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Autore: Talitha_    13/02/2021    3 recensioni
In un’ipotetico futuro in cui Marinette e Adrien sono una coppia a tutti gli effetti, ecco a voi una serie What if? alla stregua del romanticismo e del fluff più assoluto.⁣

"Era tutta colpa di Marinette se adesso Adrien moriva dalla voglia di mettere le mani in posti dove non avrebbe dovuto, e di baciarla come mai aveva fatto prima.”⁣
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. 

 

Una voce flautata fece capolino dalla sua schiena.

“Posso usare la tua doccia?”

Adrien strabuzzò gli occhi. Cosa gli aveva appena chiesto, Marinette?

“Adrien?”

Lui alzò lo sguardo su di lei. “Mmh?”, chiese, come spaesato. Fece per sedersi meglio sul divano, aggrappandosi con la mano sul bracciolo in pelle bianca, come se fosse improvvisamente colto da una vertigine e avesse paura di cadere. 

“Ho chiesto se posso usare la tua doccia, ma se non vuoi non f…” 

“Certo che voglio!” esclamò infervorato. “Voglio dire” si corresse “certo che puoi usare la mia doccia. Fai come se fossi a casa tua, te lo dico sempre.”

Marinette gli rivolse un sorriso raggiante, che sciolse il cuore di Adrien. Fece il giro del divano saltellando, dirigendosi proprio verso di lui. Gli si sedette sulle gambe, prendendogli le guance tra le mani calde e attirandolo al suo petto morbido, come a stringerlo in un abbraccio. Il viso di Adrien divenne paonazzo. Sentiva qualcosa di soffice premere contro la sua guancia, e rimase così, senza sapere dove poggiare le sue mani o se lei desiderasse che lui facesse qualcosa. 

Ma, prima che potesse fermarsi a pensarci un attimo su, la sentì prenderlo per le spalle, e poi labbra dolci schioccargli un bacio sulla guancia, e un altro ancora sulle labbra. “Grazie, Chaton.”

Il suo era solo un leggero sussurro, che contribuì a far andare Adrien ancora più in tilt. 

“Mmh” aggiunse Marinette, una volta essersi alzata “poi mi asciughi anche i capelli? Sarebbe molto romantico, non trovi?”

Adrien sbatté le ciglia dorate. “C-certo, Milady” balbettò, non completamente conscio di ciò che le stava rispondendo - ancora troppo impegnato ad elaborare la sua richiesta. 

Marinette batté entusiasta le mani. “Perfetto!” esclamò, e si diresse trotterellando verso la porta del bagno. 

Adrien prese a fare profondi respiri per tentare di calmarsi, quando fu interrotto dalla voce di lei che lo chiamava dal bagno. “Adrien? Non trovo gli asciugamani, posso usare il tuo accappatoio?”

Il ragazzo rimase pietrificato sul divano, senza sapere cosa significasse una richiesta del genere. Marinette che usava il suo accappatoio? Il suo accappatoio che veniva utilizzato per asciugare il corpo di Marinette?

Deglutì a fatica, ormai il cuore a mille e il respiro corto e pesante. 

“Adrien? Mi senti?”, lo richiamò al mondo reale la voce ovattata di Marinette. 

“Sì!” rispose allora, la parola più rauca di quanto avesse previsto. 

Marinette si affacciò alla porta del bagno, poggiando una mano sulla maniglia. “Sì che mi senti o sì che posso utilizzare il tuo accappatoio?”

Adrien si voltò a guardarla, lentamente, tenendosi pronto a distogliere immediatamente lo sguardo nel caso in cui lei si fosse già spogliata. 

Invece era ancora perfettamente vestita e asciutta. Umettò le labbra completamente secche e prese un bel respiro. “Ehm… tutte e due le cose.”

Lei sorrise, raggiante. “Perfetto, grazie.” Fece per chiudere la porta del bagno dietro di sé, quando  ci ripensò e aggiunse: “Ti chiamo quando ho finito o vengo io da te?”

Adrien sembrò non capire. Sbatté nuovamente le ciglia. “Mh?”

Marinette si portò una mano alla fronte. “Per asciugarmi i capelli, schiocchino. Ma che ti prende oggi, per caso il gatto ti ha mangiato la lingua?”

Come ‘Ma che ti prende oggi?’? E glielo chiede pure? Non capitava mica tutti i giorni che la sua ragazza chiedesse di fare la doccia nel suo bagno, di usare il suo accappatoio e di asciugarle i capelli perché era una cosa - a suo dire - incredibilmente romantica. E anche di stritolare la sua testa contro i suoi seni

Rimase a fissarla come un ebete per una manciata di secondi, tanto che Marinette si chiese se avesse la febbre. E stava quasi per andargli vicino e tastargli la fronte, quando Adrien sorrise - seppur in maniera poco convinta - e le rispose: “Chiamami quando hai finito.” 

Lei decise che avrebbe indagato più tardi, quindi sorrise per l’ennesima volta e richiuse la porta del bagno. 

“Ah, le donne…”

Adrien si girò di scatto. “Tu non ti intromettere.”

Plagg rise sotto i baffi - veri, per la cronaca. “Ah, i pivelli innamorati.”

Adrien corrugò le ciglia. “A chi hai dato del pivello?”

Plagg assunse uno sguardo da gattino innocente. “E chi ha parlato di pivelli?”

Adrien scosse la testa. “Ricordati, caro mio, chi rifornisce il tuo pancino di cremoso e delizioso Camembert.”

“E tu ricordati, caro mio, chi è che ti ha fatto diventare il più figo e ambito supereroe di tutta Francia” ribatté Plagg, incrociando le piccole braccia nere al petto. 

