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Autore: Atlanteidos    27/01/2021    1 recensioni
Hatfield House non prende il nome dai suoi proprietari, ma dal suo costruttore: non di meno, Rose e le sue cugine l'hanno sempre considerata come una seconda casa.
Quando si riuniscono lì tutte insieme, per la prima stagione della piccola Leslie, nessuna di loro è ancora consapevole di cosa il futuro ha in serbo per loro: solo una cosa è certa, il matrimonio ne deve essere l'atto finale, soprattutto per le sorelle Duvette.
Fra convenzioni e convinzioni, libri, gentiluomini e una famiglia preziosa, la stagione delle ragazze di Hatfield House, attraverso lo sguardo di Rose.
© Tutti i diritti riservati - eventuali riferimenti a persone o eventi reali, odierne o del passato, sono puramente casuali.
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Capitolo 13
Ruderi

 
Dopo la loro disastrosa discussione alla festa di fidanzamento di Ginevra, Rose si era augurata di non incontrare più Mr. Hatrow prima del suo ritorno in Francia, o, frequentando purtroppo le stesse amicizie nella city, quanto meno di non essere più costretta a rivolgergli la parola.
È però noto, purtroppo, che la fortuna aiuti gli audaci, non coloro con il cuore spezzato.
La ragazza infatti non voleva credere alla sua malasorte quando, durante quello che sarebbe di norma dovuto essere un ballo così affollato da rendere pericoloso persino il perdere la propria compagnia per un solo secondo, onde evitare di passare il resto della serata a cercarla, si era trovata proprio i ballerini con Mr. Hatrow, l’uno accanto all’altro, appena oltre l’invisibile linea della pista da ballo.
Una situazione familiare, che in tante altre occasioni avevano addirittura ricercato, ora solamente terribilmente imbarazzante.
Rose aveva cercato di ignorare il vago senso di tristezza che la colse, ripensando a quando avrebbe potuto prendere l’uomo sotto il braccio e ridere sottovoce nel giudicare gli abiti di questo o quel giovanotto.
Erano rimasti a lungo in silenzio, dopo il breve cenno che si erano rivolti quando i loro sguardi si erano, suo malgrado, incrociati.
Alla fine era stato Mr. Hatrow a parlare per primo, girandosi a guardarla mentre lei continuava ostinatamente a seguire con lo sguardo i ballerini davanti a loro.
- Questo sarà l’ultimo ballo della stagione, per me -
Rose aveva cercato di rimanere quanto più impassibile, nascondendo il dispiacere che provò il suo cuore, che forse non aveva ancora elaborato quello che la sua testa aveva ben capito una settimana prima, al pensiero di lasciarsi per davvero in questi cattivi rapporti.
- Capisco -
- Devo tornare nello …shire, per preparare i bagagli. Penso tornerò a Londra solo per il matrimonio – aveva continuato poi.
Non serviva specificare di quale matrimonio si stesse parlando, entrambi avevano ancora ben vivido in mente l’ultimo fidanzamento a cui avevano partecipato.
- Parte? – gli aveva risposto Rose, continuando ad essere quanto più breve possibile, ma incapace di tagliare del tutto la conversazione.
- Vado in Italia -
Rose rimase diritta, ma ormai il suo fuoco non era sui ballerini, che pure aveva davanti agli occhi.
- Va in Italia -
- Sì, vado in Italia. Non so ancora per quanto -
La ragazza non poté fare a meno di voltarsi, le guance infuocate, trovandosi davanti un ugualmente turbato Mr. Hatrow.
- Bene, le auguro un buon viaggio allora –
- Bene. -
- Bene! – era sbottata Rose alla fine, prima di voltarsi e andarsene, lasciando il gentiluomo da solo, senza più guardarsi indietro e vederne lo sguardo sconsolato.
