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Autore: Francine    30/01/2021    1 recensioni
Arriveranno. E non c’è bisogno della Profezia della Veggente, per saperlo.
Arriveranno, perché loro avranno sempre bisogno di
te.
Perché i midgardiani dovvranno credere di nuovo in loro. Nel Viandante, nel Tuono, nel Mare, nella Gatta, nel Cinghiale. Dovranno credere ed innalzare loro preghiere, pensieri, o anche solo mormorare i loro nomi sottovoce, cosicché i frutti di Idunn possano maturare e loro possano vivere.
E allora, si ricorderanno del Fuoco.
Perché gli uomini non dovranno mai sapere. Non dovranno mai sapere quanto le divinità che essi adorano siano fragili e deboli e antiche. Non dovranno mai sapere quanto voi abbisognate di loro - di sopravvivere nella loro memoria - per non essere spazzati via dall’esistenza, cancellati con un gesto secco come si fa col gesso sull’ardesia. Non dovranno mai sapere che anche per Odino giunge il momento del riposo, perché chi crederebbe più in un dio che ogni tanto schiaccia un pisolino?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Quando canta il cuculo



 
 

  Qualcuno le chiama benedizioni. O qualcuno potrebbe chiamarle benedizioni. Non lei. Che si sveglia, nel cuore della notte, scivola fuori dal letto e scrive. Enthousiasmos, lo chiamano. Il dio che parla. Apollo, per alcuni. O le Muse, vallo a sapere. Solo che lei non è così fortunata. Non sente la voce rassicurante di una donna. E no, non parla in greco antico. Sente quella di un uomo, che è simile al rumore delle unghie sulla lavagna. E la pressa. La spinge. Le rimbomba nella testa. E racconta. Di battaglie. Di astuzie. Di magie proibite e assopite nelle pieghe del tempo. Di Regni lontani. Reami, li chiama lui. Dai nomi esotici, pieni di suoni gutturali e freddi e taglienti. Di ghiaccio e metallo. Così Lei scrive. Con penne o matite su fogli di carta, rigo dopo rigo, pagina dopo pagina, le storie che Lui continua a raccontarle. Per puro piacere. Per amore del suono della sua voce, forse. Lei è pronta a scommetterci. Lei, che al risveglio si accorge di non saper neppure pronunciare la metà di quei nomi del nord che profumano di neve e ambra e resina di pino. E al mattino non le resta che attaccarsi alla tastiera e scrivere. Perché un dio ha parlato. Meschino, invidioso e geloso. Ma pur sempre un dio. E sarebbe stupido non prestargli orecchio. Perché lui, la notte seguente, glielo farebbe scontare.


 
 

 
Arriveranno.

In una fredda notte autunnale, quando neppure i lupi escono dalle loro tane, spinti dai morsi della fame. O in una bella e calda mattina di sole, quando canta il cuculo. 

Arriveranno. Di questo ne sei più che sicuro. 

Prima o poi si ricorderanno di te e scenderanno alle prigioni. 

Perché c’è l’ennesimo garbuglio da sbrogliare. Ovvio.

Il Tuono che non sa tenere a freno la lingua.

Il Viandante che non vuole rischiare il proprio collo.

La Gatta, Il Cinghiale, l’Acqua, il Guardiano; tutti loro, prima o poi, raggiungeranno i tuoi appartamenti, nell’ora del bisogno.

Allora, la tua lingua non sarà più velenosa, ma astuta.

Allora, il tuo cervello non sarà più contorto e malvagio, ma scaltro.

Arriveranno. E non c’è bisogno della Profezia della Veggente, per saperlo.

Arriveranno, perché loro avranno sempre bisogno di te.

Perché i midgardiani dovvranno credere di nuovo in loro. Nel Viandante, nel Tuono, nel Mare, nella Gatta, nel Cinghiale. Dovranno credere ed innalzare  loro preghiere, pensieri, o anche solo mormorare i loro nomi sottovoce, cosicché i frutti di Idunn possano maturare e loro possano vivere.

E allora, si ricorderanno del Fuoco.

Perché gli uomini non dovranno mai sapere. Non dovranno mai sapere quanto le divinità che essi adorano siano fragili e deboli e antiche. Non dovranno mai sapere quanto voi abbisognate di loro - di sopravvivere nella loro memoria - per non essere spazzati via dall’esistenza, cancellati con un gesto secco come si fa col gesso sull’ardesia. Non dovranno mai sapere che anche per Odino giunge il momento del riposo, perché chi crederebbe più in un dio che ogni tanto schiaccia un pisolino? 

Nessuno. 

Che razza di dio è quello che timbra il cartellino e non risponde alle tue preghiere perché sta dormendo, o peggio ancora è uscito a farsi una bella sgambata per quella palla di fango che è Midgard?

Un dio disonesto, pensi. Con una sincerità stordente per tutti, ma non per il Viandante.  Ed il fatto che una simile dote t’appartenga, appartenga proprio a te, ti renderà eternamente prezioso al suo unico occhio che tutto ha visto, che tutto vede e che tutto vedrà. Anche la propria fine.

Un’adorabile beffa del Fato, questo sempre sarai tu, il Fuoco. Che giocherà con tutti loro, dei e mortali e il Destino stesso, senza avere la decenza di fingere. A carte scoperte. Faccia a faccia. Senza alcuna paura.

