Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: marshi123    03/02/2021    0 recensioni
Se solo avesse avuto un’altra vita per ricominciare da zero, cercarlo e dirgli tutto. Ma la vita è crudele, anzi no: questo mondo è crudele. È sempre stato così, fin dall’inizio e non è mai cambiato.
Strinse troppo forte la penna e la ruppe.
Perché?
Perché così tante emozioni gli scorrevano addosso senza motivo?
Rimorso,
dolore,
calore.
Questo era ciò che sentiva sulla sua pelle, nel suo cuore e il ricordo di quegli occhi sicuramente non lo aiutava. Anzi, peggiorava le cose: quegli occhi grandi e verdi non gli uscivano dalla testa. Levi trascrisse tutto, ogni singola emozione che venne fuori. Sentiva il desiderio di toccare ancora quelle mani, mani dalla pelle delicata. Come se fossero rimaste sempre intatte da qualsiasi graffio o ferita.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Introduzione dell'autrice:
Ciao! Grazie per voler leggere un'altro capitolo di questa storiella.
Parlando nei riguardi di essa, ho notato che nei capitoli precendenti vi sono degli errori ortografici, li sistemerò in futuro scusatemi.
Ad essere sincera a sto punto ho il forte terrore della morte di ogni singolo personaggio nell'anime, vista l'ultima morte della quarta stagione. L'animazione è stata stupenda anche per l'episodio 8,
lo studio Mappa è stata davvero una scelta fantastica per la serie. L'ultima scena tra Levi ed Eren a me ha ispirato molto non so voi, non perchè lo riempie di calci: non capisco la teoria sadomaso sinceramente.
Mi fa morire il fatto che quando rivede Mikasa ha uno sguardo totalmente assente, quando rivede Levi sembra per un attimo speranzoso di qualcosa. Levi gli ha sempre indicato la retta via, magari sperava che gli desse un indizio su come affrontare il futuro. Povero Eren, che masso che trasporta.. Ad ogni modo, quest'oggi vi lascio una Deleted Scene alla fine del capitolo, insieme alla data del prossimo. Non me lo sarei mai aspettato, ma questa volta ho avuto troppa ispirazione nel scrivere e devo dividere in due il capitolo, per via della lunghezza. Vi lascio alla lettura del capitolo e vi ringrazio per aver letto la mia introduzione. Buona lettura!
Marsha


 

CAPITOLO 4
-
Esplosione

(Parte 1)


La Luna era grande in cielo quella sera, vicina alla sua amica Anna, che la aspettava ad ogni tramonto. Anna non era una bambina come le altre, per lo meno, la cosa che la differenziava molto era la sua grandissima dote di ispirazione. Ella vedeva cose che i suoi compagni non avrebbero mai immaginato. Non era eccellente nelle materie alla scuola elementare, per questo era difficile farla stare molto sui libri. Ma se c’era una cosa che amava a scuola era quando il professore di scienze spiegava l’armonia e i misteri dello spazio. Non le interessava altro, giocava poco con i suoi compagni di scuola richiudendosi in se stessa e nelle sue immaginazioni fantasmagoriche.

Chiacchierando giornalmente con i suoi pensieri ebbe una teoria al quanto buffa. Era convinta che la Luna sapesse tutto di tutti, per sino degli animali che abitassero il pianeta Terra. Questo perché Terra era la sua sorellona e non avrebbe permesso a nessuno di farle del male, in particolare quei esseri minuscoli che la abitavano. Avrebbe sempre tenuto un occhio sulla sua sorellona e le sarebbe stata sempre vicino, giocando a giro-tondo per tutta la vita. Papà Sole le controllava da lontano, sperando che non si facessero male insieme a mamma Venere e zio Marte, che le controllavano da vicino. Che meraviglia, era stupendo.

Una visione pacifica ed innocua dell’universo che ci circonda, anche se in piccolo, perché Anna aveva scoperto a scuola, il giorno prima, l’esistenza di altri tre pianeti vicino alla famigliola felice. Il primo che avrebbe voluto vedere era Giove: il maestro disse che era mastodontico ed Anna non sarebbe riuscita a crederci finché non lo avrebbe visto con i suoi stessi occhi. Terra era un puntino in confronto e la sua amica Luna era invisibile: insignificante. Giove proteggeva Terra, così come fece Luna tanti milioni di anni fa con una massa di meteoriti. Il maestro disse che Giove con la sua forza magnetica attraeva a sé vari numerosi elementi dello spazio, come meteoriti o comete, verso la sua traiettoria cambiando la retta originaria dell’oggetto.

In qualche modo così Giove protegge in segreto Terra. Un gigante buono che agisce nell’ombra! Agli occhi di Anna sembrava proprio un gentiluomo e la affascinava molto, era convinta che Giove avesse un debole per Terra. Non le bastava l’immagine illustrata nel suo libro di studi: voleva vederlo dal vivo. L’insegnante disse che tutte queste scoperte astronomiche erano state rese possibili dagli studi degli scienziati. Il primo era un uomo dalla lunga barba, chiamato Galileoo, che creò un cannocchiale ed iniziò ad osservare il cielo. <<  Anch’io voglio osservarlo così!  >> Pensava Anna, ogni notte prima di andare a letto. Non riusciva a dormire, anzi, non voleva affatto.

