Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Europa91    17/02/2021    0 recensioni
Sotto il cielo pieno di stelle Jean ripensava agli avvenimenti degli ultimi mesi. Era una notte fin troppo tranquilla, nessuno si aspettava che la sera prima della battaglia finale sarebbe stata così. Lui per primo. Però, se si soffermava qualche minuto a riflettere con più attenzione, nel corso della sua breve vita c’erano state così tante cose che non aveva in alcun modo potuto prevedere o né tanto meno impedire.
Eren era stata una di queste e Jean non avrebbe mai creduto di potersi innamorare di lui.
[Attenzione!!! contiene spoiler dal cap.127 in poi]
[partecipa al Cow-t 11 di Lande di Fandom]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cow-t 11 – Seconda settimana – M2

Prompt: 001 Avere e non avere - Hernest Hemigway

Fandom: Attack on titan

Rating: SAFE (angst, spoiler dal cap. 127 in poi)

Numero Parole: 3053

Note: ormai mi sto divertendo ad annegare nei pensieri del povero Jean per cui continuiamo questa discesa nel abisso. Contiene spoiler per chi non è in pari col manga, più o meno dal cap. 127 in poi!!!)

 

 

 

 

 

 

Certe storie diventano polvere

Non ti resta nemmeno un ricordo

Altre invece nonostante il tempo ti restano addosso”

Venere e Marte Takagi & Ketra

 

 

 

 

 

Sotto il cielo pieno di stelle Jean ripensava agli avvenimenti degli ultimi mesi. Era una notte fin troppo tranquilla, nessuno si aspettava che la sera prima della battaglia finale sarebbe stata così. Lui per primo. Però, se si soffermava qualche minuto a riflettere con più attenzione, nel corso della sua breve vita c’erano state così tante cose che non aveva in alcun modo potuto prevedere o né tanto meno impedire.

 

Eren era stata una di queste e Jean non avrebbe mai creduto di potersi innamorare di lui.

 

Gli erano sempre piaciute le ragazze, come Mikasa. Si, lei gli piaceva e parecchio. Sarebbe stato tutto così semplice se si fosse innamorato di una ragazza, avrebbe costruito una famiglia e vissuto al sicuro dentro le mura. Era stato con quest’ambizione che qualche anno prima, aveva lasciato il suo villaggio per arruolarsi nel esercito. Aveva inseguito, forse con troppa ingenuità, quel desiderio di un’esigenza agiata, che nella sua mente di bambino, era sinonimo di spensierata. Da quello che sapevano a quei tempi, e che a Jean era stato insegnato, il resto dell’umanità era stato sterminato dai giganti e loro vivevano rinchiusi tra quelle mura che fungevano da protezione contro di essi. Dopo la caduta di Shinganshina però poteva succedere di tutto; gli uomini si erano resi conto per la prima volta della loro debolezza, come del fatto che quelle mura non li avrebbero difesi per sempre. Per questo Jean aveva deciso d’arruolarsi, non era stato spinto da chissà quali ideali, lui voleva solo condurre un’esistenza serena, senza doversi preoccupare troppo.

 

Era bastato solo uno sguardo a cambiare le carte in tavola. A distruggere tutti i suoi “piani”.

 

In una pallida mattina estiva, con i primi raggi di sole che illuminavano il campo base, Jean aveva incrociato per una frazione di secondo quegli occhi dal colore indefinito, da quel momento niente avrebbe più avuto un senso, o logica.

 

Eren era quanto più diverso ci fosse da lui. All’inizio non aveva capito perché fosse così interessato a quel ragazzino che sembrava solo avere una gran fretta di morire. Era rimasto colpito dal suo sguardo, non aveva mai visto occhi di quel colore e pensava si trattasse solo di quello. Doveva esserlo. Quando Eren si era presentato e aveva urlato a gran voce davanti ai presenti il suo intento di sterminare tutti i titani, la mente di Jean lo aveva subito etichettato come un idiota con manie suicide. Eppure non era riuscito a toglierselo dalla testa.

 

Eren era diventata una presenza fastidiosa e costante, sia nella sua mente che al di fuori. Se non pensava a lui se lo trovava in fila davanti alla mensa oppure come compagno di esercizi. Era come se anche il destino ci avesse messo lo zampino per provare i suoi nervi, già abbastanza tesi e stressati dagli allenamenti cui erano sottoposti.

