Storie originali > Soprannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: _deleted    20/02/2021    2 recensioni
Anita e Agostino sono finalmente andati a convivere e non vedono l'ora di coronare il loro sogno di felicità domestica. I loro progetti sono funestati da un'infernale lavastoviglie che si rifiuta di funzionare, ma è solo l'inizio di una serie di bizzarri imprevisti...
[Partecipa al contest “Storie di fantasmi” indetto da elli2998 e Inchiostro_nel_Sangue sul forum di EFP]
Genere: Generale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sembrava la casa delle meraviglie quando l’abbiamo presa, giusto la settimana scorsa: camera da letto ampia e insonorizzata, utile per me e Anita – siamo entrambi musicisti e spesso registriamo in streaming, soprattutto in questo periodo –; mobili un po’art déco; vista panoramica sul centro città, che conserva ancora il fascino intatto dell’architettura etrusca. L’altro ieri ha anche nevicato, abbiamo comprato un’utilitaria e stiamo pensando di adottare un cane, forse un border collie. La mia straordinaria ragazza ha appena ottenuto il lavoro che sognava in Conservatorio, il che ci ha finalmente permesso di andare a vivere insieme, e i miei allievi beccano più accordi con la chitarra rispetto all’anno scorso, nonostante siamo di nuovo costretti a fare lezione davanti a uno schermo. Di sicuro, ci mettono più entusiasmo.
Anita ha appena sfornato dei brownies al cioccolato assolutamente deliziosi, una versione riveduta e corretta della ricetta che le ho passato. Andrebbe tutto a meraviglia, se non fosse per quella fottuta lavastoviglie!
Eccola lì, con la marca in bella mostra: tredici coperti, in argento e ancora scintillante per quanto è nuova. Nonostante abbiamo provato di tutto – avvitare e svitare ogni tubo esistente, sostituire la pompa dell’acqua, caricare più sale e brillantante nelle apposite vaschette – la stronza continua a non funzionare. Il suo sadismo dovrebbe essere incluso nel manuale: prima si avvia normalmente, poi carica giusto un filo d’acqua, per farci illudere che funzioni, e... BIIIP!
Preciso come la morte e le tasse, un segnale acustico più fastidioso del metronomo di Anita quando studia i suoi arpeggi al violino c’informa che la lavastoviglie ha smesso di girare, probabilmente per insufficienza d’acqua o per problemi di pressione. La spia lampeggia furiosamente, cercando di tener dietro all’insopportabile rumore. Potevano almeno scegliere qualcosa di orecchiabile, anche se aspettarsi Là ci darem la mano di Mozart, forse, sarebbe stato troppo.
Impreco sonoramente, rovinando il quadretto domestico: la cucina lilla con le sue allegre presine, il profumo invitante che si sprigiona dal forno, la tavola apparecchiata.
“Ho una chiave inglese e non ho paura di usarla” borbotta Anita in tono minaccioso, mettendo il broncio.
Scoppio a ridere, ormai è diventato uno scherzo ricorrente. La settimana scorsa (oh, dolci figli dell’estate!) pensavamo di risolvere il problema armandoci di qualche attrezzo nella ferramenta più vicina, poi ci siamo convinti a chiamare il tecnico. Ormai ne abbiamo cambiati tre, alleggerendo le nostre tasche ben oltre quanto potevamo permetterci, ma senza successo. Tutti hanno asserito, dall’alto della loro esperienza, che la lavastoviglie nuova funzionava benissimo e che eravamo noi, in quanto artisti senza spirito pratico, a sbagliare qualcosa nelle operazioni di carico e scarico.
Dopo aver fatto una sfuriata all’ennesimo malcapitato che tentava di accusarci con questi stereotipi, sono leggermente più soddisfatto, ma il problema non è ancora risolto: i piatti restano ancora irrimediabilmente sporchi!
Anita, generalmente addetta al lavaggio, li ha impilati nel lavandino, come se questo dovesse indurre la maledetta a funzionare. Chi sono io per contrariarla? Mi rimetto davanti al mio schermo dopo aver cazzeggiato un po’ con lei, che tuttavia sembra di cattivo umore. Le sue risate sono un po’ forzate, le sue sopracciglia s’inarcano tanto da scomparire all’altezza degli occhiali.
“Amore, che c’è?” le chiedo, baciandola sulla tempia.
Lei scuote la testa. “È ridicolo a pensarci, ma … sembra quasi che non voglia partire.”
La guardo, perplesso. “Beh, sì. La sua volontà diabolica è sicuramente superiore alla nostra, dov’è la novità?”
Anita non sorride. “Dico sul serio, Agostino! Temo proprio che sia …” inspira profondamente, prima di buttare fuori, con estrema difficoltà: “… infestata!”
Mi aspetto uno dei suoi tanti scherzi, che stavolta non arriva. Non è da lei pensare una cosa del genere, è contraria a ogni genere di superstizione. Eppure, la sua espressione è serissima.
“Amore, so che siamo stressati da tutta questa faccenda, ma …” sospiro e cambio approccio, intercettando la sua occhiataccia.
I suoi occhi sono di un colore meraviglioso, tra il grigio e l’azzurro, mutevole come il tempo atmosferico e il suo umore, ma possono diventare glaciali. Più di un collega si è dichiarato sconfitto davanti alla loro implacabile determinazione. “Ehm … ok, vediamo. Cosa te lo fa pensare?”
Anita raddrizza la schiena e risponde, senza incertezza. “Sono cinque giorni che conto le interruzioni dopo l’avvio della lavastoviglie, a prescindere dai presunti guasti. Ieri ha smesso di funzionare alle 15:15, mentre il giorno prima si è bloccata dopo quindici minuti esatti dall’avvio. Nei precedenti tre giorni abbiamo provato a caricarla in diversi momenti della giornata, ma i guasti si sono sempre verificati dopo un quarto d’ora…”
“Beh, se il problema è lo stesso, è normale che si ripresenti più o meno allo stesso punto del ciclo, no?” Provo a farla ragionare, cauto.
Anita rimane in silenzio, soppesando – spero – il peso delle mie argomentazioni.
Nel frattempo, una luce si accende sul display e un numero compare, perentorio, facendo compagnia alla spia.
Quindici.
L’orologio segna nuovamente le 15:15… e inizia a lampeggiare.
 
