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Autore: Yunomi    27/02/2021    1 recensioni
Zacky chiamava incessantemente, ma sia il cellulare di Brian che quello di Beth risultavano spenti. “Rispondi, lurido pezzo di-”
“Un momento di attenzione, prego.” , fece Matt, piantandosi al centro della navata e con le braccia aperte come un predicatore.
L'officiante lo guardò male.
Tutti gli occhi, compresi quelli gocciolanti di disperazione di Michelle, gli si appiccicarono addosso. “Jimmy qui ha qualcosa da dire.”
Jimmy qui lo guardò come se avesse voluto scuoiarlo e fare paralumi da soggiorno con la sua pelle. Matt, sconvenientemente solenne, gli fece spazio, e si piazzò di fianco a lui con le mani giunte all'altezza della cintura: sembrava un bodyguard di Madonna.
“Ehm...” , iniziò Jimmy, schiarendosi la voce, trovandosi a cercare le parole per la prima volta in vita sua. “Dunque... praticamente, in sostanza, essenzialmente, in concreto, alla luce dei fatti, effettivamente, realment-”
“JAMES OWEN PARLA, per cortesia.” , ululò Valary.
“L'unica cosa di cui siamo certi al centodieci per cento è che Brian ha abbandonato la cappella e mi ha fottuto la macchina.”
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ungarischen Tänze nr. 2 D-moll
Allegro non assai

 
 
 
 
Un caffè, una sigaretta, una colazione continentale dopo, erano di nuovo tutti sdraiati sul tappeto della stanza di Brian e Beth.
I vestiti da cerimonia erano appesi alle finestre; le ragazze erano in canottiera e mutande. Non c’era malizia, provocazione, o sesso. Era stato cordialmente bandito dalla stanza, non voleva giocarci più nessuno, con lui.
Le ragazze erano bambine con lunghe sigarette tra le dita, e i ragazzi erano seduti a gambe larghe agli angoli opposti della stanza, improvvisamente piegati dal peso degli anni, dei concerti e dei pensieri. Vecchi, si sentivano vecchi.
“Che poi, è proprio una pessima idea se vi sposate.”, disse Celeste.
Celeste adorava esordire dopo lunghi silenzi con che poi. Una dolce sgrammaticatura del nesso relativo che si adattava perfettamente a qualsiasi situazione.
Beth ruotò il collo verso di lei, puntandole gli occhi azzurri addosso. Le bucò un pochino l’epidermide. “Come, scusa?”
Celeste alzò lievemente le spalle; era il tappeto a pungerla. Ormai, gli occhi di Beth le facevano ben poco effetto. “Cioè, cosa scrivete sugli inviti? B&B sono onorati di accogliervi nel giorno più felice della loro vita? Per cosa sta, Bed & Breakfast?”
“Anche Breaking Bad, volendo.”, aggiunse Jimmy, sapientemente.
“Adoro quella serie.”
“Anche io.”
Beth fu tradita da un silenzio un po’ troppo dilatato, che denotò che ci aveva pensato, anche se solo per un istante. Brian, che fino a quel momento era stato seduto sul davanzale della finestra e aveva tentato di eludere qualsiasi contatto umano con agilità circense, sgranò gli occhi verso di lei. “Ma ti prego.”
“No, ma infatti. Chi ha mai parlato di matrimoni?”, disse velocemente Beth, guardando ovunque che non fosse la porzione di stanza occupata dalla presenza di Brian.
Celeste rise, perfida.
“Non pensi che si stiano torturando abbastanza da soli, Sligo?”, chiese Jimmy.
Sligo.”, scandì Celeste, incollando gli occhi al soffitto. Cosa ci avevano, i Sevenfold, che facevano scappare gli sguardi delle ragazze come topi da una nave?
“Sligo?”, chiese Brian.
“Sligo è in Irlanda.”, Beth, enciclopedica.
“E buongiornissimo.”, Celeste, caustica.
“Che cazzo c’entra Sligo?”, Brian, di nuovo.
Jimmy tacque.
Celeste pure. Poi si mise a cantare. “Lo sposo è impazzito, oppure ha bevuto.
Nessuno dei presenti colse, perché nessuno parlava italiano. Celeste sorrise. Ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa.
“Cosa stai dicendo?”, chiese Brian.
Già, si disse Celeste, cosa stai dicendo? Chissà.
Si accese una sigaretta, e rischiò di strozzarsi con il fumo che risaliva dalla gola.
“Io sono irlandese.”, esordì Jimmy, chissà per quale ragione.
Celeste sorrise.
“Non siamo qui per parlare di Sligo. Ma di Synyster.”, disse.
Beth strizzò forte gli occhi, forse guidata dalla speranza che le schizzassero fuori dalle orecchie.
Brian glissò lo sguardo su Celeste. “Non mi chiami mai Synyster.”
“Lo faccio solo alle tue spalle.”
“Devo dedurre che abbiate intenzione di parlare alle mie spalle?”
“Deduzione corretta, Sherlock.”
Celeste si girò verso Beth, sempre senza interrompere il contatto tra il proprio corpo e il tappeto, che sì, pungeva, ma almeno la faceva sentire ancorata a qualcosa. Da quando aveva fatto sesso con Jimmy si sentiva come un palloncino in procinto di volare via.
“Quanto sei innamorata di Synyster da uno a dieci?”, chiese.
Beth alzò gli occhi al cielo. “Non risponderò a questa domanda con quei due presenti.”
“Facciamo finta che siano futuri, allora. Immaginateli tatuati, grinzosi e con l’artrite: hanno vissuto la loro vita, sono ottuagenari sgalluzzati, Brian probabilmente avrà sviluppato un’assuefazione da Viagra per mantenere inalterate le sue acrobatiche abitudini sessuali.”
Brian le tirò un pacchetto di sigarette semivuoto in testa: stava sorridendo.
Jimmy si passava una mano sulle labbra, pensoso. Ottant’anni.
Celeste percepiva il movimento incessante delle sue sinapsi, che avevano iniziato ad avvilupparsi come un cesto di serpenti a sonagli: scosse la testa e si concentrò sugli occhi chiari e diffidenti della sua migliore amica.
“Quindi?”, la incoraggiò – ma il rumore strisciante dei pensieri di Jimmy le faceva venire i brividi.
“Mh… direi sette.”, replicò l’altra, sforzandosi di non contraccambiare lo sguardo obliquo che Brian le rivolse. “Sette su dieci.”
Brian dovette contenere la delusione che non avesse risposto undici.
“Buono. Più che sufficiente. Non abbastanza per distruggere un matrimonio; tuttavia, abbastanza per fare l’amante.”
Si girò verso Brian. “Ti va bene?”
“Non dovremmo includere anche Michelle in questo sodalizio immorale?”, chiese Brian, improvvisamente galantuomo.
“Le vuoi parlare tu?”, replicò Jimmy, saggiamente. “No perché, ora come ora non lo suggerirei. Magari tra un po’, dopo che te la sei spupazzata un po’, sai, come piace a lei.”
Brian annuì, prendendo appunti mentalmente.
“Bene. Beth? Tu sei d’accordo?”, chiese Celeste. Le accarezzò una guancia con la mano.
La ragazza saettò uno sguardo verso Brian, colpendolo come un’onda gentile sulla spiaggia. Gli sorrise. “Magari i dettagli li discutiamo man mano.”
 
