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Autore: BALTO97    05/02/2021    4 recensioni
seguito della storia "Jared veste Prada", questa volta al centro non ci saranno le disavventure del povero segretario Misha, sempre più convito che il suo capo sia il diavolo, ma la relazione di Jensen e Jared che tra amore e dolore rivelerà una verità scomoda ma impossibile da ignorare
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anche quel giorno Kim, seduta dietro la sua scrivania, leggeva alcuni documenti mentre le dita esperte battevano sui tasti senza neanche bisogno di guardarli.
Si prospettava un’altra giornata frenetica alla Beaver & Padalechi corporation; gente che correva avanti e indietro per i corridoi, su e giù da un piano all’altro portando fascicoli, chiedendo fotocopie o firme dell’ultimo minuto; la donna era così abituata che firmava ad occhi chiusi conoscendo ogni pratica solo dal numero.
 le telefonate arrivavano una dietra l’altra senza un attimo di tregua e, tanto per cambiare, chiunque chiamasse era arrabbiato, pretendeva di avere un appuntamento prima della fine del mese oppure di parlare con Jared, cosa impossibile visto che era autorizzata a passare le chiamate al boss solo ad una stretta, strettissima cerchia di persone, come i suoi genitori e ovviamente Jensen
 
Essere la prima assistente del capo era impegnativo, comportava parecchie responsabilità e ovviamente doverlo sopportare giorno dopo giorno con grande autocontrollo, se eri particolarmente sensibile alle critiche lavorare per Jared non faceva per te.
 come oggi tanto per cambiare…  
“Kim!” la chiamò la forte voce del capo del telefono anche se, talmente urlava, chiunque poteva sentirlo direttamente dal suo ufficio
“dov’è quel buono a nulla con il mio caffè?!” chiese con tono parecchio irritato che ti augureresti di sentire mai
La segretaria sospirò passandosi una mano tra i capelli
 
“dovrebbe tornare a minuti” rispose pregando che Jared fosse magnanimo e avesse pietà di Misha
“wow, l’astinenza da caffeina lo fa parecchio arrabbiare” rise Claire, una ragazza molto carina e simpatica appena assunta addetta alla stampa ed altri lavoretti, arrivando dal corridoio camminando su tacchi vertiginosi con il tailleur perfetto e i cappelli raccolti in una coda altrettanto perfetta.
 
La precisione nel lavoro e nell’aspetto era un requisito fondamentale per lavorare nella compagnia e non essere richiamato da un alquanto adirato Jared per sentirti dire “vestiti così nel tempo libero e non qui! Questo è un luogo di lavoro e non il circo equestre”
“già” sospirò la donna prendendo l’ennesima pila di carte sospirando
“anche se non l’ho ancora trovato qualcosa che non lo faccia arrabbiare”
 
Qualche minuto dopo Misha, trafelato con il respiro affannoso, uscì dall’ascensore tenendo in equilibrio un vassoio con due tazze di caffè
“c’era un traffico” mormorò
“questa scusa non piacerà affatto a chi so io” sospirò kim senza distogliere lo sguardo dal PC
 
La segretaria non si sbagliava, Jared non prese affatto bene il ritardo di Misha tant’è che il povero assistente dovette essere veloce nello schivare il ferma carte e la tazza di caffè che il giovane gli lanciò dopo averlo sputato urlando “E’ FREDDO!” aggiungendo un “INCAPACE!”
 
“credevo che con il cambio di stagione il suo umore migliorasse” mormorò il moro tornando a sedersi dietro la sua scrivania pulendosi gli schizzi di caffè che gli erano rimbalzati sulla camicia mandando un messaggio agli inservienti con il codice 3 = ripulire ufficio
(il 2 corrispondeva a “vetro rotto da oggetto lanciato” 1 “necessario nuovo pc visto che l’attuale si trova fracassato per terra”)
 
Kim rise scuotendo la testa, un altro anno era passato e le cose non erano cambiato alla Beaver e Palalechi corporation dove tutti erano certi di una cosa; il diavolo non solo veste Prada, ha i capelli lunghi, un berretto di lana bianco e si chiama Jared
 
