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Autore: Yunomi    14/02/2021    2 recensioni
"I pianti, le isterie, i lanci di innocenti gerani oltre i balconcini, gli sguardi accesi dalla passione e dal fuoco che non si placava mai, né con il sesso né con le conversazioni alle tre di notte, aggrovigliati come senatori romani tra le lenzuola bianche, le sigarette, i vizi dannosi, le corse in Corvette. L’amore. Quell’amore deleterio, malsano, quell’amore che mi aveva consumata come un fiammifero e che mi aveva ridotta ad un pugnetto di ossa stanche, il cui unico sostentamento era costituito da niente di più che libri e sigarette. No. Non più"
Sequel assolutamente non richiesto di Big God. La lettura è fortemente consigliata per capirci qualcosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Buchi neri supermassicci
(But what will we do when we’re sober?)
 
 
 
 
Oh, God, I'm clean out of air in my lungs
It's all gone, played it so nonchalant
It's time we danced with the truth
Move along with the truth
 

The night before
 
Lucifer faceva vorticare la giacca sopra la testa, la camicia sbottonata fino all’ombelico che lasciava intravedere uno degli enormi ciondoli col crocifisso con cui la Papessa lo aveva ufficialmente decretato re della disco. Molly e Chloe si erano stupite che il contatto con quell’oggetto non gli avesse come minimo marchiato la carne, ma evidentemente avevano ancora da imparare sulla sul modo in cui la natura di Lucifer interagiva con la loro.
Il volume dello stereo era al massimo; i Bee Gees sputati dalle casse facevano vibrare pericolosamente vasi e brutti soprammobili sulle mensole, come un micro-terremoto proveniente direttamente dagli anni Ottanta.
“E’ un peccato che le discoteche di questo secolo abbiano abbandonato certi capolavori.”, diceva lui, sudato, muovendo il bacino in una maniera che avrebbe fatto impallidire John Travolta.
La Papessa teneva il ritmo con le dita che reggevano la sigaretta, troppo composta di natura per lasciarsi andare a certi comportamenti.
“Suvvia, Eminenza, mi faccia vedere come si faceva negli anni Ottanta!”, urlò Lucifer, cercando di tirarla al centro del salotto.
La donna lo squadrò con piccato disappunto. “Scusa, quanti anni pensi che abbia?”
“Io-”
“Sei un maleducato. Chloe, il tuo futuro sposo è un maleducato.”
Ma Chloe non la stava ascoltando; si era avvicinata a Lucifer, ondeggiando goffamente e cercando di star dietro a lui, che sgambettava da una parte all’altra del soggiorno come una cavalletta impazzita.
La Papessa passò il dorso della mano sulla guancia di Molly, affettuosamente. “Come stai, tesoro?”
“Sto.”
“Sconfortante come monosillabo.”
“Ti prego di dirmelo, quando trovi un monosillabo che non lo sia.”
La Papessa ci pensò su un po’.
Lucifer faceva girare Chloe come una trottola; ridevano entrambi, barcollanti, ubriachi, ma mai stati più uniti.
“Ma la riusciranno mai a capire?”, chiese Molly, osservandoli con una crepa nel petto che aveva incominciato a dilatarsi. Due parti di sé che iniziavano a tremare come la faglia di Sant’Andrea. “La riusciranno mai a capire che hanno tutti i pezzi e il manuale di istruzioni davanti, e che non devono fare altro che mettersi seduti a capire come incastrare tutto insieme?” Sbuffò. “E invece vanno in giro a cercare di avvitare le viti con il martello.”
“Secondo me sì.”, ribatté la Papessa sorridendo. Strinse le dita di Molly tra le sue. “Certe cose alla fine, se supportate dalle giuste motivazioni, si risolvono sempre.”
“Sei troppo romantica.”, le disse Molly, distogliendo lo sguardo dalla coppia che ballava al centro del salotto, e portandolo sulle mani della Papessa.
“Tu non abbastanza. E avresti una pletora di buone ragioni per credere nel lieto fine.”
“Il lieto fine…”
“Già.”
“Con questi qui non c’è niente di lieto; e nemmeno di finito. Si andrà avanti, imperituri, con gli stessi dubbi, le stesse frustrazioni fino a quando non si tireranno le cuoia. Ne sono certa.”
“Bello, no? Almeno ti tieni occupata.”
Molly le schioccò uno sguardo fintamente innervosito: la Papessa la accarezzava con gli occhi.
Molly le era grata per non aver tirato in ballo alcuna argomentazione riguardante Thomas, o sua figlia. Soprattutto, che non la giudicasse per quel rantolo che sentiva in fondo al cuore, un parente lontano di quell’amore urlante che l’aveva quasi mandata all’altro mondo. L’ultima cosa di cui aveva bisogno, in quel momento, era di ricevere una ramanzina sulla fedeltà, sulla cosa giusta, sull’amore. La Papessa sapeva quanto le stesse costando aiutare Lucifer e Chloe a stare insieme: conosceva il dolore peculiare che trafigge il cuore quando ci si deve sforzare a sostenere lo sguardo di un uomo innamorato di un’altra. E Thomas tardava a tornare a casa.