 

Una sera però aveva raggiunto il limite. Jean non ricordava cosa lo avesse fatto scattare di preciso, probabilmente l’ennesimo “ammazzerò tutti i titani” uscito dalle labbra di Eren. Si era semplicemente alzato e lo aveva afferrato per il colletto della divisa. Avevano iniziato ad azzuffarsi come bambini mentre i loro compagni provavano inutilmente a separarli.

 

Quella sera aveva ottenuto il suo primo richiamo ufficiale; ma anche il suo primo bacio.

 

Perché si era ricordato di quel dettaglio proprio ad un passo dal ultimo atto non voleva saperlo. Jean in quel particolare momento della sua vita non voleva porsi domande che avrebbero ottenuto come risultato quello di far vacillare la sua già flebile convinzione. Però quel ricordo se ne stava lì, scolpito e cristallizzato nella sua mente. Per anni aveva provato a scacciarlo, come aveva tentato di seppellire e dimenticare ogni cosa che potesse avere a che fare con Eren.

 

Aveva fallito, Jean. Se chiudeva gli occhi l’immagine di quel ragazzino impertinente di quindici anni che lo aveva riempito di calci e pugni era ancora lì, che lo fissava con un’espressione divertita sulle labbra. Si passò una mano sul volto, dandosi mentalmente del idiota. Stavano per scendere in battaglia e lui si perdeva lungo il viale dei ricordi ripensando al suo primo bacio. Forse perché in fondo Jean non si era ancora arreso, una parte di lui non aveva ancora rinunciato a voler “salvare” Eren.

 

Eren, che si era trasformato nel nemico da abbattere.

 

Era un epilogo difficile per tutti da accettare. Jean non biasimava Armin e Mikasa, loro erano stati i suoi migliori amici, ma quello che lui aveva condiviso con il minore dei fratelli Jaeger era diverso. Ed ecco ancora il ricordo di quella sera nella quale tutto era iniziato, che dirompente si faceva sempre più strada nella sua mente e lo tormentava, anche se ormai, ne era certo, non sarebbe riuscito a chiudere occhio.

 

Dopo essersi azzuffati nella sala mensa, erano stati trascinati del ufficio del comandante Shadis. Jean poteva ancora ricordare lo sguardo serio dell’istruttore che però sembrava addolcirsi di colpo quando si posava sulla figura di Eren. Solo anni dopo avrebbe compreso cosa in quel momento si celasse veramente dentro l’animo di quel uomo. Quella sera però, erano solo due adolescenti ribelli che erano venuti alle mani e a cui lui doveva impartire una punizione.

 

“Appena i vostri compagni avranno finito di cenare pulirete il refettorio”

 

Era stata questa l’ardua sentenza. Eren non aveva fiatato, il suo sguardo però tradiva tutti sentimenti che attraversavano il suo animo. Era furioso e Jean lo sapeva.

 

“Sarai contento, faccia da cavallo

 

Era rimasto in silenzio fin troppo Jaeger. Avevano iniziato a pulire solo da qualche minuto quando la sua voce aveva spezzato la quiete di cui era immersa la sala. Jean aveva alzato il viso dal vassoio che aveva appena finito di sparecchiare e si era trovato ancora quei dannatissimi occhi puntati su di sé. Avrebbe tanto voluto cavarglieli con una forchetta dal tanto lo innervosivano. Tutto in Eren lo faceva se doveva essere sincero. Provava sempre troppe emozioni quando stavano insieme, soprattutto se soli come in quel momento.

 

“Mi hai provocato tu”

 

“Non ricordo di averlo fatto”

 

“Senti, perché non te ne stai in silenzio? Sei insopportabile”

 

“Tu sei insopportabile”

 

Sembravano due bambini, eppure quello non era stato altro che il loro acerbo inizio. La genesi di quel sentimento che avrebbe finito col legarlo al possessore del gigante d’attacco come una lama a doppio taglio. Nessuno dei due si sarebbe aspettato la piega che le loro vite avrebbero preso di lì a poco.

