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Autore: Lamy_    16/02/2021    1 recensioni
Ivar e Hildr sono i nuovi sovrani di Kattegat. Devono far riemergere un regno dalle ceneri, e una tale azione richiede sacrificio e impegno costante.
I nemici circondano i neo-sovrani: Oleg e il suo esercito sono pronti a eliminare chiunque minacci il trono di Kiev. Ma il principe Dir ha altri piani che includono l’appoggio di Ivar e Hildr.
A incrinare una situazione già di per sé delicata sarà la guerra dei vichinghi contro il Wessex. L’esito sarà doloroso e le conseguenze porteranno a nuovi equilibri mai visti in precedenza.
Tutto è nelle mani di Hildr.
Amore e morte, forze antiche quanto il mondo, giocheranno una partita in cui le pedine avranno solo due possibilità: splendere di gloria o piegarsi alla sconfitta.
(6B; contiene spoiler a vostro rischio e pericolo)
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. L’INIZIO DELLA FINE

Nel capitolo precedente …
Hildr riaprì gli occhi con un dolore acuto che le martellava nella testa. Si trovava in quella che sembrava una chiesa, con l’altare, le candele e un grande crocifisso di legno appeso al soffitto.
“Hildr, ti stavo aspettando da anni.”
Lei atterrì. Seduto sui gradini sotto l’altare c’era una persona che lei conosceva bene.
Era Alfred.
 
 
Hildr sbatté le palpebre più volte nella speranza che quello fosse solo un incubo. Quando riaprì gli occhi, per sua sfortuna Alfred era ancora lì. Era cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto a York. Ora è il Re del Wessex. Aveva i capelli lunghi e arricciati alle punte, la barba e un grosso anello al dito a indicare il suo status di reale.
È bello rivederti.” Disse Alfred timidamente.
La ragazza si mise in piedi e si guardò intorno in cerca di una via di fuga. La chiesa si trovava dentro il castello, perciò ogni anfratto doveva essere presieduto dalle guardie.
“Devo andarmene.”
Alfred fece un passo avanti e Hildr indietreggiò. Portò una mano alla cintura per prendere le sue armi, ma erano sparite sia la spada sia l’ascia.
“Abbiamo prelevato le tue armi per precauzione.” Le spiegò Alfred.
“Che vuoi? Perché mi hai rapita?”
“Era l’unico modo per vederti. Non saresti mai venuta se te lo avessi chiesto.”
Hildr aggrottò le sopracciglia, smarrita del tutto.
“Non capisco. Perché volevi vedermi?”
Alfred sorrise con imbarazzo, sembrava lo stesso ragazzino di un tempo.
“Ho saputo che Ivar ha sconfitto Bjorn. Volevo complimentarmi.”
“Ti stai complimentando con la futura regina di Kattegat.” Replicò Hildr, risoluta.
“R-regina?”
Lei drizzò la schiena e sollevò il mento, o almeno così era solita fare la regina Aslaug.
“Ho acconsentito a sposare Ivar, dunque hai appena rapito la regina dei vichinghi.”
“Io credevo che tu volessi combattere. Non mi aspettavo che tu intendessi diventare regina.”
“Le cose sono degenerate. Allora, che cosa vuoi da me?”
Alfred la guardò come se volesse scavarle dentro fino a raggiungere la sua anima. Era la stessa ragazza di sempre, i lunghi capelli neri che ricadevano sulla schiena, la pelle chiara e segnata da qualche cicatrice, il consueto sguardo di sfida. Era lei ma al tempo stesso non era lei.
“Volevo parlarti. Sei qui con Ivar? State preparando un attacco?”
“Non ho tempo per questo. Se non torno a Kattegat entro tre giorni, Ivar verrà a cercarmi. Devo mettermi immediatamente in viaggio.”
Hildr sentiva freddo, sebbene la stanza fosse riscaldata dalle torce. Aveva fretta di andare via, l’agitazione la stava divorando.
“Hildr, concedimi pochi minuti. Ti lascerò andare dopo che mi avrai ascoltato. Ti prego.”
