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Autore: Kagome    11/02/2021    5 recensioni
Uno Chat Noir confuso e col cuore in tumulto trova una Ladybug in lacrime in cima alla Torre Eiffel. Ma quando i due comparano i pezzi dei loro cuori infranti, si rendono conto che quei pezzi si somigliano parecchio. Anzi, sono proprio uguali. LadyNoir. One-shot 2000 parole.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lacrime al Chiaro di Luna

Scritto da: JuliaFC (Kagome qui su EFP)

Beta: Genxha. Grazie mille!

Cover art di: rosehealer02 su Deviantart

Rinunzia Legale: Questa storia è basata su personaggi e situazioni creati da Thomas Astruc. “Miraculous - Tales of Ladybug and Chat Noir” (c) TS1 Bouygues, Disney Channel, Zagtoon, Toei Animation. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e non è intesa alcuna violazione del diritto d’autore.

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Il suoi singhiozzi sommessi erano l'unico suono che giunse alle orecchie di Chat Noir quando atterrò con grazia alla solita postazione in cima alla Torre Eiffel. Ansimò e non si mosse, incerto sul da farsi. Il cuore gli pesava già per motivi personali. Si era trasformato e nelle ultime due ore non aveva fatto altro che correre sui tetti cercando di calmarsi. Cercando di evitare di essere la prossima vittima di Papillon. Non poteva sopportare il pensiero che oggi anche la sua Lady avesse il cuore spezzato. 

Si sedette con eleganza felina accanto a lei. Ladybug non se ne rese nemmeno conto, intenta com'era a piangere. Non la biasimava. Era sempre così aperta, così generosa, così pronta ad aiutare tutti. Aveva il diritto di essere triste per una volta e di non notare che fosse arrivato. Però non voleva che lei pensasse che lui fosse stato lì tutto il tempo senza annunciarsi. Sarebbe stato scortese.

"Piccolo gattino sul tetto, tutto solo accanto alla sua Lady", iniziò a cantare, cambiando apposta le parole della canzone. La sentì sussultare e smettere di singhiozzare, poi lei allungò lentamente le gambe e le fece ciondolare dalla struttura metallica su cui erano seduti, e raddrizzò la schiena. Cercò di asciugarsi gli occhi con la mano, ma fallì miseramente, perché nuove lacrime le sgorgarono dagli occhi, bagnandole di nuovo le guance. 

"Pensavo che fosse 'senza la sua Lady", gli fece notare, tirando su col naso.  

Lui sorrise, ma gli si leggeva la preoccupazione negli occhi. “E hai ragione, Insettina. Ma stasera mi sentivo solo anche seduto accanto a te. Sono qui da un po' e non te ne sei nemmeno accorta."

Lei tirò di nuovo su col naso. “Scusa, Chat Noir. Ho passato una serata davvero brutta. Mi sono trasformata e mi sono messa a correre sui tetti per almeno un paio d'ore, ma ancora non mi sentivo meglio. Quindi sono venuta qui per stare da sola, al riparo da occhi indiscreti."

"Oh." Gli si abbassarono le orecchie. "Vuoi che me ne vada?"

Un sorriso triste apparve sulle sue labbra di Ladybug. "No, Micetto. Solo che non mi aspettavo tu fossi di pattuglia stasera."

“Infatti non lo ero”, disse lui, “anche io ho passato una brutta serata. Un po' come te, avevo bisogno di sfogarmi; quindi ho passato un po’ di tempo a correre sui tetti e sono finito qui. Mi ha sorpreso molto vederti, a dire il vero. E mi ha ancora più sorpreso il sentirti piangere."

Ladybug si asciugò gli occhi un'ultima volta. "Come mai sei così turbato? Vuoi parlarne?" Lo vide irrigidirsi, quindi aggiunse rapidamente: "Se non rivela la tua identità, ovviamente."