 
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Il giorno dopo
 
L’orologio di vetro dell’ufficio segnava le 9:30 e nell’ufficio si respirava un’aria tranquilla, Jared non sarebbe arrivato prima delle 11 e tutti i dipendenti si rilassavano sorseggiando caffè alla loro scrivania lavorando con serenità, almeno fino a quando questo il cellulare di kim squillò avvisandola di un messaggio
 “o mio dio” mormorò alzandosi in piedi attirando l’attenzione di tutti, come per esempio gli altri segretari e i vari dipendenti appoggiati al bancone a chiacchierare o accanto alla macchinetta dell’acqua
“sta arrivando! Avvisa tutti!” disse dritta a Claire che, scattando come una molla corse verso il corridoio dove prese il citofono che comunicava con tutti gli uffici degli ultimi 3 piani “allarme rosso gente! ”
 
In men che non si dica tutti i dipendenti scattarono come colpiti da una scossa
Le donne, buttarono nel cestino gli snack nascondendo sotto la scrivania le scarpe comode per infilarsi i tacchi, si rimisero la giacca del tailleur e ritoccarono il trucco nella webcam del pc, lo stesso facevano gli uomini sistemandosi la cravatta e liberando la scrivania dal superfluo
“non doveva arrivare tra 2 ore?” chiese Mark, un dipendente muovendosi velocemente
“Per questo il suo autista mi ha mandato un messaggio, il suo personal trainer ha avuto un contrattempo” spiegò Kim mentre si affrettava nell’ufficio di Jared per sostituire la bottiglia d’acqua vuota con una piena, impilare perfettamente i vari moduli e riordinare le penne
 
Nel frattempo Misha era corso verso l’ascensore che si stava già aprendo rivelando l’alta figura del suo capo;
Jared, mantenendo la sua posa rigida e l’espressione serie, si tolse gli scuri occhiali da sole
“non capisco perché sia così difficile confermare un appuntamento!” affermò togliendosi la giacca lanciandola verso il suo assistente procedendo oltre
“sono spiacente, l’ho confermato ieri” spiegò il segretario seguendolo ma sapeva che niente di quello che avrebbe detto lo avrebbe scusato
“tieni le tue scuse per qualcuno a cui interessino!” come volevasi dimostrare
 
“di a Jeff che non approvo il contratto, chiama Stuart e digli che il nuovo spot fa pene e pietà, volevo una ragazza immagine ideale, alta, sobria e sorridente, non una modella magra come un manico di scopa e 2 canotti al posto delle labbra! per la festa di Joe l’autista mi porterà alle 8:30 e verrà a riprendermi alle 8:45 precise”
Mentre Jared parlava con al seguito il moro che prendeva appunti percorrevano i corridoi e ogni volta che incrociavano qualcuno questo, alla vista del boss, abbassava lo sguardo e tornava indietro
“devi contattare l’amministratore della Colt industries e digli che non ho intenzione di accettare le sue condizioni, non mi sembra di chiedere la luna?!” affermò passando accanto alla scrivania di kim lasciando cadere una pila di carte per poi dirigersi verso il suo ufficio
“voglio il mio latte caldo senza schiuma con il caffè sulla mia scrivania tra 7 minuti!” disse prima di chiudere la porta
 
Misha sospirò sedendosi alla sua scrivania e lasciandosi andare contro lo schienale “oggi è di buon umore”
Kim sorrise “come sempre”
La mattina procedette senza incidenti o intoppi ma Misha, tra un documento e l’altro notò che Kim aveva già guardato l’orologio un paio di volte ma prima che avesse il tempo di chiedergli cosa non andasse la segretaria si era alzava e stava già bussando alla porta di Jared
 