“Brutto di un gatto, se ti prendo te la faccio vedere io!”

Plagg si scostò dalla traiettoria delle sue mani, un sorriso sadico stampato in volto. “Tanto non mi prendi!”

 

***

 

“Adrien?”, chiamò Marinette, affacciandosi alla porta del bagno. “Ho finito, puoi venire.”

Lui si alzò di scatto dal divano, dove si era riseduto dopo essersi arreso alla cattura di Plagg, e da cui decise non si sarebbe più mosso fino a che lei non lo avesse chiamato. 

“Arrivo” rispose, in un tono piuttosto innaturale. 

Si affrettò a richiudere la porta del bagno perché lei non prendesse freddo con gli spifferi che arrivavano da fuori. Dopodiché, si voltò a guardarla, e divenne rosso come un peperone vedendola col suo accappatoio ancora indosso. 

“Perché mi guardi così?”, chiese lei, con una voce pericolosamente innocente. 

Lui la guardò con la faccia più indifferente che potè. “Così come?”

Lei incrociò le braccia al petto, poco sotto l’altezza del seno. Del seno

Adrien deglutì per la centesima volta, quel pomeriggio. 

“Come se fossi un croissant al cioccolato, ecco come.”

Lui sbatté le palpebre, buttandola sul malizioso. “Io ti definirei più come un macaron alla fragola.”

Lei arrossì. “Dai, vieni. E non fare lo scemo.”

Prese una sedia e l’asciugacapelli, e si posizionò proprio sotto lo specchio del lavandino. Attaccò la spina alla corrente e gli porse il fono, poi si sedette e liberò i capelli dall’asciugamano che aveva attorcigliato in testa. 

Lui fece per premere il tasto ON, decisamente impacciato, quando Marinette si voltò e gli disse sadica, gli occhi stretti a due fessure: “Guarda che prima devi pettinarli.”

Lui rimase per un attimo interdetto, poi si diresse subito verso il cassetto in cui si trovava la spazzola e tornò da lei. Osservò un istante i suoi capelli bagnati, scuri e lucenti, e si chiese da dove si dovesse iniziare per spazzolarli. 

Marinette sospirò pesantemente, con l’aria di chi ha a che fare con un caso perso. 

Per difendersi, lui disse: “Non ho mai spazzolato i capelli di nessuno, non voglio farti male.”

Marinette rise. “Non so se questo sia un bene o un male.”

“Perché?”, domandò, le ciglia chiare leggermente aggrottate. 

“Un bene perché significa che prima di me non c’è stata nessun’altra, un male perché di questo passo credo proprio faremo le ore piccole.”
Lui mise il broncio, ma, effettivamente, spazzolare e asciugare i capelli di Marinette mentre lei ancora indossava il suo accappatoio gli sembrava una cosa così romantica - ed eccitante - che non vi avrebbe mai potuto rinunciare. 

Lei rise vedendolo così scoraggiato, perciò aggiunse: “Non preoccuparti di farmi male, sono sicura che sarai talmente delicato che neanche me ne accorgerò.”

Lui sembrò riacquistare un po' di fiducia a quelle parole, impugnò meglio la spazzola per evitare che gli scivolasse dalle dita e iniziò ad agire dalla cute, scendendo poi, piano piano, pianissimo, fino alle punte. 

Marinette si impegnò al massimo per non fare facce strane quando lui prendeva un nodo, ché altrimenti si sarebbe fatta veramente mattina. 

Dopo ben dieci lunghissimi minuti in cui i capelli di Marinette ridiventarono lisci e lucenti (con quel caldo si erano quasi asciugati da soli), Adrien decise che era arrivato il momento adatto di accendere il fono. 

Le sue dita accarezzavano delicate le ciocche di capelli di Marinette, quasi lui avesse paura di spezzarle. Guardandolo allo specchio, Marinette vide Adrien talmente concentrato in quello che stava facendo che aveva sporto leggermente la lingua tra le labbra. Era davvero adorabile. 

Stava seguendo ogni suo movimento, dal modo in cui corrugava le ciglia quando le sue dita incontravano un nodo, al modo in cui si ostinava a voler finire di asciugare una ciocca prima di passare ad un altra, e, quando - finalmente - terminò, Marinette aveva sudato talmente tanto che le parve quasi necessario fare un’altra doccia. In compenso, adesso aveva dei capelli liscissimi e setosi, grazie alla sacrosanta pazienta di Adrien e sua. 

“Vanno bene così?”, chiese infine. 

Lei lo guardò dallo specchio, regalandogli un sorriso. Poi si alzò e si voltò verso di lui ruotando un ginocchio sulla sedia. Gli intrecciò le braccia dietro al collo, chiuse gli occhi e gli stampò un lungo bacio sulle labbra. “Sono perfetti, grazie.”

Lui sorrise prendendola per la vita. “Forse lo potremmo rifare, se ti va.”

Lei annuì, mentre gli pizzicava dolcemente il labbro inferiore con le dita. “Mmh.”

Adrien rimase un po' a guardarla, poi concentrò la sua attenzione sui suoi capelli, e constatò di aver fatto proprio un bel lavoro. 

“Adesso, però,” aggiunse Marinette, dopo essersi allontanata da lui per andare a rimettere la sedia a posto “devi prestarmi qualcosa da mettere. Non vorrai certo che vada in giro per casa con solo il tuo accappatoio indosso.”
Con solo il suo accappatoio indosso. Adrien boccheggiò alla ricerca d’aria. D’improvviso, avvertì l’impellente bisogno di correre ad aprire la finestra. 