Il cielo la notte era così sbriluccicoso, tanto da sembrare un bellissimo vestito pieno di pagliette. Le costellazioni ormai le sapeva tutte, il nord sapeva come individuarlo: si sentiva pronta al passo successivo. A casa non aveva un cannocchiale o addirittura un telescopio, ma il padre possedeva qualcosa di utile: un binocolo nero! Sapeva che lo usava da giovane per fare il militare e che riuscì a tenerselo come souvenir. Tuttavia, secondo la piccola Anna, era un peccato lasciarlo a sé stesso nel buio di una scatola. Per quel binocolo sarebbe stata ora di tornare al lavoro e di aiutarla ad osservare il gigante innamorato.

Luna, cara amica, questa sera avrebbe potuto parlarti e vedere il tuo viso da più vicino. Luna la capiva, sapeva che la sfera pallida vegliava su di lei come un fantasma innocuo. Anche di giorno la cercava, vedendola delle volte in cielo nella sua forma più bella. Anna era convinta che quando la Luna era bella tonda in cielo voleva dire che era felice e riposata, man mano che si assottigliava la sua forma allora era stanca. Quando era totalmente oscurata stava dormendo oppure era triste e taciturna. Anna riuscì a rubacchiare il cannocchiale dal cassetto del babbo durante il pomeriggio, ora era il momento giusto per tirarlo fuori da dove lo aveva nascosto.

Diede la buonanotte a sua mamma, che l’aveva accompagnata in camera. Si arrampicò sulla sponda del letto fino ad arrivare alla mensola soprastante. Allungò la mano e prese la scatola impolverata, la aprì tirandone fuori il contenuto. Aveva l’odore tipico della plastica vecchia, le lenti erano ancora linde e pulite, nonostante gli anni passati. Aprì piano la tenda per evitare che facesse rumore. I suoi genitori sapevano che la sera non andava a letto, ma osservava il cielo. Per una bimba di sette anni non era di sicuro una sana routine. Si legò i lunghi capelli neri in una coda alta, così non le avrebbero ostacolato la visione della notte. Aprì la finestra, sentendo il freddo gelido dell’inverno e tremando un pochino. Aprì piano gli scudi, prese il suo quaderno di scienze, il suo astuccio e una copertina da mettersi sulle gambe. Si mise a gambe incrociate sul letto e si coprì per bene i piedini. Matita in mano, pronta per scrivere le sue scoperte di quella sera. Poi la vide, Luna eccoti.Scura l’entità celeste della notte, era triste.

“No... Luna, amica mia... perché piangi questa sera?”

Anna spesso lo chiedeva, ma non riusciva mai a percepire una risposta dall’amica. Non parlava, si chiudeva in se stessa, troppo sminuita dalla sua tristezza. Una stella cadente graffiò limpida il cielo vicino all’amica Luna, ad Anna parve una lacrima.

“Sono qui Luna! Ci sono io con te, non essere triste dai! Non capisco perché tu pianga...”

Gli occhioni neri della bimba erano prossimi al pianto, finchè non realizzò una possibilità del motivo di tanta tristezza. <<  Se fosse triste perché Giove, il cavaliere gigante, riuscisse a proteggere Terra più di lei?  >>  Era minuta e piena di ferite in volto pur di proteggere Terra, ma Giove era abile e astuto. No... forse la sua paura non era solo quella di non riuscire a proteggere Terra, ma che Giove la portasse via da lei. Anna prese il binocolo e puntò a Giove. Era davvero bello, sembrava così calmo e pacifico con i suoi colori caldi. Sembrava avere il pieno controllo di se stesso, ma il maestro disse che spesso le cose non sembrano come sono in realtà.

Giove era sempre in tempesta e i suoi colori soavi non erano altro che i venti, che soffiavano a velocità assurda. Anna lo vide sforzandosi moltissimo, quel puntino rosso diceva tutto. Il suo cuore, rosso e in tempesta da oltre trecento anni, che ruotava senza sosta alla vista di Terra. Erano sulla stessa linea nel cosmo, faccia a faccia. Terra, forse, era incantata dall’essere di Giove, dalla sua bellezza e dalla sua forza, ignorando così Luna.

“Ho capito...Luna! Non ti arrendere, non importa cosa possa succedere. Tu potrai sempre proteggere Terra indipendentemente dalle circostanze!”

Stelle cadenti, un’enorme pioggia di stelle invase l’oscurità del cielo.

“sì, niente di vieta di starle vicino! Nemmeno Giove mai potrà! Anche se loro due si innamorassero” Sentì la porta aprirsi alle spalle e vide suo padre nell’ombra.

“Anna è tardi, va a letto invece di parlare alla Luna come i lupi mannari!”

“ma papà guarda quant’è bello il cielo stanotte, è così emozionante!”

Il padre si avvicinò alla bimba e ossservò il cielo insieme a lei. La figlia aveva un’enorme immaginazione e ne andava fiero. Probabilmente sarebbe diventata qualcuno in futuro. Sorrise, vedendo lo sbrilluccichio negli occhi della bimba. <<  Dio ti prego, non portaglielo mai via.  >> Supplicava la divinità di far sorridere sempre quella bambina pazzerella.

