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Autore: Queen of Superficial    09/02/2021    1 recensioni
“Dobbiamo parlare seriamente”, annunziò quella specie di cartomante fuori servizio che lui si era scelto come compagna di vita.

Che palle, pensò lui. Lui era James, ma per tutti era Jimmy.

“Una tazza di tè?”, propose Grace, che non andava facendo altro da quella mattina, ma lo disse guardandolo e lo disse in quel modo che, lui lo sapeva, significava che palle. Si sorrisero. La cartomante li vide, e si rabbuiò. Matt Shadows entrò abbattendo di netto la porta d’ingresso, e non fece in tempo a sfilarsi gli occhiali da sole specchiati.

“Che cazzo è?”, chiese, indicando allarmato un brutto scheletro di cartapesta.

“È tua madre”, gli rispose la cartomante.

“Non mi sembra”.

L’orologio a cucù batté le cinque del pomeriggio.
Valary Sanders si sporse sulla ringhiera della veranda e cominciò a urlare “sciò, sciò.” in tono monocorde ad un ristretto stormo di gazze ladre che si intrattenevano in giardino.

Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, The Rev
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Giada,
Sully,
alla quale non mi stancherò mai di ricordare che
 per due giorni all’anno da quando la conosco, e per tutta la vita,
sarà sempre la mia ragazza.


Atto V
L’inferno non sono le cose che durano per sempre.
L’inferno è il cambiamento. 

 

La quieta respirazione delle rose nel patio fece cadere Grace preda di una stanchezza che sembrava la somma di tutte le stanchezze del mondo. Si lasciò sopraffare e si stese sull’erba piena di rugiada. Hai vinto, pensò, io ho perso e tu hai vinto. Cosa vuoi, ancora?
Si sentì un’ingrata. Arrivando con passi leggeri alle sue spalle, Conor provò ad aprirsi un varco tra le nubi che gravavano in testa a sua sorella e le si stese accanto.
“Ciao, sorellina.”
“Ciao, fratellino.”
“Andiamo, quando vuoi.”
Non era stato necessario che litigasse con la cartomante; l’aveva fatto Brian al posto suo, quando era piombata come un avvoltoio ferito ed aveva strepitato che nessuno l’aveva avvertita, che era un suo diritto sapere, che le avevano rubato qualcosa, sottratto una scelta. Niente da dire, aveva ragione. Grace era rimasta in silenzio a subire i velati insulti della donna finché lei non si era rivolta a William e gli aveva urlato “come puoi accettarlo?”; a quel punto, si era alzata in piedi e l’aveva guardata. Guardata e nient’altro. Lei si era zittita subito ed aveva ripreso a litigare con Brian, che sentiva di poter inspiegabilmente affrontare con più serenità; Brian era un anacoreta mistico, un pappagallo esotico, un chitarrista mostruosamente bravo ed autoreferenziale, dotato di un cuore tenero ed un pungente senso dell’umorismo che spesso faceva ridere solo lui, ma soprattutto era uno stronzo di fama internazionale. Uno che non si faceva alcun problema ad essere il più preciso e crudele possibile per amor di chiarezza. E amava Jimmy di un amore inesauribile e straziante che la cartomante avrebbe fatto fatica anche solo ad immaginare. Le disse che era una sciocca ed un’illusa, e che aveva solo se stessa da incolpare per quanto era stata cieca. Grace cercò di scacciare i ricordi e di concentrarsi sui piccoli movimenti irrequieti di suo fratello accanto a lei; non avrebbe mai smesso di odorare di latte e zucchero cotto come quand’era bambino.
“Ti ricordi quella cosa che ti ho detto una volta, che la vita è tutta una palestra per imparare a stare lontani da quelli che vorremmo invece avere vicino?”
“Certo che me ne ricordo.”
L’umidità del giardino dei Sullivan li immergeva in un letargo irreale in cui era più facile volersi bene senza fare domande.
“Non credermi sempre. Anche il desiderio di imparare a sopportare la lontananza è una conseguenza di qualcosa, sai?”
“E di cosa?”
“Del tentativo di parare colpi che non puoi parare. Di abituarsi alla perdita e all’abbandono. Io non sono mai stata brava in questo; ho il terrore di essere abbandonata.”
“Però non si direbbe.”
“Allora vuol dire che la palestra funziona. Ma non risolve nulla, ovviamente.”
Conor aveva gli occhi ed i capelli di un lupo fulvo; gli uni erano spesso socchiusi e gli altri sempre più lunghi, come se la California gli stesse crescendo dentro e non fosse piuttosto lui a farsi uomo all’ombra di quelle palme improbabili. Non era mai stato tanto felice come da quando era andato a vivere con Jimmy; era lui la ragione per cui la Cartomante seguitava a sentirsi rispondere che un figlio in casa c’era già, non ne serviva un altro. Si assicurava che seguisse le lezioni all’università, gli insegnava a perfezionarsi con la batteria, lo teneva lontano dalla droga e moderava il consumo di alcol, lo consolava dagli episodici e strazianti dolori del cuore e gli fasciava le ferite quando cadeva dallo skateboard, il che accadeva spesso.
“Sei così magra che se soffiassi voleresti via. Tutta questa storia ti sta consumando. Hai pensato a quel che vuoi fare? Resti con Jimmy o con William?”
Grace non rispose: pensava a quando Florentino Ariza si accorse che era possibile amare più di una persona, e tutte quante con lo stesso dolore, senza tradirne nessuna.
Il cuore ha più stanze di un bordello”, disse sottovoce.
“Come?”
“Niente.”
Conor cercò parole che non aveva.
“Io voglio bene ad entrambi, lo sai, quindi qualsiasi cosa farai andrà bene. Ma Jimmy…”
Come spiegare ad un ragazzo di vent’anni a cui hai fatto da madre e da guida che non si tratta di una scelta, che non c’è proprio nessuna scelta?
“Va bene, andiamo” tagliò corto lei, e fu in piedi con un saltello. Conor lasciò cadere l’argomento e si aggrappò istintivamente alle sue gonne per alzarsi, dandole la curiosa sensazione che in fondo il tempo passava senza passare. Il viso di William apparve timidamente sulla portafinestra in veranda. Barbara lo stava rincorrendo con un enorme fetta di crostata al limone che lui fu costretto ad accettare; sorrise alla donna, e poi sorrise a lei, che lo raggiunse in un intenso profumo di fiori e brina.
“Sono felice che tu sia qui, Will.”
Lui si sorprese così tanto che rischiò di farsi andare il dolce di traverso; prese un sorso d’acqua, e rispose: “Non volevo insistere, non volevo essere invadente. Ma non volevo neppure lasciarti sola. So quanto sei testarda, ma so anche…”
“Grazie.”
“Di cosa?”, le chiese, sfiorandole le labbra con un bacio che sapeva di limone.
Le tornarono in mente, definitive come una profezia, le parole dell’Oracolo: ricordati che un uomo disposto a proteggerti da tutto, anche da te stessa, è un uomo che quantomeno non si merita di soffrire.
“Forza, faremo tardi.”