La Papessa non ci pensava neanche per un secondo, di giudicare Molly.
“Alla fine questa sbronza all’inglese non è proprio riuscita come pensavo.”, disse, esalando un lungo sospiro, indicando Lucifer e Chloe con una sigaretta spenta.
La ragazza la ignorò.
“Tanto per cominciare, la colonna sonora non era contemplata nel programma. Come si fa a parlare con questo frastuono?”
“Non si parla. Si balla.”, le rispose Molly, senza tuttavia muoversi dal tappeto.
 
 
 
We're sleepin' through all the days
I'm actin' like I don't see
every ribbon you used to tie yourself to me


 
Molly sorrideva al lampadario, ubriaca ed esausta.
Si permise qualche secondo di verità, sentendosi ben protetta dal doppio strato di filo spinato che circondava le sue tempie, una sorta di corona di spine: le era mancato vederlo così. Le era mancato in generale, dovette ammetterlo. Almeno finché Thomas non era presente.
Lui si muoveva come se quel soggiorno – diamine, come se tutta Londra – fosse di sua proprietà: tutto il mondo si trasformava nel suo nightclub personale, quando era di buon umore. E ora Lucifer era nel centro del suo salotto, nel luogo che avrebbe dovuto essere il suo nido, il porto sicuro che avrebbe dovuto salvaguardarla da quella presenza che l’aveva corrosa e corrotta; Lucifer era lì, beveva birra scadente e le ammiccava, perso nella nebbia dolce dell’alcool e della musica, come sempre ignaro dell’impatto che il suo modo di fare aveva sugli altri. Era un modo di vivere 'a scapito': sì, esatto, senza complemento. Non lo faceva con cattiveria, perché non era un uomo cattivo. Era solo molto ignaro; e nella sua buona ignoranza rendeva il mondo la sua pista da ballo, senza nemmeno porsi il problema che potesse renderlo agli altri un campo minato.
Era bello, Lucifer.
Molly scosse lievemente la testa, come a voler dare una risposta negativa a una domanda che qualcuno nel suo cervello le aveva posto, senza neanche capire che domanda fosse. Doveva essere no, a prescindere.
Chloe prese Lucifer per il colletto della camicia e lo baciò; Molly sorrise, senza distogliere lo sguardo dalla scena, aspettandosi che lo sguardo della donna la cercasse. Cosa che, secondo le sue previsioni, avvenne. L’occhio premuroso della Papessa corse a vagliare la reazione di Molly: la ragazza le sorrise, mesta, e mosse l’indice in circolo, a voler dire dopo ne parliamo.
Alla fine della terza esibizione a ritmo di You should be dancin’, Chloe e Lucifer crollarono a sedere sul divano, esausti e madidi di sudore.
I crisantemi erano finiti a terra, urtati dalle natiche di Chloe che aveva preso un po’ troppo alla lettera  il testo della canzone; Molly tremò per il rumore improvviso, ma poi decise che la bottiglia di Heineken che le era comparsa davanti, attaccata alla mano di Lucifer, aveva più importanza.
“Che qualcuno pulisca.”, disse, vaga, portandosi la bottiglia alle labbra. Ovviamente nessuno la ascoltò. Si spanse nell’aria un odore di fiori e di acqua, un sentore di pulito che rinfrescò per qualche istante le menti di tutti. Uno spirito gentile che allentò la tensione frenetica della danza, dell’alcool, dell’elucubrazione. Il fantasma dell’amore presente che scacciava quello dell’amore passato.