“aaah, è proprio vero Anna. La Luna sembra che pianga, ma presto piangerà papà se non vai a letto”

La bambina annuì e si infilò sotto le coperte mentre papà Luke chiudeva scudi e finestra. Le diede un bacino in fronte0

“Buonanotte, a domani Anna”

“A domani, papà”

Si accucciò nelle coperte e sorrise, mentre Luna piangeva ancora in cielo.



__________



“Armin, perché va sempre via da me?” 

Mikasa di spalle, si copriva il naso con la sua sciarpa rossa. Stanca di quel continuo tira e molla della sua relazione con Eren, si domandava, ancora una volta, quale fosse la soluzione migliore. L’unico con cui poteva parlarne, ricevendo dei consigli, era il loro amico d’infanzia Armin. Un ragazzo che all’apparenza sembrava uno smidollato, ma che in realtà era un uomo dall’animo forte e coraggioso. Aveva dei capelli biondi e corti, rasati ai lati. Occhi azzurro cielo, grandi e pieni di speranza per il futuro. La sua mente andava ben oltre le capacità altrui, risolvendo molti problemi con idee strabilianti.

Quella volta non seppe cosa dire alla cara amica. Temeva già di averlo capito da tempo, ma non aveva il coraggio di ferirla: non avrebbe mai fatto del male ai suoi amici. Nonostante la sua coscienza, sapeva che sarebbe stato un errore tenere ancora una volta il silenzio: avrebbe portato ulteriori sofferenze. Mikasa guardava fuori dalla finestra, osservando la neve che cadeva incessante sulle strade di Marley. I suoi capelli erano l’unica cosa che gli era concessa alla vista. Sembrava la Luna, col suo lato oscuro nel cielo notturno. Abbassò lo sguardo, Armin, e osservò il pancione di Mikasa, che col tempo aumentava sempre di volume. Quella povera creatura non aveva nessuna colpa, Armin sperava davvero che non fosse come dubitasse sui sentimenti di Eren.

Armin aveva beccato più volte il moro tentato da altre donne, riuscendo in tempo a farlo ragionare e a farlo tornare in senno. Temeva che fossero successe altre situazioni, però, in cui Armin non era presente. Si domandava spesso se la sua coscienza lo trattenesse o se il suo brivido di libertà lo avesse sempre spronato ad avanzare. Mikasa, certamente, non era poi una donna che lasciava molto spazio personale, ma lo amava più di chiunque altro. Ella, finalmente, aveva ripreso a sorridere da quando mister Libertà la baciò per la prima volta. Il suo amore era ricambiato, ora dopo svariati mesi portava il suo seme in grembo.

Il giorno seguente avrebbe dovuto sapere, insieme al compagno, quale sarebbe stato il sesso del feto, era emozionata. Eren, a differenza della bruna, non dimostrava molto il suo affetto. Questa caratteristica del ragazzo divenne un problema quando Mikasa scoprì i tentativi fuggiaschi del compagno. Non era difficile uscirne con una lite da allora, quella mattinata ne ebbero una durante il pranzo. Mikasa, bisognosa di conforto e di sfogo, andò da Armin nel pomeriggio avvisando Eren. La lite fondava radici nell’incontro al negozietto, vicino alla piazza, con il signor Ackerman. Il limite era stato oltrepassato, persino un uomo di mezza età riceveva più attenzioni della sua promessa sposa.

Ebbene sì, perché subito dopo l’annuncio della gravidanza Eren si inginocchiò al suo cospetto, proponendole il matrimonio. Un matrimonio è un’unione di due persone a vita, ma se Eren si comportava in modo squilibrato nella relazione, un matrimonio non era l’opzione migliore. Aveva ancora impresso lo scambio di sguardi che si gettavano a vicenda mentre parlavano. Ackerman non gli tolse gli occhi di dosso nemmeno per un attimo, se lo divorò con lo sguardo. Non potendo sopportare di un altro secondo il feeling pericoloso tra i due, la bruna spezzò l’attenzione prendendo il sacchettino sul bancone.

Per tutto il tempo si sentì di troppo in quella scena, Eren infatti appena incrociò lo sguardo del commesso ignorò la donna al suo fianco. Mikasa osservava il suo anello, ricordando la scena della loro promessa. Dopo aver esclamato un “sì” in lacrime, Eren la sollevò in bracciò e si mise a girare su sé stesso. Felici per quella lieta notizia, Mikasa si sentì una principessa. Non essere felice al ricordo di quell’attimo era impossibile per l’asiatica, stranamente con un sorriso stampato in volto. Armin si avvicinò a lei e le sussurrò dolcemente.

“Mikasa, non importa cosa accadrà. Potrai sempre stargli accanto.”

Sì, non importava se Eren non la amasse più come una volta o se solamente voleva avere le redini dei suoi ultimi anni di vita. La bruna avrebbe potuto stargli vicino fin quando ne avrebbe avuto le forze. Mikasa guardò negli occhi Armin, gli sorrise con qualche lacrima agli occhi.

“Grazie, Armin.”

Il biondo ricambiò il sorriso, in quell’istante finalmente il telefono squillò. La mezzanotte era ormai passata da un pezzo, i due ragazzi erano molto preoccupati. Mikasa temeva che non avrebbe telefonato, che fosse andato chissà dove e con chissà chi. Forse avrebbe cercato quell’uomo... il sol pensiero le faceva male. Tirò su lei la cornetta del telefono, ansiosa di sentire il compagno.