“mr padalechi?” la voce della sua assistente lo colse di sorpresa facendolo leggermente sussultare
“si?” chiese tramutando rapidamente la sua espressione da sorpresa a seria
“volevo ricordarle che la riunione con l’amministratore delegato è iniziata, sala 4” disse la donna restando sulla porta
Il giovane controllò rapidamente l’orologio mentre si alzava e usciva velocemente passando alla sua segretaria un biglietto
“chiama questo numero e prenotami un appuntamento il prima possibile” affermò prima di passargli oltre aggiungendo un fugace “grazie”
 
Kim annuì ma Jared era ormai lontano
 
“strano” mormorò tornando alla sua scrivania, Jared non aveva mai dimenticato una riunione anzi, spesso andava nella sala qualche minuto prima per essere lì prima dell’arrivo degli altri
 
“forse è distratto, in effetti ultimamente è stato parecchio nervoso” esclamò Misha
 
Kim annuì mentre componeva il numero restando assai sorpresa quando all’altro capo del telefono rispose uno studio medico, ma prese l’appuntamento e fece finta di niente anche se trovava la faccenda alquanto curiosa, o forse preoccupante
scrisse la data e l’orario e portò il post-it nell’ufficio del capo, l’appunto anche sull’agenda e sul palmare
 
All’ora di pranzo Misha aveva il compito di portare l’ordine, arrivato da asporto da uni dei ristoranti preferiti di Jared nel suo ufficio, il giovane infatti preferiva pranzare lì per restare concentrato sul lavoro e ogni tanto usciva probabilmente con Jensen o si vedeva in qualche bistrò per parlare di affari con delegati di altri paesi
Dopo aver bussato il segretario entrò con il vassoio mormorando “è arrivato il suo ordine”
Non si aspettava certo che Jared, dietro la scrivania, spostasse il telefono dall’orecchie dicendo “oggi no”
“non ho molta fame” aggiunse tornando alla sua telefonata, girando la sedia verso la grande vetrata che dava sulla città
 
Il moro, leggermente confuso, annuì per poi uscire.
Trovava assai strano che il suo capo non avesse quel suo tipico appetito che lo portava a divorare due bistecche con contorni vari e un’intera porzione di patatine fritte che mandava giù con litri di bibite gassate, riuscendo chissà come a mantenere quel fisico statuario da dio norreno
Portò il pranzo nella piccola cucina del piano e scrisse su un bigliettino “proprietà di Jared”, scrivere “se lo tocchi sei morto” sarebbe stato uguale ma preferì non esagerare
 
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“buona serata” disse Jared uscendo dal suo ufficio
“altrettanto” risposero i segretari mentre si mettevano la giacca anche loro pronti per tornare a casa ma a Kim non sfuggì il movimento del suo capo che, passando accanto alla scrivania, gettò qualcosa nel cestino prima di raggiungere l’ascensore
La donna non riuscì a trattenere i suoi occhi che, prima di lasciare l’ufficio seguita da Misha, caddero su quello che Jared aveva buttato nel cestino; uno strano flacone di pillole arancione completamente vuoto
“curioso” pensò 
 
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Jared parcheggiò l’auto nel vialetto e, come faceva ogni sera da quando tempo ormai neanche lui se lo ricordava, spense l’auto ma non uscì subito
Tenendo le mani sul volante guardò la luce che filtrava dalle finestre e sorrise
Il pensiero che dentro c’era l’amore della sua vita che, molto probabilmente, stava preparando la cena e litigando con i cani che gli stavano tra i piedi con in sottofondo un vecchio cd di musica classica lo faceva sentire davvero bene.
finalmente poteva lasciarsi alle spalle la maschera rigida e severa che doveva portare al lavoro e lascarsi andare, tornare a essere Jared, non più il boss che tutti temevano ma semplicemente sé stesso con vicino l’uomo che lo conosceva davvero per quello che era e lo amava davvero, non perché era il capo, ma perché era lui.
 