 
 
 
 
 
 
 
‘Ma io non ci sto più!’, gridò lo sposo e poi
Tutti pensarono dietro ai cappelli,
Lo sposo è impazzito oppure ha bevuto;
Ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa:
Non è così che se ne andrà.

(Francesco De Gregori)


 
 
 
 
 
“Veniamo a te, Sligo.”, fece Jimmy, dopo che Beth e Brian si assentarono per suggellare l’accordo in maniera decisamente ufficiosa.
Sligo, all’anagrafe Celeste Doherty, sorrise. “Veniamoci.”
“Perché te ne vai?”
“E’ una bella pretesa, la tua.”
“Cosa, sapere perché scappi?”
Celeste lo squadrò: appoggiato al muro, la luce della tarda mattinata gli illuminava il viso e disegnava arabeschi indecifrabili nelle sue iridi cristalline. Le vennero in mente esotiche spiagge lambite da un’acqua vergine, purificatrice, trasparente come l’aria. Una ventata di caldo equatoriale che contravveniva le leggi del cosmo le mosse i capelli, e prima che Jimmy potesse dire qualsiasi cosa a riguardo, Celeste rispose:
“Sì.”
“Perché?”
“Perché tu non dici mai dove vai agli altri. Né perché. Lo fai e basta, e se quelli ti conoscono abbastanza bene, o ti amano abbastanza, prima o poi lo scoprono, e ti raggiungono, mollando tutto. Quindi.”
“Tu non sei come me.”
“E’ perché ho troppa paura. Ma appena me ne libero, di questa ingombrante e inutile paura, sarò come te, e allora suonerà la settima tromba.”
Jimmy sorrise. Gli entrò nell’occhio un po’ di nostalgia del passato. Ma durò solo un istante.
“E quindi?”, rincarò lui.
Celeste valutò di dirgli una grande bugia. Poi però cambiò idea, perché Jimmy era un uomo troppo intelligente.
“Scappo via da te, da Brian e Beth, dal caldo, dai cadaveri americani.”
Dalla tua fidanzata, pensò lei, ma Jimmy, che aveva un diploma di lettura del pensiero negli occhi degli altri, la capì comunque. E le sorrise con tenerezza. Non disse nulla; trasse un lungo, lunghissimo sospiro con cui rispose a tutte le domande che Celeste si sarebbe mai posta in vita sua.
“Che cos’hanno che non va i cadaveri americani?”, chiese poi.
Celeste ci pensò su, e intanto si alzò dal pavimento su cui era stata seduta fino a quel momento. Una goccia di sudore le scivolò in mezzo ai seni. “Non sono i cadaveri in sé, il problema, quanto i fantasmi. Così banali. Così pedestri. Vogliono solo spaventare, non si fermano mai per fare due parole.”
Jimmy sorrise.
“Come fa una che parla coi fantasmi ad avere paura?”, le chiese, osservando la sua figura che si stirava, facendo scricchiolare le articolazioni. “Che poi,”, e qui Celeste sorrise ancora di più se possibile,  “paura di cosa?”
Di cosa, chiedeva lui.
Celeste ebbe come l’impressione che lui non la concepisse proprio ontologicamente, la paura. E infatti, Jimmy aveva pronunciato quella parola con un certo disprezzo. Come se avesse mangiato una fettina di limone.
A Celeste non andava di rispondere: era troppo abituata a vivisezionare i cuori per non rendersi conto quando qualcuno cercava di farlo con lei. E le sembrava già abbastanza stare in mutande a pochi metri di distanza da Jimmy, senza che ci fosse il bisogno di eruttare tutte le sue insicurezze come un geyser islandese. Era comunque certa che lui ne avesse una vaga idea, senza che lei gliene parlasse. Sua madre, se fosse stata viva, le avrebbe certamente accarezzato i capelli e le avrebbe detto che una volta, nelle nebbie delle vite passate, lei e Jimmy erano stati molto felici. E in fondo a lei bastava quella consapevolezza.