“Pronto?”

“Pronto? Mikasa sei tu?”

"Sì, sono a casa di Armin, ha insistito affinché dormissi qui stanotte.”

“...”

“Mi dispiace per oggi, ho esagerato nei tuoi confronti. Ti prego torna a casa.”

“tranquilla, sono già a casa.”

“Meno male. Temevo che fossi in giro con questo tempaccio sotto una cabina telefonica.”

“No, per fortuna sono riuscito a finire il lavoro prima che la tempesta infuriasse. Domani mattina verrò a prenderti sotto casa di Armin, ok?”

“va bene.”

"ciao, Mikasa. Salutami Armin e ringrazialo da parte mia.”

“Sì, ciao tesoro.”

Agganciarono entrambi. Eren tirò un sospiro di sollievo, che Levi percepì dal bagno. Armin, vedendo Mikasa più tranquilla, fu sollevato anche lui. Finalmente avrebbero potuto andare a dormire, non riusciva più a tenere gli occhi aperti. Sistemò il letto mettendoci un bel piumone caldo, visto il freddo gelido, e invitò la ragazza a raggiungerlo. I due fin da piccoli non avevano problemi di intimità, non era sicuramente la prima volta che dormirono in compagnia. Spesso si ritrovarono a dividere il lettone di zia Carla in tre. Era divertente giocare insieme con i cuscini, svegliando gli zii nel bel mezzo della notte. Fu molto divertente, sarebbe stato bello poter rivivere quei momenti tutti insieme.

Si stese sul letto, notando che al biondo bastarono pochi secondi per addormentarsi. Non importava quanti anni passassero, il suo volto ricordava sempre quello di un bambino. Si accovacciò di spalle all’amico, segno di fiducia e di protezione, mise una mano sotto al cuscino e, coperta fino al naso dalla morbida coperta, si addormentò in pochi minuti. Qualcun altro invece, in quella serata così turbolenta, non riusciva proprio a dormire. Anna si rigirava nel suo letto, capricciosa per l’impossibilità di vedere Luna nel cielo. Tutti dormivano probabilmente, la mezzanotte era già passata secondo l’orologio in camera. Sentiva che se avesse fatto attenzione al rumore, nessuno sarebbe venuta a fermarla quella sera.

Speranzosa nella schiarita del cielo dalle nuvole, aprì la finestra e gli scudi marroni. Ormai la piccola fece questo tutte le sere, per una quindicina di giorni. Luna aveva ripreso a sorridere, ma che delusione, quella sera non era minimamente possibile vederla in cielo. Troppe nuvole oscure la coprivano, insieme a tutte le costellazioni. Poteva però vederne il chiaro bagliore provenire da dietro di esse, più forte che mai. Che bello vederla piena di sé e in forze! Distaccò lo sguardo dalla sua amica, per poter godere la caduta dei candidi fiocchi di neve. Come potevano definirla tempesta Anna non sapeva dirlo, ai suoi occhi quei fiocchi che rigiravano e roteavano spesso su sé stessi erano come dei ballerini al teatro.

Il vento li muoveva allo stesso modo di una possente musica, soffiava imponente facendo fischiare le fessure della finestra. In quel momento notò che gli scudi del vicino si erano sganciati e si muovevano all’unisono col vento. Rispetto a tre ore prima la tempesta sembrava stesse diminuendo, per lo meno lo fece la nebbia. Anna guardò dentro la finestra, commettendo un errore. Il suo vicino di casa, il signor Ackermann, aveva un ospite a casa che aveva dei capelli lunghi e castani.

Non riusciva a capire se fosse un uomo o una donna, ma dato il fisico dedusse che fosse un uomo. Il signor Levi era sdraiato sul divano, quell’uomo gli andò addosso. Forse voleva fargli il solletico oppure voleva qualcosa, Anna faceva così quando voleva da mangiare dalla madre. Continuò a guardare, vedendo il vicino tirarsi su ma non scansando via da sè l’uomo. Lo scorbutico non permetteva a nessuno di avere un contatto così ristretto nei suoi confronti. Odiava toccare troppo le altre persone, diceva che avrebbero potuto trasmettergli dei batteri patogeni. Anna non sapeva cosa volesse dire, ma era meglio non irritare Ackerman. Non sembrava affatto uno dai modi gentili, infatti. Lo sguardo truce, che aveva di solito nei riguardi dell’intero mondo, in quel momento non c’era.

Gli disse qualcosa con quegli occhi strani, subito dopo il capellone iniziò a coccolarlo. Era questa quella cosa che i genitori nascondevano sempre, forse. Facevano delle cose disgustose agli occhi di Anna, non comprendeva la loro fame. Non comprendeva più il motivo della loro follia, del perché si facessero male in tal modo. Temeva che Luna voleva proteggere Terra da Giove per un motivo simile. La bambina, per via della sua forte immaginazione, iniziò a non ragionare con freddezza, la sua mente creava scenari assurdi. Così, allo stesso modo con cui impazzirebbe una macchina programmata, Anna delirava. Giove avrebbe fatto del male a Terra, avvicinandosi ad essa ed inglobandola, così come quei due uomini si stavano inglobando tra di loro. Se una cosa simile sarebbe davvero accaduta, per tutti non vi sarebbe stata via di scampo.