“C-cosa ti serve?”

Lei gli diede una leggera pacca sulla spalla. “E dai, non ti facevo mica così timido” disse sorridendo. “Vediamo” aggiunse, elencando l’occorrente sulle dita della mano “mi servirebbero un paio di mutande - anche i boxer vanno bene - …”

Boxer?

“… dei pantaloni e una felpa. Il reggiseno posso rimettere quello che avevo prima, a meno che tu non preferisca che rimanga senza.”

S-senza?

Adrien era rosso rosso, le orecchie avevano preso a fischiargli. Marinette lo osservò piena di maliziosa soddisfazione, prima di aggiungere, puntando l’indice sul mento: “Anche se, ora che mi ci fai pensare, dovrei proprio lascare un cambio qui. Così, le prossime volte, non sarai costretto a prestarmi qualcosa di tuo. Che ne dici?”, chiese, attorcigliando le dita dietro il suo collo. 

Le prossime volte?

Adrien deglutì, annuendo imbarazzato. Perché quella situazione stava diventando così disagevole soltanto per lui? Lei si stava comportando come se stesse facendo la domanda più banale del mondo. ‘Che vuoi mangiare stamattina, per colazione?’ Ecco, con lo stesso tono sereno e spigliato. 

Rimase in silenzio per svariati secondi, mentre sentiva il fumo uscire dalle orecchie. 

Marinette continuava a guardarlo, estremamente divertita. Forse non avrebbe dovuto comportarsi in maniera così sadica con lui, ma era talmente dolce in quel momento che non potè non stuzzicarlo un altro po’. 

Premette di più il suo corpo contro quello di Adrien, stringendogli le braccia attorno al collo, le dita attorcigliate tra i suoi capelli. 

“Adrien?”, sussurrò, con il tono più sensuale che le uscì. Con camuffata nonchalance, si prese timidamente il labbro inferiore tra i denti. 

Le ciglia di Adrien sfarfallarono. Marinette riusciva chiaramente a percepire il battito selvaggio del cuore di lui contro il suo petto. 

Adrien rispose con un grugnito mozzato, che tradiva tutto l’imbarazzo e l’eccitazione. 

Marinette appoggiò il volto sulla spalla di Adrien, lo spazio tra i loro corpi ormai inesistente. Adrien boccheggiò. Sentì labbra di fragola accostarsi al suo orecchio, e mormorare lentamente: “Sento freddo.”

Lui scattò indietro, prendendola per i fianchi. Ad un tratto, si ricordò di doverle prestare dei vestiti, perché lei sotto l’accappatoio, il suo accappatoio, era ancora nuda. Completamente nuda

Si scostò del tutto da lei, indietreggiando di qualche passo. 

“C-certo. Vado a prenderti subito i vestiti.”

Una - momentaneamente - soddisfatta Marinette accennò ad un sorriso innocente. Adorava farlo impazzire a quel modo. Doveva farlo più spesso. 

Adrien si allontanò in fretta, richiudendo nervosamente la porta del bagno dietro di sé. Una volta afferrati una tuta e dei boxer - sì, i suoi boxer - si ridiresse in bagno, bussando prima alla porta. Non voleva certo che lei nel frattempo si fosse spogliata. O meglio, sfilata l’accappatoio. Sentì Marinette ridere al suono leggero delle sue nocche che battevano contro la porta, e un divertito ‘avanti’ pronunciato dalla sua bellissima voce. 

Prese l’ennesimo respiro profondo dandosi coraggio - d’altronde, avrebbe dovuto soltanto darle i vestiti e sgattaiolare via dal bagno - ed entrò. 

Trovò Marinette così come l’aveva lasciata pochi secondi prima, naturalmente, quindi le andò incontro e le porse i vestiti. Marinette gli regalò un sorriso raggiante, prima di prenderli con le sue mani delicate e riporli sulla sedia accanto a lei. 

Senza sapere cosa fare, ora che se la ritrovava di fronte e che non aveva nessun motivo di restare ancora lì - dato che lei doveva vestirsi -, Adrien la guardò come per chiedere il permesso di andarsene. 

Marinette, ovviamente, capì quello che Adrien stava cercando di dirle, ma fece finta di niente e afferrò la cinta di stoffa dell’accappatoio muovendo le dita come per sciogliere il fiocco che lo teneva chiuso attorno al suo corpo. 

Adrien avvampò e si girò immediatamente, dandole le spalle. “M-ma che stai facendo?”, le chiese, senza più fiato in corpo. Credeva che da un momento all’altro avrebbe preso a sanguinargli anche il naso. 

Marinette non riuscì a trattenere un risolino. 

“Mi sto vestendo” disse, come se fosse la cosa più normale al mondo da dire, in quel momento. 

“Mi stai… prendendo in giro, per caso?” 

Marinette vide le sue spalle tramare. 

“Certo che no” esclamò in un sorriso, che lui, ovviamente, non poteva vedere. 

Adrien fece per voltarsi, ma poi ricordò che lei si stava spogliando e si costrinse a darle ancora le spalle. 

“Puoi girarti, Adrien. Non mi vergogno di te, lo sai” mormorò Marinette, la voce di qualche tonalità più bassa.

Milady, ti diverti a torturarmi?”

Lei lo prese per le spalle, poi lo cinse da dietro con le braccia. Appoggiò la guancia sulla sua schiena. La cinta dell’accappatoio era solo leggermente allentata, ma questo Adrien non poteva saperlo: avvertiva comunque le rotondità dei suoi seni premergli sulla schiena. 