Prendendo un respiro profondo uscì dall’auto e entro annunciando con tono allegro
“Jens amore, sono a casa”
 
Come sempre i cani gli corsero incontro saltando festosi alla vista del loro padrone, il giovane non seppe resistere e ridendo si sdraiò a terra lasciando che il loro muscoloso doberman, Remson, gli leccasse il viso mentre Winston, il loro bulldog inglese, gli faceva il solletico camminandogli sul petto
Veniva naturale pensare che il minaccioso cane da guardia con i denti affilati e il fisico muscoloso con il collare borchiati fosse di Jared e che in una stanza della casa avesse un trono, in oro in stile barocco con una coperta di pelle di tigre bianca, dove si sedeva con accanto il fedele guardiano a 4 zampe proprio come in un film sulla mafia; ma la verità era ben diversa
Remson non solo era la guardia del corpo di Jensen ma il suo migliore amico, con il biondo l’intimidatorio cane si tramutava in un agnellino mansueto, coccolone e docile
Invece il buldog a cui avevano dato il nome tipicamente inglese Winstons perché li faceva tanto ridere, era il suo compagno di giochi, lo lanciava sui cuscini, nascondeva sotto la coperta e si divertiva a vestire con le magliette delle squadre di football e il cane con la corporatura tipicamente tozza, con le zampe corte e possenti, il muso schiacciato e le simpatiche rughe sulla fronte dormiva solo sul lato del letto di Jared e ogni volta che il giovane si tuffava in piscina lo seguiva
 
Anche quella sera, dopo aver sentito la squillante voce di Jared che lo avvisava di essere tornato Jensen gli andò incontro nell’atrio dove, tanto per cambiare, lo trovò sdraiato a terra con i cani che praticamente lo calpestavano
“devo iniziare a scodinzolare anche io per avere un bacio?” domandò con un sorriso ironico
Un attimo dopo il giovane era in piedi e aveva unito le loro labbra in un bacio appassionato e mentre gli stringeva i fianchi per tirarlo più vicino il biondo gli passava le dita tra i lunghi capelli, scompigliati
“è bello tornare a casa”
 
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“allora com’è stata la tua giornata?” domandò Jensen;
erano seduti a tavola, il maggiore davanti a una porzione di verdure e un petto di pollo grigliato, mentre il giovane si gustava una bistecca con contorno di patatine fritte affogata nella salsa barbecue che stava divorando con grandi bocconi, insieme a un grande bicchiere di bibita gassata
“bene” rispose Jared con la bocca piena lanciandogli un’occhiata veloce prima di tornare a concentrarsi sul pezzo di carne perfettamente al sangue
 “sapevi che hanno aperto un altro supermercato vegano? Dovremmo andarci, magari avranno anche quelle patatine alla barbabietola, lasciano la lingua rossa ma sono croccantissime” aggiunse prendendo un sorso del suo latte “e dobbiamo portare Ramson a tagliare le unghie” continuò ma ancora una volta il giovane al suo fianco sembrava troppo intento ad intingere le patatine nella salsa
“ho letto un’interessante articolo sulle balene nel nuovo numero di Oceani, sapevi che i piccoli appena nati pesano una tonnellata e solo lunghi 4 metri?” domandò e aspettò, quando fu certo che Jared non lo stava ascoltando raccolse un broccolo e lo lanciò colpendolo sulla guancia
“eh, si cosa?” chiese confuso il giovane con guardo spaesato e, quando incontrò i suoi occhi, si rese conto che non lo stava ascoltando
“scusa amore” affermò con un sospiro “stavo pensando” ammise
“qualcosa di importante?” domandò Jensen
Jared aprì la bocca e fece per dire qualcosa ma poi si fermò, osservò il suo ragazzo per qualche istante, perdendosi in quei bellissimi occhi verdi e in quel labirinto di lentiggini
“no” disse con un sospiro e un sorriso, lasciò il coltello e portò la sua mano su quella dell’altro facendolo sorridere e nel frattempo arrossire
“solo questioni di lavoro, niente di cui preoccuparsi” esclamò stringendogli la mano
“e tu” continuò “hai dipinto qualcosa con il rosso e l’arancione?” chiese sorridendo soddisfatto dell’espressione confusa del suo ragazzo poi, con gli occhi, indicò la sua felpa e a Jensen non ci volle molto per notare le varie macchie di vernice rossa e arancia sulle maniche, sulle mani e era certo ne avesse sia sul viso che sui capelli
“colpevole”
 