 

Avevano continuato in silenzio con le pulizie fino a quando Jean per sbaglio aveva urtato un tavolo e fatto cadere un paio di bicchieri a terra vicino a dove si trovava l’altro. Eren a quel punto aveva sbuffato esasperato per poi rimettersi a pulire dove aveva sporcato. Erano entrambi troppo stanchi per continuare a litigare. Per un po’ Jean era riuscito ad ignorarlo ma non aveva potuto continuare, quando un piccolo lamento aveva raggiunto le sue orecchie. Quel idiota di Eren si era tagliato con uno dei vetri. Quello stupido aveva provato a raccoglierli con le mani ed ora aveva una piccola ferita sul palmo. Jean lo raggiunse compiendo pochi passi, finendo con l’abbassarsi accanto a lui;

 

“Sei proprio senza speranza”

 

Eren gli rifilò uno dei suoi soliti sguardi di sfida. Jean però decise d’ignorarlo, con la speranza che prima o poi l’altro avrebbe sotterrato l’ascia di guerra e si sarebbe fidato di lui.

 

“Dai idiota fammi vedere dove ti sei tagliato. Sarebbe una seccatura se domani non riuscissi a maneggiare il dispositivo di manovra tridimensionale”

 

Solo allora Eren sembrò ricordarsi dell’addestramento e di tutto il resto. Litigare con l’altro ragazzo lo aveva distratto dai suoi soliti pensieri.

 

“Non mi sono fatto nulla” provò a mantenersi sulla difensiva, tuttavia gli pose la mano.

 

Dopo un’attenta osservazione Jean convenne che aveva ragione, ma non lasciò subito la presa. Restarono per qualche secondo di troppo fermi in quella strana posizione. Gli sguardi ancora fissi l’uno sull’altro. Fu Jean a sottrarsi per primo, liberando anche la mano di Eren stretta dalla sua.

 

“Si, è solo un graffio”

 

“Ci vuole ben altro per farmi fuori”

 

Il Jean del presente si trovò a ridere da solo mentre osservava la volta celeste. Se l’Eren quindicenne avesse saputo quanta verità era racchiusa dentro quelle parole.

 

In quella sera di tanti anni prima però, ricordava solo di aver pensato per l’ennesima volta, a quanto quel ragazzino avesse fretta di morire. Gli avevano raccontato, Armin lo aveva fatto, che loro avevano perso tutto con la caduta di Shinganshina. Eren in particolare, aveva assistito alla morte di sua madre, divorata da uno di quei mostri senza poter fare nulla. Jean poteva comprendere le radici dietro al suo odio, probabilmente se avesse vissuto un’esperienza simile anche lui avrebbe solo desiderato lo sterminio di tutti i titani, ma dietro le parole di Eren c’era anche altro. Era come un desiderio violento e pericoloso che lo intimoriva e affascinava allo stesso tempo.

 

Una parte di Jean era curiosa di vedere quel piccolo bastardo in azione, vedere se avrebbe mai trasformato quelle parole in fatti concreti. Un’altra pensava che Eren sarebbe stato solo il primo di loro a cadere.

 

Intanto si trovavano ancora l’uno accanto all’altro in quella mensa. Tutt’intorno regnava il silenzio. Jean aveva preso a fissare i vetri rimasti sul pavimento con rinnovato interesse, mentre Eren si era perso nel osservare il soffitto.

 

“Vedrai che li sconfiggerò tutti”

 

Ed eccolo ancora quel fuoco animare il suo sguardo. Eren era così, un vulcano sempre pronto ad esplodere e Jean si rese conto di non essere in grado di fare nulla per poterlo arrestare.

 

“Mi fai veramente incazzare quando fai così”

 

“Perché?”

 

Poi all’improvviso si era chinato su di lui e lo aveva semplicemente baciato. Non sapeva cosa gli avesse preso così di colpo, forse la stanchezza, la situazione o quei dannatissimi occhi che ora se ne stavano spalancati dalla sorpresa.

 

Appena di era accorto del gesto che aveva compiuto, Jean si era allontanato scioccato. Eren lo fissava sconvolto tanto quanto lui.