Aveva poi pensato, tornata ad Hatfield House e messasi a letto quella sera, che forse avrebbe preferito sapere della sua partenza da qualcun altro, senza dover assumersi l’oneroso compito di guardare l’uomo negli occhi un’ultima volta.
O forse no, sarebbe stato solo peggio.
Il giorno dopo non aveva potuto fare a meno di discuterne con Ginevra, a portata dell’orecchio attento di sua nonna, che, non conoscendo neanche ciò che era avvenuto durante la festa di fidanzamento della più grande delle sue nipoti, ne risultò particolarmente sconvolta.
- Poi vorrei proprio capire, cosa ci sarà di tanto meraviglioso in Italia, da dover partire così di fretta? Che uomo impossibile! – stava dicendo la donna, camminando avanti e dietro per il salotto, il suo lavoro di cucito a lungo dimenticato in poltrona.
Rose, compostamente seduta al suo posto vicino al fuoco, scosse la testa, in un improvviso moto di dispiacere nei confronti di Mr. Hatrow, che avrebbe preferito non avere.
- Diverse cose in realtà, nonna. Dicono che per un amante dell’arte e della storia non vi sia nulla di meglio che una permanenza in Italia – disse, scambiandosi un’occhiata con Ginevra, di fronte a lei sulla poltrona gemella.
Mrs. Duvette le rivolse un’occhiataccia, evidentemente sconcertata da tanta magnanimità da parte sua, stringendosi la vestaglia al corpo con fare offeso.
- Oh cara, quei ruderi sono lì da centinaia di anni, potevano di certo aspettare ancora qualche tempo! -

Nei giorni successivi, Rose non poté fare a meno di notare che Ginevra aveva preso a trattarla come una malata: se non era in giro con sua nonna o con Mr. Bow, era al suo fianco, sempre pronta ad assecondarla, o a rifornirla di qualsiasi cibo avessero a disposizione.
Rose si sentiva sempre più egoista, ogni giorno che passava: era inutile che cercasse di mascherare la sua tristezza, la sua mente non era nel posto giusto, e Ginevra la conosceva troppo bene per non rendersene conto, nonostante tutto quello che stava accadendo nella sua vita in quel momento.
- Mi sembra assurdo che si sia potuto comportare a quel modo! – le stava dicendo in quel momento, mentre entrambe prendevano il tè in salotto – Non me lo spiego, Rosie. Dopo il libro, e il modo in cui ti parlava, e il modo in cui parlava di te quando non c’eri! Non può essere che qualcosa sia accaduto, o che non vi siate compresi? -
Rose si portò il tè bollente alle labbra, quasi non sentendone il sapore.
- Posso parlare con Mr. Bow, anche lui è perplesso, se solo potessi raccontargli… -
- Per favore, Ginevra, smettila – la interruppe alla fine, temendo di non potercela più fare - Non a tutti è concessa l’opportunità di una vita felice nella stessa maniera in cui sta venendo offerta a te. Per favore, non farmi illudere che Mr. Hatrow possa amarmi, o anche solo gioire della mia compagnia: non è vero, ed è stato estremamente chiaro nel farmelo intendere –
Rose si fermò un attimo a prendere fiato, gli occhi fissi sulle sue mani invece che su Ginevra, sulla poltrona davanti a lei, se non avesse tenuto la tazzina di tè, in quel momento, probabilmente non si sarebbe neanche accorta di come le tremassero.
Erano giorni che combatteva con diversi sentimenti, non opposti fra loro, ma sicuramente contraddittori.
Se da un lato, infatti, non poteva fare a meno di essere addolorata per come si erano concluse le cose con Mr. Hatrow, un uomo di cui aveva nutrito la più profonda stima e con il quale aveva davvero, forse per la prima volta, sentito di poter figurare un futuro, dall’altro quasi provava vergogna nel mostrarsi così triste.
Non solo perché avrebbe dovuto essere al settimo cielo per il fidanzamento delle sue cugine, entrambe felici con uomini che sembravano complimentarle alla perfezione, ma anche perché non sentiva di aver un totale diritto alla sua tristezza: Mr. Hatrow non aveva rotto alcun fidanzamento, o infranto alcuna promessa.