Arriveranno.

Arriveranno e, ancora una volta, ti chiederanno di aiutarli. E tu, ancora una volta, li accontenterai: ti farai trovare distratto ad osservare un angolo della tua cella, un ragno che cammina per i fatti suoi, la consistenza della pergamena sotto le dita. Ma poi li ascolterai. Perché è questo, ciò che loro si aspetteranno da te.

Non che tu ucciderai il Guardiano, no. Non è per questo che ti hanno rinchiuso. Sono troppo stupidi per farlo. E troppo disperati per privarsi di te. Jotunn o non jotunn.

Sì, lo farai. Sì, staccherai la testa del Guardiano. Sì, vi ammazzerete scivolando sul Bifrost in una danza delle spade memorabile. Ma non lo farai subito. Prima, dovrai slegarti dalle catene. Prima, dovranno legarti a quelle catene. Prima, dovrà morire Balder. Ci sarà tempo, avranno ragionato, quando busseranno alla tua porta. Ci sarà sempre tempo.

Magari chiederanno prima alla Madre. Per sapere se sarai disposto a starli a sentire, o se dovranno usare la forza. Le lusinghe. O le minacce. 

Come se non fossi tu, a tenere il coltello dalla parte del manico, anche in quella fottuta cella colle fiaccole perennemente accese.

 Come se lei si piegasse a questi mezzucci. Libera e fiera è la Madre. O il Viandante non l’avrebbe mai scelta come sua regina. Glielo chiederanno. Sicuro come il canto del cuculo che si leva da Ovest porta buone notizie.

E lei dirà loro di verificare coi propri occhi.

Sicuro come il canto del cuculo che si leva da Est porta consolazione.

L’unica che non verrà sarà la Sposa.

Perché lei è una donna. E una donna vede più in là. Sa da dove si viene, sa dov’è che si va. Una donna padroneggia il Seiðr molto meglio di quanto un maschio riuscirà mai a fare. Perché il Seiðr scorre nelle sue vene, nei suoi atomi, nel suo mestruo.

L’unica che non verrà sarà la Sposa. 

Almeno per il momento. Almeno fin quando il Viandante non le imporrà di compiere la profezia e di versare il suo sangue per te.  Perché tu, il Fuoco, non te ne vada in giro. Non vada altrove. Non mischi il tuo sangue con altre razze.

Perché è bene tenersi vicini gli amici e ancor più vicino i nemici. E perché è utile avere qualcuno come il Fuoco a portata di mano. Non si sa mai quando potranno tornare utili i suoi servigi. E sarà bene sapere quali sentieri stia percorrendo la sua mente, piuttosto che svegliarsi una mattina e aver scoperto – con disappunto – che la sua astuzia stava rincorrendo proprio te

Peccato che a te non va e non andrà mai di svernare altrove. E, se lo farai, sarà solo questione di poco. Un viaggetto breve breve. Tanto per vedere che aria tira altrove. Per raccogliere le idee. Perché vorrai sempre tornare ad Asgard. Perché nessun posto è come casa, e anche se tu non calzerai mai due deliziose scarpette rosse, sempre al palazzo del Viandante vorrai rientrare. Prima o poi. Quando sarai stanco di bighellonare in giro e sarà giunto il momento di mettersi a fare sul serio. Vorrai tornare a casa. Non a quella che t’ha generato, ma a quella che ti sarai costruito con le tue proprie mani, con i tuoi propri inganni, con il sudore della tua propria fronte. Stilla di sangue dopo stilla di sangue.
Tornerai a casa. Magari proprio da Sud. Portando teco un canto di morte.

Loro lo sanno, ma si rifiutano di tenerlo a mente. Perché non fa loro comodo. E perché agli Asi, alla fin fine, piace giocare col Fuoco. Piace pensare di averlo ingabbiato, imbrigliato. Addomesticato.

E a te diverte - diverte moltissimo - lasciarglielo credere.

«Arriveranno», mormorerai, di quando in quando, per ricordarlo a te stesso, le mani abbandonate nelle tasche, seduto sul pavimento della tua cella e gli occhi verdi, come cocci aguzzi di bottiglia in controluce, a guardare sogni e mondi fissando un punto indefinito all’orizzonte. 

Arriveranno.

E tu sarai lì ad aspettarli.




La verità?
La verità è che sto pian pianino ricominciando a scrivere. E se mi permetto capatine - simpatiche e allegre sgambate, le definirebbe il nostro Loki - in altri fandom è perché è utile spaziare e permettere alla mente di prendere boccate generose di aria fresca. Altrimenti finisco per ingarellarmi (termine tecnico) come una vite spanata che gira su se stessa, e addio.
Questo momento si colloca tra il primo ed il secondo film dedicato al biondissimo dio del Tuono, col povero Loki nella sua fase emo rinchiuso in una cella colle luci sempre accese. E già questo sarebbe motivo di appello alla corte internazionale di giustizia. Peccato che la suddetta non sia riconosciuta ad Asgard...
Anyway, nella mia capoccia bacata, coerentemente con quanto fatto altrove, gli dei non si chiamano l'uno con l'altro col nome con cui sono conosciuti dai mortali. Quello va bene per le storie. Gli dei si riferiscono l'un l'altro con le loro funzioni.
 
   
 
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