Si ravvivò i capelli e si accese una sigaretta.
Jimmy aveva fatto un passo indietro, forse percependo che Celeste non gli avrebbe parlato. Probabilmente, aveva subodorato in quel cambiamento d’aria che si era verificato, veloce come un colpo d’ali, di essere entrato in una riserva protetta, una zona circoscritta, rigogliosa e vergine come uno scampolo di foresta amazzonica. Celeste gli aveva aperto una strada a colpi di machete, ma si era fermata lì. Non gli avrebbe spiegato nulla.
“Chissà cosa dirà, eh, Michelle?”, fece lei, tanto per cambiare discorso.
“Probabilmente dirà: Brian, microcefalo demente, togliti le scarpe prima di entrare in casa. Cosa vuoi per cena?”, rispose, incrociando le braccia sul petto nudo. Le sorrise.
Celeste rise di gusto, gettando la testa indietro.
“Michelle è una donna che ho sempre sottovalutato. E invece forse è l’unica in grado di tenere Brian.”
Jimmy alzò un sopracciglio. Celeste sorrise forte. “Dopo di te.”
Si avvicinò a lui e intrecciò le dita dietro al suo collo, proprio sopra le manette tatuate, come a volersi incatenare lì per sempre, carceriere, butti via la chiave, tante grazie.
Una parte di lei certamente si era già legata a lui. I suoi occhi cilestrini la guardavano, guardavano proprio lei, e disgregavano la realtà circostante: sarebbe bastato un soffio di vento per spazzare via tutto, lasciandola a torreggiare nel nulla cosmico, abbarbicata a quella sequoia come un’edera. Grazie a dio, o comunque a qualcuno che era particolarmente interessato all’evolversi degli eventi, quella mattina c’era un’afa incredibile. Niente vento.
“Credo che tu sia stata fatta per stare nei miei occhi, Celeste. Il tuo nome si sposa perfettamente col modo che ho io di vedere il mondo.”
Celeste lo baciò perché dopo una cosa del genere, pronunciata da un uomo del genere, come se fosse una verità incontrovertibile, che altro poteva fare?
Un bacio umido e intenso, di quelli che ti fanno provare una fitta di dolore quando ti stacchi. E infatti Celeste la provò; la sentì forte, come un’ulcera, perché il pensiero di stargli lontana anche di pochi centimetri le faceva sentire i polmoni al posto dell’intestino e l’intestino al posto dei polmoni, e pensò che sua madre, se li avesse visti (o se li stesse guardando, in quel momento) avrebbe detto che non tutti sono così fortunati da ritrovarsi nella vita successiva, dopo essere stati così felici nella precedente; e avrebbe anche aggiunto che la separazione che il destino imponeva loro era il pagamento necessario all’equilibrio karmico dell’universo. Se nella vita precedente si erano scontrati e mischiati in una miscela indissolubile, in questa dovevano accontentarsi di essersi incontrati di striscio, di essersi un po’ macchiati l’uno dell’altra, e andare avanti, superando quelle poche ore di felicità che erano state loro concesse.
E mentre lo baciava e ragionava sulla reincarnazione e sulle anime gemelle – un caro saluto all’amico Platone –, Celeste si chiese come poteva anche solo sperare di sopravvivere standogli ottomila cento quarantaquattro chilometri più a destra, se staccarglisi di dosso per un paio di secondi risultava così insopportabile.
“Ora mi devi proprio scopare.”, gli disse, a fior di labbra. “E’ proprio necessario…”
“Ah, proprio necessario.”
“Proprio.”
“Beh, se è proprio proprio proprio necessario.”
“Lo è.”
 