 

If you could read my mind, love
what a tale my thoughts could tell
just like an old time movie
about a ghost from a wishing well
in a castle dark, or a fortress strong
with chains upon my feet;
you know that ghost is me,
and I will never be set free
as long as I’m a ghost that you can see.

 

Difficilmente un dolore improvviso uccide; un sollievo improvviso, invece, può farlo. Il dolore annulla, mentre il sollievo ti rende d’un tratto acutamente consapevole di ogni cosa; dello spazio che occupi, dei muscoli e dei vessilli del tuo corpo, di odori, rumori, colori, sapori. Dell’imperscrutabile ed onnipresente ironia dell’Universo.
“Karenina… e Karenin, vedo.”
“Ciao, Vronsky.”
Seduto in quella poltrona, e con la barba lunga, sembrava incastrato in un dipinto di un’altra epoca. La cartomante abbozzò un sorriso e si fece evidente violenza nel tentativo di essere ospitale, ma ripiegò in fretta verso la cucina per aiutare Barbara a sistemare le vivande.
Grace posò la mano su quella di lui e la strinse.
“Ma guardati. Ti trovo bene.”
“Mi prendi in giro.”
“Sei qui, Jimmy.”
“Sono qui e non posso né bere né fumare. Non posso più suonare. Ti sembra equo? Come se lui non potesse… scusami, ricordami che cazzo fai tu nella vita, William?”
“Io lavoro. A differenza tua.”
I due uomini si sorrisero.
“Devo allestire un’arena di fortuna per un combattimento tra galli?” chiese Brian, schiantandosi sul divano lì vicino.
Il punto era proprio quello. Brian considerava Jimmy cosa sua, e come tale a volte elargiva la grazia di concederlo in prestito; non certo alla cartomante, ma a Grace sì. Volentieri.
“Non direi, no. Non oggi almeno, mi sento uno straccio. Questo figlio di puttana invece è in gran forma, mi stenderebbe senza difficoltà.”

“Cosa farete con il tour?”, si informò William.
“Ecco, appunto…” intervenne Shadows, apparendo dal nulla come la benedizione che in effetti era, “Se per sua sorella va bene, Jimmy ha pensato che Conor potrebbe prendersi una pausa dagli studi e sostituirlo per un po’, finché non sta meglio. Che ne dici, ragazzino?”
“Mi sembra una splendida idea”, sussurrò Grace.
Conor proruppe in un’espressione di gioia e si lanciò ad abbracciare Jimmy; lui rise con tenerezza, ma Grace si accorse che cercava di non commuoversi e sentì il proprio cuore sciogliersi nel petto.
“Bene, è tutto sistemato. Grace, tesoro, mi prenderesti un cuscino?”
“Da quando la chiami tesoro? Lei detesta essere chiamata tesoro."
“Che io ricordi, lo fai anche tu.”
“Ho smesso.”
“Ed io ho iniziato. Comunque, se non ti piace tesoro… Grace, amore mio, questo dannato cuscino…?”
“Arriva, non ti agitare.” disse lei, e si alzò.
“Io sono nato agitato.”
William stava scomodo su una sedia e lo guardava tranquillo, con i gomiti appoggiati alle ginocchia.
“Perché non vieni a stare un po’ da noi a Londra? Magari cambiare aria ti fa bene”, disse.
“Se pensi che le mie condizioni mi rendano inoffensivo, amico, ti sbagli di grosso; quindi forse vuoi riconsiderare la tua gentile proposta e portare la tua bella fidanzata molto lontano da qui il prima possibile.”
Risero entrambi.
“Dico sul serio.”
“Grazie. Ci penserò.”
“Pensaci.”
“Grace, che miracolo hai fatto? Questi due a breve si metteranno insieme, te lo dico.” intervenne Brian, estraendo con un gesto stanco un pacchetto di sigarette da un punto non specificato dei jeans.
“Buon per loro, sarebbero una bella coppia.”
“Non so se me la sento di andare a letto con lui, però.”, disse Jimmy.
“Non è necessario, un’unione può essere anche soltanto platonica.”
“Ma un uomo ha pur sempre delle esigenze. Poi chi può dirlo, magari col tempo sboccia qualcosa…”
“Sono lusingato. Grazie, Jimmy.”
“Di niente, sono obiettivo” ribatté pronto Jimmy, prendendo un bicchiere di aranciata dal tavolino da caffè, “ho sempre pensato che tu fossi un gran bell’uomo.”
“Anche tu sei molto affascinante.”
“Provo uno strano misto di tenerezza e paura. Soprattutto paura”, intervenne Grace, luminosa nel sorriso che le veniva dal fondo dell’anima.“Vorrei tanto fare due passi.”
“Ti accompagno.”