 
*
 
 
“Fantastico, quindi adesso siamo anche senza corrente” borbotto, armeggiando con il contatore.
“Amore, rifletti. Sto cercando di dirti che la c’è qualcosa … qualcuno, lì dentro, che sta cercando di mandarci un messaggio!”
È a questo punto che ritengo opportuno preparare un caffè per entrambi. Cinque minuti dopo, siamo seduti sul divano. “Sei sempre stata tu la scettica” provo a dire un’ultima volta, fissando scoraggiato le cifre del display.
“Solo perché c’era sempre un’altra spiegazione logica” ribatte lei. “Ora no! È tutto troppo intenzionale, capisci?”
“E va bene, d’accordo” sospiro.
Ormai la mia pazienza è agli sgoccioli.
Queste coincidenze sono fastidiose, per non dire inquietanti, ma è ora di farla finita una volta per tutte. Anita è nervosa e inizia addirittura a delirare, questi discorsi non sono da lei. Marcio verso la lavastoviglie e inizio a scollegare i tubi, deciso.
“Cosa fai?” Urla lei, fermandomi. “Dobbiamo aspettare, così non sapremo mai cosa vuole dirci!”
“Cosa vuole dirci, chi? Senti, questa storia è durata abbastanza, io stacco tutto e la faccio rottamare!”
No … vi prego!
 
Guardo Anita, sperando che abbia parlato lei. Ma la sua voce è squillante e decisa, mentre quella che ho appena ascoltato è appena un soffio, come se venisse dalle profondità di qualcosa … in direzione della dannata lavastoviglie!
Abbassate le serrande, così potrete vedermi. Vi prego, ripete la voce, accorata.
Sono pietrificato dall’orrore. Adesso non posso neanche sostenere di essermelo inventato, ho un udito perfetto. Anita, più veloce di me, si precipita a chiudere le serrande, poi mi prende la mano e mi fa sedere sul divano. “Sta’ tranquillo, ora sapremo. Non credo che voglia farci del male.”
Non potrei neanche volendo. Voglio solo raccontarvi la mia storia … solo così sarò libera!
 
“Agostino … guarda!” Anita mi stringe la mano, indicandomi un punto vicino alla lavastoviglie. Una figura evanescente sta uscendo da quell’elettrodomestico infernale. È una donna ancora giovane, forse non ha ancora compiuto trent’anni. Sulla fronte, una macchia di colore più scuro spicca su quella sostanza perlacea – ectoplasma, ricordo, ecco di cosa sono fatti i fantasmi. Mi aggrappo a quell’informazione, come se potesse dare un senso all’allucinazione che sto indubbiamente vivendo.
Sì … lì è dove lui mi ha colpita, dice il fantasma, in risposta alla mia domanda silenziosa.
Si stringe tristemente il laccio di una striminzita vestaglia a fiori, un dettaglio che prima non avevo notato. Man mano che il tempo scorre, la inquadro con più chiarezza.
Anita, vicino a me, sembra aver recuperato il controllo e prende di nuovo la parola. “Tu … ehm … perdonami se te lo chiedo, ma… sei stata uccisa?”
Sì!
In quel sospiro è racchiusa tutta la disperazione del mondo. Io, come compositore ancora dilettante, non riuscirei mai e poi mai a esprimere lo stesso sentimento con una partitura completa affidata a un’intera orchestra.
Il fantasma continua a parlare. Man mano che la sua storia si dipana, la sua voce acquista più sicurezza. Le sue parole ci arrivano con tanta chiarezza che, se chiudo gli occhi, posso quasi ricostruire, come in una sequenza di fotogrammi, la terribile vicenda che ci narra.
 