“Non voglio morire, qualcuno fermi Terra e Giove... vi prego!”

La bambina tremava, vedendo i due uomini allo stremo delle forze, ma che continuavano nel loro atto. Si cambiavano di posto, di ruolo, sempre legati da qualcosa di magnetico. I pianeti cambiavano la loro traiettoria, avvicinandosi al Sole trascinandosi gli altri pianeti. La gravità avrebbe avuto la meglio e si sarebbero fusi con l’enorme stella. Erano due esseri umani, ma la piccola di dieci anni non riusciva a vedere altro che quei due pianeti.  

Luna, dall’alto osservava felice di poter proteggere ancora la sua Terra, incurante del fato l’avrebbe seguita sino alla morte. Si spogliarono del tutto alla fine, non rimase nulla, solo i due pianeti.  Il padre, svegliatosi nella notte dal fischiare del vento, sentì la bambina parlare da sola.  Entrò in camera e la vide ancora una volta di fronte a quella maledetta finestra. Era incredibile come tutte le sere dovesse combattere contro la figlia, solamente perchè amava così tanto osservare il cielo. Non era una cosa nengativa, ma era comunque suo padre e non sopportava che la ragazzina non gli desse minimamente ascolto. 

Quella sera c'era qualcosa di strano, solitamente la bambina si accorgeva subito della presenza del padre e correva sotto le coperte.  Non si era minimamente accorto della figura paterna, continuava a fissare, con aria terrorizzata, fuori dalla finestra.  Le stelle non potevano sicuramente fare un effetto simile, così decise di controllare cosa stesse osservando. Si avvicinò e sudando capì il perchè dello sguardo sotto shock della bambina.  Come le avrebbe spiegato adesso la parola "sesso", non ne aveva la pallida idea.  Incominciava a tremargli il labbro, imbarazzato e inconsapevole da quali parole partire. Così piccola, aveva solo dieci anni e l'unica cosa che i suoi occhi avrebbero dovuto vedere erano dei fiori e un pallone con cui giocare in compagnia. Si abbassò in ginocchio vicino alla figlia, voleva agire in modo delicato. Per lo meno, per quanto gli fosse possibile farlo.  

"Anna, ascolta figliola..."

La bambina tremava visibilmente, ma non degnava di uno sguardo il padre ad ogni modo.

“ Papà, cosa stanno facendo il signor Ackermann e quell’uomo?" 

Era difficile da spiegare, ma la bambina non gli lasciava tempo di aprire bocca che l'accumulo di shock uscì fuori: "Non capisco... perché si fanno male in tal modo?  

Poi si baciano, sono nudi... e poi fanno quella cosa col seder-”

L'uomo scattò in piedi, sbottando sgridò la figliola. “basta così, Anna." 

La bambina, finalmente, lo guardava 
terrorizzata, non era stata una mossa perfetta. Quello che contava era che distolse lo sguardo da quella scena.  Voleva semplicemente metterla nel lettone,rimboccarle le coperte e spiegarle che era normale e che quando si sarebbe fatta l'età giusta avrebbe capito meglio. Nel frattempo, gli avrebbe solo accennato qualche cosa, giusto per non farla impazzire. Che sfortuna, sarebbe stato meglio se quella notte si fosse svegliata sua moglie al posto suo. Era molto più brava lei a parole con la figlia, Luke infatti era un po' più sul pugno di ferro con certi argomenti. Le mise le mani sotto le bracciaper poterla prendere in braccio, ma lei si ribellò al gesto. Non le aveva fatto male, anzi, l'aveva a malapena sfiorata. Non ebbe nemmeno il tempo di comprendere cosa stesse succedendo, che Anna iniziò ad urlagli contro. 

"LASCIAMI!!! NON MI TOCCARE!!!"

Luke mollò la presa al busto, facendo scivolare Anna con i piedi per terra. 
La bambina cadde con le ginocchia per terra per l'agitazione, strisciò fino alla parete del letto e si rifugiò nell'angolo. Fissava il padre negli occhi con le lacrime. Solo un padre avrebbe potuto capire il dolore nel vedere la propria bambina osservarlo con odio, terrore, disgusto.

"Anche tu lo fai, vero?"

"Anna, io-"

"ALLORA E' VERO! E' QUESTO CHE CI TENETE SEMPRE NASCOSTO?!" 

"Anna sei ancora troppo piccola per capire, non avresti dovuto affacciarti alla finestra questa sera!"

"MI FATE SCHIFO!!"

La madre di Anna, sentendo tutto quel fracasso, corse nella cameretta e vedendola nell'angolo 
accorse per proteggere la figlia. L'istinto materno le faceva tenere alta la guardia nei confronti del marito, temendo lo scenario più brutto possibile. Luke, terrorizzato, anticipò la moglie che lo guardava infuriata. 

"non è come sembra, Giorgia... credimi" la smorfia sulla faccia della donna non prometteva nulla di buono. 