Alzarlo dalla sedia non fu difficile, né lo fu adeguare l’andatura alla sua. Nonostante la fatica Grace lo sentiva forte contro di lei, e stargli così vicina la fece sentire liquida.  Irreale. Nel giardino di casa di Jimmy crescevano solo le rose che lei aveva piantato; il sole di un febbraio gentile inondava gli alberi di una sfumatura d’oro brunito, lo stesso colore degli occhi di Grace, che non erano mai stati così determinanti nella piega che stava per prendere la realtà.
“Grazie per Conor.”
“Non ti consento di ringraziarmi, averlo accanto mi ha reso un uomo migliore; sai che sono pazzo di lui. E di te.”
Lei sorrise e strinse il suo braccio.
“Penso sempre ai rimpianti.”
“Fai male, piccola. Avvelenano il fegato.”
“Quelle sono le piccole meschinità quotidiane.”
“Allora compromettono la funzionalità delle ghiandole surrenali, se preferisci — in ogni caso, non fanno bene.”
“Siamo stati vigliacchi, Jimmy?”
“Tu no, io sì. Io me ne sarei dovuto andare nella gloria, lasciarti da sola ad ardere di passione, le mani vuote e il cuore in fiamme; levarmi di mezzo, consentirti di idealizzarmi e restarmene lì dove non posso più deluderti o darti riposte che non vuoi sentire, cristallizzato nella perfezione di un ricordo, vincendo finalmente William e tutto il suo charme inglese. Avrei ridotto il suo grande amore per te a ben poca cosa, di fronte alla voragine che ti avrei lasciato dentro. Invece sono qui, come vedi, e non c’è un fato avverso contro cui ci possiamo romanticamente scagliare; possiamo prendercela solo con noi stessi e con le nostre decisioni. Non ho avuto il coraggio di lasciarti, e ci ho condannati tutti e due.”
“Dici che è una condanna?”
“Dover essere responsabili delle proprie scelte? Perché, ti sembra per caso un picnic?”
Grace scoppiò a ridere.
“Comunque sia, vedi di non trovarlo mai, questo coraggio.”
Jimmy sorrise senza guardarla, ma le prese la mano e la baciò. Lo faceva spesso, quel baciamano silenzioso a dita intrecciate; molto più intimo e profondo della maggior parte del sesso che Grace avesse fatto in vita sua.
“Tu non mi hai mai delusa, Jimmy. Mai, davvero. Non ne sei capace.”
“Certo che ti ho delusa. Se così non fosse, questo”, disse, con una piccola stretta che le fece sentire la consistenza dura dell’anello all’anulare, “sarebbe mio”.
“Questo non è che un pezzo di roccia.”
“Non è vero, questo significa qualcosa: significa che qualcuno si è preso la responsabilità di te e si è assunto anche il rischio di non essere all’altezza del compito. Io non ho fatto che incasinarti, e dio solo sa quanta merda abbiamo affrontato insieme a causa mia.”
“C’era un poeta che diceva: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.”
Jimmy scosse la testa, e fu il suo turno di sorridere.
“Qui i fiori nascono e crescono solo perché li pianti tu. Non tormentarti, piccola. Ti ho sempre amata e ti amerò sempre, ma non ti macerare nel rimpianto per come sarebbe andata ‘se’. Hai a disposizione solo questa vita, per quanto ti piaccia immaginarne altre cento. E la devi vivere.”
“Non senza di te.”
“E infatti sono qua.”
Si fermarono e lui la guardò con una tale intensità che Grace fece istintivamente un passo indietro. Poi si riebbe, perché se c’era una cosa che Jimmy aveva imparato era che Grace aveva questa capacità non del tutto umana di riafferrare il ritmo delle cose prima ancora che le cose scoprissero di avere un ritmo; gli infilò una mano sotto la maglia e toccò, lettera per lettera, la scritta fiction che lui aveva dallo sterno all’ombelico.
“Sei la sola promessa che non posso proprio infrangere.” le disse Jimmy con tutto il corpo che rispondeva al tocco delle sue dita, imparando un nuovo modo di respirare.
“Perché no?”
“Perché mi tormenteresti in eterno, ecco perché. Mi fotteresti la testa.”
“Sono anni ed anni che tu mi fotti la testa.”
Lui sorrise.
“Il punto è che mi è sempre piaciuto da morire.”
“Ora togli quella mano dal mio torace, o mi farai fare qualcosa di stupido.”
Sorrise anche lei e obbedì. Ripresero a camminare sottobraccio dentro la loro primavera privata.
“Conor mi ha chiesto cosa ho intenzione di fare. Dice che la questione della scelta tra te e William mi consuma.”
“Perché, c’è una scelta?”
“È quel che gli ho detto anch’io.”
Stretta a lui, l’universo vorticava in un modo strano; più precisamente, le rispondeva. Le rispondeva senza che lei avesse fatto alcuna domanda.
“Di Conor non ti preoccupare, ci inventeremo qualcosa. Troveremo il modo di spiegargli che essere adulti e contemporaneamente essere noi è un gran casino” la rassicurò, liberandosi dalla stretta per passarle il braccio intorno alle spalle. Lei gli prese la mano che le sfiorava il collo.
“In ogni caso, mio fratello tifa per te.”
“Ci mancherebbe altro.”
“Ti ama più della sua vita.”
“È reciproco.”
“Sai che c’è, Jimmy? Te lo dico io cosa vale più di un anello.”
“Va bene, sono molto curioso.”
“Quando il mio giovane e innocente fratello ha deciso di venire a studiare in California l’idea era che passasse a cena da te qualche volta e che stesse a casa tua per un paio di giorni in attesa di sistemarsi al campus; ma quando siamo atterrati, gli avevi già sgombrato la stanza degli ospiti ed appeso le bacchette al muro in ordine di grandezza.
Perché per te non c’è un verbo che mi riguardi che si coniughi al singolare. È sempre tutto un noi. Un faremo, risolveremo, troveremo, capiremo. Potrebbero fondere tutto l’oro della terra e non varrebbe comunque un decimo di questo. Di te.”
“Adesso purtroppo devo baciarti.”
“Fino ad un minuto fa stavi facendo l’adulto responsabile.”
“Non me ne frega un cazzo. Vieni qui.”

Quando si era messa con William ed aveva chiamato Jimmy per dirglielo, aveva cercato a lungo parole che le suonarono insulse nel momento stesso in cui le pronunciava, mentre un pipistrello davanti a lei tagliava a metà l'orbita della luna nel gelo inglese.
“Credo sia quello giusto, Jim.”
“E cosa te lo fa dire?”
“Non lo so. Una sensazione?”
“No, Grace, non sono le sensazioni che ti fanno capire se una persona è giusta per te oppure no. Sono cose concrete.”
“Per esempio?”
“Per esempio, ti tratta bene? Molla tutto e corre da te? Riesci a parlargli, parlargli davvero? Ti ascolta, soprattutto? Ti fa sentire come se fossi tu la prima cosa, la cosa più importante di tutte? È solo ragionevolmente egoista, ma sempre disposto a farsi da parte se tu stai male? Sa evitare di ferirti, anche involontariamente, e se accade sa riparare a quanto ha fatto? È maturo abbastanza per una come te, sa proteggerti anche da te stessa, comprenderti senza giudicarti, e stare sempre, sempre dalla tua parte, innanzitutto quando è la cosa più difficile da fare?”
“Perché tu meriti un uomo così, Grace, e non perché sei la mia piccola Grace. Tu sei algida, insondabile, una mina vagante. Sei molto intelligente, ma discontinua, e tendi a cadere nei tuoi abissi personali chiudendo fuori tutti gli altri. Lui questo lo sa? Sa come fare per evitare che tu ti faccia del male da sola? Si è posto il problema?”
“E' un po' presto per dirlo, Jimmy.”
“Allora è un po' presto per definirlo quello giusto.”