“M-Marinette?”, la sua voce era un gemito tremante. 

“Mh?”

“C-che stai facendo?”

Lei sorrise contro di lui. “Mi diverto a torturarti. E devi ammettere che sono anche piuttosto brava.” Intrecciò meglio le mani sul petto di Adrien, carezzando col pollice la sua pancia. 

Adrien ansimò. “S-sei crudele.”

Lei annuì. “Ma è così divertente, Chaton.”

Lui fremette sotto il suo tocco. Ora le dita di lei avevano cominciato a vagare senza pudore sulla sua pancia, arrivando addirittura ad afferrare l’orlo della maglietta. 

E proprio quando sembrava che le sue mani fresche stessero per toccare finalmente la sua pelle nuda e bollente, quella piacevole agonia… finì

Marinette ritrasse le braccia dal suo corpo e le portò alla cintura dell’accappatoio, che strinse nuovamente intorno a sé. 

“Puoi girarti, adesso.”

Adrien torse lentamente il busto, il fiato trattenuto. Marinette gli scoccò un leggero bacio sulle labbra, le mani poggiate sulle sue guance bollenti. Poi, gli disse tra i denti: “Mi aspetti di là? Ti raggiungo tra cinque minuti.”

Un brivido corse lungo la schiena di Adrien. Quella ragazza lo stava facendo impazzire. Appositamente. Annuì debolmente, poi si avvicinò alla porta. Si costrinse a non voltarsi, perché gli era parso di sentire un fruscio di stoffe dietro di sé. 

 

 

2.

 

Marinette mantenne la sua parola. Dopo cinque minuti uscì dal bagno fresca - e profumata - come una rosa. Adrien, invece, era sempre più sudato, e ancora non si era ripreso dagli eccitanti eventi dell’ultima ora. Nei pochissimi minuti di pausa - o meglio, tregua - che aveva avuto mentre aspettava che lei si vestisse, Adrien aveva ripercorso con la mente tutti i singoli momenti, le frasi, le espressioni, i movimenti di Marinette. Il modo in cui aveva incastrato il suo labbro umido tra i denti, lo sguardo sensuale con cui lo aveva guardato prima di iniziare a slacciare la cintura dell’accappatoio, il moto lento - lentissimo - delle sue dita affusolate contro la maglietta di lui. 

Era come se lei avesse preso possesso della sua mente e si fosse insinuata tra i suoi pensieri, manipolandoli a suo piacimento. 

‘Strega’ pensò divertito. 

Non ebbe, però, tempo di pensare a come scamparle, che lei ricomparve dalla fatidica porta del bagno. Ridendo, si diresse sul suo letto, come se le fosse appartenuto da sempre. Si distese sopra con un salto, sistemandosi poi a pancia in su sopra le morbide coperte. 

Adrien ebbe l’ennesimo fremito lungo il collo, giù per tutta la spina dorsale. 

Era tornato a sedersi sul divano, dove, prima che lei irrompesse con le sue voglie, era intento a leggere un fumetto. 

Si sforzò di darle le spalle, quando sentì la sua mano battere sul materasso. “Vieni qui?”, gli chiese con una vocina implorante. 

Sospirò. Non avrebbe mai saputo dirle di no. 

Si alzò simulando controvoglia, e la raggiunse cercando di non soffermarsi su quella figura sdraiata sul letto, o sul fatto che stesse indossando i suoi vestiti

Marinette sventolò le braccia verso di lui, come per attirarlo nella sua ragnatela. 

Ma ad Adrien l’idea non dispiaceva. Cercò di scacciare i pensieri non proprio purissimi che gli invadevano la mente, stendendosi di fianco a lei, pronto ad avvolgerla tra le sue braccia. 

Marinette si accoccolò senza indugi contro di lui, incassando la testa nell’incavo della sua spalla. Lui annusò i suoi capelli. Sapevano del suo shampoo. E di Marinette, ovviamente. Un miscuglio di zucchero e gelsomino. Sospirò. 

Marinette rise sulla stoffa della sua maglietta. Poi si tirò indietro a guardarlo, e sussurrò: “Sei davvero adorabile, lo sai?”

Adrien arrossì leggermente. Poi, però, stanco di come lei stesse avendo la meglio su di lui, ribatté, in un sorriso malizioso: “Anche tu sei adorabile con i miei vestiti indosso.”

Ora fu lei ad arrossire. Senza mancare, però, di prendersi delicatamente il labbro tra i denti. Ancora. Adrien prese a fissare, allora, le curve delle sue labbra perfette, del modo in cui i suoi denti spuntavano sensualmente da quella carne rosea, e di nuovo si sentì come se lei fosse in netto vantaggio. 

Marinette gongolò, piena di soddisfazione. Poi si poggiò meglio sul fianco, prendendo il braccio di Adrien e portandoselo intorno alla vita. Nonostante lui lo avesse già fatto altre milioni di volte (avvolgerle la vita con il braccio), questo continuava a sembrargli come un gesto infinitamente intimo. Poi Marinette si issò un poco, portandosi all’altezza del suo volto, delle sue labbra, e prese a baciarlo con passionale lentezza, assaporando le sue labbra, senza fretta, senza rabbia. 

Solo un’incontenibile voglia di assaggiarlo, di sentire il suo calore avvolgerla, di avvertire per tutto il corpo brividi di piacere. In quel bacio, era lei a guidare. Lui assecondava soltanto i suoi movimenti, troppo colto alla sprovvista per poter prendere in mano le redini della situazione. 