 
 
 
Je te laisserai des mots
En-dessous de ta porte
En-dessous de la lune qui chante
Tout près de la place où tes pieds passent
Cachés dans les trous d'un temps d'hiver
Et quand tu es seule pendant un instant...
 
 
Embrasse-moi
Quand tu voudras
Embrasse-moi
Quand tu voudras
Embrasse-moi
Quand tu voudras
 
 

 
 
“Lo sai che Celeste si è lasciata col suo Fidanzato nel momento stesso in cui le ho fatto vedere una tua foto?
Ti giuro. Una sera stavamo al bar, a San Francisco, e Brian mi ha inviato una vecchia foto per messaggio. Dio, sarà stata risalente al Pleistocene.
Eravate in cinque in una vasca da bagno; Valary aveva un taglio di capelli alla maschietta e un paio di occhiali da segretaria, e ti stava seduta addosso, e già a quell’età aveva la pazienza della Madonna negli occhi. Tu eri pallido e magro, e avevi i capelli scuri e tinti, e brindavi alla fotocamera con una bottiglia mezza vuota. Brian, invece, aveva gli occhi di chi sta per mettersi in contatto con le schiere demoniache della terza Bolgia. In realtà, ha sempre quello sguardo, ultimamente… Vabbè, il punto è che io ho dato una gomitata a Celeste, le ho quasi benedetto il vestito con il margarita che stava bevendo, e le ho detto guarda, guarda i miei amici di Huntington Beach quando erano ragazzetti. Ora sono rockstar.
E ho preso a raccontarle di Matt, di Zacky e Johnny, ma io lo vedevo che lei stava fissando solo te. Le si sono riempiti gli occhi di lacrime, come se ti avesse riconosciuto all’improvviso. Hai presente nei film sulla guerra quando il soldato torna a casa da sua moglie e a lei si riempiono gli occhi di lacrime e gli corre incontro? Ecco.
Comunque, mi ha detto scusa, devo andare a fare una telefonata, è scomparsa al bagno e ne è uscita dopo due minuti e mezzo, lo so perché li ho contati. Non ci sono stati urla né schiamazzi, e io le ho voluto lasciare i suoi spazi, non le ho chiesto subito chi avesse chiamato, anche se un’idea me l’ero fatta. Aveva lasciato il Fidanzato in tronco. In due minuti e mezzo.
Si è trasferita da me qualche tempo dopo perché all’epoca viveva con il Fidanzato, e quindi quando si sono lasciati aveva bisogno di un posto in cui stare. Lui era un ragazzo alto e pallido, intelligente ma non abbastanza da ascoltare davvero quello che Celeste gli raccontava. Sospetto che la prendesse vagamente in giro.
Aveva gli occhi azzurri. Non azzurri come i tuoi. Più torbidi.
Beh, insomma, si è presentata nel mio appartamento a San Francisco con un camion pieno di scatoloni pieni di jeans e libri e fotografie di sua mamma, e aveva l’aspetto di uno spettro ma gli occhi così vivi che mi si è ricoperta la pelle di brividi. Le hai riacceso qualcosa dentro che non pensavo avrei mai potuto vedere di persona, nella vita vera; come quando i pittori aggiungono una puntina di colore bianco negli occhi delle persone nei dipinti, tac, proprio un puntino di bianco, e se prima sembravano occhi dipinti subito dopo diventano occhi veri, lucidi di vita e di tutte le lacrime che ci si prepara a versare quando si inizia a vivere davvero. Le hai fatto questo.
Celeste ha sempre amato guardare nelle persone, per questo vuole diventare anatomopatologa. Lei dice sempre che l’unico modo per vedere davvero dentro la gente è incidere una Y sul petto, proprio dove sta il cuore, perché i morti sono abbastanza remissivi e al massimo devi imparare a ignorare le bestemmie dei fantasmi. Sua madre la chiamava la mia aruspica dolce.
Non ti so spiegare a parole cosa sia successo dentro di lei. Non so dirti se è stato quello il momento in cui si è innamorata di te… più che iniziare ad amarti, penso che piuttosto i suoi sentimenti hanno smesso di farle un baccano del diavolo nel petto, hanno cessato la ressa e hanno capito dove dovevano andare. Sembra che lei sia stata fatta appositamente per amare te, Jimmy, da quando è nata. È servito solo che ti vedesse in foto perché tutto acquisisse senso dentro di lei.  