Lucifer accese tre sigarette, distribuendole poi tra sé, Molly e la Papessa.
Le donne le accolsero tra le dita affusolate con un solenne amen, perché la blasfemia non aveva limiti, quella sera.
“Disco Inferno, baby.”, disse Lucifer, tamponandosi la fronte con il dorso della mano. “E credetemi, io ne so qualcosa.”
“Ah, certamente.”, esclamò la Papessa, appoggiandosi all’indietro sullo schienale della poltrona. “Perché tu sei il Diavolo. Giusto.”
“Beh, sì.”
“Mh-mh.”
“Per davvero, Papessa.”
“No, ma senza dubbio. Mi pare logico. Lineare. Cristallino.”
Lucifer la guardò con uno sguardo vuoto. La sigaretta si consumava tra le dita, momentaneamente ignorata. “Papessa.”
“Dimmi, tesoro.”
“Sono davvero il Diavolo. L’Avversario. Satana.”
“Belfagor. Mefistofele.”, continuò lei, con uno spesso strato di provocazione sui denti. “Il cattivone.”
Lucifer si rese conto che in seguito all’appellativo dolce con cui la donna l’aveva chiamato, le sue parole si erano sgonfiate non appena erano uscite dalle sue labbra: la Papessa lo guardava come se fosse un morbido coniglietto di peluche.
Lucifer sbuffò. “Non vuoi credermi?”
“No, lungi da me volerti distogliere dalla tua illusione, caro. D’altronde, chi sono io per giudicare? Mi chiamerebbero Papessa anche i miei genitori, se fossero vivi.”
Si alzò dalla poltrona e sistemò il bocciolo che pendeva a testa in giù da un mazzo di tulipani fucsia. Piegò lievemente la testa, osservandolo con occhio critico.
“Mi riesce difficile crederti, anche perché dovremmo essere nemici. E io ti trovo abbastanza gradevole. E’ una questione ontologica abbastanza spinosa.”, continuò la Papessa, come a voler reggere un gioco che sembrava prospettarsi molto divertente.
“No, Papessa, vedi… Lui è davvero il Diavolo.”, disse Chloe, improvvisamente investita nel ruolo di avvocato del, appunto, Diavolo.
La Papessa la squadrò dall’alto in basso. “Basta alcool per stasera.”
“Già che hai tirato in ballo la questione,”, disse Lucifer, cambiando discorso, “perché ti chiamano Papessa?”
“Non te lo dico solo perché non sono certa al centodieci per cento che domani non te ne ricorderai. E ho una reputazione da mantenere.”
“Si chiama Papessa come la carta dei Tarocchi.”, esclamò Molly, che fino a quel momento era stata in silenzio, con una mano immersa nei folti capelli biondi di Chloe. La donna aveva socchiuso gli occhi, abbassando di poco le difese appena quelle dita gentili avevano iniziato ad accarezzarle lo scalpo, come se volessero dipanare le preoccupazioni che vi soggiacevano. Era buffo, pensava, come una ragazza che per lei costituiva una minaccia inoppugnabile riuscisse al contempo a trasmetterle una tale tranquillità: con quel sorriso da brava bambina, i capelli che profumavano di mughetto e quegli spessi maglioni che sicuramente erano di Thomas, tutto di lei sembrava suggerire che non c’era nulla da temere.
Ma quegli occhi.
Occhi che dilaniavano la trama elegante di quel volto come un fulmine a ciel sereno: occhi fiammeggianti, inquieti e profondi come la bocca dell’Inferno. Occhi troppo simili a quelli di un certo essere che aveva particolare dimestichezza sia con le bocche che con l’Inferno. L’abisso che si specchia in sé stesso.
Lucifer emise un verso d’assenso in direzione di Molly. “E che dice, la Papessa dei Tarocchi?”
“Di base, molte stronzate.”
“Mary Magdalene.”, la redarguì la Papessa, che poche cose mal sopportava, e tra queste c’erano i turpiloqui ingiustificati.
“Eminenza?”
“Linguaggio.”
“Chiedo davvero venia.”
Chloe si riscosse all’improvviso. “Non gioco a nascondino da almeno venticinque anni. Giochiamo a nascondino?”
“A nascondino?”
“A nascondino.”
Tutti i presenti alzarono i nasi per aria, come aspettando che una ragione per non giocare a nascondino piovesse dal soffitto. Ma non si prevedeva alcuna precipitazione di giustificazioni, quella sera.
Molly scrollò le spalle. “Ma diamine. Perché no?”
“Io ho una certa età”, disse la Papessa, spegnendo una sigaretta nel posacenere. “Vi guardo.”
“Ma per favore. Che ci vuole.”, la zittì Molly, prendendola per un polso e tirandola su dalla poltrona con la forza.
La Papessa la guardò accigliata. “Finisce che mi rompo un femore.”
“Non hai mica ottantaquattro anni.”
“Spiritualmente sono centenaria.”
“Visto? Dici solo puttanate.”
“Ma cosa diavolo sta succedendo?”, chiese una voce dall’ingresso.
Molly puntò un dito su Lucifer. “Questo Diavolo.”
Lucifer puntò gli occhi al soffitto: “Questa battuta inizia a non far più ridere.”
Tutti si voltarono verso la silhouette di Thomas, comparsa come in un sogno nell’anticamera tra il salotto e l’ingresso.
Thomas lasciò cadere la valigetta a terra (forse pure un po’ di pazienza) e anche le chiavi, che si accasciarono nello svuotatasche sul mobile dell’ingresso con un tintinnio cristallino. Si passò una mano sul voltò, scostando gli occhiali e premendo un po’ troppo sugli occhi.
Americani, gli venne da pensare.
“Caro.”, cinguettò la Papessa, avanzando con riverenza verso di lui. “Hai un aspetto orribile. Ti faccio un whiskey?”
“Veramente quello della moglie premurosa dovrebbe essere il mio ruolo.”, ribatté Molly, alzando un indice nell’aria.
Thomas le si avvicinò con un sorriso stanco, e le sollevò il mento con un dito.
Un gesto così innocuo, ma gonfio di una tale carica erotica che Molly non riuscì ad esimersi dall’incatenare gli occhi scuri in quelli di lui, sorridendo lasciva. Thomas le regalò uno sguardo che a tutti non parve tanto diverso da quello che aveva di solito, ma che la ragazza lesse chiaramente come uno dei suoi ‘Ti scoperei fino a farti piangere.’ La tentazione di dare precocemente la buonanotte ai suoi ospiti si fece bruciante come una febbre. Si morse un labbro.
“Hai fretta di diventare la signora Melrose?”, le chiese Thomas, depositandole sulla bocca un bacio piccolo, casto e a labbra chiuse, così dissonante con lo sguardo incandescente che portò la pelle della ragazza a costellarsi di brividi.
“Perché, tu mi sposeresti?”, chiese Molly, sarcastica e provocatoria.
“E chi lo fa, se no?”
Molly gli scoccò uno sguardo in tralice. “Se questa è una proposta di matrimonio, io…”
Thomas la guardò, irriverente ma sempre nei limiti di un pacato garbo. Le sorrise, machiavellico.
“Questa è una proposta di nascondino.”, urlò Chloe. “Giochiamo a nascondino!”
Thomas scosse lievemente la testa; un ricciolo biondo scivolò tra gli occhi. “E giochiamo a nascondino.”
“Ti prendo una birra.”, disse la ragazza, saltellando intorno a lui come una ninfetta e facendosi seguire in cucina.
Thomas si passò una mano sulla bocca, cacciando un certo appetito nell’antro più profondo della sua mente mentre Molly si piegava a prendere una birra dal ripiano più basso del frigorifero.
“Fai due. O anche cinque.”
 