Per fortuna di Jared, Jensen non fece altre domande così il giovane non dovette trovare delle scuse per non farlo preoccupare e dopo cena, come sempre, si sistemarono sul divano per godersi un film sul loro maxi schermo e Jared non poteva chiedere di meglio; sdraiato comodamente sul divano dove poteva allungare le sue gambe senza problemi (valeva tutti i soldi per averlo fatto personalizzare) Jhonny Depp nei panni di Jack sparrow e, soprattutto, Jensen sdraiato sul suo torace dove poteva passare le dita tra i morbidi capelli biondi, ancora sporchi di pittura, era orgoglioso di se stesso per averlo convinto a farli crescere, certo non erano lunghi come i suoi ma erano comunque stupendi perché ora poteva giocare con quel bellissimo ciuffo che gli e le punte leggermente arricciate sulle orecchie
Tutto era perfetto, niente poteva renderlo più felice di essere a casa con l’uomo che amava
Ma il clima idilliaco, da film romantico, durò fino a quando Jensen, all’improvviso, si mise seduto iniziando a guardarsi intorno confuso, muovendo la testa a destra e sinistra
“tutto bene?” domandò Jared appoggiandosi sui gomiti ma l’altro non rispose, anzi, alzandosi si avvicinò velocemente alla vetrata che dal soggiorno dava sul giardino sul retro dove si vedevano il portico in legno, il barbecue in muratura e un pezzo della piscina
“Jensen” lo chiamò il giovane
“hai sentito?” chiese il maggiore con lo sguardo fisso all’esterno
Jared sospirò ma non in modo scocciato o esasperato, anzi, restando calmo domandò “cosa dovrei aver sentito, amore?”
“una voce” rispose l’altro per poi aggiungere “veniva da fuori” mentre apriva la porta finestra e freneticamente usciva a piedi nudi, con la maglia a mezze maniche, in pieno ottobre a Vancouver; per questo e altri motivi Jared lo seguì prontamente “Jens, ti prego amore, fa freddo torna dentro”
ma il biondo non parve sentirlo, appoggiato alla ringhiera di legno mormorava “gridava aiuto” continuando a muovere lo sguardo a destra e sinistra, tra il giardino e la piscina.
“Jensen” lo chiamò appoggiandogli una mano sulla spalla ma, come prevedibile, l’altro si allontanò al tocco esclamando “no! io l’ho sentito” lanciandogli uno sguardo a metà tra il furioso e l’esasperato ma al contrario di lui il giovane non si scompose; restando calmo gli andò vicino chiamandolo per nome mentre gli prendeva i polsi per non farlo allontanare e nonostante l’altro provasse ancora a desistere non si arrese fino a quando non riuscì a farlo stare fermo
“chiamava aiuto e…” sussurrò Jensen guardandosi ancora in giro
“aiuto mi stanno portando via?” finì per lui il giovane
“si” disse il biondo con un sorriso ma poi, i suoi occhi spalancarono mentre le spalle sprofondavano sotto il peso della consapevolezza
“mi dispiace” sussurrò con un sospiro e lo sguardo basso
Jared annuì tirandolo vicino in un abbraccio in cui l’altro si sciolse nascondendo il viso nell’incavo del suo collo prendendo un respiro profondo
Il giovane non smise di accarezzargli la schiena lentamente in un dolce movimento rilassante “tutto bene”
“forza” aggiunse non allontanandosi troppo “andiamo dentro”
Una volta tornati nel confortevole tepore della casa Jensen si diresse verso la cucina mentre Jared si preoccupava di chiudere tutte le porte e le finestre inserendo i vari allarmi e controllando che le telecamere fossero accese, poi anche lui andò in cucina dove il biondo, seduto sul bancone, beveva un bicchiere d’acqua
Il giovane si avvicinò e subito l’altro sorrise leggermente vedendo il compagno venirgli vicino
“va meglio?” chiese passandogli le mani nei morbidi capelli biondi per poi scendere sul viso e accarezzargli le guance
Jensen annuì evitando comunque il suo sguardo, il giovane lo notò e sapeva fin troppo bene che dopo episodi del genere il suo ragazzo si sentava imbarazzato a disagio e stanco, sicuramente la sola cosa che voleva fare era dimenticare e fare come se non fosse successo niente ma Jared sapeva che c’era un’altra questione spinosa da affrontare
“dovresti prendere le medicine” affermò mettendogli le mani sulle spalle massaggiandole dolcemente
“Le ho già prese oggi” rispose l’altro con un sospiro esasperato “le prendo tutti i giorni…”
“lo so” replicò Jared, sapeva che al contrario di quando lo aveva conosciuto, ora Jensen era molto più preciso con la terapia farmacologica invece che prenderle quando si ricordava, o aveva voglia, ma sapeva anche che nell’ultimo mese avevano smesso di fare effetto ed era proprio questo a spaventarlo
Jensen sospirò nuovamente “ma tanto non fa nessuna differenza, anche se le prendo non cambia niente…”
Il giovane annuì incrociando le braccia saltellando da un piede all’altro “oggi ho preso un appuntamento con quel medico, quello che ci ha consigliato Daniel” esclamò
“se credi che posso essere utile” disse Jensen con lo sguardo basso e un’alzata di spalle
“sentire un secondo parere è sempre utile” replicò il giovane e sapeva di star entrando in un campo minato
“dire che è più il quindicesimo parere” sbuffò Jensen “e tutti hanno detto la stessa cosa” aggiunse
“c’è un’altra cosa…” continuò il giovane “credo… credo che sia ora di iniziare a pensare a…”
“No” lo interruppe il biondo scuotendo la testa “non dirlo di nuovo” sospirò mentre si alzava dal bancone e camminando per la cucina passandosi una mano nei capelli “lo sai cosa ne penso di quella terapia… ci sono troppi lati negativi”  
Jared lo sapeva
“potrebbe essere una soluzione”
 