Lui sospirò. “Non mi dispiace dirtelo, Insettina, ma penso che tu abbia bisogno di sfogarti più di me. Odio vederti così triste. Dimmi, chi è che devo picchiare? " Finse di fare una faccia seria e arrabbiata e si mise in posa da pugile. 

Lei lo guardò sbalordita e poi scoppiò in una risata cristallina. “Oh grazie, Micetto. Mi serviva proprio una risata. Grazie mille." Lo abbracciò forte e continuò a ridere. Ma più rideva, più la sua risata perdeva tono e si oscurava, finché nuovi singhiozzi scossero il corpo dell’eroina mascherata, mentre stringeva i pugni contro il tessuto spandex della tuta del suo partner. Lui l'abbracciò timidamente, ma quando lei non reagì rifiutandolo, lui la strinse più forte, e iniziò ad accarezzarle i capelli in un ritmo rilassante. Un sommesso ron ron cominciò a risuonargli in petto; dopo un sussulto iniziale, Ladybug lo abbracciò a sua volta e le sue fusa divennero più forti. 

"Gliel'ho detto stasera", sussurrò alla fine.

"Che cosa? A chi?" chiese, continuando con le fusa e con la delicata carezza della sua mano sui suoi capelli. 

Ladybug tirò di nuovo su col naso. "Al ragazzo che amo. Ti ricordi? Quello di cui ti ho parlato quando abbiamo affrontato Gelatone. " Fece una pausa, cullandosi nella sensazione catartica delle fusa del suo partner. “Non sono mai stato in grado di dirglielo fin’ora. E sapevo che mi sarebbe andata male, perché mi aveva detto tempo fa che amava un’altra. Ma ho bevuto un po’ troppo; lui è stato così carino da accompagnarmi a casa ed è stato tanto gentile con me. Quindi mi sono buttata e gliel’ho... detto".

Un senso di déjà vu colpì Chat Noir. Sussultò così forte che Ladybug lo guardò, perplessa. Le mise una mano sulla spalla e con l'altra le sollevò il mento in modo che lei lo guardasse negli occhi. "E lui cos’ha detto? Ti ha respinta? Se ha osato prendersi gioco dei tuoi sentimenti dimmi chi è e gli darò una bella lezione.”Nonostante gli occhi pieni di lacrime, Ladybug sorrise genuinamente alla battuta. "Grazie Chat Noir," disse poi. "No, non mi ha respinta. E non si è nemmeno preso gioco di me, non preoccuparti."

Adesso era il suo turno di essere sorpreso. "Allora perché piangi?"

“Perché non ha detto proprio niente, Micetto. È rimasto seduto in silenzio nella sua macchina  finché non siamo arrivati ​​a casa mia. Ho anche aspettato un paio di minuti prima di uscire e l’ho salutato, ma non mi ha neppure risposto. Sono corsa dentro casa sentendomi malissimo. Ho rovinato non solo ogni possibilità avessi di stare con lui come più di un’amica, ma forse anche la nostra amicizia, che ho coltivato tanto amorevolmente negli ultimi quattro anni. Tutto perché avevo bevuto un po’ troppo. Che scema che sono." Abbassò lo sguardo e si allontanò da lui, tirando su col naso, e riprese a fissare le luci scintillanti della Ville Lumière

"È buffo, sai?" disse lui con amarezza, e quando lo disse, lei sussultò e lo guardò scioccata.

"Cosa ci trovi di buffo, Chat Noir?"

Lui allungò le braccia dietro di sé e si appoggiò sulla schiena, osservando con occhi languidi la bellissima luna piena che torreggiava nel cielo oscuro davanti a loro. “Oggi sono andato a una festa di compleanno organizzata per uno dei miei amici. Abbiamo bevuto un po' troppo e si era fatto molto tardi, quindi ho offerto un passaggio a un’amica. Non volevo che tornasse a casa a piedi brilla com’era e qualcuno si approfittasse di lei. Mi è troppo cara per lasciarla in una situazione del genere. "

"Oh", disse lei, "quindi?"