Ora, senza sapere come, Marinette sedeva a cavalcioni su di lui, e la cosa non gli dispiacque affatto. Sentiva le sue labbra scontrarsi gentilmente con le sue, prenderle e accarezzarle, poi lasciarle e riprenderle ancora, in un gioco di schiocchi, lingue, brividi, e sospiri. E proprio quando gli sembrava di non essere più così tanto in svantaggio, proprio quando era riuscito a riprendersi dalla sorpresa iniziale e prendere a sollevarle la felpa, e ad accarezzarle i fianchi nudi e salire più su e ancora più su fino al gancetto del reggiseno - dove solitamente si fermava per poi tornare in basso -, che si accorse che qualcosa non andava. 

Avvertì Marinette sorridere sadica contro le sue labbra, mentre apriva la bocca per lasciarsi sfuggire un gemito di piacere, sentendo le sue mani vagare sulla sua schiena, frenetiche, alla ricerca di qualcosa che non c’era

Marinette non indossava il reggiseno. 

Non se n’era accorto prima, perché la sua felpa le stava talmente larga che era impossibile rendersene conto. E lei era stata talmente abile a camuffarlo che… oh cielo, lo stava facendo impazzire. 

“M-ma…?”, i suoi balbettii confusi erano manna per le orecchie di Marinette. Sorrise ancora di più, mentre continuava a baciarlo, questa volta più forte, incurante del fatto che Adrien cercasse di allontanarla prendendola per i fianchi. 

Si staccò soltanto quando non ebbe più fiato nei polmoni. Gli scoccò un ultimo bacio sulle labbra, terribilmente soddisfatta. Poi bisbigliò, ansante: “Qualcosa non va, Chaton?”

Lui spalancò gli occhi. Qualcosa che non va? Ma davvero lo stava prendendo in giro?

M-milady…” si fermò, incapace di continuare. 

Lei inarcò un sopracciglio, mentre ancora respirava rumorosamente nel tentativo di riprendere fiato. 

“Cosa? Per caso ti ho morso?”, e detto questo, si precipitò con le mani sulle labbra di lui per controllare eventuali ferite, che sapeva benissimo non esserci. Fece bene attenzione, però, a sistemarsi meglio con le gambe contro i suoi fianchi, stringendo la presa delle ginocchia sul bacino di lui. 

Poi, senza che se lo aspettasse, Adrien le afferrò il polso, mentre la mano era già sulla sua bocca, accarezzandola e rigirandola con la scusa di verificare che non gli avesse fatto male. Certamente, la sua presa era leggerissima sul sottile polso di Marinette, ma comunque lei non riuscì a liberarsene. Non ci provò nemmeno. 

“Marinette?”

“Sì?”. Le ciglia di Marinette sfarfallarono. 

Adrien si costrinse a non restare ammaliato dal suo sguardo da cerbiatta. “Ti stai per caso divertendo a torturarmi?”

Lei si morse il labbro, per la terza volta quel giorno. Assunse l’aria più seria che potè. “Di che stai parlando?”

Lui scosse la testa, un sorriso consapevole dipinto sulle labbra. “Non fare la finta tonta, sai benissimo ciò a cui mi riferisco.”

Lei sbatté ancora una volta le ciglia, e si liberò dalla presa gentile delle sue dita sul polso. Poggiò entrambe le mani sul petto di Adrien. “Ti dico che non lo so.”

Era ancora perfettamente seria, credibile, ma Adrien la conosceva fin troppo bene per capire che la sua era soltanto malizia. Ben camuffata, certo. Ma pur sempre malizia. 

Decise allora di prendere di petto la situazione. “Va bene, allora. Sarà come dici tu.”

E lei parve subito assumere un’aria trionfante, come se il suo piccolo gioco fosse riuscito, quando avvertì le mani di lui scendere sapientemente lungo tutta la superficie della sua schiena, partendo dalle spalle e poi giù, giù e ancora più giù. Arrivò all’elastico dei pantaloni, e proseguì il suo percorso ancora una manciata di centimetri. Marinette ansimò quando sentì le sue mani prenderla sui glutei e ribaltare completamente il suo corpo, portandola a finire con la schiena contro il materasso. 

Il corpo di Adrien premette contro il suo, aderendovi perfettamente. Incapace di muoversi, Marinette non potè far altro che guardare il volto di Adrien prendere lentamente possesso del suo collo, baciando, leccando, mordicchiando ogni centimetro di pelle esposta. 

Marinette gettò la testa all’indietro ed inarcò istintivamente la schiena. Adrien rise contro il suo collo quando il primo gemito di piacere fuggì alle sue labbra, ancora pregne dell’odore di lui, e raggiunsero le orecchie tese di Adrien. 

Adesso, Marinette non capiva più niente. Era completamente in balia dei suoi baci, delle sue mani, delle sue carezze esperte. Sapeva esattamente dove toccarla per farla impazzire, e non ebbe pietà in questo. D’altronde, riconobbe di meritarselo. 

E non fu affatto dispiaciuta. 

Adrien continuò a baciarla sul collo, sulla scapola, dietro le orecchie, mentre le sue mani vagavano sul corpo di Marinette, e si fermarono sull’orlo della felpa che stava indossando. La sua felpa. 

Marinette gemette quando le sue mani entrarono a contatto con la pelle nuda della sua pancia. Questa fremette, abbassandosi e rialzandosi freneticamente sotto il tocco di Adrien.  

“A-Adrien?” ansimò Marinette, senza più fiato in corpo. Lui continuò a baciarla e assaporarla come se nulla fosse, proprio come lei aveva fatto solo pochi minuti prima. E solo dopo quello che a lei sembrava un tempo infinito lui rispose con un mugolio. “Mh?”