“avevamo detto che non ne avremmo parlato per un po'” esclamò Jensen voltandosi e sbattendo le braccia lungo i fianchi
“vero…” ammise Jared “ma poi non ne abbiamo più parlato” aggiunse
 
“Lo so quello che pensi” disse appoggiandogli le mani sulle ampie spalle “davvero lo capisco, ma aspettiamo” continuò accarezzandolo poi si sporse e alzandosi leggermente sulle punte dei piedi gli lasciò un morbido e semplice bacio sulle labbra sottili imbronciate in una chiara espressione di dissenso, ma Jared non disse altro e accontentandosi di mormorare un “come vuoi” osservo l’altro tornare verso il divano sperando che, la prossima volta, ne avrebbero davvero parlato
 
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La sveglia sul comodino segnava le 3:35 e Jared cercava di riaddormentarsi da quando si era svegliato alle 2:50
Le luci dei lampioncini del giardino erano l’unica fonte di luce che penetrava dalle tende non completamente tirate, il rumore della pioggia e i leggeri tuoi in lontananza erano rilassanti ma non lo aiutavano
Accanto a lui, sotto il piumino, seminascosto nel morbido cuscino Jensen dormiva pacificamente, il viso rilassato e il respiro leggero
Sarebbe stato un peccato svegliarlo
Si alzò facendo il più piano possibile, sistemò le coperte, infilò un paio di pantaloni e una maglietta scartata e, evitando di mettersi le pantofole uscì.
il piano di sotto era buoi, ma più illuminato dalla camera da letto visto che dalla grande vetrata che andava da una parte all’altra della casa entrava più luce non solo dai lampioncini del giardino ma anche da quelli del portico
Winstons era rimasto in camera dove dal suo cuscino non si era neanche accorto che il padrone si era alzato ma, al contrario Remson, da buon cane da guardia, appena sentiti i passi di Jared sulla scala aveva alzato le orecchie dal suo posto sulla poltrona
“hey bello” sussurrò accarezzandogli la testa passandogli oltre andando verso la vetrata dove per un lungo minuto osservò, o meglio contemplò, la pioggia che cadeva sul prato, il rumore che faceva battendo sul legno o gli effetti che produceva nell’acqua della piscina
10 anni prima, quando era un novellino nel mondo del lavoro, un ragazzino di 22 anni fresco di laura appena trasferito dal caldo Texas nella gelida Vancouver che viveva in un monolocale in cui per far diventare l’acqua calda dovevi dare un pugno ben assestato allo scaldabagno, non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe arrivato ad avere tanto, una casa lussuosa, una bella macchina e il suo nome su una delle aziende più importanti del Canada
Onestamente ogni tanto sentiva la mancanza di quel periodo in cui la sua unica preoccupazione era quale pizza ordinare per cena e soprattutto riuscire a convincere il suo vicino dagli occhi verdi a uscire per un caffè, quasi non riusciva a crederci che ora quel ragazzo stava dormendo nel suo letto e questo per Jared era il successo più grande
 