La voce di Alfred risuonava talmente disperata che Hildr sbuffò per l’irritazione.
“Sono qui da sola per motivi personali. Devo riportare una persona a Kattegat.”
“Isobel, lo so. Ho fatto sorvegliare casa sua per assicurarmi di non avere problemi.”
Hildr incrociò le braccia al petto e assunse un’espressione infastidita.
“Di che stai parlando? I Vichinghi non vengono nel Wessex da anni.”
“Ora che Kattegat ha di nuovo un sovrano, ho paura che vogliate attaccarci. Quando i miei uomini mi hanno informato dell’arrivo di un’imbarcazione vichinga, mi sono agitato. Il mio regno ha già fin troppe tribolazioni per occuparsi anche di una invasione.”
Hildr si accigliò a quelle insinuazioni. Lei e Ivar avevano ancora troppi problemi da risolvere in ‘Rus, di certo non pensavano al Wessex.
“Puoi stare tranquillo, Alfred. Kattegat non vuole vendicarsi del Wessex. Non vi attaccheremo in nessun modo.”
“Ne sei sicura?” domandò Alfred con esitazione.
Hildr si lasciò sfuggire una risata, era così stanca che non riusciva a restare imbronciata per molto.
“Ti prometto che non attaccheremo il Wessex. Hai la mia parola, re Alfred.”
Alfred sorrise quando la ragazza gli allungò la mano, al che lui la strinse con vigore.
“La tua parola mi basta, regina Hildr.”
“Per te sono solo Hildr.”
“E io per te sono solo Alfred.”
 
“Qui ci sarà sempre un posto per te. Se la vita a Kattegat non dovesse piacerti, se i doveri di regina dovessero annoiarti, saresti la benvenuta alla mia corte.”
Alfred aveva scortato Hildr al porto di persona. Ad attenderla c’era l’imbarcazione guidata dai vichinghi e una figura incappucciata. Era Isobel; i capelli biondi erano una prova inconfondibile.
“Sei gentile, Alfred. Kattegat potrà anche non piacermi più un giorno, ma lì c’è Ivar.”
“E dove c’è Ivar ci sei tu.” Disse Alfred.
“Sempre.”
Uno degli uomini sulla barca suonò il corno per segnalare la partenza. Tornare a Kattegat era un viaggio piuttosto lungo ed era meglio partire subito.
“Queste sono tue.”
Alfred le riconsegnò le sue armi, fidate amiche che l’avevano difesa durante ogni battaglia.
“Addio, Alfred.”
“Addio, Hildr.”
 
Tre giorni dopo
Hildr si meravigliava ogni volta che guardava Aila. Era la bambina più bella che avesse mai visto. Aveva quasi un anno, ora i suoi occhi erano curiosi e cominciava a sorridere quando qualcosa la faceva stare bene. Le accarezzò la guancia paffuta e sorrise. Era incredibile che quella piccola creatura fosse la salvezza di Kattegat.
“Saresti un’ottima madre.” Esordì Isobel.
“Ho già un bambinone di cui occuparmi. Ivar sa essere peggio di un neonato.”
Le ragazze si misero a ridere, consapevoli che Ivar alle volte era più infantile di Aila.
“Ivar ti ha chiesto di sposarlo. È meraviglioso!”
Hildr abbozzò un sorriso incerto. Dopo quanto accaduto a Kiev, alcune certezze erano crollate. L’anno trascorso alla corte russa aveva stravolto il suo modo di vedere le cose.
“Le cose tra me e Ivar sono complicate. Ho accettato di sposarlo perché ho promesso a Ragnar e agli dèi di proteggerlo.”
Isobel sgranò gli occhi. Quella era una novità sconvolgente. Aveva sempre invidiato il rapporto fra Hildr e Ivar, il loro amore era un’aura luminosa che li avvolgeva.
“Cos’è successo, Hildr? Sei cambiata.”
“Ivar ha baciato un’altra donna, la principessa di Kiev. Lui dice che lo ha fatto per ottenere il suo appoggio, ma io non so se crederci.”