Lei avvertì il tocco delle sue mani farsi sempre più bollente sulla pancia, mentre avanzava inesorabilmente, sempre più su. 

“A-Adrien.”

 Ripetè il suo nome, senza sapere perché. Le sue labbra avevano bisogno di esternare le sue sensazioni, perché erano l’unica cosa che riuscisse a muovere. Le mani erano bloccate, così come il resto del corpo. 

Sentiva il petto sempre più bollente e ansioso del suo tocco, nonostante lui la stesse torturando.  Le stava facendo credere di star avvicinandosi al punto in cui lei sin dall’inizio aveva voluto condurlo, ma senza arrivarci mai. Proprio quando sembrava che soltanto un centimetro li separasse, lui ricominciava daccapo, avvolgendola per la schiena e ritornando alla pancia. 

Senza fermare l’impeto delle sue mani, Adrien smise per qualche secondo di torturarle il collo. Con lo sguardo si diresse ai suoi occhi, imploranti e colmi di eccitazione. Ritornò dritto al suo orecchio sinistro. Prese il lobo morbido tra le labbra e lo succhiò un poco, delicatamente. Poi, inavvertitamente, le sussurrò, proprio mentre le sue mani erano quasi arrivate, frenetiche sotto le sue costole: “Qualcosa non va, Buginette?”

Marinette inarcò la schiena quando le sue dita accarezzarono il centimetro di pelle sottostante al profilo del seno destro. 

“A-Adrien, ti prego.”

Il suo tono era una supplica. A gongolare, questa volta, fu Adrien. 

“Come? Mi pare di non aver sentito bene” le sussurrò contro. 

Ora anche la mano sinistra era vicinissima. Marinette gemette. 

“T-ti stai divertendo a vendicarti, p-per caso?”

Lui sorrise malizioso. “Di cosa stai parlando, Milady?”

Marinette roteò gli occhi. Poi ansimò di nuovo quando sentì le mani di Adrien disegnarle piccoli cerchi sulla pelle infuocata. 

Chaton, p-per favore.”

Lui non nascose un ghigno malizioso. “Per favore cosa, Marinette?”

Lei cercò di riprendere fiato, e gemette di disappunto quando sentì che le sue mani non la stavano toccando più. Erano scovolate via da sotto la felpa. Questo era peggio che essere torturata a quel modo, decisamente. Marinette spalancò gli occhi senza sapere cosa dire. 

Adrien le accarezzò il profilo della mascella con le labbra, mentre mormorava: “Cosa vuoi che faccia, Buginette?”

Lei lo guardò malissimo, il petto che si muoveva furente alla ricerca d’ossigeno. Senza fiato per parlare, afferrò una delle mani di Adrien, entrambe ancora ferme sull’orlo della maglietta, e se la portò al seno. Adrien sussultò avvertendo quella strana morbidezza sotto il tessuto pesante della felpa. Anche Marinette ansimò. 

Adrien deglutì, cercando di non rovinare tutto proprio il quel momento. Si avvicinò di nuovo all’orecchio sinistro di Marinette e le sussurrò: “Vuoi che ti tocchi?” 

Quelle parole costarono una fatica immensa ad Adrien, ma Marinette non ci fece caso. Spalancò gli occhi, poi annuì energicamente. 

Lui sorrise contro il suo collo: “Sì o no, Buginette?”

Lei inspirò profondamente, sempre più a corto di aria. Poi esplose esclamando: “Oh, sì. Ti prego, .”

Adrien emise un sospiro di soddisfazione, prima di lasciarle un ultimo, leggerissimo, bacio sul collo, e un altro sulle labbra, ormai completamente secche. Con le mani si diresse di nuovo all’orlo della felpa, e piano, pianissimo, iniziò a sollevarla. 

Prima, però, tornò un attimo serio. Cercò lo sguardo di Marinette, limpido, azzurro e pieno di desiderio. Le baciò amorevolmente le labbra, poi le chiese, senza alcun tipo di malizia o intento alla provocazione: “Marinette, sei sicura?”

Lei ricambiò il suo sguardo, e gli sorrise, questa volta genuinamente. Era un sorriso dolce, caldo, che sapeva di casa. Prese Adrien per le spalle e si issò un poco, per riempire alla perfezione l’incavo del suo collo. “Sono sicura, Adrien. Con te lo sono sempre. So che non mi faresti mai nulla di male.”

Lui espirò pieno di sollievo. Era contento di sapere che Marinette aveva un’incondizionata fiducia in lui. Le schioccò un altro bacio sull’incavo dell’orecchio, poi la fece di nuovo distendere sulla schiena e cominciò a baciarla sulle labbra, piano, con amore. Senza urgenza. Avevano tutto il tempo del mondo, o almeno così a loro sembrava, e, dal punto di vista di Adrien, un grande passo stava per essere compiuto all’interno della loro relazione. Certo, lui aveva molto spesso palpato il petto di Marinette, ma mai aveva approfondito questo contatto. D’altronde, avevano voluto che ogni cosa, tra di loro, venisse a suo tempo. Erano ancora giovani, e ci sarebbero stati anni e anni per scoprirsi a vicenda. Ora era arrivato il momento di aggiungere un nuovo tassello al puzzle del loro rapporto, e le mani di Adrien tremavano all’idea, molto più di quelle di Marinette. 

Dopo aver tranquillizzato entrambi con dolci baci, con le mani ritornò al fatale orlo della felpa. Prese a sollevarla piano, gli occhi fissi su quelli di Marinette. Non voleva che lei ci ripensasse all’ultimo minuto e lui fosse troppo… preso per accorgersene. 