"Anna... anna ha visto Ackerman fare sesso con un ragazzo, è sotto shock"  

La madre si voltò verso la figlia in lacrime, chiedendole se tutto ciò fosse vero. Anna non riusciva più a parlare e pur non sapendo esattamente cosa volesse dire quella parola, annuì, guardando negli occhi la mamma. La donna la abbracciò e la coccolò, cercandola di farla calmare. Le disse con calma che ciò che aveva visto, non era altro che frutto di un amore. "Vedi Anna, ciò che hai visto non è niente di malvagio. Si tratta di una semplice dimostrazione di affetto, così come quando mi corri incontro al rietro a casa." Le accarezzava delicatamente i capelli, si tranquillizzò in fretta. Nel frattempo papà Luke era esasperato nel vedere che nei confronti della moglie Anna non ebbe alcuna reazione strana. Forse perchè lui era un uomo, dopotutto vide una scena tra due omosessuali. Il ragionamento non faceva una piega, così come il terrore di Luke che la sua piccola bambina, d'ora in poi, non avrebe più avuto lastessa spensieratezza. 

Questo tipo di esperienze cambiano i bambini, facendoli crescere prima del dovuto psicologicamente. Il brusco rifiuto di prima, lo faceva star male. Non poteva accettare che la figliola dovesse portare sulle spalle un masso di tale dimensioni, lo avrebbe portato per tutta la sua esistenza.  Un padre troppo premuroso e una figlia con un'immaginazione troppo folle, mentre la madre risolveva il dilemma della situazione, cercando di far star meglio sangue del suo sangue.  Oscura la mente, oscuri i pensieri. Denti digrignati e sguardo infuocato, chiunque lo avesse potuto vedere avrebbe giurato di vedere il demone in quell'uomo.  

Desiderava la rovina dei due, la morte di entrambi per il dolore causato alla figlia. Dimenticandosi cosa fosse davvero il buon senso e il perdono, nel suo sangue scorreva vendetta e per i due uomini suggeriva di iniziare a tremare. Eren Jaeger, un semplice infermiere che stava avanzando molto in carriera, girava sempre con una donna bruna, visibilmente incinta. Da quel che sapeva, però, non erano ancora sposati e la ragazza aveva un carattere possessivo. Per rovinarlo sarebbe bastato scattare qualche fotografia, la sua ragazza sarebbe andata in bestia e il loro legame si sarebbe così inciso. Per quanto riguarda il nanerottolo conosceva le persone a cui pagava l'affitto del negozio. 

Sarebbe bastato mettere una pulce nell'orecchio di quelle persone e il negozio avrebbe avuto fine, chissà magari avrebbe fatto sfruttare Eren per l'opera. Inquesto modo non si sarebbe sporcato le mani e non si sarebbe fatto nemmeno vedere.  Il piano era perfetto, avrebb solo dovuto metterlo in atto. Prese la fotocamera, incurante delle domande da parte della moglie, e fece numerose foto. Si sorprese che Ackermann non notò affattò il flash, era proprio concentrato su quel ragazzo. 

"Mamma, Giove potrebbe mai inglobare la Terra?"

La donna rise all'ingenuità della figlia.

"hahah! no, amore mio, se davvero quel ciccione avesse intenzione di inglobarci, lo avrebbe fatto tanto tempo fa. Giove è un gigante gassoso molto buono, sai? Ooh! e poi il maestro ti deve ancora raccontare di Plutone, vero?" 

"cos'è?"

"è un altro corpo celeste nello spazio, se farai la brava la mamma ti prenderà un telescopio... ma dovrai usarlo solamente in un orario stabilito." La bambina era su di giri, nel lettone della madre. Quella sera avrebbe dormito più serena con lei, Luke se la sarebbe cavata. Inoltre, Giorgia notò che si stava comportando in modo strano: meglio stare con gli occhi aperti. 


Nel frattempo, in casa Ackermann i due si erano addormentati sul divano disfatto. Nonostante erano stretti, a nessuno dei due diede dispiacere. Fu facile addormentarsi e persino Levi riuscì a dormire qualche ora in più. Il bruno era ancora li, che osservava i capelli del moro. Non poteva credere che una cosa simile fosse accaduta quella sera, inoltre aveva la sensazione che qualcosa di simile fosse già accaduto in passato. Dopo sei buone ore di sonno filate, si era svegliato. Gli sembrava di aver fatto un sogno lunghissimo, quasi eterno. Pensava che fosse dovuto alle due ore in più di sonno, di conseguenzza non ci fece molto caso.

Cercò di alzarsi, facendo attenzione a non svegliare Eren. Era difficile, il ragazzo lo teneva stretto in un abbraccio e quasi se ne rammaricava a doverlo sciogliere. Purtroppo, quando il corpo chiama bisonga rispondere, in quel momento Levi doveva sia andare in bagno e sia mangiare. Aveva un brontolio allo stomaco impressionante, non sarebbe bastata una tazza di tè con qualche fetta biscottata a saziarlo. Fu una bella serata dopotutto, non aveva mai avuto un’esperienza così entusiasmante con nessun’altro. Neppure con una donna, nonostante fosse etero. A questo punto, però, Levi capì che doveva indagare meglio di che orientamento sessuale fosse. Dopotutto il ragazzino sdraiato su quel divano lo attraeva e non poco.