“Ti ho amato ogni giorno che Dio ha messo in terra da quando ti ho visto per la prima volta, Vergine Maria zombie e tutto il resto, ma ti giuro su quello che vuoi che proprio non ti capisco.”
“Non voglio rovinare quel che abbiamo, Grace.”
“E cosa abbiamo? La casa dei fantasmi? Un ragazzo da crescere insieme? Amici improponibili? Strane idee sull’aldilà?”
“Finirei per incasinare tutto.”
“Ti sopravvaluti. È già tutto incasinato, da sempre.”
“A proposito di aldilà, mio padre mi ha raccontato cosa hai detto a Dio quel giorno in cui ero in sala operatoria, quando sei entrata correndo nella cappella dell’ospedale.”
“Davvero?”
Jimmy annuì, e disse: “Ti prendi tutti e due, figlio di puttana, o nessuno. Mi hai sentito?  Questo è l’unico scenario accettabile. Mi ha detto che per un attimo ha pensato parlassi di me e William. Poi ha capito che parlavi di me e te.”
“Hai presente quella poesia scema che mi piace tanto, sul tavolo ci sono sempre due tazze? Mentre cercavo il cuscino, ho visto che nel tuo armadio c’è ancora la mia corda per saltare. William neppure lo sa, che amo saltare la corda.”
“Con lui condividi altre cose. Tanto per cominciare, il letto.”
“Non essere triviale.”
“Non sono triviale, sono obiettivo.”
“Beh, allora non essere obiettivo.”
Jimmy sospirò, lasciando la parte di pozzo dei desideri per ritrasformarsi in un attimo nel pozzo di saggezza che era sempre stato. “William ti ha dato molto, me lo dici sempre. Ed io ti credo.”
“Non è stato lui ad insegnarmi come far saltare il tappo di una bottiglia con un’altra bottiglia.”
Lui rise.
“Non mi ha mai neppure portata a vedere i Fall Out Boy, cosa che invece tu hai fatto. Due volte.”
“La prima perché ci tenevi, e la seconda perché quel deficiente di comesichiama aveva chiaramente deciso di provarci con te. Altrimenti col cazzo che vedevo due volte i Fall Out Boy, piccola. Hurley suona la batteria in un modo che mi offende nell’intimo.”
“Intanto l’hai fatto.”
“Sì, ma per ragioni più che altro egoistiche. Ti ho portata a vedere anche i Killers perché sospettavo avessi una mezza cotta per Brandon Flowers.”
“Oh, lo so bene. Ma che ci posso fare, io amo vederti ai concerti degli altri; le smorfie che fai se non ti piace una canzone… Il modo in cui non riesci, per quanto ti sforzi, a non tenere il ritmo della batteria con le mani. Spesso e volentieri, addosso a me.”
Jimmy mise su un’espressione pensierosa.
“Da quant’è che non ti porto a cena?”
“Da quando Conor è venuto a vivere con te, addio romanticismo. Ci segue dappertutto.”

 

Inoltre, la clandestinità spartita con un uomo che non era mai stato tutto suo, e nella quale più di una volta entrambi avevano conosciuto l’esplosione istantanea della felicità, non le era sembrata una condizione indesiderabile. Al contrario: la vita le aveva dimostrato che forse era stata esemplare. 


“Che stiamo aspettando? Che ci lascino per mettersi insieme?”, chiese polemica la cartomante, osservando Jimmy e Grace che cospiravano abbracciati tornando verso casa.
“Oh, carissima! Hai ancora delle corde vocali? Per un attimo avevo avuto la beata impressione che le avessi perse.”
“Senti, Brian.”
“No, sentimi tu: dovete concentrarvi intensamente e smettere di rompergli il cazzo, okay? Fatelo per me. Fatelo per l’equilibrio del mondo, per il bene superiore, per il solstizio d’inverno. E non chiamarmi Brian!”
"Come ti devo chiamare?”
“Non mi devi chiamare e basta!”
“Ma ha bevuto?”, si informò Zacky, mentre la cartomante ripiegava stizzita in cucina.
Shadows si strinse nelle spalle. “Farebbe differenza?”
Synyster Gates aprì le braccia come il cristo di Rio de Janeiro; Johnny, seduto su una sedia di vimini a studiare l’orizzonte, gettò a Shadows un lungo sguardo implorante, come se lui potesse essere in qualche modo risolutivo. Quello fece spallucce.
“Fermi tutti. Signori, forse c’è ancora una speranza."
Zacky rise piano. “Sì. C’è pure un promesso sposo in cucina.”
“Ci sarebbe anche una fidanzata di Jimmy, a dire il vero.”, aggiunse saggiamente Johnny. Synyster lo incenerì: “Non considerarla, quella.”
Il bassista era lento a capire. “Come non considerarla? È una persona.”
“Ma quando mai! Al massimo è un soprammobile.”
“Ma Brian…”
“Zitto Matthew, stai zitto! Sto cercando di pensare”
“È tarantolato.”, sentenziò Zacky.
“No, è stronzo.”, rettificò Shadows.
Jimmy e Grace erano ormai arrivati al patio e fecero una certa fatica a sciogliere l’abbraccio per fissare le quattro vedette con uno sguardo che Johnny Christ interpretò correttamente come velato da una certa pietà.
“Avete bisogno di un po’ di tempo da soli.”
“Siamo appena stati un po’ di tempo da soli, Brian.”
“Più tempo.”, si sfilò le chiavi dell’auto dalla tasca posteriore dei jeans e le porse a Grace: “Andate a farvi un giro.”
Jimmy le afferrò. “Va bene, ma guido io.”
“Puoi guidare?”
“Mi hanno operato, mica ritirato la patente.”
“D’accordo, avviso William e…”
Il chitarrista la stroncò sul nascere.
“Andate. Ci penso io ad avvisare tutti. Su, andate.”
“Con tatto, per favore.”
“Ma certo, io sono una persona piena di tatto. Sono il signore indiscusso della delicatezza. Mi chiamavano mano lenta.”
“Quello è Eric Clapton, Synyster.”
“Dio mio, ma quanto parlate tutti, oggi! Andatevene, forza!”
“Va bene, ce ne andiamo!”
“Ma dove?” pigolò debolmente Barbara, portando un vassoio pieno di tartine, con inequivocabile rassegnazione. Ed un piccolo sorriso.