Ma lei sorrise scuotendo leggermente la testa al suo sguardo, come a dirgli che era perfettamente sicura. Tranquilla, persino. 

Adrien inspirò a fondo, costringendosi a distogliere lo sguardo dagli occhi di Marinette. La felpa - che ancora non era risalita abbastanza - emetteva un debole fruscio a contatto con la pelle di lei, mentre Adrien si abbassò con la testa all’altezza della sua pancia. Prima respirò un poco per vedere la reazione di Marinette a contatto col rimbalzo del suo respiro. La vide tremare sotto di lui, e allora strusciò un poco le labbra sulla sua pelle profumata, e prese a baciarla come fosse una sottile e preziosa lamina d’oro o la più rara delle piume. 

Lei gemeva e ansimava, e lui era sempre più invogliato a baciare e leccare quel nettare prezioso. Le mani, che nel frattempo si erano fermate, la presa ancora salda sulla stoffa della felpa, ripresero la loro risalita. Allora Adrien lasciò momentaneamente il suo territorio lì in basso e tornò a baciare Marinette sulle labbra, con un ritmo dolce e sensuale al contempo. Poi - finalmente - le dita di lui avevano raccolto abbastanza stoffa per sfilare la felpa. Continuando a guardarla dritta negli occhi - e interrompendo quel contatto soltanto per lasciar passare la testa di lei sotto il cotone - Adrien si liberò finalmente di quell’ammasso ingombrante di tessuto, o almeno così lo definì Marinette nella sua testa. 

Allora lui fu libero di portare le mani all’altezza dei suoi seni, e con una dolcezza senza pari prese ad accarezzarli, trattandoli come la cosa più delicata al mondo, che si sarebbe potuta rompere con il minimo gesto più deciso del normale. Marinette gemette e lui anche. Non aveva ancora osato abbassare lo sguardo, altrimenti credeva sarebbe impazzito dalla meraviglia e dall’eccitazione. 

Scoprì piano tutti gli scorci di pelle del petto di lei, lasciando al tatto questo sensazionale compito.

Nel mentre, aveva continuato a baciare Marinette sulle labbra, piano, per godersi appieno tutte le incredibili scoperte che, nel frattempo, le sue mani stavano compiendo. 

Dopo un periodo di tempo indefinibile, Marinette poggiò una mano sulla sua guancia, con urgenza, come se il semplice tocco delle sue mani non bastasse e la sua pelle avesse bisogno di più. 

Adrien rimase interdetto per pochi secondi, separandosi dalle sue labbra. Poi lesse nuovamente li sguardo sicuro di Marinette e, con un ultimo bacio sul naso, uno sul collo e un altro sull’orecchio - meglio esser sicuri di non trascurare nessuno - si abbassò su di lei. 

Rimase senza fiato quando la guardò per la prima volta, incapace di concepire come tanta bellezza fosse concentrata in un solo essere etereo. Sentì le mani tremare con più decisione, mentre il fiato gli si mozzò nel petto e le sue labbra tremule pronunciarono due singole, dolcissime parole: “Sei bellissima.”

Marinette gli accarezzò i capelli, mentre sentiva dolci lacrime depositarsi sull’orlo delle sue ciglia. 

Non riuscì a trovare le forze per dire qualcosa, qualsiasi cosa. Anche una sciocchezza, così, per stemperare il nervosismo. 

Adrien abbassò piano il suo sguardo incantato su di lei. La dolce curva dei suoi seni, la loro punta rosea e turgida, il loro leggero tremolio, dovuto ai pesanti respiri di Marinette. 

“Adrien, smettila di guardarmi così. M-mi imbarazzi.”

Lui non distolse lo sguardo dal suo petto. Anzi, con le dita aveva appena iniziato a compiere delicati cerchi su quella pelle morbida e bianca, e stava studiando con gli occhi un modo per potersi avvicinare senza farle del male. Decise di provare a vedere come reagiva nei diversi modi in cui cercava di darle piacere, e notò con soddisfazione che ognuno era accolto a suon di sospiri e gemiti. Avvicinò le labbra all’aureola rosata del suo seno destro, e piano, pianissimo, la prese tra le labbra. E prima la baciò con leggeri schiocchi, poi, incoraggiato dal suo nome pronunciato a gemiti dalle labbra di lei, provò con la lingua, e prima delicatamente, poi in modo sempre più passionale, prese possesso di lei, e Marinette non potè far altro che notare con infinito piacere come lui avesse imparato così presto i punti più sensibili, quelli dove preferiva le mani o la bocca. 

Nessuno dei due si accorse che il sole aveva lasciato la sua ultima scia arancione nella stanza, o che la luna avesse iniziato la sua ascesa, pronta per illuminare la notte intera. 

 

3. 

 

Più tardi, quella sera, Marinette aveva il volto nascosto contro il petto di Adrien, in pace come mai prima. Le mani di lui - oh, quelle mani - la reggevano dietro la schiena ancora nuda. 

Nessuno dei due aveva voglia di muoversi da quella posizione. C’era un tale silenzio. 

I loro kwami si erano probabilmente dileguati al primo segnale di pericolo, lasciando Adrien e Marinette soli alle loro passioni. 

Marinette sospirò contro la maglietta di Adrien. “Vorrei non dovermene andare.”

Lui alzò lievemente la testa verso di lei. “Resta.”

La voce con cui lo disse fece fare una capovolta al cuore di Marinette. Scosse piano la testa. “Non posso.”
“Ma vorresti.”