Era bello riavere Isobel, poteva finalmente sfogarsi con una persona fidata ed esternare ogni dubbio. Durante l’anno a Kiev si era spesso sentita sola, anche se Kyra e Igor le avevano fatto compagnia. L’amicizia preziosa che avrebbe sempre portato nel cuore era quella con Johannes, che per lei aveva rappresentato una sorta di figura paterna.
“Ivar ha una strategia per ogni cosa. Dovresti parlane con lui, approfondire e dissipare ogni preoccupazione.”
“Io e Ivar non riusciamo più a parlare come prima.” ammise Hildr, afflitta.
Isobel le toccò la spalla a mo’ di consolazione, un gesto che valeva più delle parole.
“Da oggi ci sono di nuovo io al tuo fianco. Affronteremo qualsiasi cosa insieme.”
Hildr sorrise per davvero dopo lungo tempo. Stare con Isobel e Aila, aver ritrovato la sua famiglia, era una gioia immensa che voleva godersi prima che Kattegat la risucchiasse nei suoi problemi.
 
Ivar continuava a conficcare il coltello nel legno duro del tavolo. Hildr non era ancora tornata. Era in ritardo di un giorno. Poteva essere successo di tutto, dall’imbarcazione assaltata dai pirati alle guardie sassoni che li avevano scoperti. Più pensava a lei e più il terrore di perderla gli faceva mancare il respiro. Malgrado il loro rapporto si fosse complicato, niente avrebbe cancellato quello che provava per lei. Hildr era tutto per lui. Era la sua Valchiria.
“Ivar, sono qui! L’imbarcazione è al porto!” gridò Hvitserk dalla strada.
Ivar vide il fratello sfrecciare in direzione del mare e lentamente si alzò per trascinarsi con la stampella. Ogni passo era più doloroso del precedente, ultimamente le sue ossa sembravano più fragili e i dolori erano aumentati. Eppure la felicità ora offuscava i brutti pensieri. Lei era tornata ed era tornato anche il sole.
“Posso vederla?” stava chiedendo Hvitserk.
Isobel stringeva al petto un fagotto di coperte, una piccola mano sbucava con le dita che si muovevano.
“Lei è Aila.” Disse Isobel, la voce fredda.
Ivar trattenne una risata nel costatare che Hvitserk non sapeva prendere in braccio la bambina. Isobel lo aiutò, poi si tirò indietro per allontanarsi da lui.
“Aila, lui è quello scemo di tuo padre.” Disse Hildr.
Hvitserk la fulminò con lo sguardo prima di tornare a cullare la bambina. Avrebbe voluto abbracciare anche Isobel, ma lei neanche lo stava guardando. Aveva messo un muro invisibile fra di loro che era difficile da valicare.
“Bentornate a casa.” Disse Ivar con un sorriso.
Hildr si voltò verso di lui e fece un cenno con la testa. Si avvicinò ad Ivar tenendo gli occhi su Hvitserk per controllarlo.
“Tuo fratello è un imbecille.”
Ivar rise di cuore. Hildr era là, a pochi centimetri da lui con la solita espressione corrucciata. Le prese la mano e ne baciò il dorso a lungo. Dopodiché le cinse la vita con il braccio per attirarla.
“Sei tornata da me.”
Hildr si era irrigidita, quella vicinanza era strana per entrambi. Gli diede una pacca sulla spalla e si staccò da lui. Un graffio sul mento di Ivar richiamò la sua attenzione.
“Che diamine è successo? Quel graffio non c’era quando sono partita una settimana fa.”
Ivar era lieto che Hildr si preoccupasse di lui in quel modo, certe cose proprio non cambiavano.
“Parliamo in privato. Vieni.”
Hildr lanciò un’occhiata a Isobel, la quale annuì per darle il permesso di seguire Ivar.
È bellissima. Ha preso tutto dalla mamma.” Disse Hvitserk.
Isobel riprese Aila e la strinse a sé come a volerla proteggere da lui. Il loro matrimonio era finito da un pezzo, fingere che fossero ancora legati non serviva a niente.
“Puoi vederla quando vuoi, ti basta avvisarmi tramite una serva.”
