire per poi andarmene appena mio padre finì con la medicazione.
 
 
Qualche giorno dopo riuscii finalmente a passare il pomeriggio con Giulio dopo giorni di duro lavoro. Da quando avevo stillato i nomi per la missione Malandrino aveva iniziato a compiere un addestramento intensivo per tutti i ragazzi coinvolti quindi non avevamo quasi mai un pomeriggio libero.
Ci stavamo godendo qualche momento di pace, solo per noi due. Eravamo nascosti in mezzo al solito parco ma non stavamo facendo nulla se non godere l’uno della compagnia del altra. Ci stavamo baciando quando Giulio si interruppe, sembrava che avesse sentito qualcosa, un odore familiare, non ci misi tanto ad accorgermi che una giovane licantropa dai capelli castano scuro raccolti in due lunghe trecce stava fissando Giulio incredula. “Anna!” La chiamò Giulio ma questa si dileguò prima che lui potesse fare qualcosa, notai i suoi occhi incupirsi. “Era tua sorella?” Domandai, avevano gli stessi capelli scuri e gli stessi occhi. “Sì.”
Eravamo veramente in un oceano di guai.
   
 
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