Tra qualche ora si sarebbe svegliato e avrebbe accompagnato la sua ragazza a casa, da quel che ricordava. Non gli andava molto a genio la possibilità di non rivederlo tra molto tempo, non sapeva ve avrebbe resistito. Si preparò del tè e si fece un toast salato, la giornata sarebbe stata pesante. Quella mattina doveva arrivare il rifornimento per il negozio e le casse da spostare erano parecchie. Per fortuna Jean gli avrebbe dato una mano, non che non ce la facesse, ma a quarant’anni la schiena in certi momenti gli faceva qualche scherzetto. Meglio non sforzarla troppo, inoltre fare il lavoretto in due avrebbe impiegato meno tempo. Squillò il telefono, Levi appoggiò il toast sul piatto e vi corse incontro. Si domandava seriamente chi fosse alle 06.00 del mattino. Alzò la cornetta e sentì la voce di Jean un po’ ovattata.

“Pronto, signor Ackerman?”

“Jean, faccia da cavallo, ti rendi conto di che ore sono? Avanti dimmi.”

“Le chiedo scusa, ma non sto affatto bene... non credo di riuscire a venire stamattina, cercherò di venire nel pomeriggio visto lo scarico merci di oggi”

“resta a a casa, riposa. Domani mi farai resoconto di come ti senti.”

“Grazie mille, signor Ackerman. A domani.”

“ciao.”

Riattaccò la cornetta, non sarebbe stato un problema. Anzi, avrebbe potuto risolvere un’altra questione: capitava a pennello. Andò verso il moro, scuotendolo.
“Oi. Eren.”

Il ragazzo stava russando in modo disgustoso, per aggiunta stava per sbavare. Se non fosse per la notte precedente, lo avrebbe già preso ripetutamente a calci.
“Eren, svegliati.”

Finalmente il moccioso iniziò a dare segni di vita, muguliando e rigirandosi. Aprì gli occhi e si alzò di colpo.
“merda, è mattina.”

“esatto, vieni a fare colazione. Dopo ho bisogno del tuo aiuto, non ti ruberò molto tempo. Si tratta di un’oretta.” 

Eren si scollò dal divano, dirigendosi verso il bruno.
“Vuoi il secondo round?”

Levi cacciò uno sbuffo di disapprovazione, mentre vedeva il moro sedersi a tavola. Gli passò un toast, così fecero colazione. Il tempo passò in fretta, nonostante la serta scottante entrambi non spicciarono molte parole. Andava bene anche così, non era necessario parlare ore ed ore per poter star in armonia con un’altra persona, anche se il moro avrebbe voluto sapere di più su quel quarantenne taciturno. Scesero presto, vi erano ancora i colori dell’alba in cielo e l’arietta fresca tipica della mattina. Aprirono il negozio, tirando su la serranda e le tapparelle, da lì in poi Levi gli diede indicazioni su come muoversi.

“Oggi ricevo la merce dal fornitore, ma essendo prodotti provenienti dall’estero sono ingrossa quantità. Il mio collega oggi non riesce a venire e le casse sono varie. Bisogna che tu mi dia una mano, per finire in fretta.”

“Agli ordini.”

Non appena finì di dire la frase, dalla porta posteriore del negozio si udì il rumore di un camioncino. Levi fece cenno al moro e gli fece strada. Prese dei guanti su una mensola e ne lanciò un paio anche ad Eren. Per fortuna aveva i riflessi pronti, altrimenti avrebbe avuto una bella botta in faccia. Li prese al volo con la mano destra, continuando a guardare dritto negli occhi azzurri il quarantenne. "Mettili, quelle dannate casse sono sudicie."

Levi aprì la porta e salutò il camionista. Un singore alto, non proprio in peso forma, anzi eren avrebbe giurato che almeno dieci chili in più lo era sicuramente. Capelli biondi, tendenti al rossastro e occhi verdi. Viso tondo e naso un po’ a punta e grosso. Che faccia buffa, davvero. Lo sguardo era strano, come se fingesse di essere spensierato, invece, che indemoniato col mondo. L’uomo salutò entrambi e aprì gli sportelloni del camion, per poter permettere di scaricare la merce.

“Eren, prendi le casse e portale nel magazzino. Arrivo subito.”

“Ricevuto.” 

Eren si pose di fronte al camion e vide che all’interno vi era un uomo. Gli fece cenno di salire su ed Eren fece come chiesto. La luce del sole non era ancora arrivata del tutto ad illuminare il cielo, di conseguenza nel camioncino non si vedeva granchè. L’uomo che aveva davanti era oscurato dall’ombra delle pareti. Gli mostro una cassa, sbattendoci ripetutamente il palmo della mano, così come si fa per richiamare un micio. Gli fece segno col dito di fare silenzio, con l’altra mano gli mostrò una pistola incastrata nel pantalone. Tornò a battere la mano sopra la cassa e ci sbattè sopra delle foto. Eren sudava, quelle foto illustravano il tradimento di ieri sera.

“Come fa-.”

“Shhh. Ricordi?” 

Eren digrignò i denti, doveva escogitare un modo per disarmarlo. L’uomo continuò a parlare a bassa voce.
“Se vuoi che Mikasa Ackerman veda queste foto, dovrai portare questa cassa all’interno del magazzino. Precisamente nell’angolo a sinistra, senza dare troppo nell’occhio.” 

