Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: nanamiart    06/02/2021    2 recensioni
student!eren/teacher!levi | coffeeshop!au
“Professore.”
Lo salutò Eren, languido, con un mezzo sorrisino. Levi non mutò espressione e rispose con un cenno del capo.
“Jaeger,” disse, andando a versarsi, da un piccolo flaconcino di igienizzante, del gel sui polpastrelli. Lo sfregò poi con cura e lo lasciò asciugare per qualche secondo. “Anche lei qui, vedo.”
Eren annuì. Si tolse una cuffia e prese a mescolare la sua cioccolata calda, ormai quasi finita. “Sì, è la mia caffetteria preferita.”
“Ha buon gusto,” commentò Levi.
“Non solo in quello.”
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Exasperation 






Il campanello sopra la porta suonò all’ingresso di un nuovo cliente nella caffetteria. Il profumo di brioche appena sfornate inondò le sue narici e il calore immenso del locale lo scaldò facendo imporporare le sue guance.
Sfregò le mani screpolate dal freddo e si sfilò il cappellino, scosse la testa e poi si diede una veloce sistemata ai capelli lunghi, fin troppo elettrici. 

Si guardò intorno e prese posto al primo tavolino vuoto che trovò, lasciò scivolare la tracolla dalla spalla facendola cadere a terra con un tonfo. Ne tirò fuori dunque l’iPad e la tastiera bluetooth, le cuffiette e fece partire la sua playlist preferita, dopo aver ridacchiato e risposto ad un messaggio di Jean.
 
“Ciao! Cosa ti posso portare?”

Eren sussultò. Distratto com’era, si era quasi dimenticato di essere entrato in una caffetteria. Arrossì appena, si tolse una cuffia e balbettò per qualche istante, prima di optare per una cioccolata calda e una brioche. La ragazza dai capelli rossi a caschetto che aveva preso la sua ordinazione gli sorrise, annuì e scivolò verso il bancone con i suoi roller ai piedi. 

Eren l’osservò incuriosito per qualche istante, prima di aprire il libro e iniziare a leggere il primo paragrafo. 
 
“Ecco qui!” 

Infine la cameriera tornò da lui e appoggiò il vassoio con la sua ordinazione sul tavolo. 
Eren annuì per ringraziarla e fece per ricominciare a studiare, quando il campanello alle sue spalle suonò di nuovo e, distrattamente, forse un po’ per curiosità, forse per rimandare il momento in cui avrebbe rimesso il naso sui libri al più tardi possibile, si voltò. 

E per poco non sputò la cioccolata calda.
 
Levi Ackerman, nonché suo professore e stupendo fidanzato, fece il suo ingresso nel locale in tutta la sua eleganza: camicia bianca, pantaloni neri, panciotto grigio e giacca nera aperta sulle spalle. Era alto poco meno di un metro e sessanta, ma Dio, non c’era persona – maschio o femmina che fosse – che in università non sbavasse per lui. 

Inizialmente il più grande non notò la sua presenza. Seguì la cameriera, che gli fece prendere posto proprio al tavolo accanto a quello di Eren. Sbirciò quindi nella sua valigetta e tirò fuori, molto delicatamente, la custodia degli occhiali. La aprì, li prese tra le dita facendo attenzione a non sporcare le lenti – che pulì comunque con l’apposito panno– e infine li indossò. 

Fu solo in quel momento, quando Eren fece per sbaglio cadere una penna a terra, che lo sguardo del professore scivolò su di lui. 

Lo fissò per un paio di secondi senza mostrare la minima traccia di emozione, se non la pupilla che si dilatò a dismisura facendo mutare il colore delle sue iridi da blu a nero.
Dio, quanto gli piaceva quello che vedeva.
 
“Professore.”
 
Lo salutò Eren, languido, con un mezzo sorrisino. Levi non mutò espressione e rispose con un cenno del capo.
 
“Jaeger,” disse, andando a versarsi, da un piccolo flaconcino di igienizzante, del gel sui polpastrelli. Lo sfregò poi con cura e lo lasciò asciugare per qualche secondo. “Anche lei qui, vedo.”
 
Eren annuì. Si tolse una cuffia e prese a mescolare la sua cioccolata calda, ormai quasi finita. “Sì, è la mia caffetteria preferita.”
 
“Ha buon gusto,” commentò Levi.
 
Non solo in quello.”
 
Eren non ne era sicuro, ma gli parve di vedere, sul volto del suo professore, un piccolo accenno di sorriso di cui soltanto lui poteva accorgersi. Eren trattenne a stento un risolino e, quando la cameriera tornò al tavolo di Levi per prendere il suo ordine, intervenne per chiedere un’altra cioccolata calda. Stava per invitare Levi al suo tavolo quando questi, con i riflessi sempre pronti, lo anticipò, bloccando ogni suo intento.
 
“Riprenda a studiare adesso, Jaeger.” 
 
“Agli ordini.”

Eren scosse la testa, ridacchiò e si rimise a studiare. 
O, almeno, fu quello che fece per i primi dieci minuti. Ogni cellula del suo corpo gli gridava di doversi concentrare, impegnare, ripetere, rileggere, ma la sua mente era distratta, viaggiava altrove, verso mondi sconosciuti che avevano tutti l’aspetto della persona al tavolo accanto al suo.

Origliò le conversazioni di Levi al telefono, il suo imprecare sottovoce perché non gli facevano bere in pace il suo tè. Osservò con la coda dell’occhio persino i suoi tic e il modo che aveva di ripulire con una pezzuolina ogni cosa toccasse la superficie del tavolo. 