“Dove andrete ad abitare? La dimora reale è grande abbastanza per tutti.”
Hvitserk rimase ferito dalla freddezza di Isobel. Era la ragazza più dolce che avesse mai conosciuto, una delle doti per cui si era innamorato di lei, ma ora era come parlare con una statua.
“Andrò a stare nella vecchia casa di Hildr, quella dove abitava con suo zio Floki. Non me la sento di stare nella dimora reale dove ci sei anche tu.”
“Isobel, noi possiamo riprovarci. Dammi una possibilità.” La supplicò Hvitserk.
Isobel era ancora innamorata di lui, lo sarebbe stata per sempre, ma il tradimento non era concepibile.
“Hai preferito Bjorn al nostro matrimonio e a nostra figlia, questo mi basta. Non torneremo insieme.”
 
Hildr era seduta sul bordo del letto e ascoltava Ivar che la ragguagliava sui recenti eventi.
“Bjorn non era morto, non del tutto almeno. Oleg si è precipitato qui per supportare Kattegat contro l’esercito di Bjorn. Le cose si sono messe male per noi, abbiamo perso molti uomini e siamo stati costretti alla ritirata. Oleg e Vadim sono accampati fuori da Kattegat, nei boschi.”
Ivar non osò guardare la ragazza perché non poteva sopportare critiche, non in un momento delicato per il regno.
“Che Thor ti fulmini col suo martello!” sbraitò Hildr.
“Capisco che la situazione …”
“Taci, Ivar.”
“Come vuoi.”
Ivar si zittì all’istante per non contrariarla ancora di più. Hildr iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, le mani sui fianchi e la bocca contratta in una smorfia.
“Se Gunnhild e Ingrid riescono a riprendersi Kattegat, per noi sarà impossibile restare vivi. Dobbiamo liberarci di loro il prima possibile. È un bene che Oleg sia qui col suo esercito. Un buon piano può garantirci la vittoria.”
“Non sappiamo dove si nascondano i seguaci di Bjorn. Abbiamo perlustrato i posti noti ma senza riscontri. Hai una vaga idea di dove possano essere?”
Ivar sorrideva compiaciuto alla vista di Hildr. Era una vera regina non tanto nell’aspetto quanto nell’animo. Si reputava incapace di regnare, eppure si stava dimostrando una leader nata.
“Devono essere vicino a Kattegat per raggiungerla in fretta, ma abbastanza lontani da non essere visti. Conosciamo un posto così?”
Il re si grattò il mento con fare meditabondo, la sua mente stava cercando un posto che si adattasse a tali esigenze.
“L’isola di Samsø è perfetta. Le sue coste nascondono l’entroterra impedendo la visuale e ci vogliono soltanto tre ore per arrivare a Kattegat.”
“Zia Helga mi raccontò che Samsø è l’isola delle Nixen*, gli spiriti d’acqua con sembianze umane. Si dice che siano creature bellissime.”
“La più bella è qui davanti a me.” Disse Ivar con malizia.
Hildr inarcò il sopracciglio, quelle moine non avrebbero scalfito la corazza che vestiva quando era con Ivar. Sentiva nel profondo che qualcosa nella loro relazione si era spezzato.
“Resta serio, Ivar. Dobbiamo avvisare Oleg e dirgli di preparare l’esercito. Quando possiamo partire?”
“Penso che dopodomani potremo muoverci verso Samsø. Mando subito qualcuno ad avvertire Oleg.”
 “Ottimo. Io vado Isobel e Aila.” Disse Hildr.
Ivar deglutì, però non riuscì a mandare giù anche l’indifferenza di Hildr.
“E’ ora di cena. Non resti qui?”
Hildr notò l’espressione delusa del ragazzo, e si sentì in colpa perché ne era la causa. Si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla guancia.
“Ho bisogno dei miei spazi. Dammi tempo.”
“Torneai a casa per la notte? Mi farebbe piacere.” Mormorò lui.
“Va bene.”
 
“E quindi andiamo a Samsø per dare una lezione agli accoliti di Bjorn.” Concluse Hildr.