 
But my hips have missed your hips
So let's get to know the kicks
Will you sway with me?

Go astray with me?
 
 
“Non è certo stata una grande idea chiudere due individui che rasentano il metro e novanta in uno sgabuzzino per le scope.”, fece presente Lucifer, trovandosi ingobbito e vagamente molestato nell’intimo da un battitappeto appeso al muro su cui era appoggiato.
Era buio; avevano convenuto che la luce accesa avrebbe subito fatto scoprire alla Papessa il loro nascondiglio.
Thomas assentì, distratto: faceva fatica a ragionare perché aveva il naso sepolto nei capelli biondi di Molly, e il suo corpo combaciava perfettamente con il retro di quello di lei.
Si schiarì la voce. “E’ una questione di numero. Siamo in troppi, qui dentro.”
“Sei tu che ci hai seguiti.”, rispose la linguaccia biforcuta di Lucifer, che aveva trovato un nuovo modo per torturare quell’uomo che gli desse un particolare, depravato piacere.
“Perché secondo te ti avrei permesso di stare in uno sgabuzzino, al buio, con la mia ragazza ubriaca?”
“Se pensi di potermi ‘permettere’ qualsiasi cosa, hai capito mal-
“Shhhhhht!”, li zittì Molly, prima che Lucifer potesse ribattere all’insinuazione, testosteronico. “Volete perdere già al primo giro?”
Si mosse malferma sui piedi, aggrappandosi ad una mensola. Era instabile, ubriaca, e lievemente eccitata dalla mano di Thomas che sostava sul suo fianco: anche se uno spesso strato di jeans impediva il contatto diretto con la sua pelle, il solo sentirlo così addosso, così possessivo, la fece volare oltre il secondo anello di Saturno.
“Scusa.”, sussurrarono in sincrono i due uomini, cercando, per quanto possibile, di ridurre ulteriormente i contatti tra loro.
“Io ho quarantadue anni.”, sussurrò Thomas. “Ho tre lauree, due dottorati di ricerca…”
“E vantati.”, ribatté Lucifer.
“…e sono chiuso in uno sgabuzzino, il mio sgabuzzino, alle dieci e cinquantotto di un mercoledì sera, con la fidanzata ubriaca e una specie di barzelletta biblica che sta decisamente invadendo il mio spazio vitale.”
Lucifer cercò di farsi ancora più da parte contro il muro opposto, cogliendo la velata minaccia: tuttavia, non è che ci fosse uno spazio tale da permettere di tracciare confini. Si chiedeva un po’ troppo, da un umile sgabuzzino delle scope.
“E ti piace da morire.”, gli disse Molly, un po’ provocatoria, spingendo i fianchi un po’ più indietro. Thomas lasciò andare una risatina soffocata, mordendosi un labbro. Gli vennero in mente un paio di modi interessanti per vendicarsi, poi si ricordò della terza presenza nello sgabuzzino, e fu costretto ad archiviare quei programmi per un momento di maggiore intimità.
I passi di qualcuno fuori dalla porta chiusa li fecero tendere come corde di violino: riscoprirono una paura fredda, bianca, una paura di bambini che non vogliono essere scoperti; Thomas dovette tappare la bocca a Molly, la quale, infrangendo il divieto poc’anzi imposto, era stata colta da un accesso di ridarella incontrollabile.
La sensazione delle labbra della ragazza contro le proprie dita lo obbligarono a stringere forte l’altra mano intorno ad un canovaccio lì appeso.
“E’ andato bene il volo?”, chiese Thomas, più per cortesia che per vero interesse.
“Sì. E il lavoro tutto normale?”, ribattè Lucifer con lo stesso tono.
“Sì.”
“Oh mio Dio.”, fece Molly, liberandosi della mano di Thomas.
“Che c’è?”
“Siete la cosa più passivo-aggressiva che io abbia mai visto.”
I due tacquero.
“Davvero. Domani, quando sarò più lucida, ricordatemi che devo tirarvi gli orecchi. Siete incapaci di fingere di andare d’accordo. Anzi, siete incapaci, punto.”
“Bambina…”, iniziarono entrambi, quasi contemporaneamente. Si bloccarono e cercarono i relativi sguardi nel buio, come se pronunciare quel nomignolo avesse per entrambi costituito la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Il guanto della sfida era stato lanciato.
“E basta con ‘sto cazzo di bambina!”, sbottò Molly, agitando un po’ troppo le mani.
Colpì una mensola su cui era appoggiata una fila di flaconi di detergenti, facendoli piovere su di loro.
 