E poi, ad un certo punto, il cellulare del professore vibrò.

Levi sbuffò, alzò gli occhi al cielo e lo prese in mano. Sgranò quasi impercettibilmente gli occhi, la bocca si schiuse in segno di sorpresa. 
 
 
 
Ma hai idea dell’effetto che mi fai? 



Questo diceva il messaggio che Levi ricevette, e il mittente non poteva che essere una persona sola. Il suo bellissimo, giovane, intraprendente, a tratti ninfomane, fidanzato, che fissava il proprio telefono in attesa di una risposta da parte del più grande.
 
 
Studia, idiota.
 
 
Si sentì Eren sghignazzare e una nonnina non troppo lontana da lui lo guardò con un sopracciglio alzato. 
Il ragazzo si schiarì la voce e riprese a digitare.
 
 
Ma come faccio se ci sei tu qui? Mi distrai. Sei così fottutamente sexy.
 

 
Questa volta fu il turno di Levi di schiarirsi la gola. Maledetto, maledettissimo moccioso.
La stessa nonnina di prima si coprì la gola con lo scialle, forse temendo un virus di influenza tra tutti quei colpi di tosse. 

Il professore si passò una mano tra i capelli ed Eren ridacchiò di nuovo perché sapeva benissimo tutti i sintomi dell’eccitazione di Levi: rifiuto, nervosismo, ultimo tentativo di mantenere il controllo, cedimento. 
Erano già al secondo step, non mancava molto.
Levi, dopotutto, andava preso per esasperazione e questo Eren lo sapeva bene. 
 
 
Smettila. Non è il luogo adatto.
 
 
Nervosismo. Eccolo, puntuale come un orologio. Levi che cercava di rifiutarlo con qualche scusa, probabilmente per ricordare a se stesso – e non al fidanzato – che quella non era la situazione per lasciarsi andare. E Dio, con quel metro e ottantacinque di puro schianto e pelle dorata non era semplice mantenere il sangue freddo o i buoni propositi. 
Vide il più grande allargare il colletto della camicia e prendere un respiro profondo.
 
 
 
Ogni luogo è adatto per assaporarti, amore. 
Questa cioccolata è buonissima, ma nulla in confronto al tuo sapore.
 
 

Ad Eren non sfuggì l’ennesimo sospiro di Levi. Stava perdendo la testa, perché se c’era una cosa che Levi amava, era la lingua di quel ragazzo strafottente sul suo corpo.

Era l’unico essere umano da cui riusciva a farsi toccare, di cui sopportava l’esistenza, con cui aveva accettato di avere una relazione, seppur clandestina. A lui non erano mai interessate quelle cose; il contatto, la vicinanza con un’altra persona, un rapporto serio, non lo sfioravano nemmeno. Eppure con Eren erano diventate un bisogno primario e se la notte per qualche motivo capitava che il ragazzo non potesse dormire con lui – ergo non poteva fargli appoggiare la testa sul petto – dava di matto e diventava persino più intrattabile di quanto non fosse di solito. 
 
 
Eren… non qui. Non ora.
 
 
Terzo passo: un vano tentativo di mantenere il controllo. Ed Eren sapeva che era quello il momento di insistere: i messaggi successivi furono una cascata di descrizioni molto dettagliate su tutto ciò che gli avrebbe fatto se solo fossero stati soli, di come lo avrebbe fatto spalmare su una qualsiasi superficie piana e lo avrebbe fatto suo, di come avrebbe mosso la lingua, le dita, e infine di come lo avrebbe fatto urlare e sobbalzare in preda agli spasmi.
Vide Levi cercare di mettersi composto sulla sedia ma ormai la sua eccitazione era ben evidente dai pantaloni, tanto che dovette appoggiare la giacca sulle cosce per nasconderla.

Lanciò un’occhiata truce al moccioso ma fu in quel momento che si congelò: Eren stava leccando molto, molto lentamente il suo cucchiaino, mentre con la mano libera si stava arrotolando una ciocca di capelli lungo il dito. 
La mano scivolò poi lentamente dai capelli al collo, mettendolo in risalto assieme ai succhiotti che la notte precedente il suo professore gli aveva lasciato. 

Poi andò ancora più giù, e i polpastrelli sfiorarono le sue clavicole. Fu a quel punto che Levi deglutì rumorosamente e si leccò le labbra.
Eren seppe allora di aver vinto. 
Chiuse il libro e prese in mano il telefono per scrivere un ultimo messaggio.
 
Ti aspetto alla macchina. 
 
Scrisse, alzandosi in piedi con il portafogli in mano. Lasciò i soldi sul tavolo, lanciò un’occhiata a Levi e poi uscì dal locale. 
Quando Eren fu fuori, Levi recuperò i soldi che il ragazzo aveva appena lasciato e si recò alla cassa per pagare con la carta di credito per entrambi. 

Cedimento.
L’ultimo dei quattro punti, il più importante. 
E fu probabilmente per via dell’esasperazione che Levi si ritrovò a gridare sui sedili posteriori della sua auto, quel pomeriggio.
I ragazzi d’oggi sono proprio difficili da mandar giù.







Oddio non mi sembra vero di essere tornata dopo quasi due anni di assenza 😳 
Mi è mancato tantissimo scrivere e non potevo non tornare con una storia su questi due zozzoni.
Soprattutto Eren, Levi almeno ci prova a dirgli di no ♥️
   
 
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