Affondò ancora le mani nella ciotola ma tastò il vuoto. Aveva mangiato tutto senza rendersene conto. Il suo stomaco brontolava, segno che aveva fame, però abbandonò la ciotola con un sospiro.
“Che hai?” chiese Isobel, cullando Aila.
“In Wessex ho incontrato Alfred. Non so se dirlo ad Ivar.”
Isobel smise di canticchiare e fissò l’amica come se avesse due teste e i tentacoli.
“Re Alfred, intendi? Se Ivar scopre che hai parlato con lui, andrà su tutte le furie.”
“Tenerglielo nascosto è controproducente. Anche se …”
“Hildr, che hai in mente?”
Hildr ridacchiò e fece spallucce, nella sua mente stava prendendo forma un’idea malsana
“Ivar ha baciato la principessa, giusto? Io potrei prendermi una misera rivincita dicendogli che Alfred mi ha confessato il suo amore per me.”
Isobel alzò gli occhi al cielo, era la cosa più sciocca che avesse udito. Hildr doveva essere davvero ferita se ricorreva a quei mezzi per vendicarsi.
“Stai soffrendo molto, Hildr. Mi dispiace.”
“Amo immensamente Ivar, ma quello che ha fatto è difficile da dimenticare.”
Hildr aveva perdonato Ivar, lo aveva fatto per il bene di Kattegat, ma del resto era umana e i sentimenti erano come coltelli affilati. Ogni ferita poteva essere mortale.
“Non lasciare che la rabbia cancelli l’affetto. Tu e Ivar siete fatti per stare insieme.”
Le parole del Veggente riecheggiarono nella testa di Hildr come una condanna a morte.
“Io e Ivar non staremo insieme per sempre, così ha predetto il Veggente.”
Isobel le afferrò la mano e le regalò un sorriso di incoraggiamento.
“Il Veggente non conosce bene Hildr la Valchiria.”
 
Quando Hildr fece ritorno nella dimora reale, trovò la sala del trono completamente immersa nel silenzio. Non c’era nessuno.
“Ivar?”
“Mia signora, bentornata.”
Hildr sobbalzò per lo spavento. Una ragazza era entrata a passo felpato e si era inchinata al suo cospetto. Era una sensazione talmente strana per la nuova regina.
“Dov’è il re?”
“Si è ritirato nelle vostre stanze. Mi ha raccomandato di dirvi che dovete raggiungerlo nell’ala est per la notte.”
“Ti ringrazio.”
La serva si inchinò di nuovo e uscì con la rapidità di una preda che fugge dal cacciatore. Hildr rivide se stessa da bambina che faceva le riverenze al cospetto di Aslaug. Erano trascorsi dieci anni e tutto era cambiato, in meglio o in peggio ancora non era chiaro. Seguendo le istruzioni della ragazza, si incamminò verso l’ala est. Da sempre le stanze private dei regnanti si ubicavano a ovest, perciò quel cambio di rotta doveva essere una novità di Ivar.
“Ivar, sei qui?”
“Entra pure.”
Quando aprì la porta, Hildr fu accolta dal calore della legna che ardeva nel camino. Ormai la primavera stava portando via gli ultimi stralci d’inverno, presto sarebbe arrivata la bella stagione. Non conosceva quella stanza, non l’aveva mia vista in tanti anni di frequentazione con la famiglia reale.
“Perché siamo qui? Credevo che i sovrani alloggiassero nell’altra ala.”
Ivar si stava togliendo i supporti alle gambe, gemendo di dolore ad ogni pezzo che staccava dai propri arti inferiori.
“Perché non voglio dormire dove hanno dormito Ragnar, Lagertha, mia madre, Bjorn e Gunnhild. Voglio uno spazio tutto nostro. Ti sta bene?”
Hildr sorrise, contenta di avere una camera che appartenesse solo a loro. Non era molto grande, ma abbastanza spaziosa per farci entrare un letto, un tavolo con due sedie, un mobile di medie dimensioni per i vestiti e un vetro incorniciato per specchiarsi.
“Mi sta bene. Mi piace questa stanza.”