 

Così aveva finito per pensare a lui come non si era mai immaginata che si potesse pensare a qualcuno, presagendolo dove non era, desiderandolo dove non poteva essere, svegliandosi d’improvviso con la sensazione fisica che lui la contemplasse nel buio mentre lei dormiva, sicché il pomeriggio in cui udì i suoi passi risoluti sulla scia di foglie gialle del giardinetto faticò a credere che non fosse un’ennesima burla della sua fantasia.


La strada correva veloce; loro un po’ di più. Grace non riusciva a staccare lo sguardo dal polso di Jimmy sul volante. Lui cantava, piano.
I hope it’s worth it, here on the highway…
“Che cos’è?”
“Niente, una cosa che ho scritto sotto Natale. Andrà nel prossimo album.”
“È bella.”
“È triste. Forse dovrei scrivere una canzone d’amore per te. Magari mi faccio aiutare da mano lenta per il bridge.”
“Sono certa che ti direbbe di sì.”
“Scherzi? Non vede l’ora.”
D’istinto, gli mise una mano sulla gamba. Lui, come sempre, la prese e la baciò.
“Magari una ballad strappacuore, di quelle che ti piacciono tanto. Un’ode alle tue lunghissime gambe. Al fatto che sei del tutto fusa. Incredibilmente dolce. Spaventosamente intelligente. Perfetta. Troppo bella per me. Troppo bella per chiunque, in realtà, quindi tanto vale che stai con me.”
“Se dovessero aver ragione i buddisti, e la reincarnazione fosse un’opzione percorribile, sappi che ho intenzione di passare con te anche tutte le prossime vite.”
“Featuring Lana del Rey.”
“Prevedo una hit.”
“Per tutti i biscotti cotti sulle fiamme dell’inferno!”
“Per tutti i cosa?”
“Ho mancato l’uscita per il cimitero.”
“Sei anche il primo nella storia dell’umanità che se ne lamenta, per tua informazione.”

 

In preda al panico lo raccontò alla zia Escolástica, e fu lei a prendere la decisione, col coraggio e la lucidità che non aveva avuto a vent’anni, quando si era vista costretta a scegliere la propria sorte. «Rispondigli di sì» le disse. «Anche se stai morendo di paura, anche se poi te ne pentirai, perché comunque te ne pentirai per tutta la vita se gli rispondi di no.»


“Che ci facciamo al cimitero?”
“Non volevi un appuntamento romantico?”

Si fermarono sotto i rami frondosi di un lentisco che faceva ombra ad un piccolo tumulo. Lei guardò la luce giocare con i suoi occhi azzurri mentre si inginocchiava a leggere l’inscrizione sulla lapide e, per qualche inspiegabile ragione, sorrise.
“Facciamo uno scambio?” Disse Jimmy all’improvviso.
“D’accordo. Di che si tratta?”
Lui si voltò di poco, le prese la mano ed estrasse qualcosa dalla tasca.
“Togli quello che hai e metti questo.”
Era un diamante rosa. Aspettò una reazione qualsiasi. Grace crollò in ginocchio insieme a lui e lo strinse forte, poi si tolse l’anello di William dietro la sua schiena e cercò all’indietro quello che lui le porgeva, infilandoselo al dito.
“Mi stai chiedendo di sposarti in un cimitero?” gli chiese, con il viso dentro il suo collo.
La voce di Jimmy era bassa e dolce. “Non ti sto chiedendo niente. Ti sto solo informando che lo farò.”
“E tutti i discorsi grondanti buonsenso e legittima preoccupazione con cui mi hai intrattenuta fino a poco fa?”
“Me lo porto dietro da un bel po’, ormai. Lui non ti aveva ancora chiesto di sposarlo e ce l’avevo già. Non pensavo sul serio di dartelo, un giorno. Poi mi hai chiamato per darmi la notizia che ti eri fidanzata e mi sono preso una sbronza epocale con Brian.”
“E questo invece lo stiamo dicendo perché…”
“Perché sei sempre stata mia. Anche, e soprattutto, quando ci sforzavamo di fingere che potesse non essere così.”
Si rialzarono inciampando nell’erba fresca, sorreggendosi a vicenda, ridendo.
“Jim, posso farti una domanda?”
“Oh, che il signore mi protegga.”
“Tu lo sapevi? Te lo immaginavi che saremmo arrivati a questo, a prometterci eterna fedeltà dentro un cimitero? Perché io ero venuta solo a trovarti, e per giunta con William.”
“Ma inizialmente volevi venire da sola.”
“Sì, ma… volevo solo vederti. Davvero.”
“Perché volevi vedermi?”
“Perché non mi fido delle capacità diagnostiche di Synyster Gates. Ed anche perché non riuscivo a pensare di stare un minuto di più lontana da te.”
“Allora ti sei risposta da sola, non credi?”
Grace giocherellò con il suo nuovo anello e Jimmy si concentrò sui suoi capelli lunghi, sul suo vestito leggero.
“Bene. Non ci resta che sistemare le cose, allora.”
“Accompagno William in aeroporto e nel frattempo gli parlo. Dio, detesto dovergli dare questo dolore.”
“Lo so.”
Lo guardò estrarre il telefono e comporre un numero.
“Conor? Bello dello zio Jimmy, ascoltami; prendi le chiavi della mia auto, mia sorella Kelly ed andate a farvi un giro. Un lungo giro. Noi grandi dobbiamo parlare. Ti raccomando, comportati da galantuomo e non ti scordare che anche io ho in ostaggio tua sorella.”
Conor rise, dall’altra parte del ricevitore. Come sempre, fece come Jimmy gli aveva detto senza porre una sola domanda.
In veranda regnava un’atmosfera tesa.
“Era Jimmy”, rispose agli sguardi interrogativi degli altri, “mi ha detto di prendere Kelly, l’auto e di fare un lungo giro, perché i grandi devono parlare.”
“Sia lode alla Vergine della Pazienza” sussurrò Brian a Shadows, “sta accadendo”. 
 

aveva trovato in casa un disastro che l’aveva fatto tornare alla realtà. 