 
B-bodies all through my house
I know this story by heart
Jack and Jill get f*cked up

and possessive when it gets dark
 



Chloe bussò alla porta del ripostiglio.
In realtà, più che bussare ci sfracellò il pugno contro – l’alcool le aveva leggermente sballato la percezione della profondità.
Aprì la porta su uno scenario che, se fosse stata sobria, le avrebbe fatto sorgere seri dubbi: Lucifer tendeva le braccia in alto, verso una mensola pericolante, reggendo due enormi flaconi da un litro di Clorox per evitare che cadessero; il suo bacino, completamente premuto contro il fondoschiena di Thomas, che invece era piegato in avanti su Molly, la quale aveva perso completamente quel briciolo di stabilità che le rimaneva, e se ne stava ferma in una posa da Bambi sul ghiaccio, cercando di smettere di ridere.
“Ah.”, disse solamente Chloe. Ottanta millisecondi di confusione che si trasformarono in un imbarazzante mezzo minuto di silenzio.
“Non è come pensi.”, disse Molly ironica, asciugandosi una lacrima. Si mosse leggermente, ed una delle scope che stava appoggiata al muro precipitò, inesorabile come la lama di una ghigliottina, sul coppino di Lucifer.
“Ci aiuti?”, chiese Thomas, combattuto nelle sensazioni tra ciò che scaturiva dal contatto col corpo di Molly e con quello di Lucifer.
“Che devo fare?”
“Cerca di far scivolare Molly di sotto. Ecco. Sì, così-“
Dopo non poche manovre di elevato livello ingegneristico, Molly rotolò fuori dallo sgabuzzino, senza smettere un secondo di ridere.
“Ho improvvisamente cambiato idea sulle cose a tre.”, disse, scherzando solo parzialmente.
Thomas si voltò verso Lucifer; Lucifer gli dedicò un’alzata di sopracciglia che avrebbe fatto imbarazzare anche il più disinibito degli attori dell’industria porno. Thomas distolse lo sguardo.
Molly si morse un labbro, ancora inebriata dal profumo fresco di Thomas unito a quello più torbato di Lucifer: una combinazione che non avrebbe mai immaginato potesse funzionare, e che le punzecchiò un certo appetito. Thomas deglutì a secco, quando si accorse di come la fidanzata li stesse guardando.
“Ti presto il mio se mi presti il tuo.”, sghignazzò Chloe, dandole di gomito.
Molly pensò che erano davvero, davvero ubriache.
Riuscirono a liberare anche Lucifer e Thomas da quell’incastro dal sapore vagamente omoerotico, senza rischiare di benedire lo sgabuzzino delle scope con una pioggia di candeggina. Appoggiarono per terra la mensola ceduta, illudendosi che il giorno dopo l’avrebbero sistemata.
La Papessa, a cui era toccata la prima conta, planò come un corvo davanti allo sgabuzzino, i pugni chiusi sui fianchi. “Vorrei rendervi partecipi del fatto che non è così che si gioca a nascondino.”
“Ah no?”, fece Molly, smettendo per un secondo di ridere.
“Dovete sparpagliarvi in giro e stare nascosti, non incominciare riti orgiastici negli sgabuzzini.”
“La prossima volta ti chiamiamo, promesso.”, continuò Molly.
La Papessa incrociò le braccia sul petto.
La ragazza tentò di trattenere le risate. “Ammettilo. Stai morendo dalla voglia di dire ‘io con voi non ci gioco più’.”
“Non state alle regole.”
“’Fanculo le regole.”
Tutti, in particolare Lucifer, si voltarono stupiti a squadrare Chloe. “Sì. L’ho detto.”
 