Marinette avvertì la mano di Adrien tracciale piccoli, delicati cerchi sulla schiena. Sospirò di nuovo. “Sì, vorrei.”

“E allora resta” le ripeté lui. 

Lei alzò la testa, fino ad incrociare il suo sguardo. Poi gli soffiò un dolce bacio sulle labbra. “Mi dispiace, Adrien. Non posso rimanere qui. Cosa direi ai miei genitori?”

Lui inspirò piano. Accidenti, si era dimenticato dei genitori. Se suo padre avesse scoperto Marinette lì, nuda tra le sue braccia, sarebbe andato su tutte le furie. 

Scacciò via il pensiero dalla mente con un bacio. Lo fece appositamente durare qualche secondo in più del dovuto. Marinette si ritrasse. “Non funzionerà, Chaton”. 

“Cosa?” Adrien aggrottò le sopracciglia dorate. 

“Convincermi a suon di baci. Non funzionerà.”
Lui sospirò. “Almeno ci ho provato” disse, sorridendo malizioso. Marinette si scostò leggermente da lui, puntellandosi sul gomito. Si sporse per riprendere la felpa ormai abbandonata sul letto. Se la infilò velocemente e si alzò prima che lui potesse fermarla, lasciando un vuoto inesprimibile tra le sue braccia.
“Dove vai?”, le chiese, con un tono di disappunto. 

Lei non rispose, scivolando in punta di piedi verso la porta del bagno. Prima che lui potesse decidersi a vedere cosa fosse successo, lei ne uscì. 

Senza più i suoi vestiti. 

Non senza più vestiti, certo. Semplicemente, si era rimessi quelli con cui era venuta. Una maglietta rosa e un paio di jeans. 

Lui la guardò senza capire. “Ma cos..?”

Lei si avvicinò al letto prima che lui potesse continuare. Vi si sedette e si appoggiò sui palmi delle mani, schioccandogli un leggero bacio sul naso. 

“Ma perché ti sei rimessa i tuoi vestiti? Non erano sporchi?”

Lei sorrise, divertita. Gli scostò una ciocca di capelli biondi dal volto. “Certo che no, sciocchino. Quella della doccia era solo una scusa.”
“E anche quella dei vestiti?”

“Certo che sì.”

Adrien la guardo per un attimo, ancora incredulo. Poi, prima che lei potesse fermarlo, la prese per i fianchi e la fece stendere sotto di sé, iniziando a solleticarla senza alcuna pietà. Lei scoppiò subito a ridere sotto il tocco delle sue dita frenetiche, pregandolo di fermarsi. 

“Piccola bugiarda” esclamò malizioso Adrien, cercando di sovrastare la risata incontrollabile di lei “come hai osato prenderti gioco di me?”

Lei cercò di divincolarsi in tutti i modi dalla sua presa, puntando i palmi delle mani sul suo petto per allontanarlo. “Ahahaha, A-Adrien… per favoreee.”  

Lui scuoteva la testa maligno, e continuava a farle il solletico cercando di prenderla in tutti i suoi punti più sensibili. 

“Smetterò solo ad una condizione.”

Lei subito lo guardò, implorante. 

Si avvicinò di più al suo orecchio, entrambi rabbrividirono. “Promettimi che domani tornerai” mormorò, e ogni singolo muscolo del corpo di Marinette si tese al suo sussurro “e che ti lascerai toccare e baciare proprio come oggi.”

Lei lo guardò, le pupille dilatate. Si fece più vicina al suo volto, e, a un centimetro dalle sue labbra, bisbigliò: “Affare fatto, Chaton.”

 

 

 

Convenevoli finali:

Ahhhhh, buon San Valentino lettori. (È ancora sabato sera, ma dettagli.) <333

Siamo arrivati al decimo capitolo di questa raccolta, non mi sembra vero!! Anche se spesso sono stata incostante, sono contenta perché tutto quello che ho scritto mi ha sempre pienamente soddisfatta, e anche perché siete in tanti - o almeno questo è quello che spero - ad apprezzare le mie storie. 

Mi dispiace tanto se vi ho fatto aspettare più di un mese per un nuovo aggiornamento, ma purtroppo sono stata impegnata fin sopra i capelli, e non avevo neanche tanta ispirazione, ad essere sincera. Diciamo che più che scrivere ho letto tante, tantissime fanfiction super fluffy sui nostri due polli preferiti. (Se avete un po' di dimestichezza con l’inglese, vi consiglio di dare un’occhiata anche su altri siti internazionali, in cui sicuramente c’è una più ampia scelta di storie. Questo, ovviamente, non esclude che non dobbiate continuare a seguirmi, ahahaha!!)

Comunque, spero di essere stata perdonata con questa storia, che credo si sia aggiudicata - al momento - il premio della più lunga tra tutte quelle appartenenti a questa raccolta (circa seimila parole *_*). 

Inizialmente non doveva essere così lunga, ma poi mi sono lasciata trasportare e… non so, l’ho finita e non me ne sono neanche accorta xD

Spero tantissimo che, nonostante sia un po' più piccante dei capitoli precedenti - direi che quasi quasi supera anche la scena dell’ascensore ahah - sia comunque riuscita a farvi immaginare bene i personaggi, e a non snaturarli troppo. Odio davvero l’OC, però quando si va ben oltre il target cui la storia originale è dedicata si rischia di andarci un po' incontro. 

Quindi, fatevi sotto nei commenti, e fatemi sapere cosa ne pensate!! Vi aspetto con ansia <33

 

A presto, 

Talitha_

   
 
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