“La stavo accompagnando a casa. Per meglio dire, il mio autista la stava accompagnando; io ero seduto dietro con lei. " Si portò la mano alla nuca e abbassò lo sguardo. “Lei mi stava dicendo quanto mi fosse grata di averle dato un passaggio e all’improvviso mi ha detto che mi amava. E-e io non sapevo cosa fare o cosa dire, quindi ho tenuto la bocca chiusa."

Lei sussultò distintamente alle sue parole. Le lanciò un’occhiata sfuggente e l'intensità che lesse nei suoi occhi lo fece sudare. Lo fissava come se la sua vita dipendesse dalla prossima frase che avrebbe pronunciato.

"E…?" incalzò la ragazza.

Chat Noir iniziò a sentire parecchio caldo. Ma era salita la temperatura all’improvviso o era solo una sensazione sua? Osò dare un'ulteriore occhiata al viso di lei  notò che lo stava ancora guardando, intensamente. "E niente. La macchina si è fermata davanti casa sua. Ho aspettato che entrasse nel portone prima di chiedere all'autista di proseguire. Quando sono tornato a casa ho dovuto trasformarmi e uscire perché mi sentivo malissimo e non mi ritrovavo più nei miei sentimenti".

"Ma perché?" chiese lei in un sussurro soffocato. 

Riusciva a malapena a respirare, ma doveva risponderle. Il suo silenzio aveva già causato troppi danni. “Pe-perché ero confuso. Non pensavo di piacerle, anzi da come si era sempre comportata con me, pensavo il contrario. Quando ci siamo conosciuti, siamo partiti con il piede sbagliato. Quindi pensavo davvero che mi odiasse e che mi sopportasse solo per far contenti i nostri amici". Ladybug sussultò e lo guardò con gli occhi sbarrati. "Non potevo credere che a una persona straordinaria come lei potesse piacere un essere insignificante come me." 

Si voltò e la guardò dritto negli occhi. “E’ stata la mia prima amica. Non volevo rovinare quell'amicizia. Ho fatto abbastanza casini con la mia prima ragazza, ero troppo indeciso, no mi sono lasciato andare e alla fine lei si è rotta le scatole e mi ha detto che aveva trovato un altro. Non volevo rovinare anche la mia amicizia con lei, perché…” Si umettò le labbra e deglutì nervosamente.

"Perché?" chiese lei. Poteva sentire quanto il suo tono di voce fosse affannoso. Poteva vedere quanto fosse speranzoso il suo sguardo mentre incontrava il suo, e quanto fosse tesa la sua schiena. Dentro di sé, ebbe voglia di urlare. Oddio, non poteva crederci. Questa donna lo amava per davvero! Dopo tutti quegli anni finalmente lo ricambiava!

“Pe-perché ci tengo a lei. Non voglio perderla." Le prese la mano e fissò dolcemente le sue guance arrossate e ancora un po’ umide per le lacrime versate fino a poco prima. “La verità è che io la amo davvero. L'ho sempre amata, ma ero troppo cieco per rendermene conto. Sono un vero idiota, Marinette."

Il suono del suo sussulto risuonò nel silenzio della notte come quello di uno schiaffo.

“La ragazza a cui non piacevano i miei scherzi, quella di cui ti avevo parlato il giorno in cui stavamo tornando dal museo delle cere... Quella ragazza eri tu." Il suo cuore perse un battito nel vedere nuove lacrime sgorgare dagli occhi di lei, mentre con lo sguardo gli scrutava l’anima. Pianse in silenzio per un tempo che gli sembrò infinito. Ma perché non diceva niente?

"Siamo entrambi dei grandissimi idioti", disse lei alla fine, abbozzando un piccolo sorriso che non le raggiunse gli occhi. 

“No, Insettina. Di idiota ne vedo solo uno."

Il sorriso di lei si allargò. "Scemo di un gatto. C'è un’idiota ancora più grande seduta proprio di fronte a te." Fece un grande respiro. "Sai, il ragazzo per cui ti ho rifiutato il giorno che combattemmo Gelatone..."