 
 
Space dementia is a disease characterized
by mental instability and irrational behavior
brought on after the individual
enters outer space.
 
 
 
Pur di far tacere la Papessa e interrompere la predica che aveva intavolato riguardo la loro peculiare incompetenza e misero rispetto per le regole, decisero di dare una seconda opportunità a nascondino.
Contava di nuovo la Papessa.
Corsero tutti a nascondersi, spargendosi come un mucchio di biglie gettate sul pavimento.
Chloe si acquattò nella cabina armadio della stanza di Molly e Thomas; era immersa nel buio e nel silenzio. La colse quella paura infantile, bianca, di essere osservata da qualcosa, nell’ombra. Si strinse le ginocchia al petto, cercando di occupare meno spazio possibile.
Le girava leggermente la testa. Il sudore le si era asciugato addosso, e sentiva un grande caldo; un caldo umido, da sauna, che le impediva di respirare agevolmente.
Sentì un bisogno doloroso di essere toccata, abbracciata, qualsiasi cosa. Si sentiva una bambina in fuga dai mostri. È pericoloso giocare coi mostri…
Una serie di passi, lenti e ben distesi, le fecero irrigidire i muscoli: uno spasmo di adrenalina a cui era abituata, grazia al suo lavoro; riuscì a controllarsi nonostante l’ubriachezza, temendo che fosse la Papessa.
I passi si fermarono davanti alla porta scorrevole della cabina armadio.
Chloe si tappò la bocca, colpita da una voglia di ridere, nervosa e bambina.
“Chi c’è, lì?”, fece il proprietario di quei piedi.
Riconoscendo il tono profondo e l’accento londinese, rilassò le spalle. “Chi c’è ?”
“Thomas.”
“Entra.”
“Okay.”
Thomas aprì la porta, e piegò la sua lunga persona a sedere di fianco a Chloe.
“Ciao.”, gli fece Chloe.
“Salve.”
Tacquero, leggermente a disagio.
“Ha già trovato Lucifer, la Papessa. Stava cercando Molly in lavanderia, ma io l’ho vista sgattaiolare nella stanza della bambina.”, spiegò Thomas. Si fermò a osservare un punto della cabina armadio, come se stesse guardando quelle parole concretizzarsi, e capisse quanto poco senso avessero.
“Sono troppo vecchio.”, disse, sorridendo mesto. Thomas sorrideva sempre con tristezza.
“Anche io.”, replicò lei.
La spalla di Chloe sfiorava quella di Thomas.
Era un contatto strano. Qualcosa di sbagliato a prescindere. Eppure la presenza di lui era talmente rasserenante, e il suo odore così da bravo ragazzo, così confortante, che Chloe non riuscì a individuare la sconvenienza di quella situazione. Si fece un po’ più vicina a lui.
Si voltò per osservarlo: aveva un profilo ellenico, deciso. Un po’ tagliente, certo, ma tutto sommato i suoi erano lineamenti affabili ed eleganti.
Non troppi spigoli; la giusta quantità che indica la forza del carattere, la determinazione dello spirito.

Senza neanche permettere al cervello di censurare certe proposte, la sua mano si allungò a sfiorargli uno zigomo.
Lui sussultò al contatto.
“Scusa. Volevo vedere una cosa.”, disse Chloe, quasi sorpresa di sentire un calore umano sotto i polpastrelli.
Così diverso, pensò.
Gli occhi di Thomas si tinsero di diffidenza.
“Non scotti.”
“Sono una persona troppo fredda per rischiare di bruciare qualcuno.”, rispose lui.
La pelle di Thomas era ruvida, vissuta. I suoi occhi la guardavano con un certo distacco; erano occhi glaciali, eppure non freddi. Brillavano di una luce energica, cangiante, ma contenuta, come quella di certe stelle che da lontano sembrano masse di fuoco incandescenti e in realtà sono agglomerati di pietre assiderate.
Chloe pensò che forse c'era troppo calore nella sua vita. La California, con le sue estati torride; la canna della pistola sempre troppo bollente quando sparava il primo colpo - aveva le mani callose e piene di cicatrici.
Troppe fiamme. Troppe braci e lapilli.
Troppo fuoco; troppa paura di ustionarsi.
Forse era semplicemente troppo ubriaca.
Le venne il bisogno irremovibile di sapere se anche le labbra di Thomas fossero fredde come i suoi occhi.
Si spinse in avanti e lo baciò.
 