“Bene.” Disse Ivar.
Il suo viso era illuminato dalle fiamme che si riflettevano nei suoi occhi, sembravano un mare di oro. Hildr amava quegli occhi, azzurri come il mare quando è calmo, capaci di scovare i suoi segreti più reconditi.
“Ti lamenti parecchio. Stai bene?”
“Sto bene.”
Ivar digrignò i denti mentre sganciò l’ultimo supporto, le gambe gli dolevano più di prima. Hildr si sedette accanto a lui con sguardo apprensivo, detestava vederlo soffrire.
“Posso aiutarti, se vuoi. Ho raccolto abbastanza gramigna per un mese.”
Hildr stava per alzarsi quando Ivar l’agguantò per il polso. Non voleva che andasse, seppure per pochi minuti. Sentiva il bisogno fisico di sentirla vicino.
“Resta. Mi basta questo.”
“Va bene. Almeno lascia che ti aiuti a prepararti per la notte.”
Ivar annuì e lei iniziò a spogliarlo, ogni movimento corrispondeva ad un rantolo di dolore. Hildr ripiegò i vestiti con cura, anche se il vero intento era quello di non guardare il petto nudo del ragazzo. C’era un certo imbarazzo fra di loro, era una sensazione tremenda che aumentava la tensione nella stanza.
“Vuoi che ti sciolga le trecce?” domandò Ivar.
Hildr si riscosse dai pensieri, benché la sensazione di disagio fosse ancora opprimente.
“Sì.”
Si sedette a terra con le gambe incrociate e sentì le dita di Ivar che lavoravano sulle ciocche per sciogliere l’acconciatura. Era piacevole, talmente tanto che le scappò un sospiro soddisfatto. Sin da bambina adorava che fosse lui a scioglierle i capelli, era un momento in cui esistevano solo loro. C’era un tale livello di intimità in quella banale azione che avrebbe fatto impallidire la luna.
“I tuoi capelli sono neri come le piume dei corvi di Odino. Sono bellissimi.” Disse Ivar.
Il ragazzo fece scorrere le dita fra le ciocche lentamente, poi prese il pettine in osso e incominciò a pettinarle la lunga chioma.
“Non devi riempirmi di complimenti. Ti ho già detto che ti sposerò.”
“I complimenti non sono un mezzo per convincerti a restare con me. Vorrei che tu mi sposassi perché mi ami. Non voglio un matrimonio finto, voglio qualcosa di reale.”
Hildr si alzò di scatto, interrompendo ogni azione di Ivar. I capelli sciolti sembravano un manto scuro simile al cielo di notte.
“Lo sai.” Mormorò lei.
“Io non so più niente, Hildr. Non so che pensare di me, di noi, di questo matrimonio.”
La ragazza si accasciò sul tavolo, a debita distanza da lui. Finiva così quando stavano insieme, o si avvicinavano o si allontanavano.
“Lo sai che ti amo.”
Ivar sorrise per un breve istante, poi si rabbuiò subito.
“Davvero mi ami? Però non mi parli come prima, non mi baci, non mi tocchi. Non voglio questo per noi. Voglio di più, molto di più.”
“Allora non avresti dovuto baciare Katya!”
Ivar accusò il colpo, abbassò gli occhi e imprecò a bassa voce.
“So di aver commesso un errore, ma sai che l’ho fatto per garantirci una alleata in più. Katya può farci comodo contro Oleg. Se pensa che sono attratto da lei, sono sicuro che ci aiuterà”
“E non pensi a me? Vedere il tuo futuro marito che bacia un’altra non è piacevole.”
“Tu hai baciato Vadim, ti è andata discretamente bene.” Ribatté lui.
Hildr andò da lui per tirargli uno schiaffo che gli lasciò il segno sulla guancia.
“Era un bacio contro la mia volontà. Pensi che andrei in giro a baciare il primo che capita solo per farti un dispetto? Mi fai schifo, Ivar.”
“Tu preferisci baciare Alfred. Dico bene?”
La ragazza lo guardò con sgomento, era impossibile che avesse saputo dell’incontro con Alfred.