 

“Io ecco…” non sapeva che dire, si sentiva un tale idiota. Se l’altro avesse voluto picchiarlo ne avrebbe avute tutte le ragioni. Invece per l’ennesima volta, Eren lo sorprese;

 

“Non è successo nulla”

 

Si limitò a dire per poi andare a recuperare la scopa e una paletta, con cui finire di raccogliere i vetri rimasti a terra. Jean lo aveva fissato per tutto il tempo a bocca aperta, poi, quando si era allontanato, aveva tirato un sospiro di sollievo. Se Eren voleva dimenticare lui avrebbe fatto altrettanto.

 

Quello era stato il loro primo bacio, e sarebbe potuta benissimo finire così ma poi ce n’era stato un secondo, seguito da un terzo. Jean nel corso di quegli anni aveva finito col perdere il conto di quanti baci si fosse scambiato con Eren.

 

Ricordava di fugaci incontri prima di partire per ogni operazione fuori dalle mura, o la mattina in cui finalmente avevano raggiunto il mare. Anche quella era una dolce parentesi al quale faceva male aggrapparsi. Quella sera, una volta soli avevano fatto l’amore sulla spiaggia sotto le stelle. Con il rumore del mare a fare da cornice al tutto.

 

Forse era stato in quel momento che Jean aveva iniziato a notare qualche cambiamento turbare l’animo di Eren. Era come se la sua mente fosse altrove, anche quando erano insieme l’altro gli sembrava essere così distante.

 

Avrebbe voluto incolpare Grisha Jaeger per ciò che aveva fatto al suo stesso figlio ma ben presto Jean si era reso conto che Eren aveva preso molte decisioni da solo. Se ora erano giunti fino a quel punto era solo perché quel bastardo lo aveva voluto.

 

Eren non era una vittima ma era finito col diventare il carnefice di quella storia, ed ora era giunta la fine. Non si poteva dichiarare guerra al mondo e sperare di uscirne illesi.

 

Jean non sapeva quando la loro relazione fosse terminata. Avevano iniziato ad allontanarsi sempre più fino a perdere quel poco che erano riusciti a costruire. Si poteva dire che fosse finita nel modo brusco in cui era iniziata. Allora perché quella sera Jean non riusciva a smettere di pensare ed Eren, ad interrogarsi cercando di trovare un modo per salvarlo. Doveva esserci un qualcosa che poteva fare. Se avesse avuto un piano era certo che Armin e soprattutto Mikasa lo avrebbero appoggiato. Invece non era arrivato a niente, aveva solo deciso di farsi del male riportando alla luce quei tristi ricordi.

 

Sarebbe stato davvero tutto molto più facile se si fosse innamorato di chiunque altro ma lui aveva scelto Eren, anzi si erano scelti. In quel folle mondo fatto di guerra e morti avevano trovato l’uno nelle braccia del altro un po’ di conforto. Prima erano stati solo due adolescenti in preda ai loro ormoni ma poi quel sentimento era cresciuto, Jean per un po’ si era davvero illuso di aver toccato in qualche modo Eren. Ora non aveva più nemmeno quella certezza.

 

L’ultima volta che aveva incrociato il ragazzo che un tempo era stato l’ultima speranza dell’umanità per poco non lo aveva riconosciuto. Non era rimasto quasi nulla del ragazzino impertinente che aveva infestato i suoi sogni adolescenziali. Anche quello sguardo dalle tinte impossibili si era fatto sempre più cupo e cinico. La sua voce era diventata più profonda e inneggiava al genocidio come soluzione finale. Jean non avrebbe mai creduto che sarebbero arrivati ad un epilogo simile eppure eccoli lì. Ad un passo dal ultimo atto, presto il sipario sarebbe calato e solo allora si sarebbe visto quali attori sarebbero rimasti in piedi sulla scena. Era inutile sperare che sia lui che Eren potessero vedere la fine di quella storia. Ormai aveva la certezza che solo uno di loro sarebbe sopravvissuto.

 

Aveva visto fin troppe morti Jean per credere ancora nel esistenza di un lieto fine. Forse loro semplicemente erano destinati a non averlo.

 

Mancavano poche ore all’alba di quella giornata, che sarebbe stata ricordata come la fine di tutto. A scrivere il finale in un modo o nel altro sarebbero stati loro.