Fu un’ecatombe.
Una di quelle struggenti, rumorose, cinematografiche.
Con Brian nella parte della versione metal di Rossella O’Hara, e urla bastevoli a cagionare uno tsunami che si tirasse Huntington Beach a mare con tutti i suoi pittoreschi abitanti.
M. Shadows, allenato da decenni di urla belluine dentro un microfono, riusciva a dare alla discussione una certa poesia musicale. Era anche l’unico intonato, quasi eufonico nei suoi ripetuti tentativi di riportare la diatriba nei binari limitando gli insulti al minimo sindacale. Rafa Alcantara sfortunatamente era troppo basito ed impegnato ad afferrare i dettagli della spinosa faccenda per avere la prontezza di riflessi che gli sarebbe occorsa a mettere mano alla telecamera e regalare al successivo album degli Avenged Sevenfold il miglior behind the scenes della storia del genere.
“Ma perché, lei non è sempre stata la ragazza di Jimmy, scusa?”, si informò innocentemente presso Barbara.
La cartomante lo sentì e menò un urlo da banshee che bloccò l’intera band sul posto con una piacevole incursione nel viale dei ricordi.
“Sto avendo un terribile déjà-vu”, soggiunse Johnny Christ, scordandosi per un attimo che stava cercando di capire come mai Lacey insistesse ad intervenire nella discussione in favore di Grace pur avendole rivolto la parola tre volte in tutto nella sua vita.
“Sono perfettamente d’accordo.”, disse Shadows, abbassando il tono di un’ottava con fare meditabondo.
Poi il decimo girone dell’inferno, quello in cui i dannati guardano una telenovela messicana su un divano sfondato circondati da ogni parte dagli Iron Maiden, riprese a pieno ritmo. La cartomante sbandò vistosamente, inciampò nel tappeto e rimbalzò prima contro Zacky Vengeance e poi contro un muro. Jimmy si ruppe due costole nel tentativo di non ridere, perché in ogni caso le voleva bene. Valary, antica divinità orisha delle questioni chiuse ancor prima di aprirle, la rimise in piedi in malo modo e la informò: “Te ne devi fare una ragione, capisci” senza punti interrogativi alla fine. La poveretta strillò di nuovo, prese un vaso (che peraltro aveva comprato lei) e lo scagliò a Brian, il quale lo schivò per un pelo e ruggì di rimando: “Non ti sto lasciando io, cretina!”
“È colpa tua!”
“Certo che è colpa mia, è sempre colpa mia! Il conflitto in Medio Oriente è colpa mia! Guarda Shadows quanto è bello, anche quello è colpa mia!”
“Per favore, cerchiamo di lasciare mia madre fuori da questa storia.”, disse compunto Shadows, scalciando i cocci del vaso in un angolo del salotto.
“Cerchiamo anche di fare uno sforzo collettivo e darci tutti quanti una calmata!”
“Ma perché la signora Sullivan è qui?”, chiese timidamente Rafa, che era solo passato a riportare un amplificatore.
“Che ne so, ti pare? Sto cercando di dirle andiamo a casa da due ore, ma ha paura che mio fratello si affatichi. Ho dovuto chiamare papà” gli rispose Katie, tentando non senza pathos di schiodare sua madre dall’immota preoccupazione che la ancorava al pavimento del salotto.
Jimmy, placido come un animale sacro, osservava impassibile l’intera scena dalla sua poltrona con una tazza in mano, piena ed apparentemente invulnerabile al caos.
Brian Haner, senior, fece il suo ingresso trionfale in casa quasi sfondando la porta, rivelando un insospettabile parallelismo con Shadows.
“Brian”, chiamò il figlio, “si può sapere cosa cazzo sta succedendo?”
“Barb, tesoro, andiamo a casa”, suggerì alle sue spalle Joe Sullivan a sua moglie, andando pieno di premura a prenderla per un braccio per condurla fuori.
“Io riporto indietro Joe e Barbara. Voi vedete di mettere fine a questa scena inqualificabile. Tu”, ingiunse alla cartomante, “vieni, ti do un passaggio.”
“La porto a casa io.”
“Jimmy…”
Lui si alzò in piedi e si massaggiò gli occhi, stanco. Brian Haner, junior, gli rivolse uno sguardo carico di apprensione.
“Stai tranquillo, Brian. È giusto, è il minimo.”
“Chi l’avrebbe mai detto, sotto tutto questo eye-liner c’è un gentiluomo”, osservò sua sorella.
“Io sono un gentiluomo.”
“No, tu sei un temerario irresponsabile!”, squittì Synyster Gates, prima di rivolgersi marziale alla signora recentemente tornata single, “Fallo agitare e ti giuro che diventerai una decorazione natalizia di dubbio gusto!”
La casa piombò in un silenzio irreale per tutto il tempo che Jimmy stette via. I suoi compagni di band, Valary e Lacey erano seduti scomodi in punta al divano o sui tavoli, contemplando il camino spento.
Quando la porta si aprì, quasi saltarono.
Grace aveva gli occhi di chi ha pianto e la postura di chi non avrebbe potuto fare altrimenti.
“Dov’è Jimmy?” chiese, notando la poltrona vuota.
“Ha accompagnato a casa la sua ex fidanzata.”
“Com’è andata?”
“È stato tutto molto shakespeariano. Ti sarebbe piaciuto.”
“No, io credo di no. Lui come sta?”
“Abbastanza bene, considerate le circostanze. A te com’è andata?”
“È stato molto triste.”
“Lui si è arrabbiato?”
“No. No, lui non si arrabbia. Il che a volte è peggio.”
Un piccolo singhiozzo, e Brian era già balzato in piedi a prenderla tra le braccia. Valary lo osservò con curiosità perché, pur essendo sua amica da sempre nonché praticamente sua cognata, quell’uomo era sempre una sorpresa.
“Su. Era l’unica cosa sensata da fare o non ve lo sareste mai perdonati. Avreste sofferto sempre, e soffrire non serve a niente. Mi senti? A niente e a nessuno. Lui è una testa di cazzo, pieno di paranoie, e fin troppo generoso. Gli servi tu a darsi una regolata. Tu e Conor. Capito? Ti immagini poi, noi in tour con Conor e lui da solo in questa casa con lei? E tu sposata con un altro, in Inghilterra? Chi lo tiene, se tu non ci sei? Chi lo ama, se non lo ami tu?”
“Tutti lo amano, Brian”, rispose lei con un sorriso, asciugandosi le lacrime, “Con lui non si può fare altrimenti.”
“Lo so anch’io e non è facile, credimi. Ma quel che volevo dire è che sei la cosa migliore per lui. Io sto tranquillo, quando so che lui è con te.”
Grace sgranò gli occhi e si scambiò un’occhiata di mutuo stupore con Shadows che, da bravo se stesso qual era, monitorava l’orologio per decidere quando era il momento di preoccuparsi perché Jimmy stava tardando troppo.
“Ho bisogno di dormire. Avvisatelo voi quando torna, per favore.”