“Di che stai parlando?”
Ivar usò la stampella per mettersi in piedi, malgrado il dolore, e stare alla stesa altezza.
“I tuoi vestiti sono impregnati di incenso. È una sostanza che usano i cristiani nelle loro chiese, quindi o sei andata a pregare oppure hai visto Alfred. Deduco dalla tua espressione stupita che hai incontrato il Re.”
“Sì, ho visto Alfred. Voleva rivedermi e salutarmi.”
Il ragazzo rise senza entusiasmo, era troppo ferito nell’orgoglio per mantenere la calma.
“Oh, Alfred avrebbe preferito vederti nel suo letto.”
Hildr assorbì quelle parole velenose, sostenendo lo sguardo perfido di Ivar.
“Almeno lui nel suo letto vuole vedere me e non Katya.”
Ivar serrò le dita intorno al polso della ragazza e accostò la bocca al suo orecchio.
“Non prenderti gioco di me, Hildr. Non sono noto per essere un uomo paziente.”
“Io ti uccido se perdi la pazienza e ti metti a fare il matto.” Replicò lei con calma.
“Uccidimi. Avanti, fallo.”
Ivar le cacciò in mano il proprio pugnale, uno dalla lama sottile e dall’elsa in semplice osso lavorato. Hildr gli puntò l’arma contro il cuore, graffiandogli la pelle.
“Uccidere te significa uccidere una parte di me.”
“E non vorresti rinunciare a quella parte di te?”
Ora si guardavano come fossero sul punto di ammazzarsi a vicenda. Rabbia ed eccitazione facevano la lotta a suon di sguardi e parole.
“Tu rinunceresti a qualcosa che ti fa male e bene al tempo stesso?”
“Io non rinuncerei mai a te.” Sussurrò Ivar.
Hildr cercò di allontanarsi ma lui le avvolse le braccia intorno alla vita per tenerla ferma. I loro corpi erano attaccati, il calore si miscelava all’adrenalina.
“Non mi avrai così facilmente, Ivar.”
Ivar sfoderò un sorriso vittorioso, uno di quelli che avrebbe dedicato ad una guerra conclusa nella gloria. Sfiorò la bocca di Hildr con la propria mentre con la mano sinistra le slacciava i nodi della casacca.
“Quando finiremo di farci la guerra?”
Hildr avrebbe voluto rispondere, ma tutto ciò che uscì dalle sue labbra su un gemito. Ivar le stava baciando il collo, voleva farle perdere il controllo almeno per qualche ora. La sua speranza si sciolse come neve al sole quando la punta del pugnale gli pungolò l’addome.
“La guerra non finisce mai.” Bisbigliò Hildr con un sorriso.
Ivar fece scorrere la mano sull’elsa dell’arma fino a coprire quella di Hildr e fece una lieve pressione sulla pelle. Un rivolo di sangue colò dalla ferita.
“Sarai la mia morte, Hildr la Valchiria.”
Hildr si liberò dalla presa e guardò Ivar con intensità, imprimendo nella memoria ogni dettaglio di quel viso che aveva amata sin da adolescente.
“Io sono innamorata di te come prima. I miei sentimenti non son cambiati. A cambiare è la fiducia che ripongo in te.”
I giochi erano finiti. Adesso si parlavano a cuore aperto. Ivar si rigirò il pugnale fra le mani, quasi preferiva pugnalarsi che affrontare quel discorso.
“Se non ho la tua fiducia, allora non ho niente.”
“Guadagnati la mia fiducia da capo.” Disse Hildr.
Ivar guardò i nodi tatuati sul proprio pettorale sinistro, incisi a vita sul cuore per rimarcare il legame indissolubile. Avrebbe lottato contro Odino in persona per Hildr.
“Sarai di nuovo la mia valchiria. È una promessa.”