Poi, un po’ di tempo fa, stavo piangendo seduta per terra; lei è entrata e mi ha stretto forte al petto, le ho detto tra i singhiozzi che Brian e Michelle si sposavano, e lei mi ha detto che Brian non è anaffettivo o stronzo, è solo che è poco pratico di multitasking. Poi mi ha letto le foglie di tè, mi ha dato un bacio sulla fronte e mi ha detto che in fondo le piaceva Huntington Beach, ma qualcuno aveva iniziato ad affondare un po’ troppo il bisturi nel suo petto, appena sotto la clavicola, e che non si sentiva più tanto bene.
Io, che sono una grande filosofa, le ho citato Captain America fra i singhiozzi e le ho detto che chi inizia a scappare non si ferma più, ma non mi ha preso molto sul serio perché comunque ero una pozzanghere di lacrime seduta per terra che si disperava dietro un chitarrista metal di cui si è innamorata quando aveva dodici anni e lui diciotto, e quindi non facevo molto testo. Lei mi ha guardato con uno sguardo da cervo che vede in lontananza i fari di un tir nella notte e comunque decide all’ultimo di spostarsi per far prendere un coccolone all’autista, mi ha guardato con questi occhi e poi si è messa il giacchetto di jeans, ed è andata a fare due passi al mare.
Io me la sono sempre idealizzata, Jimmy, perché non sarei stata in grado di uscire viva da questa situazione con Brian se lei fosse stata vagamente umana, ai miei occhi. È stato puro egoismo. Me la sono dipinta come questa magnifica stronza, una donna di ghiaccio che ha tutto sotto controllo nella vita; e questo mi ha fatto sentire così piccola e inutile che in certi momenti sono arrivata a odiarla e a vederla come una minaccia. Ero certa che me lo avrebbe portato via. Brian dico. Ma la verità è che lei è forse la persona più incasinata sulla faccia della terra, così insicura, così fragile, e tanto è gentile con gli altri tanto è crudele con se stessa, e ha la pessima abitudine di decidere in anticipo come affrontare le situazioni, mettendo incognite anche dove non servono; non lascia il tempo agli altri di dire cosa ne pensano. Prende e fa. Quindi non prendertela se ti ha scartato fuori dall’equazione e se ne scappa in Europa. Non vuol dire che non ti ama abbastanza, vuol dire che ha troppa paura che vada tutto a puttane, e quindi ci va prima lei.
E io sono stata un’amica da gettare nell’indifferenziato, perché mi sono accorta di tutto questo solo quando era troppo tardi, quando ormai era innamorata persa, persa davvero, quando una sera sono tornata a casa e sul bancone della cucina c’era un biglietto di sola andata per l’Irlanda, e lei era seduta sul pavimento con una sigaretta tra le labbra: aveva fatto cadere un contenitore pieno di anguria per terra, e l’anguria era finita dappertutto, sui vestiti, sui fornelli, sullo sportello del frigo, nei ripiani del frigo, sul pavimento; e lei piangeva, piangeva come Alice e non si fermava, e aveva le guance sporche di anguria, e io ho avuto un secondo di timore perché pensavo che mi avrebbe allagato la cucina.
E poi ha alzato gli occhi su di me, atterrita e agghiacciata nel vederla così scomposta, così tragicamente umana, e io l’ho vista per la prima volta per quello che era. Una incasinata come chiunque altro. Coperta di anguria spappolata.
Ho fatto cadere a terra le borse della spesa e ho rotto un paio di uova e un intero fustino di detersivo, e non sono riuscita a muovermi di un centimetro.
Mi ha guardato, ha tirato su col naso, e ha detto: l’anguria col salato non ci sta poi così male, sai?”





 
la persona a cui è dedicato lo sa.
come al solito.
   
 
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