Brian non riusciva a smettere di pensare a quanto Jimmy gli aveva detto qualche tempo prima, quando insieme a tutti gli altri insisteva per sapere se andasse a letto con Grace.
Il sesso è il modo che tutti hanno di quantificare la concretezza di una relazione tra due persone ma vedi, Bri, non è quello il punto; il punto è che puoi desiderare una donna con tutta la forza e la furia che hai, sentirla in un posto dentro in cui non riesci a far entrare nemmeno te stesso, pensare a lei così intensamente da iniziare ad avere le allucinazioni olfattive e sentirne il profumo dove non può essere e non è, e nel frattempo appendere al collo di un’altra il cartello ‘fidanzata’, costruirci perfino più o meno una vita senza avere il minimo dubbio su chi vorresti affianco, se ti avvertissero che sei in punto di morte. La risposta nel mio caso è Grace, sempre Grace, soltanto Grace. Grace oggi, domani e per l’eternità, dal momento in cui l’ho vista per la prima volta. Per cui è del tutto irrilevante che la mia risposta alla tua domanda sia ‘sì’ o ‘no’, perché tanto non cambierebbe niente di quel che lei è per me. Questo è un sentimento che non esiste nella realtà, Brian; è un amore così forte, così inappellabile che basta a se stesso, non sa cosa diavolo sia il dubbio, perché chiedimi se per un secondo, anche un solo fottutissimo secondo, io non abbia avuto la matematica certezza del suo amore per me. Sono il primo, l’unico e l’ultimo che la farà sentire così nella vita e, per Dio, non manderò tutto a puttane.”
“Se il sentimento è davvero quello che descrivi”,
gli aveva risposto Brian, “allora le tue sono paranoie inutili, perché semplicemente non puoi mandare tutto a puttane. Nemmeno se ci provi.”
“Posso sempre morire.”
“Non finché io sono vivo.”

Synyster fucking Gates si schiarì la gola e spedì la sigaretta a farsi benedire oltre il cancello d’ingresso proprio mentre l’auto di Jimmy appariva in fondo al viale; lo accompagnò con gli occhi in una manovra di parcheggio piuttosto audace e poi andò ad aprirgli la portiera.
“Com’è andata?”
“Ha pianto come una fontana e non ha detto una parola per tutto il tragitto. Mi è venuta un’idea per l’album, a proposito, poi ti racconto. Chi c’è dentro?”
“Shadows e Val, gli altri sono andati tutti a casa. Zacky si lamentava che gli resterà un livido nel punto in cui la tua ex è andata a sbattere prima di franare in un muro, e ci ha tenuto a specificare che le tue discutibili scelte sentimentali si ripercuotono sempre in maniera fisica su di lui.”
“Un po’ melodrammatico, per essere un tagliatore di cravatte.”
“Sono senza dubbio d’accordo con te ma, del resto, come si dice: Dio ce l’ha dato, e guai a chi ce lo toglie.”
Si sorrisero, complici.
“Come stai, Jim?”
“Sto bene. Un po’ stordito, ma bene.”
“Ti misuro la pressione e me ne vado a casa, così non svegli Grace. È andata a dormire, ci ha chiesto di avvisarti.”
Entrarono in casa e notarono che Valary aveva già in mano lo sfigmomanometro.
Mentre prendeva posto al tavolo del salone e si toglieva la felpa per scoprirsi il braccio, Jimmy lasciò andare un sospiro e si rivolse di nuovo a Brian: “Sai cos’è successo con William?”
“Mi ha detto solo che non si è arrabbiato, e che è stato tutto molto triste.”
“Conor è tornato?”
“Sì, è già a letto.”
“Tutto regolare”, disse Valary con un sorriso, “Possiamo andare a casa.”
“Hai mangiato?”, si informò Brian.
“No.”
“Lo sapevo. Tiro fuori qualcosa dal frigo, voi iniziate ad andare.”

 

Era come se avessero saltato l’arduo calvario della vita coniugale, e fossero andati dritti all’essenza dell’amore. Passavano il tempo in silenzio come due vecchi sposi  scottati dalla vita, al di là delle trappole della passione, al di là degli scherzi brutali delle illusioni e dei miraggi dei disinganni: al di là dell’amore.

