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Autore: coopercroft    07/02/2021    0 recensioni
I Cooper sono ufficiali dell'esercito da generazioni. Edward, il primogenito, alla tragica morte dei genitori ha avuto il dovere ingrato di mantenere unita la famiglia. Comanda con autorevolezza un distaccamento militare nella periferia di Londra, dove collaborano anche i suoi fratelli.
Ma le difficoltà personali, l'incapacità di gestire i rapporti affettivi, innescano una serie d'incomprensioni che finiranno per allontanarli.
Solo l'amicizia con il nuovo medico, John Roberts, lo porterà a prendere coscienza che la famiglia Cooper ha un passato oscuro e doloroso rimasto sepolto per troppo tempo.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Edward entrò in ufficio gettò la giacca sul divano, andò a sciacquarsi nel bagno. Indugiò sotto l’acqua fresca che gli scorreva sui polsi, recuperò, vide il suo volto riflesso pallido e affaticato. La ferita pulsava, gli ricordava quello che era accaduto, era in difficoltà aveva bisogno di riposo.

 Arrivò la chiamata di sir William, prese il cellulare abbandonato sulla scrivania, cercando di essere il più naturale possibile.

Fu chiaro e preciso, si sedette affondando nella poltrona, mentre gli spiegava tutta la situazione.

Lo zio gli prestava attenzione silenzioso.

“Bene nipote, chiuderemo la faccenda, conosco Collins e sinceramente non mi è mai piaciuto. Inoltre desidero vederti e pranzare con te e il tuo nuovo dirigente medico. Non ti scomodare ad avvertire Collins, lo vedo di solito al club verso sera che si intrattiene amabilmente con qualche stupido ufficiale compiacente.”  Lo zio parlava così tanto che non riuscì a rispondergli.   “Ti aspetto domani alle undici.  Ah ….  saluta il tuo scontroso fratello Steve, digli di farsi vedere più spesso, non solo a Natale o i compleanni del suo vecchio zio. A domani, Edward.” 

Ripose il telefono, sospirando. Beato uomo! Era una calamità quando cominciava a parlare, non riusciva a tacitarlo.  

Si lasciò andare nella poltrona, avrebbe volentieri chiuso gli occhi per riposarsi un po', ma decise di porre fine alla giornata, contattare John e andare a casa prima.

 Raccolse le carte, le infilò nella ventiquattrore, si sistemò la camicia, annodò la cravatta e prese il berretto. Uscì dall’ufficio con un aspetto migliore, salutò Nora gentilmente, avvisandola che la sua giornata era finita.

Percorse il corridoio più sollevato, aveva l’appoggio del suo controverso zio, ma era quello che gli serviva per mettere fine alla storia dei Norbury. Solo una cosa lo preoccupava, rivederlo gli avrebbe riportato dolorosi ricordi, temeva di non riuscire a controllarsi e avere un altro attacco di panico. Perché era da un po' che erano ritornati, ma aveva taciuto per non spaventare Steve.

 Allungò una mano sfregandosi la nuca, forse avrebbe dovuto confidarsi con John, prima che la situazione peggiorasse.

 Lo trovò nel suo studio, sepolto dietro la scrivania, piena di carte e fascicoli, talmente impegnato che non si accorse del suo arrivo.

“Buon pomeriggio, dottore, potrebbe saltare in aria l’intera Cittadella e non se ne accorgerebbe.”

“Che ci fa qui, Generale? Problemi in arrivo?” Si abbandonò sulla poltrona, posando la penna sgraziato.

Lo studiò, un dubbio passò nei suoi occhi grigi, Edward sembrava sfasato.

Il Generale distolse lo sguardo, appoggiò la valigetta a terra. Quando ebbe la sua attenzione si accomodò nella poltrona di pelle scura, allungò le gambe, stiracchiandosi e aggiornandolo su tutto quello che era successo.  Gli confermò l’appuntamento da sir William, mettendolo al corrente che era il fratello di suo padre.

“Siete parenti quindi? Certo è una autorità nel suo lavoro.  Per Dio, perché non interpellarlo prima.”  John era stupito. “Non sospettavo che fosse vostro zio, la sua fama lo precede, praticamente dirige l’MI6  stesso.”

“Diciamo che non lo contatto assiduamente, cerco di risolvere da solo, ma stavolta è troppo in alto il problema.” Edward sorrise vedendo l’aria meravigliata di John, continuò dandogli ulteriori informazioni.