Anita, ti ringrazio per aver prestato attenzione ai miei segnali. La tua ricettività ha creato un contatto senza il quale mi sarebbe stato impossibile manifestarmi. Vi chiedo scusa per tutti i disagi che vi ho causato questa settimana, siete una coppia meravigliosa … non come … non come me e mio marito.
Il mio assassino.
 
Stringo la mia compagna in un abbraccio e lei affonda la testa sul mio petto, come se quello che sta succedendo fosse troppo per lei. Eppure continua a guardarla, capisco che si sente responsabile: non vuole mancare di rispetto a una donna defunta, a una sua coetanea che le chiede aiuto.
Una vittima.
“Non siamo ancora sposati, Agostino e io” precisa lei, sforzandosi di sostenere una normale conversazione. “Non siamo psicologicamente pronti a mettere tutti i nostri parenti in una sola stanza, in più io sono atea, mentre la sua famiglia è cattolica. Non è facile organizzare una cerimonia che accontenti tutti … ma ti prego, continua!”
Confermo le parole di lei, rassicurando il fantasma che anch’io voglio ascoltare la sua storia e che farò il possibile per aiutarla. Continuo a stringere Anita. Per lei dev’essere molto difficile accettare tutto questo: è straordinariamente empatica e mi aspetto che soffra molto, man mano che il suo racconto prosegue.

Siete molto gentili. Fate bene a non affrettare le cose, si vede che voi … voi vi amate. La mia famiglia m’impose il matrimonio, molti anni fa. Io ero appena diplomata, lui non volle farmi frequentare l’università …
Mio marito era molto più vecchio di me, molto ricco, sapete … lo è ancora. Possiede una grande ditta di elettrodomestici, pensa solo a fare soldi. All’inizio non mi pesava affatto quella vita. Avevo una bella casa in centro, potevo invitare le mie amiche, fare le vacanze con loro. Le nostre famiglie andavano d’accordo. Potevo dipingere, leggere, fare ciò che volevo, purché non trascurassi la casa e acconsentissi ad andare a letto con lui quando ne aveva voglia … non molto spesso, in realtà. Preferiva passare la notte fuori, cosa che per me era un sollievo.
Poi è arrivato il primo schiaffo, qualche anno fa. Disse che era stato paziente per troppo tempo, che era ora passata che gli dessi dei figli, ma non arrivavano mai. Una volta ho avuto un aborto spontaneo … ho pianto per giorni, ma lui ha detto che era tutta colpa mia. In realtà i medici hanno suggerito che lui si sottoponesse a una cura per la fertilità, è sempre stato lui il problema … ma non ha voluto saperne.
Voi non avete figli, vero?
 
Anita sussulta per quella domanda inaspettata. Non sappiamo ancora se ne vogliamo: nella sua famiglia ci sono stati diversi problemi con le gravidanze, ed io non voglio assolutamente mettere a rischio la sua salute. In più, sono più giovane di lei di qualche anno. A vederci, non si nota molto, ma è stato un problema nelle prime fasi della nostra relazione: c’è stato chi ha detto che non ero pronto per prendermi un impegno serio, che quando fossi maturato avrei preferito una ragazza più “fresca” con cui mettere su famiglia. Li ho mandati allegramente a quel paese: Anita era e rimane la donna più bella e piena di talento che abbia mai conosciuto, e ogni giorno mi considero l’uomo più fortunato del mondo perché lei ha scelto me. Ha fatto tanto per aiutarmi, nelle prime fasi della mia relazione. Passavo un periodo difficile, soffrivo molto per il lutto di un amico e non ero ancora economicamente indipendente. Non ce l’avrei mai fatta a uscirne senza di lei. Non ho mai amato nessuna prima di lei.
Spiego tutto questo al fantasma e le chiedo il suo nome. Anita sussulta e mi stringe più forte.
“Scusami, avrei dovuto pensarci prima. Non ci siamo neanche presentate.”