 

Le ombre degli alberi fuori dalla finestra giocavano ad imbastire storie sul muro della camera da letto. Lo sentì rientrare nel dormiveglia e si mosse piano tra le lenzuola; i passi cauti, il rumore di un indumento che cade su una sedia, le scarpe calciate via, poi il suo corpo sul letto; la abbracciò da dietro e inspirò a fondo il profumo dei suoi capelli.
“Sei sveglia?”
“Sì. Hai mangiato? Ti preparo qualcosa?”
“Ho mangiato giù con Brian, se n’è appena andato.”
Grace si girò nel suo abbraccio e lo baciò sulle labbra.
“Non hai bevuto.”
“Certo che no. Mi baci per questo?”
“Ti bacio per tutte le buone ragioni del mondo. Conor sta dormendo?”
“Come un sasso. Ho fatto un salto in camera sua.”
Gli occhi azzurri di Jimmy catturavano la poca luce che entrava dai lampioni del cortile.
“Non mi chiedi com’è andata con William?”
“Non voglio farti del male.”
“Sento dei rumori. C’è qualcosa sotto il letto?”
“Non credo. Ma, anche se fosse, ucciderò i mostri per te.”
Si sorrisero nella penombra.
“Ora cosa facciamo?”, gli chiese Grace.
“Possiamo dormire. O fare l’amore, e poi dormire.”
Lei si sentì invadere dal panico istantaneo della felicità.
“Fare l’amore e poi dormire mi sembra un’ottima idea.”
La porta si aprì cigolando sui cardini.
“Ragazzi? Vi disturbo?”
Si sorrisero di nuovo.
“Entra.”, disse Jimmy.
Conor, quasi un metro e novanta, si stropicciava gli occhi come un cucciolo.
“Sono venuto a vedere se andava tutto bene. Volevo aspettarti sveglio, Jimmy, ma sono crollato.”
“Che ci fai in piedi?”
“Ho avuto un incubo.”
“Vieni qui un minuto. Poi ci alziamo e metto su una tazza di latte caldo per tutti.”, gli disse sua sorella, allungando un braccio.
“Vuoi che chiuda la finestra, prima?”, chiese Conor, “A quest’ora saranno già entrati un sacco di spifferi.”
“Non importa.”
Grace gli fece posto e Conor si stese accanto a lei; tra lui e Jimmy, sentì tutti i pezzi di una vita che andavano finalmente a posto senza alcuna fatica.
“Quindi quando vi sposate?”
“Non abbiamo ancora stabilito una data. Perché, vai di fretta?”, gli rispose Jimmy, dandogli un colpetto affettuoso sulla fronte.
“No, figurati. Tanto siete sposati da sempre, anche se non lo sapevate. Sono felice che alla fine tu abbia scelto Jimmy.”
“Non ho fatto alcuna scelta, mi sono solo limitata ad essere onesta su quale fosse l’uomo che non potevo proprio perdere.”
“E quale?”
“Quello che aveva nell’armadio la mia corda per saltare.”

 

Florentino Ariza ascoltò senza battere ciglio. Poi guardò dalle finestre il cerchio completo del quadrante della rosa dei venti, l’orizzonte nitido, il cielo di dicembre senza una sola nuvola, le acque navigabili per sempre, e disse: «Andiamo a dritta, a dritta, a dritta, ancora verso La Dorada.»
Fermina Daza sussultò, perché riconobbe l’antica voce illuminata dalla grazia dello Spirito Santo, e guardò il capitano: era lui il destino. Ma il capitano non la vide perché era annichilito dal tremendo potere di ispirazione di Florentino Ariza.
«Lo dice sul serio?» gli chiese.
«Fin da quando sono nato» disse Florentino Ariza, «non ho detto una sola cosa che non sia sul serio.»
Il capitano guardò Fermina Daza e vide sulle sue ciglia i primi fulgori di una brina invernale. Poi guardò Florentino Ariza, la sua padronanza invincibile, il suo amore impavido, e lo turbò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti.
«E fino a quando crede che possiamo continuare con questo andirivieni del cazzo?» gli domandò.
Florentino Ariza aveva la risposta pronta da cinquantatré anni sette mesi e undici giorni, notti comprese.
«Per tutta la vita» disse. 

 

 

"Era un pappagallo spelacchiato e maniaco, che non parlava quando glielo chiedevano bensì nelle occasioni più impensate, ma allora lo faceva con una chiarezza e un uso della ragione non molto comuni negli esseri umani." 
Gabriel García Márquez, a proposito di Synyster Gates
 
Le canzoni citate nei capitoli sono: Grace, Florence + The Machine; Blowback, The Killers; Just the other side of nowhere e If you could read my mind, Johnny Cash.
Gli estratti in corsivo dal capitolo terzo (atto IV) in poi provengono tutti da L’amore ai tempi del colera di Gabriel García Márquez.
La frase di apertura del V atto è di Sula, di Toni Morrison.
 
Mi scuso senza riserve con Julio Cortázar per avergli ricordato che è morto (so che non gli piace); con l’uomo che nella vita reale è William, così indispensabile al mio cuore, il Paziente Inglese che attende con coraggio me, il suo Giudizio Universale — è bene che sappia che quando devo scrivere un uomo decente, scrivo sempre di lui; con gli uomini che, nella vita reale, sono Brian, Zachary e Matthew, e con la donna che è Valary; con Sua Curiosa Santità l’Oracolo, che tutt’oggi vaticina dal suo studio medico con molta più cognizione di causa di Paolo Fox; con Milady, che è amica mia e non di Grace, ed il di lei acquaio; con Grace, per averle messo addosso molto più peso di quanto chiunque possa portare; con Liev Tolstoij e quella grande cretina di Anna Karenina per non essere mai stata quel tipo di donna ed aver sempre scelto, semmai, di essere il treno.
Dio, invece, sono io che non l’ho perdonato. E non lo farò mai.
 
A voi vorrei dare un’informazione cruciale.
In origine, la fine di questa storia doveva essere diversa; avevo infatti scritto un epilogo che contemplava due possibili alternative lasciate al buon cuore dei lettori.
Ma Jimmy, nell’ineffabile eternità in cui ora si trova, fa quel che ha sempre fatto anche in vita: esattamente il cazzo che gli pare. 
 
Buon quarantesimo compleanno, cor cordium.
Come ogni cosa mia, anche questa è più tua che mia (e quindi nostra), nonché per te;
per l’ordine implacabile della tua testa ed il generoso disordine del tuo cuore.
Sei sempre stato, e sempre sarai, la mia invincibile estate.
 
Ad una certa tazza di tè vorrei dire che è stato soltanto per lei che mi sono presa 24 ore di permesso dalla mia esistenza fenomenica terrena ed ho scritto, infaticabile, tutta la notte e tutto il giorno. Senza le sue parole, forse questa storia non sarebbe mai finita.
Grazie, Alice; non aver mai paura di attraversare lo specchio, io sarò sempre con te.
Con affetto,
il tuo fantasma gentile

 

Dicono che c’è un tempo per seminare,
ed uno più lungo per aspettare;
io dico che c’era un tempo sognato
che bisognava sognare. 



j

 

   
 
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