“Ci copriremo le spalle se un domani le cose dovessero cambiare. Sir William non ama i giochetti di potere, e io non voglio ulteriori problemi.” John era d’accordo, questo lo tranquillizzò. Poi lo vide aggrottare la fronte.  “Come l’ha presa Steve?”

“Non troppo bene, come sempre, quando coinvolgo lo zio. Non ama averlo intorno, non dopo la morte di nostro padre. Lo evita, non so per quale motivo, a volte penso che mi tenga all’oscuro di qualcosa.”  Edward non raccontò altro, nemmeno quello che aveva passato poco prima. Si lasciò andare, appoggiando la nuca sullo schienale. Socchiuse gli occhi.

“Bene dottore, del resto dell’estesa famiglia Cooper ne parleremo un’altra volta. Sono esausto.”

“Ricordi troppo dolorosi?”  John lo osservava attento, misurava il suo respiro.  

Non cambiò posizione, e sibilò.  “Si, li definirei devastanti, per quello che serve.”

 Roberts sapeva che aveva bisogno di decomprimere, la giornata era stata gravosa e se non fosse intervenuto il suo fisico avrebbe ceduto .

“È riuscito a mangiare qualcosa?”  Si alzò dalla scrivania, gli scivolò vicino, osservò la ferita sul volto.  Edward si scosse, si drizzò alzò la mano allontanandolo.

“Sto bene John. Sono solo stanco, è stata una giornata eterna, e sì, sono riuscito a mangiare qualcosa.”  John non sentì ragioni, non si spaventò certo per il suo gesto, esaminò la ferita ora libera dalla medicazione, strinse le labbra.

“Vorrei sistemarla Edward.  Lo so, sono stato rude stamane, ma giuro di non farle male. Poi lo sa che devo medicarla di nuovo visto che si è tolto tanto frettolosamente la protezione.”  Il Generale lo guardò torvo, poi vide la sua faccia preoccupata e abbozzò.

“Visto che siamo così intimi, mettiamo fine a questo dannato “lei”, dammi del tu John, finiamola, così che possa maledirti meglio.”  John rise, lo afferrò deciso per il braccio e lo trascinò nella stanza accanto dove aveva un piccolo ambulatorio.

“Avanti allora Cooper, sistemiamo il danno.” Gli indicò il lettino del piccolo ambulatorio.

“Vorrei fare in maniera che non ti rimanesse la cicatrice dopo la manata di oggi, cerco di accostare bene i margini. Sentirai un po' di fastidio.”   Edward tediato, si tolse la giacca, John lo fece sdraiare con il volto rivolto dalla parte ferita, e infilati i guanti unì i lembi il più vicino possibile, fu più delicato di quanto non lo fosse stato il mattino, mise i punti adesivi con cura poi applicò un cerotto, meno vistoso. Edward brontolò.

“La protezione serve,  rischi di infettarti, quindi zitto e ascolta.”  Lo aiutò a sedersi, lo fece riprendere fiato. 

“Allora, resterà il segno dei Norbury?”  Edward cercava di essere pratico, mentre si rivestiva.

“Ho fatto un buon lavoro.  Adesso ti mando a casa a riposarti. Non è un consiglio, ma un ordine, se mai domani vuoi vedere tuo zio con tutte le tue facoltà mentali integre.” Si fece serio.

 “Mi hai capito Edward?  Vai a casa, ti metti calmo, disteso in un letto. Hai presente la forma di un letto? Ti ci ficchi dentro, ok?”   Roberts lo fissò autoritario, non voleva ulteriori discussioni.

 Cooper non tentò nemmeno di replicare, aveva esaurito le forze.

 “Va bene John, se si presenta mio fratello digli che sono andato a casa, ma non farlo preoccupare   più di tanto.  Darebbe la colpa alla storia di   Norbury, si esaspererebbe sempre di più.”  John fu d’accordo, prese un blister e glielo allungò.  “E ricordati gli antibiotici, ci mancherebbe che arrivasse la febbre.”

Edward annuì li prese e li mise in tasca. “Ho fatto come hai detto, stai tranquillo, non voglio rischiare.”  Uscì con un breve saluto. Oggi ne aveva avuto abbastanza. Aveva voglia di un letto morbido e di rilassarsi a Roses House.

 

 

   
 
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