 
Ivar non riusciva a dormire. C’era qualcosa di indefinito che disturbava il suo sonno. La dimora reale era silenziosa, solo il crepitio del camino spezzava la monotonia. Accanto a lui c’era Hildr che dormiva beatamente. La sua guancia premeva contro la spalla di Ivar, era probabile che nel sonno si fosse girata verso di lui. Depositò un bacio sulla testa della ragazza e sgusciò fuori dal letto. Aveva bisogno di una boccata d’aria, dunque si trascinò a fatica sino alla balconata. Da lì poteva vedere tutta Kattegat, il porto, il mare agitato dalle onde.
“Il buio spaventa anche i cuori più coraggiosi.”
Ivar riconobbe quella voce roca e biascicata: era il Veggente. Dopo la sua morte doveva aver raggiunto un nuovo stadio di vita che lo aveva reso immortale. Spesso gli faceva visita per qualche controversa predizione.
“Dimmi, Veggente, che cosa vedi nel buio?”
Le fiamme nel camino si ravvivarono, divampando come se il fuoco fosse un’entità viva. Hildr si mosse nel letto solo per coprirsi, tornando a dormire poco dopo.
“Il buio mi permette di scorgere nelle viscere dell’universo. Vedo molte cose. Vedo che un giorno una donna piumata governerà Kattegat. Vedo terre nuove bagnate di sangue. Vedo il bianco che sventola nel cielo. E vedo...”
Ad Ivar non piacque quella esitazione. Ogni reticenza era una premonizione di morte.
“Vedi cosa?”
“Vedo l’oscurità più nera. Vedo l’inizio della fine per tutti voi. L’inizio della fine!”
Le fiamme presero la forma di un’ascia e il Veggente svanì nella notte. Ivar non lo cercò, sapeva che prima o poi sarebbe tornato per consegnare la sua saggezza.
“Ivar, stai bene?”
Hildr era alle sue spalle, i capelli arruffati e gli occhi assonnati. Ivar finse un sorriso rassicurante, non c’era bisogno di farla preoccupare.
“Non riuscivo a dormire e avevo bisogno d’aria. Torna pure a letto.”
“Non ci casco. Hai la faccia che fai quando qualcosa ti turba. Che c’è?”
Ivar l’abbracciò, lasciandosi consolare dall’unica persona che era in grado di placare le sue tempeste interiori. Hildr ricambiò l’abbraccio e gli accarezzò la nuca.
“Non mi lasciare.”
“Sono qui.”
Ivar non resistette, fu impossibile per lui trattenersi. Prese il volto di Hildr fra le mani e la baciò con passione. Se l’oscurità più nera stava per investirli, era meglio rubare momenti luminosi prima che fosse troppo tardi.
“Torna a letto, Hildr.”
“Solo se tu vieni con me.”
Hildr lo riportò a letto senza problemi, aveva capito che Ivar era agitato e voleva che gliene parlasse. Siccome il ragazzo era restio a condividere le proprie ansie, decise che almeno lo avrebbe aiutato a riposare. Ivar poggiò la testa sul petto di Hildr, il battito del suo cuore era rassicurante. Sperava che quel rumore durasse per sempre. Si lasciò andare quando le mani di lei gli massaggiarono le spalle per farlo rilassare.
“Come farei senza di te?”
“Saresti già morto da un pezzo. Ti ho salvato le chiappe reali un sacco di volte.” Disse Hildr.
Ivar rise, sentiva che la tensione stava abbandonando il suo corpo. Baciò lo spazio fra i seni attraverso la camicia da notte, e lei rabbrividì.
“Ti faccio ancora questo effetto?”
“Ti tiro una ginocchiata in faccia se non la smetti di sorridere.” Lo minacciò Hildr.
Il ragazzo sghignazzò e si tirò su per darle un bacio sulla bocca. Riavere la sua fiducia non sarebbe stato facile, ma ne valeva sicuramente la pena.
“Buonanotte, mia valchiria.”
“Brutto asino.”
 
Salve a tutti! ^_^
Eccomi tornata per la terza e ultima parte di questa storia. Con la 6B si conclude la serie e anche la mia raccolta di storie.
Come sempre rielaboro gli eventi della serie inserendo nuovi personaggi e situazioni.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
*Nixen: termine plurale che in tedesco indica le sirene, note anche nella mitologia nordica.

 
  
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