Edward
entrò in ufficio gettò la giacca sul divano,
andò a sciacquarsi nel bagno.
Indugiò sotto l’acqua fresca che gli scorreva sui
polsi, recuperò, vide il suo
volto riflesso pallido e affaticato. La ferita pulsava, gli ricordava
quello
che era accaduto, era in difficoltà aveva bisogno di riposo.
Arrivò
la chiamata di sir William, prese il
cellulare abbandonato sulla scrivania, cercando di essere il
più naturale
possibile.
Fu
chiaro e preciso, si sedette affondando nella poltrona, mentre gli
spiegava tutta
la situazione.
Lo
zio gli prestava attenzione silenzioso.
“Bene
nipote, chiuderemo la faccenda, conosco Collins e sinceramente non mi
è mai
piaciuto. Inoltre desidero vederti e pranzare con te e il tuo nuovo
dirigente
medico. Non ti scomodare ad avvertire Collins, lo vedo di solito al
club verso
sera che si intrattiene amabilmente con qualche stupido ufficiale
compiacente.” Lo
zio parlava così tanto
che non riuscì a rispondergli.
“Ti
aspetto domani alle undici. Ah
…. saluta
il tuo scontroso fratello Steve, digli
di farsi vedere più spesso, non solo a Natale o i compleanni
del suo vecchio
zio. A domani, Edward.”
Ripose
il telefono, sospirando. Beato uomo! Era una calamità quando
cominciava a
parlare, non riusciva a tacitarlo.
Si
lasciò andare nella poltrona, avrebbe volentieri chiuso gli
occhi per riposarsi
un po', ma decise di porre fine alla giornata, contattare John e andare
a casa
prima.
Raccolse
le carte, le infilò nella
ventiquattrore, si sistemò la camicia, annodò la
cravatta e prese il berretto.
Uscì dall’ufficio con un aspetto migliore,
salutò Nora gentilmente, avvisandola
che la sua giornata era finita.
Percorse
il corridoio più sollevato, aveva l’appoggio del
suo controverso zio, ma era
quello che gli serviva per mettere fine alla storia dei Norbury. Solo
una cosa
lo preoccupava, rivederlo gli avrebbe riportato dolorosi ricordi,
temeva di non
riuscire a controllarsi e avere un altro attacco di panico.
Perché era da un
po' che erano ritornati, ma aveva taciuto per non spaventare Steve.
Allungò
una mano sfregandosi la nuca, forse
avrebbe dovuto confidarsi con John, prima che la situazione peggiorasse.
Lo
trovò nel suo studio, sepolto dietro la
scrivania, piena di carte e fascicoli, talmente impegnato che non si
accorse
del suo arrivo.
“Buon
pomeriggio, dottore, potrebbe saltare in aria l’intera
Cittadella e non se ne
accorgerebbe.”
“Che
ci fa qui, Generale? Problemi in arrivo?” Si
abbandonò sulla poltrona, posando
la penna sgraziato.
Lo
studiò, un dubbio passò nei suoi occhi grigi,
Edward sembrava sfasato.
Il
Generale distolse lo sguardo, appoggiò la valigetta a terra.
Quando ebbe la sua
attenzione si accomodò nella poltrona di pelle scura,
allungò le gambe, stiracchiandosi
e aggiornandolo su tutto quello che era successo.
Gli confermò l’appuntamento da sir
William,
mettendolo al corrente che era il fratello di suo padre.
“Siete
parenti quindi? Certo è una autorità nel suo
lavoro. Per Dio,
perché non interpellarlo prima.” John
era stupito. “Non sospettavo che fosse
vostro zio, la sua fama lo precede, praticamente dirige l’MI6
stesso.”
“Diciamo
che non lo contatto assiduamente, cerco di risolvere da solo, ma
stavolta è
troppo in alto il problema.” Edward sorrise vedendo
l’aria meravigliata di
John, continuò dandogli ulteriori informazioni.
“Ci
copriremo le spalle se un domani le cose dovessero cambiare. Sir
William non
ama i giochetti di potere, e io non voglio ulteriori
problemi.” John era
d’accordo, questo lo tranquillizzò. Poi lo vide
aggrottare la fronte. “Come
l’ha presa Steve?”