Mi chiamo Margherita, e non dovete preoccuparvi. Anzi, sono io a dovermi scusare: vi ho spiati per giorni e vi ho reso la vita un inferno, ma era l’unico modo per farmi ascoltare. Agostino, grazie per esserti aperto con me. Ora so che il tuo amore per Anita è sincero e che posso fidarmi completamente di entrambi.
Come dicevo, da quel momento mio marito iniziò a picchiarmi regolarmente, ma in modo che non si vedesse. Ho provato a parlarne con i miei genitori, ma mi hanno detto che esageravo, che ogni matrimonio aveva i suoi problemi. Mi hanno consigliato ogni dieta e medicinale mai inventati per rimanere incinta, ma ovviamente non è servito a nulla. Lui diventava sempre più violento e irritabile, da un paio d’anni aveva anche iniziato a bere … Finalmente, l’anno scorso ho trovato il coraggio di rivolgermi a un centro antiviolenza, mi ha dato il numero una mia amica.
Ho fatto solo una telefonata, ma temo di non essermi spiegata bene … mi è mancato il coraggio … e poi, prima che potessi riprovare …
 
“Cos’è successo?” chiedo, stringendo Anita, che inizia a singhiozzare sommessamente.
“È successo che hanno chiuso tutto per la pandemia, no?” risponde lei, al posto di Margherita. “E lei si è ritrovata imprigionata in casa con il suo carnefice, senza la possibilità di chiedere aiuto.”
 
Esatto.
La figura evanescente di Margherita tremola. In tutto quel tempo, noto, non si è mai spostata dalla lavastoviglie.
Lui ha iniziato a picchiarmi tutti i giorni, frustrato per non poter uscire a bere e sfogarsi con le sue amanti. I lividi sono aumentati, le ferite non si sono più richiuse, e lui era sempre lì … sempre! Non potevo chiamare nessuno! Finché un giorno … ecco, non so com’è successo, forse aveva bevuto più del solito. Ricordo solo una valanga di botte, un dolore acuto quando ho sbattuto la testa contro lo spigolo del tavolo … poi mi sono accasciata a terra. L’ultima cosa che ricordo è l’ora che segnava l’orologio digitale: le 15:15.
 
Anita rabbrividisce. Osserviamo un lungo silenzio, per rispetto alla sua storia.
“Sei qui perché lo stronzo l’ha fatta franca, vero?” chiedo, stringendo i pugni.
Quasi mi vergogno per la mia paura di prima. Quel pezzo di merda deve pagare, fosse l’ultima cosa che faccio: lo voglio vedere dietro le sbarre, e il più a lungo possibile.
Margherita annuisce.
 
Aveva molte conoscenze, sia in ospedale che in polizia. Sarà stato un gioco da ragazzi comprare il loro silenzio. Mi ha rovinato la vita, ben prima di togliermela. Vi prego, raccontate la verità per me. Ridatemi la voce, almeno nella morte … solo così avrò pace. Liberatemi, voglio andare avanti!
Senza di lui, finalmente.
 
Anita ed io lo promettiamo, chiedendo altri dettagli.
Margherita si è risvegliata come fantasma nella casa in cui è morta. Ha iniziato a infestarla, perseguitando il marito, al quale è stato diagnosticato un disturbo da stress postraumatico in seguito alla tragica perdita della moglie. Lo stronzo ha cambiato casa, ma non ha potuto evitare che Margherita infestasse il suo luogo di lavoro, perseguitandolo anche lì. Quando ha fatto trasferire la sede della ditta altrove, lei ha capito che cercare vendetta sul suo assassino in quel modo sarebbe stato completamente inutile. Il suo obiettivo è diventato quello di assicurarlo alla giustizia. Dunque, da qualche mese a questa parte ha cercato qualcuno che fosse abbastanza aperto di mente, coraggioso e compassionevole da poter ascoltare la sua storia e agire secondo coscienza.
Ha posseduto molti elettrodomestici prodotti dalla ditta del suo assassino …
“Finché non sei arrivata a noi” conclude Anita.
Ha ancora gli occhi lucidi, ma ha ritrovato la grinta.
“Hai scelto bene” la rassicuro io, “ti prometto che faremo il possibile. Avremo bisogno di verificare nomi, date e particolari di ogni genere prima di poter agire, ma sono sicuro che, insieme, ce la caveremo. Ora, per favore, puoi smettere d’infestare la nostra lavastoviglie e ridarci la corrente?”
Anita sussulta. “Agostino! Ma ti pare il modo?”
Lei mi ha ripreso più di una volta per i miei modi spontanei e il mio senso dell’umorismo fuori luogo, ma stavolta non riesce a trattenere una risata. Con nostro sommo stupore, anche il fantasma di Margherita sorride per la prima volta. Stupito, mi accorgo che, se avesse avuto una vita più spensierata, sarebbe stata molto bella; il suo viso conserva ancora un’ingenua dolcezza.
Ma certo, ragazzi. E … grazie.
 
 
 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: _deleted