Ma allora perché non riusciva a dormire, perché si sentiva in colpa?
Forse perché non aveva detto a Jensen che aveva già chiesto a Kim di prendere un appuntamento con quel medico del centro o parlato di quei farmici prescrittigli dal medico
 
Con un sospiro tornò in soggiorno, di preciso verso il piccolo mobiletto preso in un viaggio in Tailandia, particolare per gli elefanti intagliati su entrambi i lati e per i tanti scompartimenti nascosti all’interno e proprio da uno di questi prese una bottiglia di rum, regalo di un collega, si sistemò sul divano, con le gambe allungate sul pouf e portò la bottiglia alla bocca prendendone un lungo sorso, assaporandone il sapore dolce amaro del liquido ambrato per poi prendere un sospiro e appoggiare la testa all’indietro sul divano
 
Il rumore della pioggia era rilassante e fu proprio il distensivo rumore che gli riempì la mente a non fargli sentire i passi di Jensen, per questo sussultò quando sentì la sua voce “si, la scelta per risolvere l’insonnia tra una camomilla e il rum è ovvia”  
Aprì gli occhi di scatto trovandosi il maggiore a pochi metri distanza con le braccia incrociate e l’espressione sia interrogativa che sorridente
 
Jared sorrise di rimando alzando le spalle mormorando uno “scusa” come un bambino beccato in flagrante con la mano nel barattolo di biscotti
Il biondo scosse la testa raggiungendolo e Jared gli avvolse le spalle con il braccio tirandolo più vicino così che avesse la testa appoggiata sulla sua spalla
“ti ho svegliato?” domandò dopo l’ultimo sorso
Jensen scosse la testa “mi sono svegliato e tu non c’eri” rispose con tranquillità accendendo la tv, non tanto perché ci fosse qualcosa di interessante ma avere giusto qualcosa da guardare
Infatti per qualche minuto restarono in silenzio, un piacevole silenzio, il giovane accarezzava la spalla mentre Jensen gli accarezzava la gamba
Il film, già a metà, sembrava interessante e Jared si lasciò coinvolgere dalla trama poliziesca, fino q quando non si accorse che Jensen lo stava fissando “che c’è?” domandò con un sorriso
L’altro non rispose e, anche lui con un sorriso, gli accarezzò la barba che copriva le guance e il mento ed era abbastanza lunga da permettergli di passarci le dita attraverso e vederle scomparire tra i peli scuri
“non ho avuto tempo di radermi, lo farò domani” affermò accarezzandosi a sua volta il viso, non aveva mai avuto la barba così lunga e, doveva ammetterlo, trovava sia comico e adorabile che nonostante lui fosse più giovane di Jensen con la barba sembrava molto più grande
“non mi dispiace” mormorò Jensen senza smettere di accarezzarla “anzi” continuò sporgendosi leggermente per sfiorargli le labbra “Mi piace” aggiunse
“mmh” gemette il giovane annuendo e alzando le sopracciglia “non ti sembravo un cavernicolo?” chiese mentre, inconsciamente ma non troppo, raddrizzava le spalle e alzava il mento con fare presuntuoso
Jensen stette al gioco e dopo aver sussurrato un “mh mh” si spostò sulle ginocchia con le mani sulle spalle e il viso a un soffio dal suo e, automaticamente, Jared gli portò le mani dietro la schiena non preoccupandosi di sfiorargli il fondoschiena avvolto nel sottile intimo
“un forte… rude cavernicolo?” domandò di rimando “hai intenzione di darmi la tua clava sulla testa, prendermi per i capelli e trascinarmi nella tua caverna?” aggiunse lasciandogli una lunga serie di baci sulle labbra
Il giovane dovette fare uno sforzo per controllarsi e non togliergli i pantaloni del pigiama e dimostrargli quanto poteva essere forte ma questo flirt non gli dispiaceva affatto
“vorresti farmi indossare un intimo di pelle di animale?” domandò strizzando l’occhio
Jensen si allontanò quel tanto che bastava per guardalo negli occhi poi si avvicinò al suo orecchio e sussurrò qualcosa che provocò a Jared non solo una serie di brividi che gli corsero lungo tutta la schiena e mandò una scossa alla sua virilità
“veramente mio forzuto uomo delle caverne, non ti vorrei con niente addosso”
 