 

Eren ragazzino tornò ad infestare la sua mente sorridendogli come aveva fatto la mattina che aveva seguito quel primo bacio. Erano le prime luci del giorno, e loro erano tutti in fila per poter recuperare i dispositivi di manovra tridimensionale. Jean non si era accorto di Eren fino a quando non se lo era trovato davanti. Era arrossito, quel bastardo e poi lo aveva spinto via. Jean stava già per insultarlo ma poi l’altro si era voltato;

 

“Vediamo che sai fare faccia da cavallo”

 

Gli aveva lanciato una provocazione e chi era lui per tirarsi indietro. Ora però Eren stava sfidando il mondo. Non erano più ragazzini e la posta in gioco non era la stessa di allora.

 

Jean aveva creduto di poter salvare in qualche modo Eren dal suo destino ma forse era Eren stesso che non desiderava di essere salvato. Quante volte avevano provato a tendergli la mano, a fornirgli una qualsiasi via d’uscita da quella follia. Ormai però era tardi, troppo tardi. Era dunque giunta la fine? Jean faticava a crederlo. Non poteva accettarlo, non così. Rivolse un rapido sguardo al sole che stava facendo capolino dietro l’orizzonte. Non era ancora detta l’ultima parola, avrebbe combattuto fino al suo ultimo respiro per far tornare un po’ di senno nel cervello di quel bastardo. Gigante o no Eren sarebbe rinsavito in qualche modo, ne era certo.

 

“Sei pronto Jean? Sei riuscito a dormire almeno un po’?”

 

Armin lo aveva raggiunto e lo fissava come solo chi aveva sempre saputo ogni cosa poteva fare. L’abbandono di Eren li aveva portati ad avvicinarsi ancora di più, anche se in realtà loro due erano sempre stati amici. Nell’ultimo periodo avevano solo cercato di farsi forza l’un l’altro, soprattutto dopo la morte di Sasha, quella era stata un duro colpo per tutti. La verità era che senza Eren si erano sentiti smarriti e traditi. Quel bastardo aveva giocato con i sentimenti di tutti e ora Jean desiderava solo fargliela pagare.

 

Quando Hanji era venuta a cercarlo, solo qualche ora prima, il suo castello di carte era crollato. Il peso della realtà gli era stato sbattuto davanti agli occhi; aveva persino affrontato a muso duro Reiner sputandogli in faccia tutto il rancore che aveva conservato in quegli anni. Jean non si era nemmeno accorto di aver tentato di difendere l’operato di Eren. Poi Annie era intervenuta dando voce ad una domanda che sempre più spesso aveva provato a farsi da solo, ma del quale aveva sempre temuto una risposta: loro sarebbero stati in grado di uccidere Eren?

 

Jean fino a quel momento aveva provato ad evitare di pensarci ma ora, quella possibilità si faceva sempre più pressante. Eren si era spinto troppo oltre e andava fermato. Non importava come. E questa sembrava essere l’opinione comune.

 

“Si, ho riposato”

 

Mentì, cercando di risultare credibile. Armin sorrise comprensivo.

 

“Vado a svegliare i mocciosi” aggiunse.

 

Sapeva di aver esagerato la sera prima, ma ad un certo punto non aveva retto, il racconto della morte di Marco descritto proprio dai suoi assassini era stato difficile da digerire, come poteva non reagire. Poi c’era stato il ricordo di Eren, perché quel bastardo doveva sempre trovare un modo per tormentarlo. Così aveva finito con l’allontanarsi dal resto del gruppo e si era messo ad osservare le stelle, lasciandosi trascinare dai ricordi.

 

Adesso però Jean fissava quei bambini addormentati a pochi metri da lui. La mocciosa aveva ucciso Sasha, le aveva sparato senza pietà davanti a lui. In quel momento non aveva potuto fare altro che assistere inerte alla scena, come quando aveva scoperto il cadavere di Marco. Sembrava quasi che le tragedie continuassero a verificarsi davanti ai suoi occhi e che non potesse fare altro che limitarsi ad esserne un semplice spettatore.

 

Con Eren non sarebbe successo, non lo avrebbe permesso.

 

Jean non aveva ancora smesso di combattere per lui anche se ormai significava farlo contro di lui.

 

“Sveglia è ora di andare”

 

 Ormai il tempo a loro disposizione era scaduto e presto si sarebbe combattuta la battaglia decisiva che avrebbe cambiato le sorti di tutti loro.

 

 


 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Europa91