 
 
 
Glaciers melting in the dead of night
And the superstar sucked into the supermassive
 
Glaciers melting in the dead of night
And the superstar sucked into the supermassive
Supermassive black hole
(Muse, Supermassive black hole)
 
 
 
La Papessa aveva esultato come una valchiria quando aveva scoperto il nascondiglio di Lucifer.
Il Diavolo si era leggermente inquietato.
Poi aveva indossato la giacca ed era uscito sul retro, dove il giardino rigoglioso di piante invernali stava quieto, immerso nel silenzio, a farsi i dannati affari suoi.
Si accese una sigaretta, sbuffando fumo nella notte con un sorriso.
Una voce roca lo fece sobbalzare.
S’el fu sì bel com’elli è ora brutto, e contra ’l suo fattore alzò le ciglia, ben dee da lui procedere ogne lutto.”
“Molly. Sei un’idiota.”
“Dante non ci ha preso: Lucifero è proprio un gran figo, altroché.”, disse Molly, uscendo incespicante da un cespuglio di rosmarino.
Lucifer alzò gli occhi al cielo quando la ragazza si avvicinò a lui: si stringeva le braccia, strofinandole di tanto in tanto per tentare di scaldarsi.
“Aspetta, Oliver Twist.”, disse, levandosi la giacca e appoggiandogliela sulle spalle.
La ragazza mimò un grazie con le labbra. Gli sfilò la sigaretta dalla bocca, ne prese un grosso tiro, e la ripose al suo posto. Lucifer si chiese se fosse una provocazione.
“Bambina.”
“Sì, mio angelo?”
“Non chiamarmi così.”
“Tu non chiamarmi più bambina.”
“Sei impossibile.”
“Perché tutti gli uomini me lo dicono?”
“Perché è la verità.”
“Allora è l’unica verità che gli uomini mi abbiano mai detto.”
“Sei parecchio ubriaca, piccoletta.”
Molly alzò gli occhi al cielo, stringendosi nella giacca. C’era un profumo di fuoco e di rosmarino, nell’aria, e nessuna stella in cielo. Sembravano essere state tutte inghiottite da un buco nero supermassiccio: i buchi neri supermassicci sono i più grandi buchi neri conosciuti, e si nutrono di stelle anche della grandezza del Sole. Si dice che ogni galassia ne abbia almeno uno, e Molly, quella notte, si chiese se quello della loro non si chiamasse per caso Lucifer Morningstar. Una contraddizione ontologica persino spiritosa, se si pensa che Lucifero viene etimologicamente da lux fero, cioè portatore di luce. Molly pensò che Dio avesse un grande senso dell’umorismo.
“Lo so che non siete venuti qui perché Chloe lavora troppo e ha bisogno di una vacanza.”, incalzò la ragazza, contorcendo un rametto di rosmarino tra le dita. “A scapito della manica di idiozie che mi hai propinato come giustificazione, un po’ di tempo fa.”
“Che ne sai che non sono io che sto lavorando troppo e ho bisogno di una vacanza?”, ribatté lui, appoggiandosi con i gomiti sulla balaustra di pietra che separava la veranda dal giardino vero e proprio. Anche Molly vi si appoggiò, ma di schiena, voltando il viso verso di lui.
“Non sapevo che versare tequila negli ombelichi di ballerine coperte di glitter potesse risultare così alienante, alla lunga. Mi dispiace.”, rispose, con un tono intenzionalmente piagnucoloso. “Per non parlare del pianoforte… che tortura!”
Lucifer sorrise per un istante del suo solito sorriso; Molly sentì il cuore farle un giro di valzer nel petto.
“Sei una scema.”
“Credevo di essere Molly, fino a pochi istanti fa.”
“Sei Molly e sei scema.”
“Dai, Lucifer, non farti sempre cavare le cose fuori con la forza. Sei un bimbo grande oramai, e io non posso stare qui ancora per molto. La Papessa è un segugio. Sente l’odore della paura.”
“E da quando tu hai paura?”, ribatté lui, alzando un sopracciglio.
“Dai.”
“Che ti devo dare?”
Molly sbuffò, portando lo sguardo verso un cesto di gerbere trascurate. Le venne un’idea. “Se mi dici che cazzo avete che non va, ti dico come si chiama la Papessa.”
Lucifer drizzò le antenne, improvvisamente interessato. Poi la squadrò con sospetto. “Di solito sono io che faccio queste proposte.”
Do ut des, mio angelo.”, replicò maliziosa Molly. Lo colpì affettuosamente con un pugno.
“Chloe è gelosa di te. Lo è da sempre, credo.”
Molly assentì. “E fin qui ci sono.”
“E’ una cosa che dobbiamo discutere noi, però. Tu c’entri parzialmente.” Lucifer tacque per qualche istante. “Mi rendo conto che faccia un po’ ridere, dato che ci siamo catapultati a casa tua così. Forse voglio solo dimostrarle che tra di noi è tutto finito, e che non ha nulla di cui preoccuparsi.”
“Forse per te è finita.”, disse Molly, con un sorriso triste. “Lucifer... Ti ho pensato ogni singolo giorno da che ho lasciato Los Angeles. Ti ho pensato perfino in sala parto, mentre invocavo l’epidurale. Ti penso tutte le mattine, le sere, ogni volta che fumo... quando faccio il bagno...”