“Non
troppo bene, come sempre, quando coinvolgo lo zio. Non ama averlo
intorno, non
dopo la morte di nostro padre. Lo evita, non so per quale motivo, a
volte penso
che mi tenga all’oscuro di qualcosa.” Edward non
raccontò altro, nemmeno quello che
aveva passato poco prima. Si lasciò andare, appoggiando la
nuca sullo
schienale. Socchiuse gli occhi.
“Bene
dottore, del resto dell’estesa famiglia Cooper ne parleremo
un’altra volta.
Sono esausto.”
“Ricordi
troppo dolorosi?” John
lo osservava
attento, misurava il suo respiro.
Non
cambiò posizione, e sibilò.
“Si, li
definirei devastanti, per quello che serve.”
Roberts
sapeva che aveva bisogno di
decomprimere, la giornata era stata gravosa e se non fosse intervenuto
il suo
fisico avrebbe ceduto .
“È
riuscito a mangiare qualcosa?” Si
alzò
dalla scrivania, gli scivolò vicino, osservò la
ferita sul volto. Edward
si scosse, si drizzò alzò la mano
allontanandolo.
“Sto
bene John. Sono solo stanco, è stata una giornata eterna, e
sì, sono riuscito a
mangiare qualcosa.” John
non sentì
ragioni, non si spaventò certo per il suo gesto,
esaminò la ferita ora libera
dalla medicazione, strinse le labbra.
“Vorrei
sistemarla Edward. Lo
so, sono stato rude
stamane, ma giuro di non farle male. Poi lo sa che devo medicarla di
nuovo
visto che si è tolto tanto frettolosamente la
protezione.” Il
Generale lo guardò torvo, poi vide la sua faccia
preoccupata e abbozzò.
“Visto
che siamo così intimi, mettiamo fine a questo dannato
“lei”, dammi del tu John,
finiamola, così che possa maledirti meglio.”
John rise, lo afferrò deciso per il braccio e
lo trascinò nella stanza
accanto dove aveva un piccolo ambulatorio.
“Avanti
allora Cooper, sistemiamo il danno.” Gli indicò il
lettino del piccolo
ambulatorio.
“Vorrei
fare in maniera che non ti rimanesse la cicatrice dopo la manata di
oggi, cerco
di accostare bene i margini. Sentirai un po' di fastidio.” Edward tediato,
si tolse la giacca, John lo
fece sdraiare con il volto rivolto dalla parte ferita, e infilati i
guanti unì
i lembi il più vicino possibile, fu più delicato
di quanto non lo fosse stato
il mattino, mise i punti adesivi con cura poi applicò un
cerotto, meno vistoso.
Edward brontolò.
“La
protezione serve, rischi
di infettarti,
quindi zitto e ascolta.”
Lo aiutò a
sedersi, lo fece riprendere fiato.
“Allora,
resterà il segno dei Norbury?”
Edward
cercava di essere pratico, mentre si rivestiva.
“Ho
fatto un buon lavoro. Adesso
ti mando a
casa a riposarti. Non è un consiglio, ma un ordine, se mai
domani vuoi vedere
tuo zio con tutte le tue facoltà mentali integre.”
Si fece serio.
“Mi
hai capito Edward? Vai
a casa, ti metti calmo, disteso in un
letto. Hai presente la forma di un letto? Ti ci ficchi dentro,
ok?” Roberts
lo fissò autoritario, non voleva
ulteriori discussioni.
Cooper
non tentò nemmeno di replicare, aveva
esaurito le forze.
“Va
bene John, se si presenta mio fratello
digli che sono andato a casa, ma non farlo preoccupare
più di tanto. Darebbe
la colpa alla storia di Norbury,
si esaspererebbe sempre di più.”
John fu d’accordo, prese un blister e glielo
allungò. “E
ricordati gli antibiotici,
ci mancherebbe che arrivasse la febbre.”
Edward
annuì li prese e li mise in tasca. “Ho fatto come
hai detto, stai tranquillo,
non voglio rischiare.” Uscì
con un breve
saluto. Oggi ne aveva avuto abbastanza. Aveva voglia di un letto
morbido e di
rilassarsi a Roses House.