Ad essere del tutto candidi, se non in maniera implicita, non aveva mai neanche espresso alcuna preferenza esplicita nei suoi confronti.
Non sarebbe stata di certo la prima volta che si illudeva di un qualche interesse romantico rivolto nei suoi confronti per poi rimanere amaramente delusa, anche se mai con tanta intensità.
Era abituata a vivere nel suo mondo di fantasie e giochi di luci ed ombre, forse sarebbe stato meglio vi rimanesse e non lo confondesse con quella che era la realtà: Mr. Hatrow altro non era che un gentiluomo disposto a molto per la felicità dei suoi amici, come Mr. Bow.
Anche a tenerle compagnia e mostrarle cordialità mentre l’altro uomo corteggiava sua cugina.
Era stato più che evidente dallo sconcerto nei suoi occhi quando gli aveva rivelato i suoi sentimenti a teatro, durante il balletto, settimane addietro.
- Mi sento stupida, ad essermi potuta illudere che ci fosse qualcuno che potesse amarmi, o anche solo notarmi. Sono stata solo una ragazzina ingenua e troppo sensibile, non è necessario che affligga tutti voi con i miei lamenti per qualcosa di cui sono l’unica colpevole -
Terminò alla fine, posando la tazzina sul tavolino.
Ginevra la guardò, gli occhi evidentemente velati di tristezza.
- Non è giusto che tu dica questo, non è vero che non sei amabile, o degna di nota. Stupidi sono gli altri, se… -
Rose scosse la testa, non volendo con tutto il cuore in alcun modo offuscare la nuova felicità di sua cugina con la sua tristezza, e allo stesso tempo non desiderando essere compatita, quando era per lei più che evidente non lo meritasse.
- Ginny, ti prego, non essere in pensiero per me. Lasciami solo dignitosamente crogiolare, per oggi. Da domani starò meglio, te lo prometto, e potremo andare a guardare quelle belle stoffe in Oxford Street che so ti piacciono tanto – disse, cercando di sorriderle.
Ginevra la fissò per un lungo attimo, gli occhi ancora tristi, prima di annuire, non desiderosa di estorcerle altro, ma evidentemente non soddisfatta.

- Charles, caro, ma dobbiamo fare qualcosa! Non è giusto che una coppia così ben appaiata… - mormorò quel pomeriggio Ginevra all’orecchio del suo fidanzato, mentre insieme passeggiavano nel parco alle spalle di Hatfield House.
- Lo so, tesoro, e visto che la cosa ti arreca così tanto turbamento ho cercato di parlargli, ma si è ormai convinto a partire e non ha alcuna intenzione di darmi ascolto. È convinto io sia ormai troppo addentro la vostra famiglia per portegli dare consiglio –
Mr. Bow guardò la sua Miss Duvette sconsolato, affranto all’idea di non poterle essere d’aiuto.
Miss Griffiths e Mr. Hatrow si stavano dimostrando egualmente ostinati nel non voler chiarirsi, nonostante entrambi si aggirassero per le rispettive abitazioni con l’aria di un cagnetto appena preso a calci dal padrone.
Erano senza dubbio degni l’uno dell’altro.
- Penso che persino Mr. Mulligan sia stato meno scosso dalle azioni di mia sorella di quei due testardi! – stava giusto continuando a dire la sua fidanzata, mentre passavano un gruppo di scolarette che li guardarono ridacchiando, quando all’uomo soggiunse l’illuminazione.
- Cara Ginevra, potresti aver appena avuto un’ottima idea -
Ginevra lo guardò perplessa – Perdonami? -
- Mr. Mulligan potrebbe dimostrarsi non solo colui che ci ha causato tanti guai quanta felicità, ma anche la soluzione al nostro problema! –
   
 
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