"Sì?" Le orecchie gli si rizzarono in testa e non poté fare a meno di muoversi verso di lei.  

"Qu-quel r-ragazzo era... Adrien Agreste." Finalmente lo guardò, timidamente, da dietro le ciglia, e un profondo rossore le impolverò le guance quando vide l’enorme sorriso che apparve sulle labbra di lui. “Ti-ti ho amato dal giorno in cui mi hai dato il tuo ombrello. Ci ho davvero provato a dimenticarti, m-ma non ci sono mai riuscita."

“E meno male!” sbottò lui. Poi il suo cervello registrò tutto quello che la ragazza aveva detto e rimase a bocca aperta. “I-intendi che ti piaccio dal primo giorno che ci siamo conosciuti? E non me l’hai mai detto?”

Quando annuì, le guance della ragazza erano così rosse che quasi brillavano nell'oscurità. Chat Noir fissò a lungo il suo viso meravigliosamente arrossato, ammirando come la sua pelle di porcellana brillasse luminosa, le sue lacrime piccoli diamanti che riflettevano la pallida luce della luna piena. La guardò così a lungo che il rossore di lei si trasformò in pallore e le sue sopracciglia si aggrottarono. 

"Tutto bene, Micetto?" gli chiese.

"Sì, certo." Lui deglutì a vuoto e chiuse gli occhi, facendo un respiro tremolante mentre si ricordava di dover respirare. "Sono così felice."

Lei sorrise dolcemente vedendo il modo in cui gli tremavano le labbra, e gli chiese con voce dubbiosa: "P-posso baciarti?" 

Il cuore di Chat Noir quasi gli uscì fuori dal petto alla domanda. I suoi occhi si allargarono; sorrise e il suo tono divenne canzonatorio mentre cercava di nascondere la sorpresa. “Ho sempre pensato che sarei stato io a farti questa domanda." 

Il tenero sorriso che gli aveva incurvato le labbra poco prima continuò a illuminarle il volto mentre Ladybug gli si avvicinava. Le braccia della ragazza gli si avvilupparono sulle spalle, e la ragazza sorrise ancora più dolcemente nel sentire quanto lui tremasse al suo tocco. Gli passò le dita nei capelli e lo avvicinò a sé, finché non rimasero solo pochi millimetri a dividerli. Potevano entrambi sentire il solletico del respiro dell'altro sulle labbra, ma entrambi esitavano a fare il primo passo. 

"E dimmi, Adrien." Il naso della ragazza sfiorò quello di lui, e il suo cuore gli sobbalzò in petto mentre le parole che lei stava sussurrando lo facevano tremare fino al midollo. "Che risposta volevi che ti dessi?"

I suoi sensi furono sopraffatti dal profumo di cioccolata mista a un leggero odore di alcol del suo alito.

Stava ancora riflettendo su cosa risponderle quando le loro labbra si incontrarono e qualunque pensiero coerente si dissolse completamente nel suo cervello. Avrebbe pensato a cosa dirle più tardi. Ora invece voleva godersi la sensazione meravigliosa di star finalmente baciando la ragazza che amava. 

Nient'altro era importante. Assolutamente nulla. 



Nota dell’Autrice

Ariciao! Ho scritto questa storiella per un magazine in inglese. Visto che in inglese non posso pubblicarla fino a gennaio 2022 (sempre che mi accettino come contributrice, oppure la posso pubblicare a marzo ^^), vi delizio a voi! Dovevo scrivere una storia di massimo 2000 parole (in Inglese è 1996 parole. Giuro!) su “nuovi inizi”, e mi è venuta in mente quest’idea. Quasi interamente LadyNoir… Spero vi piaccia e che mi lasciate un commentuzzo. Suvvia, i commentuzzi non costano niente e fanno contenta questa povera disgraziata che scrive alle 3 di notte e traduce alle 5 di mattina per deliziar—, voglio dire, per torturarvi con i suoi scritti! Commentate? Pretty please? A più tardi!

   
 
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