il giovane con un movimento veloce lo spinse e se non fosse stato per la sua prontezza nell’afferrarlo Jensen probabilmente sarebbe caduto, ma il piano di Jared era proprio quello di usufruire del loro morbido tappeto a pelo alto, bianco e nero, per dimostrare al biondo quanto potesse essere soffice il suolo della sua caverna
e mentre Jensen era sdraiato sul soffice manto striato davanti Jared si toglieva i pantaloni e non esitava un attimo a raggiungerlo, coprendo il suo corpo con il proprio avventandosi sulla sua bocca e facendo vagare le mani praticamente ovunque su quel corpo magnifico, dalle spalle, ai fianchi fino ai glutei e poi sotto le ginocchia per incitarlo ad avvolgergli le gambe intorno a fianchi
 
con movimenti veloci e sconclusionati il biondo allungò la mano e frugò in uno dei cassetti del mobile dove recuperò il tubetto di lubrificante e un preservativo; ormai lo facevano praticamente in ogni stanza e così avevano disseminato il necessario in ogni dove, il che era anche imbarazzante quando un ospite cercando un pacchetto di fazzoletti si imbatteva in quegli oggetti.
 
Forse per via dei baci che il giovane gli stava lasciando su tutto il basso ventre o perché i muscoli degli addominali di Jared sfregavano contro la sua esposta virilità, ma le sue mani tremavano e non riusciva a strappare l’involucro del profilattico
Jared impaziente non riusciva ad aspettare ancora e prendendoglielo dalle mani se lo portò ai denti e lo strappò in un gesto che più ad un giovane amente si addiceva, con ironia, ad un rude uomo delle caverne voglioso
Il tubetto portava già i segni delle mani di Jared che così tante volte in preda all’euforia lo aveva schiacciato
Il gel era freddo e nemmeno il caldo bacio che si stavano scambiando impedì al biondo di sussultare all’intrusione delle dita del giovane e poi quando a queste sostituì la sua virilità Jensen strinse i ciuffi del divano
 
Pochi secondo dopo, entrambi sudati, respiravano affannosamente sdraiati sul tappeto
“vuoi andare a letto?”  domandò il biondo tra un respiro affannoso e l’altro
“non credo neanche di riuscire a stare in piedi e tu pretendi di farmi fare le scale” esclamò passandosi le mani nei capelli leggermente sudati
“che fine ha fatto il rude e brutale cavernicolo?!” domandò ironico Jensen raccogliendo la coperta dal divano per stenderla fino alla vita mentre il giovane recuperava due cuscini e rimetteva il lubrificante e i preservatici al loro posto
“il tuo cavernicolo non ha più 20 anni” rispose circondandogli la vita con le braccia tirandolo vicino poi, abbracciati entrambi si addormentarono
 
   
 
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