Eren osservò titubante la cassa, non aveva nessuna intenzione di mettere Levi in pericolo. La verità sarebbe venuta comunque a galla, prima o poi. Non erano importanti quelle prove.
“cosa c’è dentro?” 

Eren vide l’uomo nell’ombra fare una faccia disgustata.
“Non sono affari tuoi, per lo meno, se desideri che la ragazza e tuo figlio vivano anche domani.” 

Eren sentì il suono metallico, per poi accorgersi di avere la pistola puntata in fronte. L’uomo non tremava, la presa era decisa e forte, nessuna esitazione. Jeager doveva riflettere in fretta. Se si fosse rifiutato, avrebbe potuto uccidere facilmente l’uomo con qualche mossa. Tutto ciò, comunque, non gli avrebbe assicurato che Mikasa sarebbe stata al sicuro. Avrebbero potuto ucciderla o farle del male in qualsiasi momento. L’alternativa era fare come diceva quell’uomo e portare la cassa all’interno del negozio. Se il bastardo sarebbe rimasto dentro il camion, non avrebbe potuto vedere minimamente Eren sbirciare l’interno della cassa. Sapeva che Levi aveva delle conoscenze in giro, la gente parla, poteva trattarsi di soldi o di qualcos’altro.

Alzò le mani, in segno di resa verso l’uomo. Lui gli diede un colpo in testa con la pistola, per divertimento. Nascose le foto, continuando a puntare Eren, mentre scendeva dal camion con la merce. “Perfetto.”

Levi stava firmando i documenti per la ricevuta dell’ordine, quando notò che in Eren qualcosa non andava. Il fornitore richiamò di nuovo la sua attenzione per l’ennesimo documento.
“Che seccatura.”

“Ahah! Lo stesso vale per me, Ackerman. Detesto queste prassi al tuo stesso modo. Si perdono...”

Diede uno sguardo ad Eren, mentre trasportava la cassa. Lanciando una frecciatina a Levi.
“Occasioni, Ackerman. Occasioni.”

Levi non riuscì a distaccare lo sguardo da quel pel di carota, non gli diede la soddisfazione di mostrargli il suo nervosismo. Mantenne lo sguardo freddo, senza mai staccarlo dall’uomo. Lo aveva già visto da qualche parte, lo avrebbe giurato. Nel frattempo, Eren aveva spostato la cassa nel punto esatto del magazzino. Prese un piede di porco lì vicino, aprì la cassa. Sacchettini di iuta, semplici sacchettini di iuta contenenti erbe. No, impossibile. Doveva esserci dell’altro, così rovistò tra i sacchetti cercando come un ratto e nel pattume. Sussultò nel vedere la bomba di piccole dimensioni, un timer ticchettante che segnava 7 ore all'incirca.  

Eren sudava, quell'affare era pieno di fili. Non sapeva quale tagliare. 

 
Angolino dell'autrice:
Eccoci arrivati alla fine del capitolo, o almeno alla prima parte. Vi devo confessare che alcune caratteristiche di Anna si rispecchiano in me, per lo meno non mi ritengo così folle.. ma alcune cose sono simili. Ogni tanto immagino di poter fare un video storyboard della mia fanfiction, immaginandomi alcune scene. Sarebbe divertente vedere una storia prendere vita in un'animazione, mia passione dall'infanzia. Non l'ho mai imparata bene eh, ma sono una grande fan e osservatrice delle opere animate. (Pssst Disney is my love!) Vi lascio con la scena cancellata, che nonostante sia dialettale spero possiate apprezzarla. Niente di offensivo eh, mettiamo paletti! Al prossimo capitolo, che uscirà il 10/02/2021 e mi raccomando non fate i pazzi come Luke! Ciao!
Marsha


 Tu potrai sempre proteggere Terra indipendentemente dalle circostanze!”
Stelle cadenti, un’enorme pioggia di stelle invase l’oscurità del cielo.
“sì, niente di vieta di starle vicino! Nemmeno Giove mai potrà! Anche se loro due si innamorassero”
Sentì la porta aprirsi alle spalle e vide suo padre nell’ombra. 
"ANNA! SANG I CHI T'E' VIV! TE NE VUO' IJ A CUCCA' INVEC E ROMBR O CAZZ E L'UNA 'RA NOTT?!"
"CH SFACCIMM PAPA', GUARD O' CIEL COMM'E' BELL!!!"
"M PASS PO' CAZZ! VATT A' CUCCA'!"

TRADUZIONE:
"Anna, mannaggia al sangue delle persone a te care ancora in vita, quando avresti intezione di andare a dormire? Invece di fare rumore e disturbare la quiete notturna all'una di notte?!"
"Per la miseria papà, guarda com'è bello il cielo!!!"
"Non attira minimamente la mia attenzione, nemmeno quella del mio batacchio. Di conseguenza vai a dormire!"
Fine.

 

PREVIEW CAPITOLO 5 

Esplosione

(parte 2) 


 

Eren ha di fronte a sè la bomba,
scegliere il filo giusto non è un'impresa facile.

In servo per l'amico però, Armin ha un'altra bomba che sta per scoppiare.
"Eren, dobbiamo parlare."
"Come fai a mentire così a te stesso?!"

Levi, camminando nel magazzino, sentì uno strano ticchettio.

   
 
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