Lucifer le scoccò uno sguardo malizioso. Molly sbuffò. “Non in quel senso.”
“E anche quando tu e Thomas… Insomma…?”
“No, in quei momenti no.”
“Come no.”
Molly assaporò sulla lingua la possibilità di una provocazione. Era dolce come una zolletta di zucchero. “E’ più bravo.”
“Ma non farmi ridere.”
“E’ vero.”
Lucifer si puntò un pugno sul fianco, e a Molly venne in mente che assomigliava ad una teiera. “E in cosa è più bravo, sentiamo.”, disse lui, piccato.
Molly ci pensò su, rubandogli di nuovo la sigaretta. “E’ più egoista. Mi fa sentire sua. So che probabilmente da qualche parte ad una femminista verrà un’ischemia cerebrale, ma mi piace che mi prenda per farmi capire che sono di sua proprietà. Che è lui che mi possiede. Che mi fotte per il suo piacere.”
Lucifer si strozzò con la saliva.
Molly rise. “Tu sai fin troppo bene cosa piace alle persone, e infatti poi lo usi contro di loro. Lui invece si fa prender dalla voglia che ha di me e non guarda in faccia a nessuno. E mi dà gli orgasmi migliori che io abbia mai provato.”
“Però. Hai capito Thomas. E io che lo facevo un bravo ragazzo.”
“Oh, ma quelli sono la razza peggiore, angelo mio.”
Una nuvola passeggera scoprì uno scampolo di cielo trapunto di stelle. Molly lo indicò con la sigaretta. “Allora me le hai portate, un po’ di stelle.”
Lucifer la guardò senza capire; la ragazza valutò la possibilità di spiegargli, ma pensò che, in fondo, erano appena arrivati. Le metafore sull’astronomia e le sue teorie sull’umorismo di Dio potevano aspettare.
Si strinse un po’ contro Lucifer, posandogli un bacio sul petto. “Ti voglio davvero bene.”
“Anche io, piccola.”
“E sono certa che riuscirai a sposartela. La convinceremo.”
“Non se continuiamo a stare così attaccati.”
Si guardarono con affetto; poi tornarono a guardare il cielo, con la stessa speranza e lo stesso irrazionale, utopico ottimismo che alza gli sguardi degli uomini verso le stelle. Tutta quella speranza, quei desideri, quelle preghiere, spediti come astronauti senza una missione e lasciati a morire di follia in quel mare al contrario, abitato da sassi lattei, gassosi e soprattutto freddi.
“TANA PER MOLLY.”, urlò la Papessa, facendoli saltare come petardi a Capodanno per lo spavento. “Okay, ora vado a cercare Thomas e Chloe! Restate nei paraggi, che se finisco vi offro un bloody mary!”
 
 
 
 
 
 
 
Il punto è questo:
ho ripreso ad ascoltare i Muse. Questo si traduce in una frustrazione sessuale senza paragoni e un rinnovato interesse per l’astronomia.
Ho finito la sessione, quindi sto scrivendo a macchinetta. Pensavo di portarmi avanti e scrivere i prossimi due capitoli, ma la verità è che questo capitolo mi ha tolto tutte le energie. Me lo sognavo di notte. Mi sognavo di dover spiegare a Chloe come fare per consolidare la sua relazione con Lucifer; e sognavo anche di continuare a scrivere – non vi dico gli urli scimmici la mattina quando tutta contenta cercavo il file per rileggere, solo per scoprire che in realtà non avevo scritto nulla.
Per tutta questa serie di futili ragioni, spero vivamente che vi piaccia.
Non odiatemi troppo; ma soprattutto non odiate Chloe, né Thomas. Provateci voi ad avere a che fare con gente come Lucifer bloody Morningstar o Molly.
La gran parte delle citazioni sono state immeritatamente trafugate da Sober di Lorde, così come il sottotitolo.
Ringrazio di cuore Beeble, kirax94, Ele28081986 e Kathe93 che hanno accolto con gioia questo sequel; siete adorabili, e mi fate sempre venire voglia di scrivere.
Mando a tutti voi tanti baci stellari – sperando che non vi siano buchi neri in agguato per farci merenda.
Sempre vostra,
Yunomi.
 
 
 
 
   
 
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